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Partita GDR | L'ombra di Saladino

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Messaggio Da Rhaenyra Ven Mar 31, 2023 12:06 am

L'inverno è arrivato
Memoria di un vero re

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Gennaio 1262

Valdemaro non arrivò mai a Roma per il perdono del pontefice, arrivato a Costanza, tornò indietro, timoroso dei giudizi altrui, voleva solo nascondersi in qualche anfratto del maniero di Casa Bjälbo.
Quel folle al suo ritorno trovò i congiurati e i suoi fratelli, Erik e me, Magnus, fui proprio io ad architettare la cospirazione;
Lo feci arrestare e scortare nelle celle, per essere giudicato all’indomani, colpevole di fornicazione, negligenza e tradimento.
Mio padre, Jarl Birger, è stato invece esiliato in Islanda, non vedrà mai più le coste scandinave.
Non possiederà alcun titolo e nessuna terra, colpevole di essere stato il mandante dell’omicidio della “papessa” inglese e del tentato omicidio di quel depravato di Luigi il Santo.
Ovviamente non potevo fargliela passare liscia, ma non volevo neanche mandare a morte mio padre per una sgualdrina inglese e per un lurido
francese.

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 6 0

Durante il processo il pervertito non riuscì neanche a parlare tant’era la sua inettitudine;
Ad ogni modo il processo mi stava facendo cascare le mie pelose bocce, dunque sollecitai i giudici nel passare la sentenza di morte.
In molti volevano impiccarlo, altri decapitarlo, alcuni pure annegarlo.
Ovviamente scelsi di far passare il suo collo a fil di spada, una morte dignitosa per un essere abbietto.

Il boia concluse in fretta l’esecuzione, lo feci seppellire nella cripta di famiglia, sperando che i nostri antenati gli diano il resto che si merita nell’aldilà.

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 6 Medieval-executioner_medieval-jobs

Valdemaro fu giustiziato senza lasciare figli, fortunatamente.
Ciò rendeva mi rendeva il candidato più favorito alle elezioni per il trono del regno.
Il popolo mi acclama ovunque io vada, l'esercito canta le mie vittorie, perfino il clero mi appoggia.
La mia incoronazione doveva avvenire come da tradizione alle Pietre di Mora
.
Lì fui eletto e incoronato "Rex Gothorum et Sweonum".
Successivamente al Mora ting, dovetti compiere l'Eriksgata, mai fui più felice di compiere questo tradizionale viaggio nelle regioni più importanti del mio nuovo regno.
Due settimane di festeggiamenti furono tenute a Stoccolma per la mia ascesa al trono!
Birra e idromele a fiumi per le sale, canti e risate, grandi focolari accesi in questo freddo inverno.
Ricordo ancora l'araldo quando invocà il mio nome e i miei titoli la prima volta che sono entrato da re a corte...

"Re Magnus
Sovrano dei Geati e dei Sueoni
Re consorte di Norvegia
Signore dei Vandali e dei Venedi
Protettore delle Isole del Sud"

...A stento riuscivo trattenere il mio ghigno!
Ma non ho avuto neanche il tempo di sedermi sul fottuto trono che i consiglieri del Riksradet venissero a "consigliarmi" di agire al più presto contro il Rus' di Novgorod, quei coglioni erano ancora capeggiati da quel tale che sconfisse mio padre nella Battaglia della Neva, Aleksandr Nevskij, dal nome si comprende facilmente che sia un buffone.
Difatti mi imbarcai per la terra degli Estoni, governata dai quei palle mosce dei danesi.
Conducendo 20.000 uomini svedesi verso il fiume Neva, incrontrai proprio l'esercito di Nevskij, quel cane rabbioso abbandonò il suo fortilizio per ingaggiarmi in battaglia, condannando se stesso e il suo esercito.
Ho provato un certo piacere nel taglieare in due quel verme con il mio spadone, è stato sublime! Un bagno di sangue come piace a me.
La conquista del fiume Neva e dei suoi insediamenti limitrofi rappresenterà il nuovo dominio svedese in terra russa, molto difensibile e inoltre permette maggiore protezione alla Terra Mariana e agli Ordini che vi risiedono.

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 6 2Q==

Ritornato a Stoccolma, devo ancora subire il lutto di mio zio, quel demente di Gustavo si è fatto uccidere al torneo di Francoforte, ma come si fa a perdere un duello contro un grinzoso italico, comunque Gustavo non ha mai brillato per essere una persona intelligente, né tantomeno abile, era alla stregua di un coglione impomatato del sud a mio avviso, chi ha deciso di mandarlo lì è ancora un mistero, ma prima o poi lo scoprirò.
Parlando sempre di impomatati del sud, l'imperatore Enrico V ha deciso di discendere in italia per fare guerra a dei tali che si fanno chiamare gufi. Non capisco perchè si facciano chiamare così, magari sono saggi oppure sono semplicemente degli idioti, sta di fatto che morirebbero per il Papa, quindi direi che sono proprio idioti.
Questi dannati inglesi poi sono un grattacapo da mesi ma la mia flotta è quasi completa, non rimarrà che il loro puzzo su quell'isola quanto è vero Iddio.
Inoltre questo nuovo Papa come volevasi dimostrare, è un fottuto di depravato! Ha bruciato quel povero cristo di un tal cardinale non so chì proveniente dalle lontane terre sabbiose del Sultano Barybaro.
Era pur sempre un cristiano, chi sono quei coglioni che hanno eletto questo pazzo? Meglio tenere per me queste domande, questi pretazzi sono suscettibili.
Prevedo una nuova crociata in Terra Santa, forse.
Infine a seguito di alcune indiscrezioni sconcertanti in merito alla Banca di Ferro
ho dato l'ordine di confiscare e rastrellare tutti i possedimenti della banca, abbiamo trovato dei documenti che attestano l'esistenza di carichi di argento, celati, consegnati a dei buffi nomi, ma con destinazione una certa Damietta.
Mi è ignoto il perchè di questi movimenti, ma se sono stati celati, qualcosa di losco è stato fatto.
Con decreto reale d'ora in poi la banca sarà parte integrante della Corona.
La Banca di ferro ha svenduto gran parte delle risorse di questo paese, le cose cambieranno.
L'inverno è arrivato e con lui i suoi venti freddi che sferzano i pini e gli abeti, spirano lungo i fiordi e le piane.
Un flebile raggio di un sole grigiastro batte sui miei occhi, mentre prometto a me stesso di schiacciare tutti i nemici della Svezia e della Norvegia.

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Messaggio Da Maþt Ven Mar 31, 2023 11:26 pm

STORIA BIZANTINA-CAPITOLO XI




TENSIONI INTERNAZIONALI TRA BISANZIO E VICINI




Fin dalla sua rinascita l'Impero Bizantino aveva cercato di ricostituire quella efficiente rete diplomatica che nei secoli passati aveva permesso all'Impero di sopravvivere in diverse situazioni critiche; tuttavia l'intraprendenza e gli intrighi di Michele VIII finirono per deteriorare pericolosamente i rapporti coi suoi vicini fino quasi alla guerra, ma andiamo con ordine.




Nell'estate del  1261 avvenne un fatto che scosse il Sultanato Mammelucco, infatti delle misteriose  bande di ladri si infiltrarono fino nel cuore del Sultanato, nella città di La Mecca e a più riprese saccheggiarono grosse quantità di pece che poche settimane dopo finirono nei mercati di Costantinopoli, queste bande, molto probabilmente coordinate tra loro colsero alla sprovvista le autorità mammelucche che mai si sarebbero aspettate un furto simile.


Diverse settimane dopo una situazione analoga sembrò ripetersi in Ungheria, durante la notte tra l' 8 e il 9 ottobre ( così raccontano le cronache ungheresi ) un misterioso figuro infiltratosi tra i mercanti cercò di impossessarsi di alcuni carri contenenti grosse quantità di grano, ma mentre ancora i suoi complici si stavano avvicinando agli altri carri, un membro della carovana li sorprese e diede l'allarme ai compagni.




In seguito i ladri confessarono di non essere stati inviati da Bisanzio e nell'arco di pochi giorni l'Impero Bizantino si trovò sull'orlo della guerra con l'Ungheria che chiese un altissimo tributo per l'offesa subita, mentre il sultano richiese solo la restituzione del maltolto e la consegna dei ladri. 


Pur accettando entrambe le condizioni Michele rispose ai regni oltraggiati con estrema freddezza e riluttanza, scrivendo dei brevi messaggi di scuse che nonostante la disapprovazione dei suoi consiglieri furono consegnati ai furenti sovrani. Questo atteggiamento resta tutt'oggi privo di una spiegazione, forse come scrisse uno dei suoi uomini di corte nelle sue memorie Michele dopo i recenti successi militari si era " montato la testa " ( usando un linguaggio moderno); e ora che stava ricostituendo l'impero non era intenzionato ad abbassare la testa e chiedere il perdono come un piccolo feudatario.






L'EPIDEMIA DI PESTE


Risolta, se così vogliamo dire, la situazione diplomatica Michele VIII iniziò ad organizzare un'importante spedizione che aveva come obbiettivo quello di liberare i territori un tempo facenti parte del Regno di Georgia, così da spostare il confine coi mongoli fino alle pendici del massiccio del Caucaso. 


Queste operazioni dovettero tuttavia essere rimandate perché nell'Impero giunse uno dei più terribili flagelli che l'Europa conobbe nel Medioevo: la peste.




Il morbo giunse nell'Impero attraverso le navi genovesi, che per attraversare il Bosforo dovettero pagare i dazi alle autorità bizantine, gli esattori poche ore dopo essere tornati a terra iniziarono a manifestare strani sintomi, quando però cominciarono a comparire rigonfiamenti all'inguine e sotto le ascelle per i medici non ci furono più dubbi; la peste dopo sette secoli era tornata a Costantinopoli.




Michele VIII mise immediatamente la città sotto quarantena, nessuno poteva entrare o uscire, poi chiuse le frontiere con i regni vicini, in particolar modo con i domini genovesi nel Peloponneso. 


L'Impero rimase paralizzato, le reti commerciali che si stavano riprendendo furono nuovamente bloccate causando un gravissimo danno alla già debole economia bizantina. Intanto il morbo si diffuse nelle regioni circostanti alla capitale, i mercanti che erano usciti da Costantinopoli poche ore prima dell'istituzione della quarantena portarono la malattia a Bursa e  Nicea, si registrarono focolai pure sulle città costiere del Mar Nero dove erano presenti in gran numero attività commerciali genovesi e perfino nei villaggi al confine con l'Ungheria da giungevano mercanti che poche ore dopo dal loro arrivo collassavano per il morbo. Tutto ciò portò Michele VIII a irrigidire i controlli sui confini e a mettere in quarantena le più importanti città costiere dell'Impero.




LA PESTE IN EUROPA


Anticipando di quasi 70 anni la terribile epidemia che colpirà nel Trecento l’Asia centrale e la Cina, la peste devastò il continente europeo. Tutt’oggi non è chiaro da dove di preciso partì il morbo, alcuni sostengono che l’epidemia partì dalla Tunisia ( ipotesi poco probabile) , altri ritengono che sia cominciata dalla stessa Liguria e da lì si sia diffusa in tutta Europa attraverso le rotte commerciali.


In poco tempo la peste si diffuse in tutta la penisola italiana, in Provenza e da lì in Francia, risalì il Sacro Romano Impero Germanico fino a giungere in Scandinavia, attraverso le rotte dell’Adriatico sbarcò in Dalmazia diffondendosi in Croazia e Ungheria, poi mentre la peste iniziava a devastare la penisola Iberica, le navi genovesi portavano il contagio anche in Egitto e nell’Impero Bizantino.




I morti si contarono a milioni anche a causa delle scarse conoscenze mediche dell’epoca; era infatti sconosciuto che a veicolare la malattia fosse la pulce del ratto, animale assai presente nelle sporche città dell’epoca. La malattia proliferò anche grazie alle scarse condizioni igieniche e all’assenza di misure profilattiche, in questa situazione di paura e insicurezza spesso la popolazione compiva dei veri e propri pogrom verso la comunità ebraica ritenuta responsabile dell’epidemia. 




Questo traumatico evento segnò irrimediabilmente la storia del nostro continente e in particolare di Bisanzio che aveva tentato di riaffacciarsi sulla scena internazionale pur non rinnovandosi minimamente, cosa che una volta finita l’epidemia, lo stesso Michele ma soprattutto i successivi imperatori saranno costretti a fare per non vedere il loro impero sbriciolarsi nuovamente nell’oscurità.
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Messaggio Da Falco Sab Apr 01, 2023 4:43 pm

IL PREDICATORE DI AQUISGRANA

La predica di Corrado Schmitto

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Un mondo travolto dall'ira di Dio

MARZO
Anno Domini 1262

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"Li vedo !
Li vedo, fratelli e sorelle !!
Lassù, avvolti in quel banco di nebbia oscura !
Sono tutti assieme: il fabbro e il vescovo, il cavaliere e il contadino...
... il nobile e il plebeo...
E la Morte austera li invita a danzare.
Vuole che si tengano per mano, che si mettano a cantare, e che danzino uno dietro l'altro procedendo in una lunga fila...

In testa a tutti c'è lei la Morte, che avanza maestosa con la falce e la clessidra.
Alle sue spalle la seguono a decine in migliaia, essi sono in numero maggiore agli apostoli che seguirono Gesù.
Ottocaro è l'ultimo, e ha la Bibbia sotto al braccio.
Cantano solenni allontanandosi lenti nel chiarore dell'alba verso un'altro mondo a noi ignoto, mentre la pioggia che scende lava quieta i loro volti, unge la loro fronte, e terge le loro guance dal sale delle lacrime."

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Fratelli!


Sorelle!


Malachia ci aveva avvertiti... tutti quanti noi eravamo stati avvertiti... aprite il Libro di Malachia, e sfogliando tra quelle pagine vedrete voi stessi quello che scrisse il profeta anni e anni fa,
"Io vi amavo" dice il Signore.
"... ma qual'è stata la prova del vostro amore?


Donaste a me del pane secco che non ha sapore. Sacrificaste sopra al marmore dei miei altari animali deformi.
Credete forse che il vostro Signore banchetterebbe con schifezze simili?
Come topi fornicaste nelle mie Chiese, nelle mie Cattedrali, nei miei Monasteri, sfoderando le vostre disgustose appendici davanti all'innocenza della Vergine Immacolata, che dai suoi occhi piangeva sangue.


Le vostre femmine partorirono bastardi dal loro ventre, lestofanti zoppi e strabici... canaglie di cui presto si è riempito il mondo.
... oggi le vostre città brulicano di prostitute che si concedono in ogni angolo al Demonio, per la gola degli usurai e dei peccatori.
Bestemmiate il mio nome chiamandomi porco, ma porci siete voi che sputate sopra ai miei comandamenti.


La mia Legge è stata oltraggiata.
Non uccidere, vi avevo detto, ma voi avete ucciso, sporchi assassini.
Non commettere atti impuri, anche questo vi avevo detto, ma voi li avete commessi, laidi mercatanti.


La mia Legge era igiene dello spirito.
Voi però usate le Sacre Scritture non per pulirvi l'anima, ma per pulirvi il culo.
Il Giovedì santo, voi non lavate i piedi alla povera gente come Cristo, no! voi vi ingozzate di maiale e idromele, la Quaresima!


Gesù Cristo morì per voi sulla Croce, morì perché vi amava e credeva che meritaste la salvezza,
ma mio figlio ora è quì in silenzio accanto a me, e nella sua solitudine sembra dirmi: Padre vi prego, non mandatemi laggiù!
Quando vi succede una cosa buona, l'adducete a vostro merito.
Quando vi succede una cosa cattiva, quella è colpa di Vostro Signore.
Dite che io non vi amo.
E vi chiedete anche perché?
Per quale motivo dovrei amarvi? Voi disprezzate me con tutto quanto io ho Creato!
Avete avvelenato la terra col vostro sangue, che è amaro, e l'avete ricoperta con i vostri cadaveri immondi, i quali erano pieni di vermi.
Avete massacrato i boschi e le foreste per arare i campi, e ucciso tutte quante le mie creature per arricchirvi.
Avete scavato nelle viscere della terra, avidi, usate il ferro per i vostri armenti, quando io vi creai forti e robusti.
Come Crasso meritereste di finire: soffocati nel vostro stesso oro, ingurgitereste persino piombo se questo valesse quanto l'oro.
Poi rubaste l'acqua ai fiumi, e ci pisciaste dentro.
Saccheggiaste i mari, e non lasciaste pesce."

"Io vi odio come solo Iddio può odiare voi" ha detto il Signore "siete lo Sterco del Creato."

Fratelli!
Noi ve lo avevamo detto. Io ve lo avevo detto! Malachia ce lo aveva detto!


Lasciate pure che i monatti raccolgano i cadaveri pestiferi per le strade, anzicché lasciarli marcire al sole divorati dalle mosche, come sarebbe cosa giusta.
Lasciate pure che quegli idioti dei medici, vengano da voi con quel becco lungo e acuminato, e cerchino di curarvi con quelle erbe che mi ricordano gli stregoni.
Lasciate pure che i flagellanti si flagellino. Chi è mondo è mondo ormai e non deve temere di essere immondo, è troppo tardi per pentirsi.
Lasciate pure che Enrico V pianga sulla tomba di Ottocaro, morto di peste. Il Regno di Boemia non avrà altro re all'infuori di Dio. E chiunque si segga su quel trono sappia che morirà, poiché quel trono è avvelenato.
Molto presto discenderanno dal Cielo i Sette Angeli con le sette trombe, e verranno a raccogliere coloro i quali hanno fede.
Una nave dei cieli, grande quanto l'Arca di Noé, apparirà uno di questi giorni.

Stolti. Stolti tutti quanti voi. Golosi e lussuriosi. Sodomiti!
Credavate che i vostri peccati sarebbero rimasti impuniti all'ombra di Dio?
Credavate che la punizione di Nostro Signore non vi avrebbe raggiunti ovunque voi soggiornavate?
Venezia annegò e annegò per volontà di Dio.
Babilonia la Grande sedette sul Soglio Pontificio, voi la seguiste in quegli orrificanti mesi, ma ella fu giustiziata per volontà di Dio.
Stefano l'Ungherese cadde come un martire tra le aride pianure della Mongolia, pochi lo piangeste, ma egli cadde per volontà di Dio.
Morì poi Luigi. Quel meraviglioso esempio di Re, che si è guadagnato un posto tra i Santi nel Calendario. Anch'egli morì per volontà di Dio.
Cosa erano questi se non il presagio di quello che sarebbe accaduto?


Papa Clemente V era pronto ad indirre una grande crociata contro il Sultano Baribaro e i suoi schifosi mammelucchi.
Dio lo vuole, dicono i Crociati.
Ma a me non sembra che Dio lo volesse!
Se Dio avesse voluto, non ci avrebbe puniti con un tale Flagello ma ci avrebbe lasciato pugnare.


Soltanto l'Inghilterra, una terra flagellata dalle piogge e dal cattivo tempo, è stata risparmiata dalla collera di Dio, forse per pietà o forse per merito.

Ora è giunta la vostra ora, peccatori. E stavoltà il gallo non canterà tre volte, ma una, una sola.
L'ira furibonda di Nostro Signore vi travolgerà, e non potrete fare nulla per fermarla e soltanto pochi di voi sopravviveranno.

"Poiché io sono un re grande" dice il Signore degli eserciti, "e il mio nome è terribile fra le nazioni."
"Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome" dice sempre il Signore "manderò sulle vostre nazioni una grande maledizione, che vi farà rimpiangere le cavallette, le rane e le sette piaghe d'Egitto."

"Io vi spezzerò le braccia e vi farò ingoiare i vostri escrementi, e poi sarete spazzati via assieme con essi”.
Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca devono uscire i messaggi del Signore degli eserciti.
Voi invece vi siete allontanati dalla retta via e siete stati d'inciampo a molti con il vostro insegnamento, avete rotto l'arca dell'alleanza.


"Perciò vi ho reso spregevoli e abbietti, disgustosi davanti a tutto il popolo, perché non avete osservato la mia Legge.
Vi ho regalato un destino peggiore di quello dei lebbrosi.
Il vostro corpo si riempirà di pustole pruriginose. E ovunque spunteranno bubboni.
E guardatevi dal grattarvi, poiché le ho riempite di ogni immondizia giallognola e schifiltosa, e se schiaccerete questi bubboni vedrete che uscirà un liquido verde e appiccicaticcio.
Le vostre mani, e i vostri piedi, e in generale ogni cosa del vostro corpo, persino il vostro membro, diventerà nero come il carbone, e col tempo cadrà.
Tossirete e vomiterete, e le strade si riempiranno di vomito e tosse. E dalla vostra bocca usciranno topi."

"Io sono la fiamma. Io sono il fuoco che incenerisce gli incantatori, gli adulteri, gli spergiuri, chi froda il salario dell'operaio, chi insidia le vedove e gli orfani. Costoro non hanno il mio amore”.
"E poi spargerò la mia merda sugli infedeli, annegheranno nel mio sterco i pagani e gli eretici, e tutti gli apostati che rifiutano il Vangelo e che si riempiono la bocca di menzogne sul mio nome."

Fratelli!
Siate ferro in questi tempi oscuri.
Se avete pustole o bubboni, non temete: perché molto presto raggiungerete la Casa di Nostro Signore.
Ringraziate il Padreterno, Creatore del Cielo e della Terra, per questa igiene che sta facendo.
Moriranno gli avidi e gli storpi, i lestofani e i corroti.
E resteranno soltanto gli onesti, i saggi e i pii, solamente i retti, i quali governeranno la Terra.


Credete alle mie parole poiché quanto io vi sto dicendo sta già accadendo.
Da Cluny, in Borgogna i flagellanti armati di fiaccole ardenti e pustole pestifere, hanno provato ad irrompere nella Reggia di Ugoccione IV, capeggiati dal Santo vescovo Filippo di Savoia.
A Ginevra, i monaci e i flagellanti si sono impadroniti della città.
Sta arrivando il giorno in cui gli uomini di fede regneranno al posto dei Signori.

  Io vi dico che tale giorno arriverà,
ma se ciò non dovesse succedere,
allora il mondo intero verrà annegato nell'ira furibonda d'Iddio.

Prima tra tutti, annegherà Genova.

Fratelli!
In verità io vi dico,
Il Genovese è l'untore.

Col suo mercanteggiare, il giudeo e il genoano hanno insozzato l'alma terra, spargendo in ogni angolo del Creato da Bisanzio a Stoccolma il germe mongolico.
Perciò morte al Genoano. Che brucino sul rogo, o tra gli inferi! Assieme agli ebrei.
Se Arrigo V vuol redimersi e avere salva la sua anima, che faccia un olocausto di 800 genovesi.
Offerti in sacrificio per te, Signore.



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Messaggio Da Stratega Capo Sab Apr 01, 2023 5:17 pm

Damietta, 639 anno dall’Egira alla Mecca








Ove il Sultano decide il destino dei ladri Bizantini


Erano passate molte lune dallo spaventoso furto alla Mecca, quando un numero infinito di ladri erano entrati persino nel Tempio della Khaba per arraffare e rubare ed ora quei predoni si trovavano di fronte al Sultano temendo per la loro sentenza.


Ma raccontiamo con ordine gli eventi di quei terrificanti fatti:
una notte di ben sei mesi fa dei predoni provenienti dagli Stati Crociati si erano, col favore delle tenebre, addentrati giù per l’Arabia non saccheggiando i villaggi oltrepassati, non volevano dare nell’occhio, ma attendendo fino alla Sacra Città.
Attesero un’intera notte, le guardie della Khaba erano infatti attente, e il mattino seguente si presentarono dai guardiani e dagli Imam: pronunciarono la frase, quella che certifica che tu sia un credente, e furono lasciati entrare, tutti e diciassette, nascosti fra la folla. Diciassette, numero di grande sfortuna.


Una volta dentro non attesero un attimo ed iniziarono a saccheggiare e a derubare, picchiando i fedeli e malmenando le guardie. In breve furono fuori, rubarono carri, cammelli e asini e iniziarono una corsa disperata verso il nord, anche all’interno del deserto.


Poi tre mesi di nulla, erano fuggiti, chissà, forse di nuovo negli Stati Crociati, forse dai Bizantini. Quel che importa è che un membro della loro banda fece un passo falso e decise di rubare anche nel Regno degli Ungari. Fu catturato e si vennero a sapere i nomi di tutta la banda ed anche che provenivano da Bisanzio.


Una missiva urgente, fu inviata dal Sultano direttamente al Re dei Romani chiedendo spiegazione, scuse e riconsegna di ladri e maltolto. Ma il derubato era già stato tutto impiegato o venduto e nelle terre dei Romani non rimaneva più alcunché, così il Sultano si fece pagare alti tributi di legname e di ferro e si fece consegnare i predoni.


Sedici predoni sfilarono, accompagnati da guardie Bizantine sino al confine, poi dai Mamelucchi, la strada per Damietta era lunga. Solo altri tre mesi dopo giunsero, dopo essere stati puniti da ogni comunità che avevano incontrato, l’unica regola che i villaggi dovevano seguire era che la morte per i ladroni non era contemplata.
Giunti a Damietta i sedici erano chi senza testicoli, senza una gamba, senza i due occhi, senza un orecchio, senza la lingua, senza le dita dei piedi o chi era giunto sin lì con un palo su per il retto e ben legato alla schiena, a mo’ di sacca. Nonostante queste orripilanti mutilazioni erano tutti ancora sani, persino le infezioni piene di mosche sembravano non aver sortito alcun effetto sui sedici. Certo ch’era così, avevano sfidato Allah, ma Allah vince sempre.


Dopo un altro giorno furono giudicati dai giudici del Corano, che li giudicarono colpevoli di tutte le accuse, di cui alcune non nominabili. Ma uno di loro, quello col palo, chiamò a gran voce “In nome del Sultano! Devo aver vita salva!”, probabilmente sperava di vivere almeno un’altra giornata e di vedere quel tramonto, ma per sua fortuna il Sultano era presente e sentenziò “Mi hai chiesto il perdono, ebbene te lo concedo, Baybars lo è con chi si arrende, come dice il Corano, tu hai pronunciato la frase: ebbene comportati da buon Islamico e abbandona le tue malefatte” . L’uomo rimase stupefatto, aveva avuto salva la vita! Gli altri colpevoli invocarono e chiesero perdono al Sultano, imitando anche preghiere in Arabo, ma per loro era troppo tardi.


Quella sera, prima dell’avvento del tramonto, quindici corpi erano stati impalati su di una collina ed erano visibili da buona parte della città, già i corvi si avvicinavano a beccare i corpi, che non erano ancora cadaveri.
Il sedicesimo che ebbe vita salva morì il giorno dopo, durante i momenti di preghiera. Si racconta infatti che non accettò la sua Religione e non avendo pregato fu colto da infarto e morì all’istante. Inoltre alcuni bimbi raccontano di essere andati a giocare sulla collina degli impalati dopo la preghiera e di averli trovati tutti morti, quando fino a poco prima lanciavano pietre sulle loro nuche sentendo i lamenti.













Ove il Sultano scopre la peste

Poco tempo dopo la faccenda dei Bizantini in tutto il Sultanato si diffuse una malattia terribile, d’origine sconosciuta, ma molti dei sopravvissuti pensano che fosse portata dalle navi Genoane dall’Italia, curiosa coincidenza proprio un paio di giorni prima dei primi malati ben quattro navi Genoane erano giunte nei porti dell’Egitto.



Prima la malattia percorse il Nord dell’Egitto sulle coste, poi corse verso Bengasi e poi giù sul Nilo, fino all’Etiopia per poi varcare (forse con navi, forse dagli Stati Crociati) in Arabia. Dall’Arabia giunse alla Siria e poi chissà. Solo qualche paesello si salvò mentre diverse migliaia di malati venivano internati in vere e proprie cittadine nel deserto o isole di barche nel mare.


Quello che con certezza si sa è che solo nell’Egitto si sono visti più di 50.000 cadaveri per le strade e presto la situazione precipitò a tal punto che il Sultano temette per la sua vita, se non fosse stato per dei medici che riuscirono a tenerlo lontano dalla malattia, per strane ragioni le tecniche non funzionarono anche con la plebe e il popolo ebbe molte e moltissime perdite. Persino dall’Europa i Reali invocavano l’aiuto dei medici Arabi, aiuto che però fu negato ai più.


Il Sultano, superata la malattia, decise di imporre ferree leggi per prevenire altri morti.
L’editto, scritto in Arabo, Greco, Latino ed Ebraico fu letto persino dai menestrelli in tutte le strade e recitava così:






Editto di Malattia, Ordini del Sultano


1 ) Non si dovrà in nessun caso entrare in contatto o stare nelle vicinanze di un infetto o del corpo di un infetto, anche animale, che questi sia il padre, la madre, il figlio o l’amante. Potranno farlo solamente altri infetti o i becchini. La pena per la trasgressione è la morte.


2) Tutti gli infetti, di qualsiasi popolo, professione o religione dovranno andare od essere portati nei lazzaretti del Mar Rosso, del Mar Grande o del Deserto. Se non è possibile trasportarli in sicurezza che vengano chiusi nelle cantine, nei pozzi esausti od in un qualsiasi posto da cui non possano uscire. Gli animali infetti vanno uccisi all’istante senza cercare di curarli. La pena per la trasgressione è la morte.


3) Non è possibile girovagare per le strade, né per piacere né per lavoro né per trovare alimentazione. La pena per la trasgressione è la morte.


4) I morti di peste dovranno essere accumulati in un unico luogo al chiuso e distante dai centri abitati: come una stalla dismessa. Una volta che l’edificio sarà pieno andrà bruciato completamente e poi le ceneri dovranno essere sepolte lontano dalle acque.
In alternativa si potrà accumularli in una grande fossa e bruciarli in seguito o bruciare direttamente ogni corpo. È lecito tenere in posto separato gli animali morti. La pena per la trasgressione è la morte.


5) Non si potrà in alcun caso gettare i corpi nei pozzi non esausti, nei fiumi o nei mari, poiché bevendone le acque si contrae la malattia. La pena per la trasgressione è la morte.


6) Non si dovrà uscire di casa per il cibo, saranno i Mamelucchi a lasciarlo di fronte ad ogni porta e allo stesso tempo monteranno torce su di tutte le strade. Non sarà lecito fare mercato nero o spegnere le torce. La pena per la trasgressione è la morte.


7) Solo i menestrelli delle regole e i Mamelucchi potranno muoversi nei centri abitati.







Erano queste le regole a cui ogni suddito od ospite del Sultano doveva adeguarsi, regole rigide con punizioni rigide. Purtroppo non evitarono migliaia di cadaveri.


Anzi! Più di una volta in quei mesi partirono delle rivolte, una delle quali a Damietta che ebbe come effetto il rogo di tutti i Giardini di Damietta, i Giardini del Sultano, già però vuoti da tempo poiché gli animali erano già stati tutti ammazzati.
Tranne una colomba bianca, con l’eccezione di una macchia nera, che svolazzava sul Palazzo Reale.











Ove il Sultano calma gli animi e lancia un avvertimento





Di tutte queste disgrazie Musulmani ed Ebrei, almeno le masse, concordavano su un colpevole: il Papa dei Franchi. Di fatto in Egitto non erano giunte notizie di casini alla vecchia Roma e questo era certamente sospetto.
Ma il saggio Sultano sapeva che un infedele non poteva avere doti magiche di tal specie, tanto più un infedele che ne aveva a morte coi Fedeli!
E per questo evitò sino all’ultimo che venissero compiute azioni punitive d’ambo le parti, perché sapeva che non avrebbero risolto niente.


I Cristiani, quelli che guardavano al Papa, erano abbastanza in sofferenza: in primo luogo il loro Cardinale era stato ucciso dal Papa e questo non lo rendeva un personaggio assai popolare dai Cristiani d’Egitto, in secondo luogo il loro Vescovo fu fra i primi ad andarsene (intendea aiutare i lazzaretti e difatti lì se n’è andato). Ma agli occhi di tutti gli altri perdere un Vescovo od un Cardinale non sembrava cosa di gran conto paragonata ai cumuli di cadaveri che si trovavano in ogni paesello.


Il Sultano, istigato dalle masse popolari, dovette però ordinare ai Cristiani di calmarsi e di rispettare le regole, infatti scampanavano a tutte le ore per esprimere la loro sofferenza, rendendo però sofferenza alle orecchie di tutti gli altri.


Il Culmine avvenne quando dalle coste della Libia si vedettero navi e navi e navi, vascelli e galere colmi di uomini dirigersi verso chissadove. Un chissadove non troppo ignoto: andavano in una città Araba.


Il Sultano quindi diede ordine all’esercito di spostarsi sulle coste e di aspettare e poi informò i crociati: se si fossero avvicinati abbastanza alle loro coste da essere colpiti sarebbero stati colpiti senza se e senza ma, lo stesso se si fossero avvicinati al Regno di Gerusalemme o se fossero stati visti nella Siria Genoana. Questo doveva valere come un avvertimento.
Se però i crociati non erano crociati ed eran sol molti pellegrini: a cicli di cinquemila alla volta avrebbero potuto dirigersi a Gerusalemme per poi tornare e dare tempo ad altri.
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Messaggio Da Astrid I Lun Apr 03, 2023 12:04 pm

IL REGNO DI ISABELLA DI FRANCIA

Gavodante d'Aquitania
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Ricordi di un trovatore

MAGGIO
1262 AD


Sono un semplice trovatore - delle Dame io sono l'abbindolatore
dell'Amore sono io l'ambasciatore
dei seduttori io son però l'armatore

In Guerra come in Amore - non si và sprovvisti di sella!
e poi senza spada - s'è in balìa della masnàda

Son Gavodante - lo vostro musico adorante
Se le mie rime vi paron sublime - sublime è in vero lo manoscritto
che per voi Madame io ebbi scritto

Ma l'ho perduto - desolato
Sarò da voi mai perdonato?

Con voi Pulzella - in Guerra ci andai senza Sella
In Crociata io caduto
e lo manoscritto mio a Damietta fu perduto
Lottai pe Gerusalemme contro Baribaro
lo Gran Porcaro

Di quel che per te poetai - restano a mente solo alcuni versi
che in capo mio non furon dispersi

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La vita di un musico si sà - lui per lo nettare và di corte in corte - come l'ape di fiore in fiore.
In tutto questo - capirete - non c'è Amore.
Lo trovatore - sol pe 'l danaro lui va a caccia - fosse anche per rimediar qualche donnaccia.

Morto il Santo - mi raccontaron dei Balivi e mi dissero che costoro avevano molti obbiettivi...
Giovanni Tristano - era davvero un buon cristiano che a tutti avrebbe dato una mano. Assai sì bello era lo vostro fratello - ma morì lo principe dodicenne quando proprio la Peste avvenne. Lo minore che si chiamava Pietro - restò nello suo Casteldivetro. Aveva nove anni - e per quell'età fin troppi malanni.
Invece vostro zio Carlo il trono di Francia ambiva conquistarlo.
Voleva l'Epiro e la Candia - lo Brabante e la Frisonia - la Scozia e Gerusalemme
che vecchio Matusalemme!

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Ma poi veniste voi Isabella - che d'Orléans vi chiamaron la Pulzella
Veniste voi da Navarra e quieto v'aspettai io con la Chitarra

Con la carrozza passaste per le vie di Francia - e lo cocchiero - che nel nero pareva uno sparviero
Bubboni - vomito e diarrea
questo voi vedeste - come un Odissea
Era la Peste Isabella - che tutti quanti accoltella

Fu colpa dei Genoani - e forse anche dei Toscani
avidi mercatanti - i bubboni furono abbondanti
A Tolosa e a Provenza - la Morte entrò con insistenza

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Pulzella d'Orléans
cattiva - non mi concedeste mai un baciamano

Tranne al papa - a lui sì che la baciaste la sua mano
però lo vidi che vi facea schifo - come se baciaste lo suo deretano

Guido Falcodio - Urbano V per Dio
vi mise la corona sulla bruna testa
della Francia voi siete ora la Sovrana - questo 'l diadema v'attesta

Isabella di Francia - Isabella d'Arco
che siete decisa come 'l vecchio Ipparco
Giuraste al Pontefice di scacciare i Ghibellini dai suoi domini
libererete Milano e Ravenna - e poi ritornerete fin sulla Senna

Come Carlo voi siete ambiziosa - ma mai tanto presuntuosa:
da Alfonso non ci fu alcun responso
Giacomo d'Aragona era morto - deficiente - o di morte era solo apparente?
Sancha d'Aragona la sposaste - o poiché sì brutta all'altare l'abbandonaste?
perciò vostro marito Teobaldo - a Barcellona volevate mandarlo
e Creta! quell'Isola v'acquieta

Creta e Barcellona - la brama di conquistarla - Madamoiselle
non v'abbandona

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Ma lo Sultano Baribaro ch'era più meschino d'un porcaro
affondò le navi dei Templari - e dette la colpa a un Calamaro
Pieno di mostri marini è lo mare - disse il Sultano
ma le sue falsità son come puzzette che escono da un deretano
lasciano un afrore che non ha alcun onore

Creta e Barcellona voi volevate conquistare
ma lo Santo Padre vi disse - Pulzella - Gerusalemme s'ha da liberare!


Tutti i Sovrani chiamò a raccolta
la vittoria d'Iddio sarà colta?

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Perciò partiste
e col mio cuore affranto
partito anch'io spero d'esser al vostro fianco

Isabella - a cavallo montate - che Pulzella!
Pulzella Cavaliera - Cavalier Pulzella
Vostro padre se ne diede di frustate
ma al vostro destriero voi ora ne date

Che 'l reame sia vostro Isabella
canterò per voi - che siete la più bella
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Messaggio Da Ferdinand-Foch Lun Apr 03, 2023 7:33 pm

Repubrica de Zena
Lezione VIII
(Maggio 1262)

-- -- -- 


Guerra e Pace

Poco dopo il termine delle elezioni comunali che videro la bella e sorridente Vittoria corteggiare il buon Alessandro Orengo, neanche ci fu il tempo dei festeggiamenti, poiché il clima di spensieratezza e gioiosa felicità venne rovinata, come delle unghie su di una lavagna, dalla presenza ignobile ed oscura, che alcuni avevano fin da prima avvertito, di un cavaliere o meglio di un corvo: uccellaccio del malaugurio, mandato dall’Imperatore Enrico per annunziare il suo violento volere. La volontà dell’Imperatore, come se avesse calcato nuovamente questa terra mortale il Sacro piede di nostro Signore, Padre Onnipotente, e che avesse scelto di incarnarsi nuovamente, come fece con Gesù di Nazaret, in Enrico V di Lussemburgo dando a lui quindi il potere divino di scegliere vita e morte di ogni uomo. Questo alone di saccenza e peccaminosa manifestazione di potere divino, quando di divino nulla esprime, è un velato insulto a colui che in verità è l’unico degno rappresentante, e non incarnazione, di Dio: Papa Clemente V o il suo successore Urbano V. 

D'altro canto anche Genova non è esente da peccati ed errori, se il destino ha riservato nubi ed ombre è anche per colpa dell’avidità dei mercanti liguri, dalla superbia della classe politica comunale che, ergendosi a paladina della fazione dei Guelfi, ha attirato le ire del più Ghibellin dei Ghibellini. La furia dell’Impero colpi Genova come una tempesta si abbatte su una piccola barchetta ormeggiata da ingenui principianti, ma credetemi quando vi dico che Genova voleva combattere, voleva tenere onore ai principi enunciati e difendere i Visconti guelfi di Milano, però quando lo sguardo delle vedette si posero su l'immensa fila, apparentemente infinita, di carne umana mista a corazze di ferro, che ad ogni passo, tutti rigorosamente all’unisono così da battere più forti, riecheggiava nelle foreste e nei villaggi vicini  in un rumore insopportabile preludio di una fine violenta; beh abbiamo mollato. 

In conclusione Milano è stata riconquistata dall’Impero, mentre Genova uscita sconfitta da questa guerra in modo disastroso ha subito un ridimensionamento della sua capacità politica, di fatti limitandola a la singola città ligure, la corsica assieme alla sardegna, la città di Tunisi e la penisola del Peloponneso; il resto dei territori sono controllati indirettamente, ma alcuni dei quali come il Regno di cipro e i Regno in Anatolia hanno acquisito parecchia autonomia. D’ora in poi le mire espansionistiche di Genova saranno estremamente limitate, se prima vi era un principio di competizione con le altre potenze, adesso vi è una distanza insormontabile da colmare; non tanto dal punto di vista tecnologico, bensì numerico: l’esercito genoano contava poche centinaia di uomini e nonostante l’ingaggio di gruppi mercenari comunque non si poteva competere con le fila nemiche. 


-- --- -- 


La Peste

Genova nonostante la brutale sconfitta è riuscita a destare, seppur inconsapevolmente, un brutto colpo ai suoi nemici Imperiali non attraverso la spada, troppo fragile al cospetto della corazza impenetrabile dei Tedeschi, bensì con un’arma più insinua, capace di attaccare chiunque in modo indiscriminato, in grado di perforare gli scudi e le armature: la Peste. Una malattia di cui ovviamente i genoani non avevano la più pallida idea di cosa fosse e neanche della sua esistenza finché non l'hanno subita sulla propria pelle attraverso le sue manifestazioni: Buboni, Tosse, Sputi Sanguigni e Collasso Polmonare. Molto probabilmente la malattia ha trovato terreno fertile durante l’assedio di Genova, proprio tra  i corpi dei popolani morti accasciati per le vie della città per giorni, impossibile fu per i medici e i soldati spostare quelle carcasse di carne putrefatto per via delle catapulte insaziabili che ininterrottamente hanno sbraitato sulla città. 

Una tale manifestazione di violenza ha provocato l'ennesimo disgusto da parte di Nostro Signore, il quale con un briciolo di misericordia, che lo contraddistingue in quanto Dio, invece di far sparire tutto il creato con uno schiocco di dita come fatto con Venezia, ha mandato i suoi emissari della morte che hanno sprigionato i loro odori mortiferi per le strade di tutto il continente. Non solo Genova, non solo la penisola Italica o la Germania, ma anche Francia, Ungheria, persino Egitto e Svezia sono state colpite da questa punizione divina. Migliaia sono i morti contati di questa sciagura, e chissà quanti altri sono morti in case abbandonate o in luoghi isolati lontani dalle città appestate. La prima ondata che ha colpito tutto il continente, compreso l’Egitto, è terminata dopo alcuni mesi dal suo inizio, mentre persiste tutt’ora a Genova e in alcune zone della penisola rappresentando una vera minaccia per i paesi confinanti, tant'è che la Francia si è di nuovo macchiata a differenza degli altri regni che hanno tagliato qualsiasi contatto. 

-- --- -- 


Nuove Pedine 

Nel trambusto generale dovuto alla guerra e alla malattia, le notizie a Genova arrivavano in ritardo spesso anche false frutto della fantasia di qualche burlone. Si vociferava che Papa Clemente V ma non si sapeva se di morte naturale o di Peste, pensate ormai quella piaga divina entrò così in profondità nella società dell’epoca che ogni sintomo, di ogni malattia era associato alla Peste ciò ne consegue che ogni morte fosse causata proprio da quello; come se n’il mondo non esistessero più altre malattie e ognun si considerasse appestato. 

Fatto sta che Vescovo di Dio veramente morì e quale fu la causa onestamente poco importava in quel momento, vi erano altri problemi da pensare, ma al curiosità di sapere chi venne eletto nuovo Papa comunque esisteva, anche per un semplice sfizio personale di molti di sapere a quale nome appellarsi quando pregare. Falcodio, un cardinale che per ben tre volte, se non di più, cercò di mettere le mani sulla sacra veste papale e finalmente dopo due Papi, guerre e punizioni divine ci riuscì con il nome di Urbano V. Finalmente esaudito il suo sogno bagnato, come primo volere da rappresentante di Dio ha provveduto nel riunire le corone cattoliche del continente per muoverle, come brave marionette, in una Crociata contro il demonio che alberga nel vicino oriente. Del resto quale miglior medicina per placare l’ira di Dio appena abbattutasi su noi mortale di una “Guerra Santa” !? 

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Messaggio Da Vlad Mar Apr 04, 2023 11:39 am

"PERKZ" 
Giugno 1262
Cronache Medioevali Croato-Ungheresi di Luka Perković


Quali nefaste parole dovrò annotare, che queste mie righe siano da memento per te, mio futuro lettore, che tu sia il me stesso degli anni a venire o che tu sia un uomo del remoto futuro, sempre ammesso che per la nostra razza ve ne sia uno...


Andrò con ordine.


Il regno in cui vivo, di Croazia ed Ungheria, insieme a tutti i regni,repubbliche, sultanati,persino i kahan, hanno vissuto con l'ira del signore sulla nostra pelle. Non bastò Venezia come monito, No! Gli uomini decidettero di ignorare quel segno, che siano fedeli del vero signore, eretici, barbari delle steppe senza dio e persino gli infedeli, che dichiarano di venerare il "vero dio" più forte rispetto al nostro "finto dio"


Questa piaga che si è abbattuta ha portato le vite degli uomini a spegnersi, in una morte indegna, lenta e logorante, per le strade si tossiva sangue, e tutt'ora vi sono persone che subiscono il castigo divino, il corpo viene umiliato, denigrato da pustole e se qualcuno fosse cosi sciocco da voler fuggire dal castigo soffrirà un destino che nemmeno ho il coraggio di descrivere.


Molti attribuiscono la causa di ciò alla repubblica genoana, ma se debbo essere onesto, siamo tutti peccatori, gli eretici peccano per aver rinnegato Dio, gli infedeli peccano due volte, sia per aver rinnegato il vero dio venerando un falso, sia nel non rispettare nemmeno le volontà del loro profeta. I mongoli sono peccatori dalla nascita, senza un dio, senz una casa, senza pietà nel loro animo dannato all'inferno sul nascere.


Ed infine ci siamo noi, noi Cristiani Cattolici, pecchiamo di accidia, pecchiamo d'avarizia, pecchiamo d'ira, pecchiamo d'ogni peccato e soprattutto siamo ciechi, il nostro peccare non ci mostra la verità e ci convinciamo che il nostro desiderio è la verità, il signore ci aveva avvisato, il signore ci ha mostrato la sua forza eppure noi, ciecamente abbiamo continuato. Solo il tempo sà se verremo nuovamente graziati dal Padre e tristemente, solo il tempo sà se peccheremo di nuovo.


Questi avvenimenti mi han portato a vedere la chiesa con occhi differenti, i pontefici vanno e vengono, in una spirale di morte infinita, segno che il signore stesso non riconosce più l'autorità del papato, ora vi è quel tanto chiacchierato falcodio, il quale finalmente è riuscito ad ottenere la veste, eppure l'unica cosa che ha fatto è distogliere le attenzioni e le preoccupazioni delle povere genti e focalizzarle su una crociata dato che evidentemente di morti non ce ne sono stati abbastanza negli ultimi mesi.


Queste potrebbero essere le mie ultime righe, insieme al sovrano, Re Bela IV, parteciperò alla santa guerra, vi confiderò un segreto, il sovrano mi ha confessato di essere vicino alla sua fine, il suo ultimo desiderio è morire in terra santa. Prego affinché possiamo entrambi ritornare nella nostra terra in salute e vittoriosi e prego affinché Dio perdoni questi suoi sciocchi figli, cieci e sordi difronte alle sue parole.


Durante questa grande prova del signore, nessuno poteva entrare o uscire dal regno, poche sono le notizie che giungono da fuori i confini, molti sono morti ovunque e persino importanti figure hanno lasciato questo mondo per forse riunirsi ai loro cari nel regno dei cieli. Vi è la teoria di chi suppone che la piaga sia venuta con la morte del santo re luigi di francia, con il regno dilaniato da una guerra fratricida per il trono, il signore, si dice, abbia scelto di punire tutti coloro che decidevano di intromettersi nella faccenda, forse per questo, la regina inglese, ha visto la sua isola risparmiata da tale supplizio, quasi come se fosse un perdono concessogli dal signore per non aver teso la mano peccando d'avarizia.


Di peccatori d'avarizia vi è pieno il mondo, ricorderete quel mercante epirano che per onore o per orgoglio decise di spendere tutta la sua fortuna pur di avere una rivincita sul regno di castiglia, l'esito fu sorprendente, un regno forte e possente, dopo mesi, si è piegato difronte i saraceni arruolati dal mercante, amara ironia della sorte, Kostantin, dopo aver spennato la corona iberiana delle proprie ricchezze, minacciando di continuare ad interferire sia con i suoi commerci che con le mire ispaniche nelle terre dei mori, s'ammalò di peste pochi giorni ottenuto il suo vile denaro, nuovamente monito che Dio ci osserva ed è sempre pronto a punirci.


Infine, una piccola nota sulla mia vita personale, il Csacsi mi ha chiesto se sono interessato a prendere in sposa sua figlia, ella è una graziosa damigella che invidia fa a tutte le donne di sangue blu che ho visto non solo nel mio regno ma anche durante i miei viaggi, inizialmente fui dubbioso, per quanto possiamo essere amici, non bisogna mai fidarsi di un mercante, eppure, difronte al mio sguardo dubbioso egli sorrise, dicendomi "È forse strano, per un padre che è stato aggredito per la sua professione, desiderare la sicurezza della sua unica figlia?" Sono un uomo semplice e non lo nascondo, quelle parole mi hanno mosso il cuore, se dovessi tornare vivo da questa mia missione accetterò di incontrare la fanciulla, se il Signore lo desidererà, i nostri animi si intreccieranno e nel futuro ci sposeremo.
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Messaggio Da Rhaenyra Mar Apr 04, 2023 12:36 pm

Una triste profezia
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Quando il casato Bjälbo non era importante e quando Magnus non era un principe né un re;
Quando era ancora giovane e dalla mente innocente, egli si divertiva vagando per le fitte foreste, correndo libero tra le felci, cacciando, raccogliendo i frutti della natura e sopratutto giocando ed esplorando con i suoi amici.
Un giorno il bambino si avventurò con un suo caro compagno negli antri più bui della foresta,
dove gli abeti spiccavano alti e la luce del sole a stento trapassava.
Ma i loro piccoli occhi vennero intrappolati e attirati subito dalla visione di uno strano e malconcio casolare,
una piccola capanna tetra su uno spiazzo di terra nera
angosciante e inquietante,
dove dal camino usciva fumo;

“Ma chi abiterebbe così isolato in questa foresta?” - disse il compagno
“Ho sentito mio padre parlare con il balivo riguardo ad una certa strega pagana che si era trasferita nella foresta due lune fa” – rispose Magnus

Allora la paura iniziò a dominare le emozioni del piccolo compagno, ma Magnus gli fece coraggio, difatti era estremamente incuriosito, lui che ha ascoltato le vecchie saghe, affascinato dagli antichi Dei ma non era ancora consapevole che i vecchi Divini erano più crudeli di quelli nuovi e la pietà non era qualcosa di familiare per chi li venerava ancora.
Allora i due si incamminarono verso l’entrata della capanna,
il teschio di un caprone con una ruota ossea vegliava l’ingresso di quello che sembrava la tana del Demonio.
Quando i bambini entrarono, una vecchia si destò dal sonno, sgranò gli occhi e si alzò;

“Cosa ci fanno qui due piccini come voi? Vi siete forse persi? Volete forse uno sguardo sul vostro futuro? Oppure siete qui per offrire il vostro cuore ad Odino? Hahaha” – disse la strega

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I bambini rimasero pietrificati alla sola raccapricciante vista dell’insieme che costellava la loro visione, l’interno della capanna era luminoso, un grosso calderone nel camino con chissà quali intrugli malefici dentro, fiori venefici penzolavano dal contro soffitto, teschi di animali sulle mensole, accompagnati da una serie di misture polverose, sul tavolo vicino al letto c’erano pozioni di ogni colore e affianco al camino un altro tavolo con evidenti macchie di sangue ormai asciutto con sopra pestello e mortaio ma nulla era paragonabile alla terrificante daga appesa proprio di fianco al suo letto, decorata con scritture runiche dedicate a Lucifero stesso.
Uno dei due non riusciva a muovere tant’era la paura, né tantomeno a parlare,
Magnus la guardò negli occhi e gli domandò -
“Tu sei la strega che il balivo cerca?”
La vecchia donna si avvicinò incuriosita dal coraggio del giovane -
“Una strega? Io? Io sono una völva mio piccino” – gli rispose
“Noi offriamo profezie, perfino gli stessi Dei vengono da noi a chiederci il loro futuro” – aggiunse la völva
“Potresti dirmi il futuro che mi aspetta?” - esclamò incoscientemente Magnus
La donna si afferrò lesta la mano del bambino con forza, gli guardò il palmo della mano e con sguardo cupo scrutò nei suoi occhi innocenti, sogghignando e con un ché di sinistro iniziò la sua profezia...


“Diverrai principe e sarai fratello di un re, ma desidererai un trono per te, sposerai il mare e allora lo guiderai e gli farai inghiottire la Norvegia, ma tu rimarrai il suo consorte, nulla di più;
Le maree ti riporteranno a casa, due corvi ti si poggieranno sulle spalle, uno bianco e uno nero,

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 6 Los-cuervos-de-odin-930x620
il corvo bianco volerà lontano e non tornerà mai più, ne sentirai la mancanza ma saprai che non c’era altra scelta, il corvo nero morirà, lo odiavi e lo invidiavi, morirà per mano tua e sarà il tuo più grande rimorso che non ammetterai mai.
Diverrai re successivamente, il più grande e potente fra i re, l’immagine di te, ricorderà al popolo gli antichi e valorosi sovrani di un tempo ormai andato, sarai forte, vigoroso e intelligente, sguazzerai nel sangue dei tuoi nemici, prenderai tutte le loro teste.
Il mare ti donerà tre stupendi figli ma nessuno di questi riceverà una corona d’oro sul capo, poiché d’oro saranno i loro sudari! Hahahahah” – il ghigno sinistro si trasformò in una nefanda risata malefica
Magnus sgranò gli occhi e intimorito voleva andarsene ma la megera non aveva ancora finito…
“Una chiamata per combattere nel nome dei nuovi Dei ti verrà affidata e tu da guerriero la accetterai, le acque salate ti porteranno in una terra estranea dove l’oceano è bianco e il sole è rovente.
Non ti siederai più sul trono delle maree, al posto tuo ci sarà sabbia cocente! Hahahahahaha” – l’orrida völva concluse con una grassa risata colma di odio

…Magnus ormai spaventato dal sentire questa grottesca profezia, non appena la strega lasciò la sua mano in preda ad una risata isterica, il bambino prese il compagno e fuggì più velocemente possibile; Quell’odiosa risata lo perseguiterà fino al suo ultimo istante di vita e la profezia lo attanaglierà nei meandri più reconditi della sua mente per anni.


Un triste dono

Dal rapporto di Johan Utland, un medico della piaga

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La morte nera è infine giunta anche in scandinavia, le strade son ormai vuote, carri con pile di cadaveri colmi di pustole vengono incendiati.
Interi villaggi rasi al suolo, una punizione divina che nessun avrebbe potuto prevedere né prevenire.
Questo è un dono della morte, in molti l’hanno ricevuto, anche la corte reale ha ricevuto tali doni, i tre figli di re Magnus non sono sopravvissuti al temibile malanno. Sono passati sono passati mesi ormai, ancora non si capisce cosa abbia scaturito questa terribile malattia. Tuttavia sembra che il numero di infetti sia drasticamente diminuito, assieme ai vivi purtroppo, la piaga ha decimato l’intera popolazione sia di Svezia che di Norvegia, non oso immaginare nel sud, si dice che in Francia il morbo ancora giri, provo pena per la nuova regina Isabella.
Giungono altre novelle, il povero re Magnus, per distogliere lo sguardo e i pensieri da tali disgrazie e dalle gravose perdite familiari subite, è partito alla volta del medio oriente, guiderà lui l’esercito nella crociata.
Coloro che sono riusciti a intravedere il suo volto, raccontano di un'espressione molto triste, incupita come se già sapesse cosa gli aspetta, l'espressione di un uomo morto dentro.
Sono giorni bui questi, tenebra è la notte.
E la speranza è sempre più flebile.

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Messaggio Da Stratega Capo Mar Apr 04, 2023 7:08 pm

Damietta, 639 anno dall’Egira alla Mecca




Ove il Sultano sposta il Suo Palazzo


L’Editto di Malattia aveva fallito il suo scopo:


Spesso non solo gli infetti, ma anche le famiglie degli infetti si rifiutavano di consegnare sorelle, madri, padri e figli e si scontravano con le truppe Mamelucche.
In più i Becchini spesso non rispettavano gli accordi di solitudine e spendevano i molti soldi guadagnati nei poco rispettosi vini e donne. Solo i lazzaretti nei deserti e nei mari facevano il loro dovere, quelle nei deserti erano cittadine di tende costruite alla belle meglio dai soldati in zone remote e così quelli marittimi ossia zattere, portate dalle navi a cui poi furono tolte le vele ed ancorate con pesanti ancore.
I corpi umani spesso venivano visitati dagli Imam, che si infettavano e che portavano la malaria alle altre persone. I corpi animali venivano egualmente mangiati per fame: distribuendo la malattia ancora e ancora.


Questi eventi portarono a delle rivolte: solo il mese scorso per esempio i rivoltosi erano entrati nei giardini del Sultano, sperando di trovare alimenti. I Mamelucchi, nel tentativo di fermarli sguainarono le spade e accesero dei torcioni, i quali accesero le siepi e bruciarono tutto, compreso il Palazzo Sultanale. Gli animali erano già tutti morti, ma lì nei giardini del Sultano rimasero centinaia di cadaveri, mai presi per mesi, fintantoché gli sciacalli non vennero dal deserto.


Il Sommo era nei cortili quella notte, a dare ordini alle truppe, era triste: la malaria gli faceva fare ciò che mai avrebbe voluto. Presto, essendo in inferiorità numerica, diede l’ordine ai Cammellieri di correre verso la folla, portando dietro di sé i carri.
Il primo cammello partì ed investì diversi popolani che morirono, poi parti il secondo cammello che calpestò i primi popolani e ne investi altri.


Mentre nel cortile il Monarca salvava quel poco che poteva, nei corridoi del Palazzo diversi uomini armati fecero incursione nelle varie stanze e infine appiccarono il fuoco.
La mattina seguente la battaglia era terminata.


L’esercito aveva perso precisamente quarantasette cammelli, un dromedario e diciotto uomini.
Il Popolo aveva perso circa quattromila anime, anche di donne e ragazzi.
Il Sultano stesso, dopo aver radunato i suoi averi salvati dal rogo, il figlio, le loro donne e con l’esercito si diresse verso sud al Cairo: città dove la peste non s’era fatta molto sentire e dove il suo potere non era intaccato. Lì avrebbe fondato una nuova Capitale ed avrebbe reso il suo dominio più vasto.




Mentre si allontanavano diversi rantolii si udivano dalle cataste di corpi all’entrata delle mura del Palazzo e dentro i giardini, crocifissi erano sparsi dovunque, ma anche simboli Ebraici e Islamici in gran quantità.




Ove il Sultano perde per la prima volta


Il Sommo si era da poco trasferito al Cairo, ancora nelle tende dell’esercito e stava preparando le mosse adatte per calmare i rivoltosi.
Non parlerò però di come abbia riunito il Sultanato, vi basti sapere che ci pensò il fratello Heddin, Generale dell’Esercito.



Vi parlerò invece di come un pomeriggio, poco prima che il Solo bevesse il suo tè fu attaccato alle spalle da un uomo, che tentò di colpirlo.
Fallì il primo colpo che cadde sulla terra vicino alle budella del Monarca, il secondo colpo cadde vicino alla testa. Il terzo colpo non ci fu perché lo stesso Sultano lo infilzò al torace col suo pugnale. Lo assassino morì e fu spogliato: si scoprì ch’era Cristiano (non era circonciso) e ch’era pure Ungherese.
Ci fu un tentativo di interrogatorio
che fu inutile, la morte aveva accolto o preso lo scellerato.


La giornata finì però bene, infatti una donna dell’Emiro Baraka aveva partorito e dato alla luce una figlia! La nipotina del Sultano!

Ma il dì dopo alla veglia militare sia Heddin sia Baybars si presentarono alla tenda principale, ma all’assenza di Baraka s’insospettirono.

Difatti l’Emiro era stato ucciso nella notte da un altro scellerato, che lo sventrò e lascio simboli crociati su tutto il cadavere con le scritte incise in terra: “Peregrinus cras venit!”.


Un altro Ungherese per via delle impronte dei calzari identiche all’indegno compare.


Baybars pianse sul corpo del figlioletto, ch’avea salutato un solo giorno la figlia.
Il funerale fu breve e segreto, ma come tale della sua grandezza fu tumulato in una delle costruzioni che costellavano il deserto: le Piramidi. Non però nelle schifose e buie segrete di tali Reggie, in cui i soldati avevano trovato altri corpi, bensì sopra! Nel punto più alto, in una nicchia apposta scavata e poi richiusa. Introvabile poiché nessuno mai guarderebbe lì e perché la tomba era in solo una di decine e decine di costruzioni identiche.


Alla fine il Sultano si sentiva distrutto e sapeva che se persino i sicari di un Regno ben distante avevano l’interesse su sé e suo figlio; ahimè; una Crociata era vicina.
Chiamò Heddin per un colloquio, dovevano parlarsi.






Ove i seguaci di Isa perdono la città e Ove il Sultano non è il Sultano




Baybars progettava la vendetta per suo figlio e per le sue tre nipotine (anche le ultime due donne aveano partorito due femmine) e di fronte alle sue mappe il bersaglio più consono era proprio la città dei pazzi seguaci di Isa.


Un Cristiano aveva ucciso suo figlio, lui si sarebbe vendicato: armò l’esercito, lo diresse ai confini del Regno di Gerusalemme e prese la città.
Aveva intenzione di bruciarla!
Ma Isa era pur sempre uno dei profeti…. per questo prima fece spostare più a Nord tutte le reliquie sacre ai Musulmani, lasciando le altre in città e poi bruciò tutto, alimentando a dovere le fiamme, accecato dall’odio diranno i detrattori, ma in realtà mosso dalla giustizia divina.




Ma prima che il rogo terminasse naturalmente venne la pioggia, leggera e strana in quel periodo, e con questa la voce di Allah che illuminò Baybars.
Non racconterò cosa Allah ha detto perché sarebbe sacrilego, ma dirò il senso di quelle parole: “Baybars era il Sultano ed anche il Califfo, per questo doveva non solo difendere l’Islam, ma anche combattere i Cristiani. Aveva fatto bene a bruciare la città, ma aveva dei compiti sia in terra che in cielo: Baybars non riusciva più a restare sulla terra e accettato da Allah corse verso le macerie spente dalla pioggia, quando fu distante la pioggia cessò e le fiamme tornarono alte quanto prima, nessuno vide più il Sommo Baybars.
Sovrano Giusto e Paciere, ucciso dall’amore per il figlio.


Il successore, essendo morto Baraka, essendo giovani le nipoti andò al fratellastro Mujahid Heddin, uomo di guerra e azione, che adottò le nipoti come sue figlie.
Era divenuto Sovrano perché suo fratello si fidava di Lui, finalmente, ed era pronto a morire per rispettare il suo dovere di Califfo. Era lui: il Sovrano ed il Califfo.
Come primo editto aggiunse alla sua titolatura quella di: Saladino dell’Esercito.
Ossia non solo Generale, ma anche guida spirituale. Una titolatura che ripete quella di Califfo, ma che portò potenza e senso d'appartenenza all’esercito. Pronto a ricacciare i Crociati da dov'erano venuti. Se ce l'avesse fatta avrebbe superato di fama non solo suo fratello, ma anche lo Stesso Saladino.
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Messaggio Da Rhaenyra Gio Apr 06, 2023 12:42 pm

Un milione di leghe lontano

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"Siamo acqua salmastra e putredine oceanica!"

Dal diario di bordo del capitano Marco Polo


Giorno 1 - La partenza
Il sultano mi ha incaricato di esplorare e mappare l’isola di ghiaccio, le isole delle orche e la leggendaria Thule, di cui i cristiani tanto parlano.
Per adempiere alla mia missione, il sultano mi ha messo a disposizione una caracca con vela quadra e latina, come da me richiesto, questo nuovo tipo di nave consente una navigazione più veloce; E un equipaggio di marinai levantini, berberi, egiziani ed altra melma marina.
Inoltre ho fatto allestire un tavolo da cartografo nella cabina.
--
Il sole adesso brucia alto sul nostro capo, i marinai hanno appena finito di caricare nella stiva le provviste, alimenti ma sopratutto agrumi, tanti agrumi.
Manca poco alla partenza, darò l’ordine di levare l’ancora, togliere gli ormeggi e sciogliere gli ultimi nodi spiegando le vele.
--
Siamo salpati, il porto di Alessandria si allontana sempre di più, come lo sguardo del sultano Barybaro che era venuto a guardare la nostra partenza.
Comunque, l’equipaggio sembra entusiasta di prendere il largo, alcuni uomini si sentono più a loro agio tra le onde che sulla terraferma;
Il mare è calmo e procediamo spediti benedetti dal vento di Levante.
Il mio secondo è convinto che entro due settimane supereremo la rocca di Gibilterra.

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Giorno 16 - La Rocca
Sono passate poco più di due settimane, fin’ora è andato quasi tutto liscio, giorni addietro lungo le coste dei berberi, una nave si approcciava minacciosa ma il vessillo d’Egitto deve averli fermati, grazie a Dio.
Queste coste sono territori contesi, gli spaniardi sono guerra santa con questi popoli, ma il re Alfonso non sembra riuscire a mantenere le città che i suoi uomini conquistano.
--
Levante continua a soffiare imperituro sulle nostre vele, abbiamo appena passato la rocca che torreggia lo stretto;
Siamo rimasti stupiti da questa magnificenza del Creato, ma adesso ci aspettano le cavalcanti onde dell’Atlantico per poi navigare lungo la costa portoghese; Ci fermeremo a Santander per rifornirci, sperando che i locali ci accoglieranno.

Giorno 23 - Santander
Abbiamo attraccato al molo di Santander, siamo arrivati piuttosto velocemente, Ostro l’austero vento ci ha spinti con tutta la sua forza.
Sotto gli sguardi intimoriti e alcuni sputi dei paesani asturiensi, ci siamo riforniti di alimenti.
--
E via! Spiegando le nostre vele ripartiamo solcando le onde nel blu dell’oceano, lungo la bella Francia.

Giorno 30 - Tempesta
Siamo quasi giunti vicino le coste irlandesi, ma nessuna terra viene scorta, poiché una tempesta ci accoglie!
Il mare danza al suo ritmo e noi con lui, onde impietose mordono lo scafo, tutti i venti si scagliano contro di noi e i mozzi sono al limite sotto l’incessante pioggia.
--
Come se non bastasse, il Signore ci ha maledetti scagliandoci una saetta contro l’alberetto dei velacci, innescando un incendio in mezzo alla grandine, ormai l’albero di trinchetto si è spezzato mentre la nostra danza in mare è lontana dal finire, due marinai sono caduti in mare, le vele volteggiano all’impazzata senza cinghie e io conservo le mie ultime parole in questo diario che affonda, non so se vedremo un domani!
Giuro di aver visto le testa di un serpente gigante che ci osservava tra le alte onde mentre mentre Nettuno reclamava questa nave nei suoi abissi.

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Giorno 45 - Dispersi
Vaghiamo dispersi nell’Atlantico in balia della bonaccia, sono due settimane ormai che siamo sospesi su questo specchio d’acqua senza meta, dovremo iniziare un razionamento, le provviste stanno finendo prima del previsto.
Gli uomini sono sfiniti e sembrano aver perso le speranze, ma io non credo che la nostra fine sarà questo mare incognito!
--
Ho appena dato l’ordine di razionamento, alcuni mozzi mi lanciavano occhiatacce, ma purtroppo sono provvedimenti necessari, ho anche mandato una scialuppa a controllare i dintorni della nave nel caso avvistassero un banco di pesci.

Giorno 56 o 57 - In balia della Bonaccia
La fame si fa sentire, i razionamenti hanno buttato il morale a terra, i traditori sulla scialuppa non sono più ritornati, oltre alla fame ci si mette anche la noia! Non c’è molto da fare su questa nave, perfino gli svaghi che trovavo piacevoli prima sono diventati monotoni, la notte non faccio che scrutare il cielo nero per scorgere qualche suo segreto, ormai anche le mie rughe hanno i contorni delle piccole onde che a malapena muovono lo scafo, niente intorno, tutto fermo.
Anche il tempo sembra fermarsi, non so più precisamente quanti giorni sono passati dalla nostra partenza, sembrava andare tutto liscio, le vele erano gonfie, ma il destino ci ha riservato questa ignobile fine…
Ma non è tutto, il pericolo più grande, è proprio il mio equipaggio! Il rischio di ammutinamento è vicino, devo parlare con i miei mozzi.

Giorno 62 o 64 - Vento!
Mentre la salsedine incrostava i nostri visi, un sensazione piacevole ci sgrana gli occhi a noi tutti, una leggera brezza di vento! Nel crescendo di questo vento, la nostra vedetta urla “E se Dio ci ha abbandonati, il Demonio ci darà venti migliori!” - Quel dannato non l’avesse mai detto, un vento che spira da Est inizia a ruggire! Spingendoci sempre più lontano da casa! Gli uomini sembrano abbattersi ancora di più ma almeno ci spostiamo da questo infernale mare.
--
Lungo la rotta la vedetta ha intravisto dei delfini, abbiamo subito provveduto ad ucciderli, quando hanno portato le loro carcasse a bordo, ci siamo sorpresi nel vedere che avevano un corno sulla fronte, in che razza di acque stiamo navigando? Che mondo è questo?

Giorno 90 o 100 - Terra!
Nonostante i razionamenti e i cetacei cacciati, la fame attorciglia il nostro stomaco,
Alcuni non ce l’hanno fatta.
Navighiamo sospinti da questo vento freddo ormai da 2 mesi circamentre l’ultima speranza si affievolisceun urlo tuonò per tutta la nave
delle parole che mai mi sarei aspettato in questo momento
“TERRA IN VISTA!!”
--
non abbiamo neanche fatto in tempo ad affacciarci che un botto irrompe nelle nostre orecchie,
ci siamo incagliati.
--
fortunatamente questa terra è vicina, prenderemo le scialuppe e formeremo un accampamento sulla riva, dovremo cacciare e raccogliere per sopravvivere.

Giorno 114 probabilmente - Marconia ed Egiziola
Ci siamo rifocillati grazie alla selvaggina cacciata su quest’isola, si è un’isola.
Inoltre è anche molto grande e perfino abitata!
Degli strani uomini primitivi dipinti di ocra rossa, da quello che abbiamo capito si fanno chiamare Beotucchi.
Non sono ostili, anzi, ci hanno donato del cibo, magari chiederemo loro di insegnarci a costruire delle piccole imbarcazione per tornare a casa.
--
Il resoconto della mia esplorazione dell’isola che ho deciso di nominare Egiziola;
L’isola è caratterizzata da molte insenature, simili ai fiordi,
Ci sono catene montuose che si ergono al cospetto del mare.
La vegetazione è dominata dalle conifere, abeti rossi e bianchi e una specie mai vista prima di abeti, gli indigeni la chiamano “balsamo”, un altro tipo di albero che si trova spesso è la betulla bianca, utilizzata dai Beotucchi nei loro rituali funebri, a volte seppelliscono i loro morti legati con la corteccia, altre volte li inseriscono direttamente nella betulla in posizione piegata, uno spettacolo macabro.
La fauna di Egiziola è caratterizzata da diverse specie animali, ci sono degli orsi bruni, delle volpi rosse, nere e argentate, mole linci, perfino dei lupi, infine abbiamo riscontrato molte specie di animali sconosciute, dei furetti strani e delle marmotte acquatiche con i piedi palmati e uccelli dalla testa bombata e dal becco grande.
Le coste frastagliate di quest'isola si ghiacciano, d'inverno, difatti abbiamo notato alcuni iceberg alla deriva.
Sempre dall’isola però, da un’estesa penisola montana, si può scorgere all’orizzonte, una terra che si estende per centinaia di miglia, sono più che convinto, che sia un mondo nuovo, una nuova terra,
Che porterà il mio nome! Marconia!

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Giorno // - La partenza da Egiziola
Non rammento più i giorni passati, ricordo solo che è passato un altro mese dall’ultima volta che ho scritto.
Abbiamo chiesto una mano agli indigeni per la costruzione delle imbarcazioni per il ritorno,
insieme abbiamo recuperato la legna dallo scafo incagliato e abbiamo iniziato ad intagliare anche gli abeti vicini.
In poco tempo siamo riusciti ad assemblare due barche.
--
Ho chiesto a ognuno di loro chi volesse tornare nel vecchio mondo, soltanto in 7 su 35.
Porteremo con noi quante più provviste possiamo stipare e poi utilizzeremo una sola barca per prendere il largo, navigheremo lungo la costa e preghemo per un mare calmo.
Quelli che restano si stabiliranno permanentemente su Egiziola.

Giorno // - Altre intemperie
La costa sparisce e si curva, forti raffiche di vento spirano sulla nostra barca, il cielo ingrigisce, per la seconda volta questo diario assisterà ad un altra tempesta imminente.
--
Le onde sferzano la nostra imbarcazione, tentiamo il tutto per buttare via l’acqua, ma la pioggia non aiuta,
una grande spirale di vento discende dalle nubi, attirando a se tutti i venti, ormai eravamo in balia della natura, potevamo solo aggrapparci alle nostre speranze.

Giorno // - Groenlandia
Sono passate settimane, mi sorprendo che questo diario sia ancora integro dopo averlo asciugato, era zuppo d’acqua.
La tempesta che ci colpì, affondò la nostra imbarcazione, riuscii a salvare le mie mappe e il mio diario, per giorni fummo naufraghi su pezzi di legno, nel freddo oceano.
Fortunatamente un pescatore che parlava norreno ci avvistò e ci recuperò.
Un mio interprete mi ha spiegato che questo pescatore non aveva mai visto degli uomini provenire dalle correnti occidentali.
Probabilmente gli abitanti di questa terra non hanno mai scoperto quel mondo che si trova aldilà di questo nefasto mare.
In breve tempo ho spiegato a queste persone che mi hanno salvato, la mia missione e la terra che ho scoperto.
I norreni con una grande risata mi hanno dato una pacca sulla spalla e mi hanno messo sul molo ad aspettare la prossima nave che dovrà salpare per l’Islanda e infine la Norvegia.

Giorno // - Nidaros
La nave è finalmente giunta a nidaros, dovrò cercare un passaggio per la terra del sultano, ma i venti di guerra santa si raccolgono, non sarà facile
--
Riesco a corrompere un capitano di una nave con una zanna d’avorio di Egiziola,
il capitano mi riporterà ad Alessandria.

Giorno 300 - Il ritorno e la fine di questa Odissea
Al mio ritorno ad Alessandria, la città era in fermento per la notizia della crociata, ad accogliermi alla Madrasa non c’era il sultano, Barybaro si era spostato al Cairo, in ogni caso consegnai le mie mappe agli studiosi, non ci credevano mi avevano dato per morto o disperso, dunque gli raccontai tutto il viaggio e cosa avevamo visto.
Ma soprattutto chiesi quanti giorni sono passati dalla mia partenza, quando mi hanno detto 300 giorni, ho sgranato gli occhi, comunque, mi hanno pagato e sono partito per il Cairo per continuare il mio servizio nei confronti del Sultano, ma mi sono dovuto radere barba e capelli, sembravo uno di quei pelosi norreni.
Questo immenso viaggio ha segnato dentro di me dei ricordi indelebili, la vastita di questo mondo e la sua crudeltà.

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