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Partita GDR | L'ombra di Saladino

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Messaggio Da Stratega Capo Mer Mar 22, 2023 5:37 pm

Damietta, 639 anno dall’Egira alla Mecca






Ove il Sultano torna a casa


Il Sultano era appena tornato dal suo pellegrinaggio, per quanto poteva vedere Damietta era ancora sua, questo significava che il suo stratagemma aveva funzionato.


Per prima cosa, giunto a Palazzo fece aprire le stanze dell’Harem: la porte furono demurate e dai varchi uscì l’aria, molto pesante, che aveva fatto compagnia per alcuni mesi agli abitanti di quelle stanze.
Pa!” fu questa la prima voce che fu sentita, apparteneva al tredicenne figlio del Sultano, quando il buco fu abbastanza ampio venne fatto uscire, seguito dagli eunuchi e dalle donne.


Come stai?” chiese Baraka al padre, “Bene tu? È stato un lungo viaggio”
Si, sei stato via a lungo! Raccontami cos’hai fatto”
Sono andato alla Mecca, te l’avevo già detto…” si sedette col figlio su una panca, antico mobile preso da accampamenti crociati anni or sono, ancora si potevano intravedere le Croci intagliate.  
Per andarci sono prima passato per tutto l’Egitto e poi per tutta l’Arabia, pensa che sono andato persino a Gerusalemme, dove si trova la tomba di Isa! Una volta che chiusi voi nelle stanze e che visitai ancora i miei animali sono partito a dorso di cammello e dromedario, con ben mille uomini di seguito; pensa che nel costeggiare il Nilo ho visto meraviglie curiose, come costruzioni di pietra nel deserto, πυραμίδος, era inciso su più pietre, era lingua Greca, che dovrai studiare, era la lingua di antichi invasori delle nostre terre”
Perché dovrei sapere la lingua degli invasori Franchi?”
No figliolo, la lingua dei Franchi è tutt’altra cosa, sapessi che versi che fanno, il Greco invece è sì la lingua di antichi invasori, ma è molto più melodiosa e colta, pensa che i Franchi hanno addirittura dimenticato la lingua dei loro nonni, a parte i loro Imam. Dopo aver visitato le piramidi ed essermi reso conto di poter arricchire le genti che abitano quei deserti comprando la loro pietra ho avanzato coi cammelli e i miei uomini fino alle prime terre d’Etiopia.
Addirittura fin là? Hai visto moltissimo Pa!”
Sono andato ancora oltre” Evitò di raccontargli delle terre del Nord, da cui lui proveniva e andò avanti col racconto del pellegrinaggio “Lì presi una nave e attraversai il mare, discesi in Arabia e dopo una marcia giunsi alla città, feci le mie preghiere per ben ventuno giorni e poi dopo aver donato ingenti somme alle popolazioni marciai verso Gerusalemme, mentre noi avanzavamo lentamente un ambasciatore andò a chiedere di poter entrare; a quel punto la nostra comitiva era di duemila, ci lasciarono entrare e lì andammo al sepolcro di Isa, nonostante i loro sguardi malvagi. Poi sono tornato da voi”


Concluso il racconto Baraka scappò via, andando dai suoi precettori che non vedeva da ormai tre mesi. Il Sublime quindi salutò le donne, quindici erano schiave, quattro sue mogli, per un totale di diciotto: si salutarono affettuosamente, ma vide che le pance di ben tre di loro parevano gonfie.
Ispezionò gli eunuchi, ma difatti non erano i colpevoli, l’unico poteva essere stato suo figlio Baraka! Il Sultano orgoglioso della crescita del suo successore andò alla sala degli ambasciatori.




Ove il Sultano incontra i suoi ambasciatori


Il Solo fece entrare nella stanza tutti gli ambasciatori che lui stesso aveva inviato a Nord per distrarre i Franchi: erano sette, ma solo sei tornarono con qualcosa.  
Prima che parlassero però il Sultano si chinò verso la Mecca, i messaggeri non lo fecero, infatti erano tutti Cristiani, chissà se qualche Sovrano Franco l’aveva capito.


Per primo fu interpellato quello che tornava a mani vuote: “Dov’eri andato e perché sei senza doni?” “Sono andato in Ungheria, ho richiesto di vedere il Sovrano di quel Regno, ma non solo mi è stata negata la visita, ma mi hanno portato nella fortezza di un suo sottoposto e lì dopo le richieste rifiutate me ne sono andato” “Perché hanno rifiutato?” “Dicevano di essere troppo poveri mio Sultano” “Va bene, puoi andare”


Per secondo fu interpellato il messaggero che si era diretto nel paese dei Romani: “Sultano, mi hanno perquisito e mi hanno concesso la visita al Sultano, dopo le mie richieste m’hanno dato questi animali, ben quattro linci, gli animali più feroci delle loro terre, poi sono dovuto scappare, perché sembra stessero combattendo
Oh bene, che cosa interessante sapere che la lince è il loro animale più feroce, puoi andare”


Venne il turno del messaggero che andò in Venezia: “Io mio Sultano sono andato in Venezia ed hanno avuto il coraggio di offrirmi maiali, sono rimasto sconcertato, ma ho scoperto che la loro era ignoranza e quindi le porto vetri e vasi di quell’isola” “Va bene, vai pure”


Dopo questi incontri il Sultano si fece dare gli scoiattoli che provenivano da Genova e decise di parlare in disparte con gli ultimi tre.


So che tu sei andato nel più grande dei loro Regni, perché porti solo una testa di mucca pelosa mozzata?” “Sultano, il Sovrano dei Tedeschi solo questo ha voluto darmi, dopo avermi obbligato a dire cose indecenti sulla Regina, ho temuto per la mia vita in quei momenti, ma dopo averla apostrofata in molti modi il Re m’ha lasciato andare con questa testa di Renna”


So che tu sei andato nella terra da qui più distante, cosa ti hanno detto in Iberia?”
Sultano, non volevano farmi entrare, hanno una tale paura dei Musulmani in quella terra, ma poi ho rivelato d’essere Cristiano, il vostro stratagemma ha funzionato e m’hanno fatto entrare, come prova mi hanno servito colo maiale per ben un mese prima di ricevermi e quindi porto a casa per quattro buoi, della razza più pregiata dell’Iberia” “Perfetto, puoi andare” “Sultano, un’altra cosa: volevano la promessa della nostra non intromissione nei loro affari di omicidio dei Musulmani, ho accettato per poter portare a casa i buoi” “Cos’hai fatto? Il Sultano non abbandonerà i suoi compagni! Giustiziatelo!” Quel messaggero fu portato via e mai più qualcuno lo rivide.  


Infine il Sultano conferì con l’uomo che era andato nella terra più dei Franchi che esisteva: la Franchia.
Come t’hanno trattato? Porti ciò che ho chiesto ed hai consegnato il pacco?”
Sultano, prima di tutto quando ho chiesto di conferire, pensavano fosse il cammello a parlare ed hanno accolto quello, solo dopo alcune ore mi hanno fatto entrare e mi hanno consegnato quattro pavoni e quattro ghiottoni, volevo dire che i pavoni noi già li possedevamo, ma sembrava avessero fretta di cacciarmi; ho insistito per incontrare il loro Sire, che avevo scoperto essere lo stesso che voi catturaste anni or sono” “Sei riuscito ad incontrarlo?” Chiese speranzoso il Sultano
Sì, sono dovuto entrare nudo nella sua sala e lì spiegargli del rosario che egli stesso perse in Egitto durante la sua prigionia e che voi avevate tenuto desiderio di ridarlo, fortunatamente ha accettato e me ne sono andato, mi è parso felice, ma non ne sono sicuro”
Va bene, puoi andare, tu e gli altri sarete ricompensati”


Il Sublime andò poi in un’altra sala ancora dove incontrò il fratello Heddin.




Ove il Sultano discute con suo fratello


Fratello! Quanto tempo!” Nelle sale private non aveva timore di chiamarlo come doveva  
Baybars! Mi mancavi! Ho molte notizie per te”


Heddin iniziò un lungo discorso glorificando solamente sé stesso per aver preso l’iniziativa ed aver invaso terre che a loro volta i Khan ci avevano rubato per poi addirittura chiedere tributi all’Impero dei Romani, che però si è sfaldato ed ora è più potente con un nuovo Regnante.
Baybars guardava esterrefatto il fratello e gli chiese se effettivamente i tributi arrivassero, la risposta fu deludente perché i Romani mai avevano accettato.


Poi il Sublime venne a sapere che i Genovesi avevano non solo invaso terre nella Tunisia, ma che avevano addirittura portato via il Sultano di quella terra e l’avevano reso un non uomo.
Baybars su tutte le furie sia per il comportamento del fratello, che aveva rincorso la gloria e non il Corano sia per i fattacci dei Genovesi andò ad intercettare un qualche mercante di Genova affinché portasse un messaggio.

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Messaggio Da Maþt Mer Mar 22, 2023 11:09 pm

*testo riadattato in italiano moderno*


CRONACHE DEL REGNO DI SICILIA 


Ho scritto questo manoscritto con l'obbiettivo di preservare la memoria degli eventi che furono nella seconda metà del 1200 in particolare del destino del Regno di Sicilia, mia terra natia che a lungo fu florido centro di cultura e arte, grazie soprattutto al grande Federico II, sovrano tollerante e saggio che fu però osteggiato dalla corrotta curia romana.


                                                     […] 


Capitolo V - Manfredi 

Morto Federico II nel 1250 gli succedette suo figlio Manfredi.

Pur non potendosi paragonare al padre nel mecenatismo delle arti, Manfredi ebbe una naturale predisposizione per le arti e per la cultura, tra le opere commissionate da lui possiamo annoverare la "Bibbia di Manfredi", scritta dal Monaco amanuense Johensis.

Poco fa ho detto che Manfredi succedette  direttamente a Federico II, ma in realtà la successione fu ben più complicata; Federico aveva infatti designato come erede al trono Corrado IV e Manfredi, suo fratello, doveva essere il suo reggente.

Inizialmente Manfredi governò sul Regno di Sicilia in attesa dell'arrivo del legittimo erede che in quel momento era occupato in Germania.

Nell'ottobre del 1252 Corrado sbarcò a Siponto e insieme al fratello proseguì nella pacificazione del regno che in quegli anni era sconvolto da numerose rivolte.

Ristabilito l'ordine nel regno cominciarono i contrasti tra fratelli, contrasti che furono spenti dalla malaria che mise fine alla vita di Corrado, lasciando il figlio Corradino in Germania sotto la tutela del papa e nominando governatore del regno Bertoldo di Hohenburg. 

Bertoldo poiché fallì una trattativa col pontefice si dimise, lasciando così campo libero a Manfredi che riottenne così il controllo sul Regno di Sicilia, per poi essere prontamente scomunicato dal papa.

Manfredi si trovò subito in dissidio col papato, ma grazie alle sue eccelse doti diplomatiche riuscì a stringere un accordo col papa che lo assolse dalla scomunica ma in compenso occupò la Campania.

I dissidi col papa si riaccesero in seguito all'uccisione di un barone protetto dal papa da parte degli uomini di Manfredi. 

Manfredi non sentendosi al sicuro si recò a Lucera ove si trovava la guarnigione della colonia saracena . Assicuratasi la loro fedeltà, arruolò un ingente esercito e mosse guerra alle truppe pontifice che furono sbaragliate presso Foggia.

Forte delle sue meritate vittorie Manfredi si fece incoronare Re di Sicilia ( si era infatti diffusa la falsa notizia della morte di Corradino).

Il 2 luglio del 1259, Manfredi da poco vedovo si risposò con Elena Dumas, figlia del despota d'Epiro, in un matrimonio ricco di sfarzi  e solennità.

Tra il 1258 e il 1260 il potere di Manfredi era tale che ormai era divenuto capo della fazione ghibellina: il comune romano ,dopo la fuga del papa a Viterbo ,strinse con lui un'alleanza, in Toscana i ghibellini di Siena  capitanati da Farinata degli Uberti trionfarono a Montaperti su Firenze. Manfredi potè così  nominare numerosi vicari imperiali in Lombardia, Romagna, Toscana e Spoleto. Il suo dominio si estese pure sull'Epiro, portatogli in dote dalla moglie.

Nel 1261 Manfredi era in una posizione di piena egemonia in Italia, perciò sistemata la situazione politica, decise di accrescere la ricchezza del suo regno, infatti è ben noto che la Sicilia sia un’isola di grande importanza strategica, in grado di controllare i commerci tra Mediterraneo orientale e Mediterraneo occidentale. Così Manfredi decise di imporre dei dazi sulle navi che passavano per i nostri mari, tale decisione fu  giudicata saggia da tutti, ma poche settimane dopo ( per motivi che ancora non riesco a spiegarmi ) decise di togliere quei proficui dazi, sempre nello stesso periodo accadde un'altra bizzarria, infatti Manfredi, dal giorno alla notte decise di interrompere la costruzione della nuova cinta muraria intorno a Napoli che avrebbe potuto proteggere la città da futuri attacchi pontifici. Io pur essendo un fidato membro della sua corte decisi di non fargli domande; era infatti da poco morto papa Alessandro IV e Manfredi era preoccupato su chi potesse succedergli al soglio pontificio, i candidati più promettenti erano Johannes Anglicus, un misterioso cardinale che sosteneva le idee di alcune ciarlatane del nord Italia, poi c’era Guido Falcodio, un intransigente inquisitore, ovviamente sarebbe potuto diventare una fastidiosa spina nel fianco per Manfredi e infine Filippo da Pistoia grandissimo nemico dei ghibellini e quindi anche del Regno di Sicilia. Tra tutti questi Manfredi preferiva ovviamente il primo che con le sue idee fantasiose e innovative avrebbe potuto mettere in crisi la chiesa e rafforzare ancora di più il suo potere sulla penisola. C’era poi un’altra fonte di pensieri assillanti, ovvero la guerra tra Ungheria e Venezia che poteva portare a squilibri nei Balcani sud-occidentali e aprire così la strada all’appena risorto Impero Bizantino che desiderava riappropriarsi dei suoi vecchi possedimenti nell’Epiro e nella Grecia.

Ma a parte questi presagi non c’era molto altro da temere, dopotutto si poteva sempre contare sull’aiuto del neo imperatore Enrico V, che si era detto pronto a venire in nostro soccorso qualora il papà avesse osato spingersi oltre.

 Il destino era ancora un’ombra indefinita, si sapeva poco o nulla di tutto ciò che sarebbe avvenuto da lì a pochi anni e forse..era meglio così
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Messaggio Da Alice Gio Mar 23, 2023 5:26 pm

Cronache d'Inghilterra ~ June ~ 1261

E orsu continuiamo mie care e miei cari, vi prego di tenere il vostro cuore legato siccome stiamo entranto nella parte emozionante della mia storia. Ma non perdiamoci in inutili parole, vi era una terra remota, la terra dei mammelucchi, una terra avvolta nel mistero sulla quale si vociferava all'epoca non regnassero uomini bensi le piramidi. Tale legno infedele mai ebbe contatto con il regno d'inghilterra, esso forse faceva il più grande favore che si poteva fare ad un debole re come enrico, la pura e semplice indifferenza. Voi vi domanderete "Cosa c'entra? Cosa ce ne frega? Ridammi i miei soldi!" Però, prima di scendere a tali minaccie lasciatemi finire, l'infedele a capo degli infedeli fece un viaggio nella sua terra santa, o forse meglio dovrei dire, nella sua terra dannata, non è il viaggio che ci interessa ma la curiosa catena di eventi che accaddè subito dopo. Ebbene si, quando egli tornò nella propria casupola, sciagurati eventi s'abbatterono non solo in inghilterra ma in tutto il mondo cristiano.


Primo tra tutti, la morte del pontefice, vedete? Il demonio torna nella sua dimora ed il primo a farne le spese è stato proprio l'emissario di Dio nostro signore nel mondo terreno, inoltre il risultato del primo mese di votazioni vantava una fumata nera, di un nero nefasto come mai s'era visto, la guerra tra Ungheria e Venezia continuava senza sembrare volersi fermare, i regni d'aragona e castiglia non riuscivano ad accordarsi per riprendersi la loro terra dagli infedeli invasori, genova continuava ad affamare le genti per fare la fortuna di quei "nobili" mercanti ebrei che soffocavano tutte le famiglie, dalla più ricca alla più povera, risorsgeva l'impero bizantino, ma i danni di tale evento sono una storia per un altro tempo, nelle terre del nord Svezia e Norvegia combattevano per la corona delle terre di ghiaccio, questi barbari norreni sono sempre stati dei grandi amanti delle distese di ghiaccio, anche se nessuno ebbe mai capito il perché. Nel frattempo l'inghilterra dichiarava guerra alla Scozia, in questa spirale di chaos e distruzione pochi erano gli eve- Si! Un attimo e ve lo racconto. Santocielo!


Dicevo, in questa spirale di chaos e distruzione l'unica buona nuova era che il sacro romano impero finalmente possedeva un imperatore, Enrico del Lussemburgo sedeva ora sul trono imperiale, il popolo inglese stravedeva per lui da prima ancora che egli confermò gli impegni presi con il fratello del re inglese, tuttavia, nonostante tutti nella nostra isola lo avessero in simpatia, era proprio Enrico III a guardarlo con sguardo tristo e depresso. Loro condividevano lo stesso nome, eppure lui era un sovrano rispettato ed amato mentre egli era solo un fantoccio dei nobili inglesi che sedeva sul trono, negli anni aveva combattuto molte battaglie ma non sul campo come molti si aspetterebbero, bensi nel parlamento, pur d'ottenere un briciolo d'autorità e potersi permettere un minimo di dignità nel guardare in faccia le sue genti.


Ma ora, tempo di raccontarvi ciò che vi fa tenere gli orecchi drizzati. Come anticipato poch'anzi, re Enrico decise di intraprendere quella che in cuor suo si pensi essere la sua ultima battaglia, alcuni scritti di quei tempi narrano di come il sovrano avesse ritrovato un fuoco che da anni aveva perso, una passione che molti credevano spenta, una risolutezza tale da far vacillare anche il più duro degli uomini, la sua missione, che lo portava a dare tutto se stesso, anima e corpo era: Salvare sua figlia Margherita.


Molte sono le lettere che tutt'ora son leggibili della principessa, ella raccontava della sua "Finta libertà" nel castello di Edimburgo, dove effettivamente veniva tenuta prigioniera, non le era concesso uscire dal castello reale, figuriamoci visitare il suo amato babbo o la sua amata madre, il suo "marito" di lei non ne voleva sapere, ogni sua richiesta veniva respinta e i vari messaggeri inglesi che arrivavano mai le portavano buone notizie, alcuni pensano anche che se Enrico avesse fatto la sua mossa solamente poci giorni più tardi, la giovane principessa si sarebbe tolta la vita da sola, l'unica consolazione del suo animo sarebbe stata morire come una donzella pura nello spirito e nel corpo. 


Tuttavia suo padre era addolorato tanto se non più di lei, dopotutto fu lui a premere per quel matrimonio che più una condanna era, fu lui a lasciar correre nonostante fin dagli inizi i segnali non erano positivi, e fu sempre lui ad intestardirsi volendo risolverla con la penna e non con la spada, mentre le sue passionevoli lettere paterne forse nemmeno venivano lette dai vicini scozzesi.


E ordunque signori e signore, vi prego di non mancare al nostro ultimo appuntamento in cui scopriremo quale sarà il destino della povera Margherita, figlia di Enrico III ingabbiata in un castello di quello che altro non era che un lupo travestito da pecora
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Messaggio Da Ferdinand-Foch Gio Mar 23, 2023 8:19 pm

Repubrica de Zena
Lezione IV
(Giugno 1261)

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Espansione di Genova

- Eliminata la minaccia araba in Tunisia e aver posto sotto il proprio controllo il territorio africano, il Capitano Boccanegra distolse il suo sguardo dal Mare, cosa assai inusuale, per porre le proprie attenzioni sulla terraferma: in particolare a ciò che era di “cornice” alla Repubblica di Genova. 

Viene attuato un nuovo piano politico che sostituì temporaneamente quello precedente che poneva il “mare” come entità imprescindibile per Genova e da questo dogma le abilità come il commercio marittimo, la navigazione, la pesca e la battaglia navale, furono temprate e perfezionate a discapito di quelle terrestri. Era giunto il momento di cambiare per Boccanegra. 

Quella che noi oggi chiameremmo “Dottrina Boccanegra” muto la politica genovese rendendola molto più violenta e offensiva, soprattutto con i suoi vicini confinanti  al punto tale che questi venerò considerati nemici da un giorno all’altro entrando di fatto in uno status di conflitto. Tolta la Signoria di Milano e il Ducato di Savoia confinanti con la Repubblica Marinara, le altre entità italiche erano tutti piccoli staterelli incapaci di potersi difendere dall’aggressione.

Non avendo mai dovuto affrontare per loro fortuna un nemico importante, l’esercito regolare della repubblica era formato da uomini robusti e giovani, sicuramente, ma altrettanto inesperti in senso pratico. La guerra era un concetto teorico che veniva insegnato nelle caserme, ma nella realtà dei fatti questi giovani, così come i loro padri e nonni, non hanno mai combattuto un nemico temibile soprattutto sulla terraferma, un dettaglio assolutamente da non sottovalutare. 

In mare l’esperienza e l’abilità innata dei marinai genoani pesavano molto sull’esito finale dello scontro, ma con i piedi per terra questi soldati erano pesci fuori dall’acqua. Per questo motivo, sia ora che in passato, le file dell’esercito regolare furono riempite di mercenari franchi e italici così da compensare la poca esperienza. Genova paga qualcuno per combattere al posto suo, sarà per codardia, per superiorità o per disgusto alla violenza, fatto sta che funzionava. 

Questa onda di ostilità interessò tutta la zona geografica della Liguria, alcune province dell’entroterra piemontese, la punta settentrionale della Toscana assieme alla sua costa e un principio di Francia con la contea di Monaco. Toccando una zona così ampia Genova aizzerà contro di sé l'ira di alcuni stati limitrofi con i quali inizierà una lunga faida. 

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 4 Nuova-Genova


(In Giallo sono colorati i territori toccati dall’espansione di Genova: da Massa ad Est a Monaco [17] ad Ovest; da Monferrato a Nord fino all’Isola d'Elba a Sud, che non rientra in questa litografia ma di cui parleremo).

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Guerra delle 3 Repubbliche

- Di questa guerra noi oggi abbiamo molte informazioni grazie ai documenti militari dell’epoca, anche se a quei tempi non era usanza trascrivere costantemente ogni passaggio su papiro fu un ordine di Boccanegra. E infatti conosciamo molto bene il suo periodo di Signoria proprio per questo motivo, per noi storici è stata una benedizione. 

Dai dati sappiamo che l’Esercito di Genova era costituito da 30.000 mila soldati addestrati e pronti alla battaglia, mentre circa 70.000 uomini appartenevano a vari gruppi di mercenari: questi facevano parte di gilde della vicina Francia che per alcune sacche di danari erano ben felici di mozzare qualche testa. In questa schiera evidenziamo anche i mercenari della nota “Compagnia di Ventura” un gruppo che si farà conoscere nel Medioevo per la loro efficienza.  

L’esercito fu fin dal primo istante diviso in due battaglioni: il primo composto da 20.000 uomini dell’Ufficiale Pierfrancesco Musella, si diressero verso il confine orientale di Lunigiano e Massa; mentre il secondo battaglione composto da 80.000 uomini, quindi il grosso dell’esercito, del Capitano Boccanegra fu spedito al confine occidentale dove sarebbero avvenuti numerosi scontri. Questo gruppo poi si sarebbe diviso con una parte che avrebbe risalito l’entroterra fino a Monferrato.

Iniziata l’invasione dei territori ostili ad occidente subito l’esercito fu frenato da una 
inaspettata resistenza di un blocco composto da: Savona [32], Noli [20] e Finale [9]. Contro ogni aspettativa iniziale quelle che dovevano essere delle conquiste facili si rivelarono in realtà un ostacolo apparentemente inamovibile, i documenti ci raccontano di come molti Ufficiali erano convinti che quel trittico avrebbe decretato la fine dell’espansione mai nata. 

Mentre ad occidente il Boccanegra tentava di salvaguardare il suo onore ordinando l’assedio delle città nemiche, ad oriente arrivavano le prime buone notizie: il piccolo contingente militare era riuscito senza troppi problemi ad occupare il marchesato di Lunigiano [14] è, questo si arrese senza combattere. Iniziò dopo una settimana dall'inizio delle operazioni militari anche l’invasione del marchesato di Massa trovando poca resistenza. 

Ad occidente il muro fu abbattuto con la presa di Finale [9] che costituiva, come si vede in mappa, un tappo che aperto avrebbe aperto le porte a tutti gli staterelli alle sue spalle. Con la strada spianata la Signoria di Savona e la Repubblica di Noli vennero circondate dai soldati genovesi che chiusero ogni accesso terrestre e marittimo. Noli cadrà dopo 9 giorni di assedio, mentre Savona continuerà a resistere imperterrita rivelandosi l’unica spina del fronte occidentale. 

Da Finale l’esercito si divise: Boccanegra rimase fuori Savona orchestrando l’assedio, mentre l’esercito già diviso nuovamente si scisse per accelerare i tempi di conquista. Ormai la voce stava circolando “Genova Arriva!” urlavano le vedette fuori le cittadine e queste innalzavano muri di legno e pietra, i soldati si armavano e dalle mura delle città si appostarono abili arcieri; l’effetto sorpresa era ormai finito. 

Sulla carta le marche di Monferrato e Asti dovevano essere le più difficili da conquistare, questo poiché grazie alla conformazione rocciosa di quella zona la presa di queste città era cosa assai ardua. La battaglia di Montegrosso [18] vinta da Genova subendo gravissime perdite rese impossibile continuare la marcia verso Asti e Monferrante, i soldati dovevano ripiegare e rimpolpare le proprie fila, ma il fato sorrise a Zena: a Boccanegra giungono due lettere provenienti rispettivamente dai due Marchesi, appartenenti alla stessa famiglia, i quali comunicavano di arrendersi e che si sarebbero sottomessi al Capitano.

Con il permesso del Boccanegra ci furono alcune notti di festa in cui i soldati finalmente si scrollavano di dosso il puzzo di morto e riempiendo lo stomaco di carne e vino, la mente sgombra da violenza si riempiva di sogni beati. 

In questo clima di spensieratezza tutti si sentivano invincibili, tutti divennero come i personaggi greci di Achille o Hercules, e città dopo città lo stendardo Genoano veniva posto sui tetti dei palazzi e delle chiese. Caddero le signorie di Loano [13] e Novella [22], il Marchese di Ceva seguito dai Signori di Dolceacqua e Ventimiglia si inchinarono senza combattere. Anche la città di Monaco, avvolta nella contea di Nizza, fu teatro di una parata militare per ribadire ai cittadini monegaschi chi fosse il loro Signore.

Tutto bello, ma Savona era ancora in piedi e questo fece infuriare Boccanegra rendendolo ancora più nero. L’unica macchia di una campagna quasi perfetta, divenne un incubo quando, con la caduta di Massa ad Oriente, Lucca e Pisa spalleggiano a vicenda dichiarano guerra a Genova supportando Savona e gli stati oppressi. 

Inizia la Guerra delle 3 Repubbliche, nome che riprende gli attori principali e più forti: Genova, Pisa e Lucca, ma interesserà anche l’irriducibile Savona, Piombino e Livorno. Gli scontri dalla terra si sposteranno in mare, essendo Lucca e Pisa due repubbliche marinare, l'habitat naturale del liguri. 

[Continua…]

-- -- -- 

Un Nuovo Imperatore 
 
- Nella stessa parentesi storica, mentre Genova si espandeva, nel cuore del continente che era il Sacro Romano Impero furono indette delle nuove elezioni. Questo Impero era diverso dagli altri, poiché il passaggio del testimone non avveniva di padre in figlio, o comunque per discendenza, ma per votazione.

Un numero ristretto di principi e vescovi dell’Impero avevano il potere di porre un voto ad uno dei candidati, che in questo caso erano: Enrico di Lussemburgo, Rodolfo d’Asburgo e Ottocaro di Boemia. Fu decretato vincitore il nobile lussemburghese che divenne Imperatore con il nome di Enrico V.

Come da tradizione l’Imperatore doveva farsi incoronare dal Papa e lungo il tragitto per giungere alla residenza papale sfila di fronte ai suoi sudditi italici, spesso poteva accadere che le città potevano ribellarsi contro l’imminente imperatore e sfidarlo in battaglia. Non fu questo il caso, in particolar modo a Genova il Capitano Boccanegra dimenticò questa tradizione: la sua mente era occupata nel mandare avanti l’espansione territoriale. 

Dai documenti dell’epoca sappiamo che Genova avrebbe gradito come Imperatore il candidato degli Asburgo: Rodolfo, ma in generale non importava molto chi sarebbe salito sul trono dell’Impero, poiché a prescindere ci sarebbe stata riverenza e fratellanza. 

-- -- --

[Continua]
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Messaggio Da Astrid I Ven Mar 24, 2023 10:03 am

CRONACHE AQUILANE

Frate Buccio de Ranallio dall'Aquila
Storie di un Giullare al Santo Uffizio

Luglio 1261 AD

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 4 ?u=https%3A%2F%2Fcultura.biografieonline.it%2Fwp-content%2Fuploads%2F2015%2F11%2FIl-teatro-nel-Medioevo

Ave a tutti anime belle. Servi e padroni - re e cavalieri - onesti e furfanti.
Io so' Buccio de Ranallio - de l'Aquila. Frate Bucio pe quei più spiritosi - ch'amano far sciocche facezie sullo nome mio - cose come: "Bucio - spàlàncate!" per intenderci - et altre immonde corbellerie sodomitiche.
Di me che dire...
So' Giullare. Giullare di corte.
Giullare de li Santi Uffizzi.
Giullare pe professione. Giullare pe arte.
Giullare p'amore - ma non p'amor proprio: codesto è sicuro.
So 'n pò pazzo - 'n pò pazzerello.
Faccio anche 'l menestrello.
Di mestiere faccio ride - ma io vorrìa tosto piangere
la ggente si diverte e fondo fondo io li perdono
un pò pe buona crianza - un pò pecché è lo mestiere mio - e un pò pecché con le risate io ci campo.
Te prego Signore - Babbo mio:
Se le mie buffonate servono ad allievare le pene della ggente - rendi pure codesta faccia ancor più ridicola e fà di me 'na cosa assai deforme - di quelle che fanno ride gli stolti - magari 'n lebbroso.
Tanta è la ggente che si diverte a far piange l'umanità
lo compito di noi Giullari è invece tutto lo contrario: dovemo piange noi pe falli ride
Babbo - te prego solo d'una cosa:
mandace pure qualcuno su questo mondo chi sia capace di far ride me come io faccio ride gli altri...

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Così vi narro del destino di Vinezia e di quello che ne fu
ma v'avverto che in verità propria nessuno mai capì realmente quel che 'ccadde.
C'è chi dice che Vinezia fu distrutta dalla virulenza dell'Altissimo e dalla Divina Justizia
C'è chi dice che Vinezia fu annientata da sé stessa pe la troppa bbriachezza
Io vi dico quel ch'io so - e quel ch'io so è la veritade pecché io so' Bucio el Giullare...

Commise peccato assai immondo la civitade di Vinezia - chi manco Sodoma e Gomorra comparìa.
Pe ttali peccati Iddio s'inalberò di brutto e d'improvviso lo Cielo si fé scuro scuro.
Scuro che? Scuro notte? Scuro Bucio!
Lo cittadin veneziàn alzò lo capo al Cielo e vide 'na cosa impressionante ch'io stesso mi sirìa messo paura: videro 'n paro di natiche gigantesche - lo posteriore di Dio - c'oscurava lo Sole.
D'un tratto s'udì un gran boato che fu presaggio d'Apocalisse - un vento marcio e fetido come di tempesta travolse Vinezia e spazzò via le case le gondole e i palazzi - nostro Signore avea fatto 'na scureggia.
Quale tristo destino quello di Vinezia - morì pe 'na scureggia.
L'uragano era assai graveolante che persino lo mare s'agitò movendosi come pe fuggire da quell'olezzo.
'n onda anomala - cataclisma grande quanto 'na montagna si schiantò sull'eretica civitade di Vinezia sommergendola per intero.
Così la Tristissima fu inghiottita dalle acque e sparì per sempre dalle carte geografiche.
Si voi ora passeggiaste da quelle parti vi mando i miei auguri: pecché non troverete nessuna città ma 'na laguna salmastra coi rospi e le libellule - che stanno là a gracchiare come per ricoddavve a tutti quanti voi di non disobbedire allo Babbo Eterno che impera nei cieli e che con saggezza regna lo mondo nostro.
Certe volte basta 'na cosa picciola come 'na scureggia pe portacce tutti all'al di là.

Di Vinezia non restò nulla - proprio nulla. Nun ce sta ppiù sta città leggendaria.
Si vi recate in Veneto troverete solo 'na civitade: la marca di Verona - che sta nello Sacro Romano Impero.
Essì! L'Imperatore Errico V fece bene a scansar Vinezia quando discese in viaggio l'Italica peninsula.
Si Errico der Lussemburgo fosse andato a Vinezia - se sarebbe dovuto tappà er naso.

Serbi e Ragusani dimandarono la protezione dello potente regno d'Ungheria - mentre 'l resto dell'Ellade fu 'ndeciso.
Quel che certo posso dirvi è che la Grecia contava quattro regni:
lo Despotato dell'Epiro - chi non vorria alcun padrone
lo Ducato d'Atene - chi vorria tanto tornar sotto l'egida di Bisanzio e leggere di nuovo le tragedie di Sofocle
lo Principato del Peloponneso - antica Sparta - chi non vorrìa padrone Bisanzio ma Genoa e li Cattolici
la Repùbrica di Candia - l'Isola di Creta - rimasta senza alcun padrone ma bisognosa della cristiana protezione

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Tristo è lo mondo e sì nefasto si non fosse per le risate de li Giullari come mìa.
Guerre e ammazzamenti. Rendere 'l Creato 'n'inferno: codesta è la missione dell'umana ggente.
Sicché io credo che nello Paradiso a parte i Santi e Gesù non ci sia proprio nessuno.

Vi racconto dello papa Johannis ch'io conobbi e co' ccui io ci parlai.
A divvela tutta io non lo chiamerei nemmanco papa ma "papessa".
Pecché "papessa"? Pecché non sembra n'ommo ma 'na femmena.
I vescovi che so' casti e pii pensano che Giovanni XX sia un castrato co' la voce pulita e sonora come quella de li cantori o de li eunuchi - ma io penso che Johannis sia proprio 'na femmina travestita da ommo.

Johannis fu eletto papa con lo nome di Giovanni XX (ventesimo).
Di lui non si sapea niente - ma proprio niente - tranne che fu frate francescano a Canterbury - Inghilterra.

Rimembro ancor lo primmo discorso che Giovanni XX tenne davanti allo popolo suo:
"Cari fratelli e care sorelle - che luce d'Iddio illumini lo vostro cammino
lo mio cammino come confratello di Gioacchino da Fiore - il quale fu un illustre et importante abate chi scrisse e produsse pe la Chiesa molti e molti documenti e chi vide la verità nei Testi Sacri pur non avendo accesso alle apocrife scritture - termina hic et nunc. Io Johannis abbandono le mie vesti di Frate per indossare la tìara e l'abito del Pontefice con lo santo nome di Giovanni XX.
Come i più saggi tra voi sapranno Gioacchino da Fiore fu ommo assai 'lluminato e disse che ci sarebbero state tre epoche.
La prima epoca - quella del Padre - corrispondente all'Antico Testamento.
La seconda epoca - quella del Figlio - rappresentata dal Vangelo dopo l'avvento di Gesù.
La terza epoca - quella dello Spirito Santo - ovvero quel periodo in cui l'umanità attraverso una vita vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di una maggior grazia. In questa età la Chiesa troverebbe una nuova spiritualità.
Io non posso rivelarvi quand'è che verrà l'età dello Spirito Santo e non sarà certo sotto al mio pontificato che l'umanità vedrà la luce di tale Spirito: prima verrà l'apocalisse - ce lo dice l'apostolo Giovanni dal quale io presi il nome.
Ma posso annunciarvi che lo Spirito Santo altro non è che la Vergine Maria.
La Santissima Trinità altro non è che una famiglia: c'è un padre - una madre - e un figlio.
Quando perciò pregate - pregate Iddio Gesù e Maria."


Giovanni XX fu promotore di grandi riforme e molti furono i cardinali che gli si scagliarono contro criticando le tesi eretiche e guglielmite del nuovo pontefice.
Altri addirittura dissero che l'Anticristo si era insediato a Roma.
Per esempio Giovanni XX introdusse il sacerdozio femminile - che voleva dire che anche le badesse e le monache potevano accedere al cardinalato e diventare pontefici.
Papa Giovanni aveva anche il vizio della corruzione e avrebbe elargito cariche cardinalizie a chiunque lo avesse profumatamente pagato.


Riguardo alle guerre che dissanguavano la penisola italiana e il mondo cristiano - egli si disse dispiaciuto: il guardo doveva volgersi altrove - nell'Oriente colpito dai mongoli.
Non avrebbe potuto tuttavia ignorare la scomunica a Manfredi - che era nemico della cristianità e che rendeva la Sicilia feudo vacante.
Carlo d'Angiò fratello di Luigi IX il Santo di Francia aveva già dichiarato guerra a Manfredi e a chiunque osasse mettere piede nel Sud Italia senza permesso pontificio.
Al figlio del re ungherese Béla fu costruita una statua a Roma e fu conosciuta come la statua di Stefano V il martire.
Riguardo agli arabi - Giovanni avrebbe preferito convertirli con la parola piuttosto che con la forza.


Sulla questione scozzese Giovanni XX si dimostrò assai aperto - l'Inghilterra era la sua terra natìa e gli era molto dedicato.
Concesse al re Alessandro III di divorziare dalla regina Margherita se avesse voluto scongiurare la guerra con l'Inghilterra e sposare una Bjalbo di ceppo svedese.
Margherita - anch'ella libera - avrebbe potuto risposarsi.
Ma il re di Scozia parve poco incline a queste offerte...



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Finito de narrare io te ringrazio mio buon protettore.
Te prego de dammi ancora la forza de fare ride la ggente e de sopportare le loro risate.
Pe 'l resto lascia pure che mi credan felice co' codest sorriso beota che c'ho sulla faccia.
Io te ringrazio mio buon protettore p'avemme dato la forza de fare codesta cronica.
Tu che rendi li lioni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come li lioni
Tu che ogni vespro regali agli acrobati le ali degli angeli
fà che sulla mia mensa non vengano mai manchi lo pane e lo vino.
Io ti chiedo protezione - ma si non ne fossi degnio e si qualche disgrazia dovesse capitarmi - fa ch'avvenga dopo lo spettacolo e in ogni caso ricordate de salvà prima le bestie e poi i bambini.
Tu che permetti ai nani e ai giganti d'esser felici
che in nessun momento della vita mia venga a mancarmi una tenda dove dormire e un pubblico da divertire Proteggimi poi dagli artigli delle donne - che da quelle delle tigri me ne guardo io.

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Messaggio Da Nervalio Ven Mar 24, 2023 11:34 am

Luglio, anno del Signore 1261
Re Alfonso X, la cui anima d’accidia mai si peccò, si diede subito da fare per realizzare il suo sogno d’un Iberia cristiana, unita sotto un unico regno. Per prima cosa, si assicurò alleati nell’Europa a lui circostante: quando la lettera del nuovo imperatore dei Romani, tale Enrico V di Lussemburgo, giunse alla sua corte, Alfonso X esultò di gioia. Tale missiva leggeva:
"Carissimo Alfonso, io, Enrico V di Limburgo conte del Lussemburgo ed Imperatore del Sacro Romano Impero, rinnovo i miei e i nostri omaggi a voi, promettendovi di prestar fede al giuramento fatto al momento della vostra deposizione: voi non pagherete alcun pedaggio ad Amburgo o altrove, e non minacceremo giammai la casa di Castiglia e Léon”
Certo, non era una dichiarazione d’alleanza come sperava Alfonso, ma sicuramente l’impero non si sarebbe opposto alle sue ambizioni. Similmente, giunse anche una lettera di Enrico III, Re d’Inghilterra. Alfonso mandò difatti un messaggero alla corte del re, tale Urraco d’Asturias, chiedendogli proprio se il suo cuore, così come quello de Il Saggio, apparteneva al Signore e alla Sua fede. Il Re degli Inglesi non era nelle migliori delle posizioni, secondo Alfonso X, e dunque credeva che un alleato ben sarebbe stato apprezzato. Tuttavia, così non fu. Re Enrico III, forse per cautela, forse per stoltezza, scelse di mantenere un rapporto amichevole con la corona di Castiglia e Leon, ma un’alleanza in quel momento non era fra le sue intenzioni. Il re non fu chiaramente contento di tale risposta, si vocifera, fra i servi, che la sua reazione fu colma di epiteti per Enrico III, molti dei quali appartenevano a bettole, lupanari, certo non alla corte di un Re.
Giunge così, il lungimirante sguardo del Re, sulla terra del suo nemico, il tanto odiato Califfato Almohade. I territori meridionali infatti, costantemente erano assediate dalle armate dei nemici, e molte volte Re Alfonso stesso si trovò sul suo destriero, al confine, ad incitare i suoi uomini a mantenere la posizione, a non indietreggiare di un centimetro. Le terre cristiane del nostro Dio nel tempo si sono divise in vari tipi di cristianesimo: il cattolicesimo è regnante nell’Europa meridionale, ma vari altri filoni, come quello iconoclasta, protestante, anglicano, ortodosso, così come l’arianesimo, gli ebioniti, e così via discorrendo, sono esistiti nel tempo. Similmente gli infedeli credettero di far cosa buona e giusta infrangendo l’unità dei loro credenti, creando così due distinte fazioni, quella degli sciiti e quella dei sunniti. Le motivazioni per cui tale fazioni nacquero non sono fondamentali all’occhio di Re Alfonso, ma è proprio la nascita di questo fazionalismo, che gli infedeli chiamano Shi’a, a offrirgli un consistente aiuto. Di nascosto, infatti, vari emissari furono mandati dalla corte del Re nei territori islamici. Di scuro vestiti, parlanti la lingua del posto, segretamente professavano la Santa Fede, e presentavano Re Alfonso agli Sciiti come un “anonimo benefattore”, che “Vede chiaramente la volontà di Allah”. Seminando dissenso, e corrompendo le persone giuste, Re Alfonso riuscì, dal suo freddo trono castigliano, a far scoppiare una rivolta fra le armate dei suoi nemici. Ora gli infedeli combattevano fra loro, e i territori meridionali potettero respirare un poco, prima di contrattaccare il nemico.
In chiesa si trovava, il sovrano, quando giunse notizia della morte del Papa. Giorni oscuri si presentavano dinnanzi al cristianesimo, e specialmente davanti al piano di Re Alfonso, che aspettava solo la benedizione del Papa per incominciare la sua Reconquista. Il cardinale castigliano presentò al suo re i vari candidati, e discussero insieme chi fosse meglio votare, per il bene della Chiesa e del Cristianesimo. Qualche mese dopo giunse la missiva dalla Santa Sede:
“Annuncio vobis gaudium magnum: Papam habemus. Reverendissimus Dominus cardinalis Johannes electus est in summum pontificem et elegit sibi nomen Ioannes Tertius”
La leggenda vuole che la faccia del Re si contorse di rabbia dopo aver letto la missiva. Un Papa, vociferato donna, eletto? Un papa, tralaltro, che si opponeva alle crociate? La rabbia di Alfonso si manifestò sui suoi servi, e sugli oggetti a lui circostanti, in pochi furono i fortunati a tornare a casa senza lividi. Fu necessario l’intervento di Padre Ferdinando per calmare il sovrano, il quale gli disse che il Signore affida le sue più grandi sfide ai suoi servi più forti. Fu così, che Alfonso, capì che se era sua volontà riunificare la Spagna, avrebbe dovuto farlo senza la benedizione del signore.
È così infine che lo sguardo del sovrano, dall’esterno, comincia a volgersi anche all’interno della Spagna: i sovrani cristiani si sarebbero uniti a Re Alfonso, o si sarebbero spezzati. Giacomo I, re d’Aragona, era oramai morente, e stava per lasciare il trono alla sua primogenita, Sancha d’Aragona. Si sa, il Signore agisce per vie misteriose, che spesso sfuggono all’uomo. Volle il caso, infatti, che Iddio non sorrise al momento della nascita di Sancha, che brutta, deforme e malata uscì dal corpo della madre. Queste sue fattezze, quasi grottesche, significarono che, benché Sancha avesse raggiunto la fertile età già da tempo, mai nessun uomo chiese la sua mano, per paura di una progenie orrida e deforme come la madre. Questo significò che ella sempre più si chiuse in sé stessa, sempre più si chiuse nello studio della Bibbia, e sempre più evitò lo sguardo di pretendenti. Giacomo I, oramai ansioso di mandar avanti la sua casata, da tempo aspettava che un pretendente si facesse avanti. È così che un messo giunge alla corte castigliana, chiedendo un incontro con il Saggio Re. Un’alleanza poteva nascere, tramite matrimonio, un’alleanza che Alfonso X assai desiderava. Tuttavia, come tutte le questioni legare all’amore e alla politica, il sovrano castigliano si prese il tempo di inviare messaggeri negli altri regni cattolici. Chi, fra tutti, desiderava imparentarsi con il sovrano castigliano?

Con questa domanda in mente, il Sovrano castigliano comincia a guidare le sue truppe verso l'Iberia meridionale, illuminato dal Signore e dagli Angeli, comincia ad incitare i suoi uomini:

"Dite uomini, cavalieri, fanti. Soldati di professione, mercenari, o ferventi cattolici, combatterete per Cristo, donando a lui la vostra vita? Vi innalzerete come un sol uomo, levando la vostra lama al cielo, contro l'Infedele? Cavalcherete con me per difendere il regno di Dio? Questa notte romperemo ogni tipo di dolore, questa notte la nostra lama santificherà l'oscurità. Questa notte non verrà dimenticata, pregheremo per loro e combatteremo ininterrottamente, senza arrenderci, finché l'iberia non sarà nuovamente cristiana. Avanti!"

E fu così che il primo di molti musulmani venne ucciso, per mano di Alfonso X, sul confine arabo. La sua lama grondava di sangue, scuro come la pece, mentre il suo avversario rantolava, prima di morire. La Reconquista di Alfonso X era finalmente iniziata.
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Messaggio Da Maþt Ven Mar 24, 2023 10:36 pm

STORIA BIZANTINA -CAPITOLO X


LA RICONQUISTA DI COSTANTINOPOLI E LA RINASCITA DELL'IMPERO BIZANTINO


Pochi mesi dopo la stipulazione di una tregua tra Impero Latino e Nicea, i bizantini ripresero la loro campagna di riconquista.


Mentre i Veneziani stavano impegnando le loro forze in Croazia, i Niceani inviarono un piccolo esercito di 800 uomini in Tracia dove, sotto il comando di Alessio Strategopulo, si limitò ad azioni di disturbo per saggiare le difese di Costantinopoli.


Quando Alessio arrivò nei pressi di Selimbria, venne a sapere che i Latini stavano attaccando il forte Dafnusio che dominava l'accesso al Bosforo. I suoi informatori gli indicarono pure un passaggio nascosto dal quale un manipolo di soldati poteva entrare senza essere notato, Alessio non si lasciò sfuggire un'occasione simile.




Nella notte tra il 24 e il 25 luglio i soldati bizantini salirono sulle mura della capitale e dopo aver scaraventato giù le guardie latine, all'alba, entrarono nella città passando dalla Porta Aurea. Baldovino II si svegliò di soprassalto appena sentì il frastuono della battaglia e si imbarcò immediatamente insieme alla sua famiglia su un mercantile veneziano con cui fuggì in Eubea. Tutti i veneziani residenti a Costantinopoli fuggirono al molo per imbarcarsi verso la salvezza mentre gli uomini di Alessio appiccavano fuoco ai loro quartieri. Le cronache raccontano che le navi veneziane cariche di profughi non fecero nemmeno rifornimento per il viaggio è molti morirono ancora prima di essere giunti in Eubea.




Preso il controllo della città, Alessio recuperò le insegne imperiali di Baldovino e le inviò al reggente Michele VIII, il quale dopo un attimo di incredulità partì alla volta della capitale riconquistata, non prima di aver imprigionato è accecato il legittimo imperatore Giovanni Lascaris.


Il 15 agosto del 1261 Michele entrò trionfante attraverso la Porta Aurea e giunto alla Basilica di Santa Sofia fu incoronato basileus dal patriarca Arsenio di Costantinopoli e subito dopo procedette a incoronare co-imperatore il figlio, Andronico II Paleologo.




Una volta restaurato l'impero, Michele dovette prima di tutto impegnarsi nella restaurazione della città che dopo la quarta crociata aveva visto una notevole riduzione della popolazione e il degrado di numerosi quartieri che erano caduti nell'incuria. C'era poi da ricostruire tutto l'apparato amministrativo dell'Impero, che era stato trascurato completamente durante quei decenni di guerra.


Sul piano economico Michele VIII decise di rimpinguare i guadagni dell'Impero attraverso l'istituzione di nuovi dazi per le navi che passavano per lo stretto del Bosforo, la tassa era di 20.000 hyperpyron per nave.




Nonostante la riconquista di Costantinopoli avesse risollevato gli animi del popolo bizantino, c'erano ancora molti territori greci sotto il dominio veneziano, Michele VIII decise così di organizzare una spedizione a sud con l'intento di riconquistare la Tessaglia, la Beozia e l'Attica; a tale scopo strinse un'alleanza con il Regno di Ungheria che in quelle settimane stava riportando delle vittorie schiaccianti sulla piccola repubblica. 


Prima di cominciare quest'importante campagna, Michele VIII preferì occuparsi della frontiera orientale dove le scorribande del Khan facevano saccheggi e devastazioni, arrivando ad assediare Sinope. La guerra si risolse in poche settimane e quella che doveva essere una semplice missione punitiva si trasformò in una schiacciante vittoria, grazie alla quale Bisanzio riuscì a riprendere il controllo di Rize e del Ponto.


Con la conquista di Rize Michele VIII mise le mani  anche su un'importante rotta commerciale che dal Mar Nero conduceva fino alle province settentrionali del Sultanato Mammelucco. Pochi giorni dopo Michele VIII decise di bloccare quella rotta, al fine di ostacolare l'ascesa di tutti quei potentati che regnavano in Siria e Mesopotamia e che col commercio rischiavano di arricchirsi eccessivamente.
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Messaggio Da Rhaenyra Sab Mar 25, 2023 12:50 am

Il Banchetto è terminato

I corvi hanno finito di banchettare e la danza tra i due leoni dorati del nord è giunta al termine.

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Diario del principe Magnus Ladul
as

Luglio 1261,

Nessuno è riuscito a fermare la nostra avanzata in Norvegia, neppure il maestoso castello di Tunsberg posizionato strategicamente su una montagna; Questo monte fa parte di una catena montuosa che si estende lungo tutto il regno norvegese, una serie di aspre e rigide montagne che si ergono fiere come il carattere di chi vi ci abita.
Grande è il mio rispetto per questo popolo fratello, così simili eppure così divisi.
Nidaros, Alesund, perfino nella capitale Bergenhus, quel codardo di Magnus Haakonson non si trovava!
Soltanto dopo la resa della guarnigione di Tunsberg siamo riusciti a catturarlo, egli si nascondeva nel dongione come un ratto.
Il folle non voleva rinunciare alla sua pretesa al trono, quel disgraziato aveva richiesto perfino un holmgang, una pratica antica quanto questa terra stessa.
Mia moglie Cristina, legittima e unica sovrana di Norvegia, è dal cuore tenero, gli ha permesso di tenere il titolo di principe e di farlo governare autonomamente nelle terre dell’Halogaland e Finnmark in veste di Jarl per conto della Corona; Se fosse stato per me lo avrei decapitato mentre blaterava, comunque il topo di fogna aveva smesso di proferire idiozie e accettò l’offerta di mia moglie, da parassita qual era chiese anche un cavallo e una borsa di monete, dopodiché si incamminò verso le sue nuove terre. Maiale.

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 4 102020-09-History-Russia

Purtroppo la lista dei porci non è finita qui, mio fratello Valdemaro, il re di Svezia, è irrecuperabile, quel pervertito è capace solo di inseguire le sottane delle dame di corte, nel migliore dei casi, altrimenti lo si ritrova spesso in qualche bordello di paese. È inaccettabile! Quello lì non potrebbe definirsi neanche un burattino, dato che il culo poggiato sul trono è sempre quello di mio padre, suo “reggente”.
Gira voce che frequenti spesso mia cognata Giuditta, moglie di mio fratello Erik, se questa voce dovesse rivelarsi veritiera, che Dio gliela scampi.

Ma da Stoccolma non arrivano solo le vergognose gesta di quell’inetto di mio fratello, in effetti ho sentito che la mia dolce sorellina sia stata promessa sposa nientepopodimeno che al fratello dell’imperatore Enrico di Lussemburgo, il principe Valerano, non capisco onestamente cosa ci trovi in questi sofisticati del sud, che si impomatano anche il perineo e si radono i peli manco fossero femminucce o bambini. Il loro matrimonio comunque sarà a breve, non posso mancare, Caterina mi ucciderebbe e poi mostreremo a quell’effeminato come si festeggia qui nel nord, scorreranno fiumi di birra e idromele nelle sale, altro che vino, quel piscio d’uva se lo sognano da queste parti!
Questo nuovo imperatore poi, non lo conosco, sarà un altro perfettino raffinato come tutti gli altri da quelle parti, chissà, magari avrò l’onore di conoscerlo, oppure no. L’importante è che non alzi le tariffe sui dazi che pagano i nostri mercanti.
Recentemente è stato poi eletto il nuovo Papa col nome di Giovanni XX, alcuni dicono addirittura che sia femmina, gli svariati parroci delle comunità vicine non smettono di indignarsi per questa faccenda sospetta, ma la cosa più sconcertante è che questo tale sia un fottuto inglese! Ma dico io, chi mi darà la forza di chiamare Santo Padre un suino inglese, manigoldi tutti loro su quell’isola.
E come se non bastasse, quel depravato di Alessandro III ha condannato il suo stesso regno non concedendo il divorzio alla moglie Margherita, quel vecchio pazzo di Enrico III adesso marcia nelle lowlands scozzesi con un’armata di inglesi, sarebbero più idonei a fare i pastori a mio parere, comunque avevo avvertito il gaelico di quello che sarebbe potuto accadere, ma quell’isola intera è un dannato covo di smidollati, non se ne salva uno per Dio!
Nei giorni scorsi ho incontrato un mercante proveniente a detta sua dalla terra del Sultano, un certo Baybars o Barybar, gente strana, nomi strani, voleva vendermi un cavallo con due gobbe, pensavo mi volesse truffare vendendomi un animale deforme, allora lo stavo per ammazzare sguainando la spada quando un altro mercante, svedese grazie al Cielo, mi spiegò che questo cavallo con due gobbe fosse originario della loro terra, allora mi sono poi apprestato a chiedere scusa allo strano mercante, ma niente, quel tale insisteva nel volermi vendere quella bestia gobbuta fino a quando non l’ho minacciato di rispedirlo a casa a suon di calci nel deretano.

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Sempre dal sud, un altro imperatore è asceso o ritornato, comunque non ricordo il nome, ma conosco il posto, i miei antenati la chiamavano Miklagard, la più grande città del mondo, ormai c’è un imperatore dietro ogni angolo. Non deve essere un tipo simpatico, il mercante svedese mi aveva raccontato di come questo imperatore avesse proibito il passaggio delle merci attraverso una qualche città di non so dove per fini di lucro o semplicemente per paura, un altro smidollato a mio parere.
Parlando infine di mia moglie, domani salperemo per l’ancestrale seggio norvegese di Avaldsnes dove verrà incoronata regina.
Non mi aspetto che tutti gli Jarl e i Thane giureranno fedeltà alla nuova regina, questo popolo è testardo più del nostro, ma mia moglie si è dimostrata un eccellente riformatrice, riqualificando non so quale terra con l'aiuto di certi signori non so chi; Ha promesso difatti di portare avanti il lavoro del padre, introducendo qualche legge del sud che non voglio neppure ricordare e vorrebbe inoltre abolire le cariche di Jarl e di Thane introducendo rispettivamente "Duca" e "Conte", nomi bislacchi a mio parere, ma ahimè, sembro l'unico con un po' di cervello oggigiorno.
In ogni caso con la festività di Midsommar alle spalle, il tempo è propizio per questa incoronazione, i venti estivi ci favoriscono e i fiordi ci proteggono, è ciò per cui combattiamo, dall'esterno sembra una landa gelida e ghiacciata, ma un osservatore attento comprende che in queste aspre terre pullulano di guerrieri, mercanti e pescatori, nati dal sale del mare che ci nutre, dal sangue delle nostre madri e offerti al ferro dei nostri padri.



I leoni del nord ruggiscono

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Messaggio Da Ferdinand-Foch Sab Mar 25, 2023 2:02 pm

Repubrica de Zena
Lezione V
(Agosto 1261)

-- -- -- 

Situazione della Penisola Italiana

- Riprendiamo a parlare del conflitto tra Genova e le due repubbliche toscane di Lucca e Pisa, queste intervenute in aiuto di Savona, la piccola Signoria, che ad occidente ancora resisteva, con ardito valore, sotto i loquaci  cannoni Genoani. I due toscani non furono mossi solo dalla compassione, per la piccola Savona, ma anche dal timore di una Genova a petto in fuori. 

I Pisani, più dei Lucchesi, erano ancora giustamente inaciditi nei confronti di Genova a causa di vecchi screzi commerciali avvenuti negli anni prima. Questa situazione si rivelò il momento perfetto per ottenere vendetta, trascinando con loro in questa guerra ingiusta anche i vicini di Lucca facendo leva sulla paura. 

L’intera penisola cadde in un baratro di violenza e paura, non di certo per la guerra tra Genova e Pisa, troppo piccole per scombussolare l’intero territorio italico, ma a causa della scomparsa di Venezia! Avete sentito bene: la città lagunosa, era chiamata dai suoi detrattori, che avrebbe dovuto competere con Genova fu in un battito di ciglia completamente rasa al suolo dal volere di Dio Onnipotente. 

Venezia città di mare, città di mercanti, città di bellezza, ma anche nido di violenza, covo di banditi e bordello di meretrici: Venezia la Prostituta, Venezia la Peccatrice e come Sodoma e Gomorra, le due città bibliche, la pazienza di Dio si esaurì. Insulto all’esistenza e al creato voluto dalla mente dell’Altissimo doveva sparire dalla faccia della terra, come un brufolo giallastro ribollente di pus sulla faccia di un ragazzo di età della pubertà, in procinto di essere schiacciato.  

Case diroccate, acqua evaporata, metallo fuso e legno bruciato; uomini prosciugati delle loro forze, donne private della loro bellezza e bimbi orfani della loro felicità. Come negli antichi scritti biblici si dice che un solo Veneziano, ultimo della sua stirpe, venne risparmiato dalla brutalità Divina: Egli risponde al nome di Marco Polo sfuggito dalla laguna in piena notte, poco prima dell’Impeto Divino, avvisato dall’Arcangelo Gabriele perché lui a differenza dei suoi simili era puro e meritevole di salvezza. 

E quindi fuggì senza metà, in preda al panico, bruciando le forze in pochi scatti subito i polpacci gli si infiammarono e forte di volontà non si piegò alla curiosità di voltarsi per scrutare la distruzione di Venezia: sale sarebbe divenuto se i suoi occhi mortali si fosse posati sulla luce sublime. Quindi fuggì, quindi si salvò, e al mondo avrebbe consegnato in eredità una grande scoperta: esempio di come tutto sia un disegno di Dio. 

Mi sono perso nel farneticare allungando il brodo su quella che era chiamata Venezia, chiedo venia, torniamo a noi: stavamo parlando della penisola con la guerra ad ovest, il flagello divino a est e infine, non per importanza, l’imminente conflitto tra Franchi e Siciliani nel meridione. Il Regno di Sicilia fu condannato non dal Divino, ma dal suo rappresentante in terra il Papa Giovanni XX “feudo vacante” e quindi soggetto a libera invasione dei Regni Cristiani. La “Santa” Francia ne approfittò, allungando le mani lungo il collo del povero Manfredi colpevole di essere un “inetto” al cospetto di quel che fu il padre Federico. 

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Battaglia Navale

- La Guerra sostanzialmente si combatté su due fronti: in mare al largo della costa italica in pieno mar ligure e sull’isola corsa e sarda dove le colonie genovesi e pisane si dettero battaglia. Fin dall’inizio si vide come questo conflitto interessava solo ai due protagonisti citati prima, questo perché Savona dopo un assedio durato un mese e mezzo finalmente si arrende: ci raccontano i documenti degli ufficiali genoani che all’alba del 12 Agosto le porte della città vennero aperte dall’interno, i Savonesi si arresero di loro volontà detronizzando il loro Signore. 

Lucca, la compagna di Pisa, in realtà era la terza in comodo e non sapeva neanche il perché si trovasse a combattere una guerra non sua, ma per ignoranza e paura fu spinta nel baratro dai cuginastri pisani, e per questo poco si impegnarono se non per difendere il confine terrestre che divide Pisa da Massa. 

Le battaglie navali furono 3: la prima fu vinta dalla marina genoana, mentre la seconda da quella pisana, si creò una situazione di stallo dettata dal timore di entrambe le marine di perdere troppi uomini e danneggiare le galee. La staticità venne rotta con l’introduzione tra le file marine della flotta genoana dei nuovi brigantini realizzati dagli artigiani sardi: delle navi concepite per la lotta e costruite con legname robusto, coltivato con amore.

La nuova potenza di fuoco sbaragliò le barche pisane che trovarono nuova abitazione nelle profondità marine. Un blocco navale fu posto alla città di Pisa tagliando le comunicazioni con le sue colonie in sardegna e in corsica, prese d’assalto dai mercenari genoani. In Sardegna la città di Sassari e la roccaforte di Cagliari vennero espugnate e saccheggiate degli stendardi pisani, calpestati e bruciati in segno di sconfitta. In Corsica la costa occidentale fu depredata, distrutta e devastata dal fuoco dei nuovi brigantini che sfociarono in tutta la loro brutale bellezza.

Lucca la lebbrosa non venne scalfita minimamente dalla milizia genoana o dai cannoni dei brigantini, anzi addirittura le sue rotte navali erano ancora in funzione, non ci fu nessun blocco navale. Non era la loro guerra, questo Boccanegra lo sapeva e li rispettava, sotto sotto intimorito di irritare la Signoria di Firenze loro amante. In soccorso di Pisa interviene un’altra Repubblica: quella di Piombino, ennesima fanciulla caduta nella trappola toscana. 

Pur di vincere salvaguardando la faccia, il loro onore, non guardarono neanche al danaro, cosa assai rara di quei tempi, e pagarono fior di fiorini i mercenari di Piombino.  Il loro intervento tardo l’inevitabile vittoria genoana, ma gli si deve l’atto di aver danneggiato gravemente l’esercito regolare. 

Da questa guerra l’unico vincitore uscente fu il Mercante di Zena che al tavolo delle trattative di pace con aria superiore e battendo i palmi delle mani sul tavolo, pretese ricchezze e territori agli sconfitti. Lucca, come già detto, non venne toccata, anzi fu data loro una somma di danaro simbolica come scuse per “il disturbo” dei pisani; le relazioni tra Lucca e Pisa non saranno mai più le stesse e l’odio continuerà fino ai giorni nostri. Savona venne inglobata nella Repubblica di Genova così come tutti i territori citati nell’ultima lezione. Pisa venne privata delle sue colonie in Corsica e in Sardegna, il blocco navale smantellato e le rotte ristabilite, nessun dazio o tassa gravava sui suoi mercanti. 

L’espansione di Genova in Italia si arrestò, per il momento.

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Chi non Muore si Rivede

- L’Impero Latino fantoccio dei regni cristiani, figlio di una crociata andata male, cadde come da copione grazie all’intervento di Alessio Strategopulo e il suo esercito. Sconfitto l’Imperatore Baldovino II la corona venne consegnata a Michele Paleologo nuovo Basileus dei Romei. 

L’Impero Bizantino ritorna nelle sue vesti ufficiali con l’ambizione di occupare il posto che gli spetta tra i grandi del continente, riacquisire il suo antico splendore e portare in alto ciò che rimane della memoria dell’antico popolo Romano. Il primo atto da Imperatore fu invadere le colonie greche di venezia, ormai inesistente, mirando alla conquista del ducato di Atene. 

Dalla carcassa fumante veneziana, sporca di fango, maleodorante di palude, le belve fameliche si avvinghiano per mangiarsene un pezzo: Atene venne intrappolata nella morsa dei Bizantini, Ragusa e l’Epiro fagocitate dal Regno Magiaro, mentre la penisola del Peloponneso venne acquisita dai mercanti genovesi. L’isola di Creta ambita rotta commerciale del Mediterraneo Orientale, fu presa di mira dagli infedeli mamelucchi vogliosi di spezzare la morsa commerciale dei genoani. Il loro desiderio divenne amaro quando con sorpresa galee con vessillo castigliano si diressero verso Creta. 

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Habemus Papam 

- La metà del 1261 fu un'annata veramente impegnativa: guerre, flagelli divini, elezioni dell’Imperatore e anche l’Elezione Papale momento assai importante per tutto il mondo cattolico. 

Il vincitore di quella elezione fu un certo cardinale inglese di nome Johannis di cui all’epoca si sapeva bene poco, ma che oggi siamo sicuri fosse un mentecatto a cui piaceva travestirsi da donzella durante le sue notti di piacere. Fu un Papa rivoluzionario poiché sostituì uno degli sacri elementi della divina Trinità: lo Spirito Santo, con la figura della Vergine Maria. Un'assurdità figlia di quel periodo confuso che fu il tardo medioevo. 

Con l’annunciazione di Papa Giovanni XX il suo primo volere in qualità di rappresentante divino fu scomunicare Manfredi Re di Sicilia, dando agio al Regno dei Franchi di poter avanzare pretese sullo stato dell'Italia meridionale, attraverso il nobile Carlo d’Angiò. Ad oggi sappiamo che Genova avrebbe appoggiato durante le elezioni un altro candidato, ma in generale il supporto dato non fu così significativo da decretare la sua vittoria. Sostanzialmente alla Repubblica Marinara in questo caso non faceva molta differenza chi avrebbe vinto. 


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Messaggio Da Falco Sab Mar 25, 2023 3:50 pm

EPISTULA AD REGES ET PRINCIPIBUS EUROPAE
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Stato monastico dell'Ordine Teutonico

AGOSTO
Anno Domini 1261

Fra' Teodorico di Prussia, Lanzimastro di Prussia
fedele trascinatore della Santissima Croce e vostro umilissimo servo,
per annunciamento di Dio, scrive codesta epistula ai re e ai principi di tutta quanta l'Europa, e in particolare
al Saggio Alfonso X di Castiglia che ha pugnato i mori dalla Spagna
al morente Giacomo I d'Aragona pronto a lasciare ai suoi generi il proprio regno
al Santo re Luigi IX di Francia delle cui nobili gesta si sente parlare sempre meno
al Coraggioso Enrico III d'Inghilterra e a Sua figlia Margherita di Scozia che tanto hanno tribolato
al dolente Béla IV re d'Ungheria che il figlio ha perduto per mongola mano
ai molti sovrani e alle poche sovrane, ai conti e ai marchesi che seggono sopra ai troni d'Italia e di Germania
e alla stimatissima famiglia Bjalbo tutta, le quali canzoni di gesta non smettono mai di incantarci
alla regina di Norvegia Cristina dunque, al re di Svezia Valdemaro e al suo peloso fratello Magnus Ladulas

a Valerano IV di Limburgo infine,
fratello dell'Imperatore Enrico,
che vedovo di Giuditta di Clèves ha ritrovato la felicità unendosi in matrimonio con Caterina di Svezia,
auguri agli sposi affinché osservino i reciproci impegni coniugali, affinché si assistano l'un l'altra
procreando sotto lo sguardo vigile del Signore
nella piena osservanza della dottrina cristiana.

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Cari sovrani, cari principi, cari cristiani
Come confratello dell'Ordine Teutonico non vi nasconderò la fierezza che provo nel servire tale Confraternita...
Dio lo vuole, e ce lo dimostra ricoprendoci di vittorie l'una dopo l'altra.

Molti di voi temono che il crescente potere della Confraternita del Tempio possa ledere alla vostra autorità di re regnanti scalzandovi dai vostri troni, e di codeste preoccupazioni ce ne deste già prova in passato,
quando i nostri gloriosi Cavalieri furono scacciati dalla Transilvania da Alessandro II re d'Ungheria.
Scacciati.
Così essi vennero ringraziati poscia che si furon duramente battuti pagando con il proprio sangue e con la propria vita i tributi per la liberazione di quelle terre dallo sterco cumano, che era immondo e veniva da Oriente, come tutte le cose immonde.
Ma un templare non serba alcun rancore, non v'è ira nella sua condotta che non sia l'ira di Dio, e sà che la vita dell'uomo, come si suol dire, non ha alcun prezzo; ma non nell'accezione che vuole dargli la plebe: infatti la vita di un Cavaliere non vale un bel niente, perciò non ha prezzo e non merita d'esser annegata nell'oro, nella carne, negli amori e in altri lordosi fardelli che siamo ben contenti di lasciare alla plebaglia, come quel Boccanegra lussurioso che comanda Genoa, capitale d'ogni peccato e d'ogni sporcizia.
La sola cosa che davvero conta per un Cavaliere è che la sua anima sia salva, monda da ogni peccato, e che al più presto essa possa raggiungere leggiadra la Casa di Dio staccandosi da questa prigione materiale che impudemente chiamate "corpo."
Anche i profeti vennero percossi ed esiliati, anche Gesù fu oltraggiato e soff. Ma ora essi sorridono nel Regno dei Cieli e sono i vostri giudici.
Perciò io perdono tutti coloro che hanno calpestato l'onore dell'Ordine Tedesco, dimentichi dei favori che noi assieme a quegli Ospitalieri di San Giovanni vi facemmo in Terra Santa, rendendo più sicuro il cammino dei pellegrini in Palestina, che sarebbe altrimenti stato impedito dagli arabi d'Egitto.

Semmai scarseggiaste di cavalieri e per una qualsiasi guerra o crociata abbisognaste di gente abituata alla pugna, sappiate Signori che la Confraternita Germanica è al vostro servizio.
Un templare non si vergogna di essere mercenario, poiché egli è mercenario di Dio, e pugna per volontà di Dio.
Ci accontentiamo di un pasto frugale: latte, uova e fiocchi d'avena.
Pagate la giusta somma al Gran Maestro, accoglieteci nei vostri feudi, e i Cavalieri giungeranno lesti in prossimità dei vostri castelli a farne da guardia come gli svizzeri di Sua Eminenza.

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Ma prima di entrare nel nocciolo della questione lasciatemi dire due parole sul papa e sull'Imperatore Enrico,

Sull'ultimo nulla da eccepire,
soprattutto nei primi mesi del suo regno un gran numero di civette, piccioni e pennuti d'ogni genere andavano e venivano portandogli novelle sempre nuove e messaggi sempre più calienti.
Sua maestà l'Imperatore rispondeva quando poteva, ma rispondeva.
Chi abita a Francoforte e alza lo sguardo al cielo può vedere colonne intere di pennuti che vanno avanti e indietro uno di fila all'altro con un rigore che è solo esclusivamente teutonico.
Perciò in quella città la caccia al piccione è vietata e gli unici uccelli digeribili sono le galline e le anatre.
Legge assai giusta e saggia, considerando l'importante ruolo che ricoprono le colombe.
Quando si è Imperatori non è facile mantenere la parola ed essere onesti, soprattuto con se stessi. Colui che impera ed è sincero e tiene conto di ogni cosa che dice merita grande gloria.
Per la sua elezione Enrico V aveva promesso infatti che avrebbe difeso a qualunque costo l'Inghilterra e i suoi confini da ogni invasore che osasse violarli.
Ma poscia che furon nozze tra il fratello dell'Imperatore e la sorella di Valdemaro Caterina, la famiglia imperiale del Lussemburgo-Limburgo si legò ad una promessa alleanza con il regno di Svezia, la qual giurava: che finché sul trono di Roma sedeva un lussemburghese, la Svezia avrebbe seguito la Germania in ogni pugna e in ogni guerra.
Già la mano della sposa era stata offerta a Valerano IV quando l'Imperatore si accorse che la pace tra l'Inghilterra e la Svezia si sarebbe potuta estinguere da un giorno all'altro a seguito della guerra ini Scozia.
Perciò Enrico per coscienza e per onore mise le cose in chiaro sin dal primo giorno:
l'Impero avrebbe difeso l'integrità territoriale dell'Inghilterra dentro i suoi confini, da qualunque aggressore anche dagli stessi svedesi, ma non in Scozia, donde egli non era vincolato da alcuna promessa.
Il vallo d'Adriano non è infatti un relitto del passato o una semplice effige dell'antichità, poiché quella linea demarca ancora un confine reale tra le morbide pianure dell'Inghilterra e le impervie colline della Scozia.

Riguardo al nuovo papa,
c'è chi dice che sia una donna e cioè una papessa
e c'è chi dice che sia un eretico
Io non posso esprimermi su tali riforme e non voglio farlo poiché mi ritengo troppo piccolo ed effimero per criticare colui o colei che siede sul Santo Soglio di San Pietro e che è stato messo lì da Dio e da nessun'altro,
ma nei discreti margini della mia cultura ecclesiastica credo che sovapporre la figura dello Spirito Santo a quella della Vergine Maria sia un abominio rispetto a ciò che c'è scritto nei Vangeli e che similmente, questa novità del sacerdozio femminile e dell'elargire cariche di potere a delle femmine, per natura inferiori, creandole come cardinalesse o altro sia un gravissimo errore d'immagine che renderà il compito di noi missionari ancora più arduo.
Le femmine talvolta si sono rivelate grandi e sagge regine, e porto ad esempio Matilde di Canossa che era di spirito nobile, ma un seguace di Maometto o un pagano giammai riconoscerebbero l'autorità di una vescova o di una papessa donna.

Che dio mi protegga e abbia pietà di me se ho peccato di superbia e mi illumini di maggior sapienza se mi sto sbagliando,
sarò assai contento di purgare i miei peccati nell'al di là con le giuste frustate degli Angeli.

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Cari sovrani e nobili principi,
perdonatemi se mi sono dilungato e se vi ho tediati con cose delle quali avevate cognizione o peggio con cose per le quali voi e i vostri figli non hanno il minimo interesse
daltronde solo pochi hanno l'onore di vestire il bel mantello di Cavaliere del Tempio
se non fossi frate domenicano questa lettera poteva anche limitarsi a poche strofe
avrei voluto aggiungere anche Venezia, non capita tutti i giorni che una città venga investita in pieno dalla collera del Signore e che soltanto un uomo: tale Marco Polo, ne sia risparmiato, ma ripensandoci forse è meglio che il nome di Venezia non venga mai più tramandato dai nostri annali
perciò ora che siete giunti alle ultime righe di questa epistula posso finalmente snocciolarvi il frutto di cui dovreste essere a conoscenza.

Dopo aver pugnato e soggiogato sotto il segno della Croce prussiani e samogiti, anche la Lituania è stata sottomessa alla volontà di Dio.
Mindaugas ha assaggiato la spada crociata, che gli è entrata in gola in profondità, ed è morto.
Perciò è giusto che voi sappiate che, come la Sicilia, anche la Lituania è feudo vacante.
Per decidere chi sarà il nuovo Granduca e quale dinastia regnerà quelle selve nere e cupe, in accordo con papa Giovanni XX l'Imperatore Enrico ha deciso di tenere un palio a Francoforte.
Quale migliore occasione di un torneo per scegliere il più nobile, il più agile e il più impavido tra i rampolli?
I vostri figli si sfideranno a duello coi propri cavalli pugnandosi con le lunghe spade, correndo e saltando gli ostacoli.
La famiglia regnante vincitrice avrà diritto di possedere per intero la Lituania, compresa la città di Vilna attualmene occupata dai templari.
Scrivete a me Teodorico,
mandate una colomba bianca al sottoscritto e fatemi sapere chi dei vostri rampolli: se vostro figlio o vostro nipote o voi stessi, intendete gareggiare al torneo e aggiudicarvi la Lituania per il lustro e per l'onore del vostro Casato.
Per partecipare al Palio di Francoforte, che si terrà alla fine di quest'anno, bisogna pagare 50 mila talleri all'Ordine Teutonico.

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