L'angolo delle storie - L'angolo dei ruolisti
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Partita GDR | L'ombra di Saladino

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Messaggio Da Alice Sab Mar 25, 2023 4:22 pm

Cronache d'Inghilterra ~ August~ 1261


La guerra per l'unione delle British Islands vide protagonisti diversi miti e leggende, c'è chi vociferava di un epico scontro che fece tremare la terra, chi invece giurava d'aver visto lo spirito di Re Artù apparire insieme ai suoi cavalieri e militare contro il regno di Scozia, vi erano anche alcuni folli di narravano di un fantomatico Dragone d'Albione che si risvegliò dal suo letargo e supervisionò lo scontro per assicurarsi fosse leale, tuttavia la verità mie care signore e miei stimati signori, è che la forza la fece da padrona, l'esercito inglese fu più forte, nessuna epica battaglia, nessuna epica creatura, nulla di degno d'essere ricordato, solo sangue e morte.
Il popolo inglese era sicuramente gioioso, la principessa era tornata sana e salva mentre il tirannico sovrano scozzese era sparito, forse morto, forse esiliato, non che interessasse ai popolani, loro speravano solo che avesse sofferto fino all'ultimo attimo e nel caso fosse ancora in vita, che continuasse a soffrire fino all'ultimo attimo. 


Circa nello stesso periodo terminavano i conflitti tra Svezia e Norvegia, mentre la Castiglia portava a compimento la reconquista, si vedeva pertanto all'orizzonte, un possibile futuro di ritrovata pace per il continente europeo che vedeva nascere nella terra scandinava una nuova grande potenza, forte anche del matrimonio che la legava al sacro romano impero.


Ma l'evento che più sorprese le persone dei tempi fu l'incoronazione del nuovo papa, Giovanni XX, egli era un pontefice che definire "riformatore" sarebbe diminuitivo, difatti oltre a cercare la via della parola favorendola alla spada per la questione araba, egli instaurò il sacerdozio femminile, un azione impensabile, impossibile, il papa invece, il quali addirittura pensavano fosse una donna, come se nulla fosse, in un soffio di vento rigirò le carte della chiesa.


Parlando di vento vi è una grande storia di quei giorni perduti che tutt'oggi si racconta, essa narra dei famosi veneziani, vi ricordate di loro giusto? Quei "mercanti" che attaccarono la Croazia, beh, evidentemente tale azione non fu ben vista dal santo padre, il quale con un soffio di vento, uno schiocco di dita, fece abbattare un cataclisma tale sulla "lagunosa" da farla svanire,sommersa per sempre nella sabbia del passato ed erosa dalle onde del tempo


Per la sorpresa, di nessuno in tutta onestà, terminata la campagna militare, Enrico III decise d'abdicare, fin dal principio il peso della corona era troppo per le sue spalle, in cuor suo si sentiva patetico di star scaricando le sue responsabilità sui suoi figli, tuttavia ormai era vecchio, invidiava la vita agiata del fratello e pregava notte e giorno affinché il signore lo richiamasse a lui cosi da poter fuggire da quella agonia che per lui era regnare, la domanda era solamente "A chi affidare questo arduo compito?"
Suo figlio Edoardo era fuori discussione, egli non aveva mai nascosto di ripudiare la sua terra natia, tutti a palazzo reale lo conoscevano con la nomea di "Serpe" pronto a vendere la testa dei suoi stessi genitori pur di avere salva la vita sua e del suo ducato.
Concorrevano al trono, Margherita,Beatrice,Edmondo e Caterina l'ultima era troppo piccola e venne ignorata, Edmondo "il Gobbo" era noto d'avere problemi di salute, nonostante fosse la scelta su cui i vari lord premevano di più era Margherita a godere sia del favore del regnante che del favore popolare, Beatrice invece, non era vista ne positivamente, ne negativamente da nessuna delle fazioni coinvolte e venne facilmente trascurata dalla faccenda.


Sul nascere delle prime tensioni, la principessa Margherita organizzò un incontro con i vari lord e nobili vari che si opponevano ad essa, per le vecchie volpi del regno quella veniva vista come un occasione d'oro, con la loro influenza sarebbe stato facile minacciare la servitu e far avvelenare la principessa, dopotutto, lei era l'organizzatrice della festa, nessuno avrebbe potuto ostacolare loro, infatti il loro piano non aveva pecché, le cameriere cedettero facilmente alle minacce, quella sera Margherita non avrebbe nemmeno fatto in tempo a godersi il pasto, sarebbe morta durante l'ora del tè.
L'incontro inizio, la principessa Margherita viene descritta come una leggiadra fanciulla,un viso angelico e candido, le mani piccole e gentili ma dallo sguardo fermo e deciso. Al tavolo intorno ad essa vi erano nobili da ogni angolo del regno, chi la guardava con sguardo colpevole di chi sapeva ma non poteva fare nulla e chi invece la guardava con il tipico finto sorriso di circostanza. Si dice che vi erano in totale cinquanta persone a tavola, ma vennero servite solamente undici persone, l'errore che fecero i "nobili lord inglesi" fu quello di sottovalutare l'amore che il popolo provava per la principessa Margherita, essi difatti vennero avvelenati dai loro stessi servi con il loro stesso veleno, sotto gli occhi increduli dei superstiti la principessa spiegò loro l'accaduto e gli fece una semplice domanda "Siete con me o contro di me?"


Pochi giorni dopo vi fu l'incoronazione di Margherita sul trono d'inghilterra, vi era gubilio in tutto il regno inglese, ciò che vi soprenderà è sapere che anche il regno scozzese, recentemente sconfitto, ne uscì rincuorato dall'incoronazione della nuova regina, immagino che vistiate chiedendo perché, permettetemi di leggervi questo antico testo, esso infatti è, o almeno si dice, il discorso che fece Margherita a Buckingham Palace durante la sua incoronazione, stesso discorso che venne fatto anche Holyrood Palace ad Edimburgo


"Miei amati sudditi del regno d'Inghilterra, Scozia e Galles, il mio nome è Margherita di Winchester, da oggi, prendo il posto di mio padre, Enrico III di Winchester in veste di regina, farò tutto ciò che è in mio potere per mantenere la pace sulla nostra isola e mi impegnerò affinché chiunque su di essa possa prosperare, come molti di voi sapranno, per molti anni ho vissuto nel palazzo reale d'Edimburgo, non rinnego quegli anni, conobbi soprendetemente molte persone, grazie a questa esperienza mi accorsi di quanto simili siamo noi ed il popolo scozzese, per quanto il nostro orgoglo ci accechi e cerchi di non farcelo vedere, se andiamo oltre alla prima impressione, sarà facile trovare un volto spaventosamente familiare, pertanto la mia preghiera è che anche voi possiate aprire gli occhi e vedere oltre, come io ho fatto nel passato"


E con questo, mie care signore e miei cari signori, termina la nostra storia, la storia di Enrico, quel regnante debole e tristo e di come la sua fanciulla passò da una vita di prigionia ad una vita di doveri regali
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Messaggio Da Ferdinand-Foch Dom Mar 26, 2023 10:22 pm

Repubrica de Zena
Lezione VI
(Settembre 1261)

-- -- -- 

E’ Tempo di Elezioni

- Al Capitano del Popolo: Guglielmo Boccanegra gli mancavano poco meno di 3 mesi di mandato dopo il quale il suo potere sarebbe stato trasferito nelle mani di un altro uomo. Venne dunque il momento delle Elezioni anche per la città di Genova. 

Questo corso sulla storia di Genova ci ha insegnato come questa Repubblica fu un evento singolare nella storia, e queste elezioni ne sono l’ennesimo esempio: a differenza delle elezioni dell’Imperatore dove abbiamo dei Principi designati al voto e alle elezioni Papali, in cui dei Cardinali scelti esprimono la propria volontà; a Genova ciò che comanda sono i Soldi. 

Le ricche famiglie cittadine il giorno delle elezioni gareggiano in quella che possiamo definire una gara di lussuria verso il danaro. La famiglia con il patrimonio economico più alto e prezioso ha il diritto di poter decidere il prossimo “Signore di Genova” che spesso, anzi sempre, combacia con il proprio capo famiglia. Spesso e volentieri i candidati chiedevano aiuti esteri per poter ottenere una certa vittoria, questa volta non fu da meno, vediamo i candidati. 

Alle Elezioni del 1261 si presentarono ben quattro ambiziosi candidati: 

La Famiglia dei Doria con il suo Capofamiglia Oberto Doria, chiederà aiuti finanziari per ottenere la vittoria ad un Regno “sconosciuto”;

Francesco de Castro proveniente da una famiglia di origini ispaniche sarà supportato dalle preziose casse di Alfonso X;

La famiglia dei Fieschi con il loro rappresentante Ugo Fieschi potrà attingere dalle casse Imperiali; 

Alessandro Orengo la cui famiglia fu nativa di Nizza farà appello alla bontà di Luigi IX per ricevere supporto in campagna elettorale. 

Pur di ottenere questi finanziamenti i candidati fecero promesse politiche e commerciali. L’esito delle elezioni fu decretato nel Gennaio del 1262. 

-- --- --

Le Ultime Fatiche del Boccanegra

- Prima di salutare il ruolo di amministratore cittadino, vuole lasciare a Genova degli ultimi doni così da esser ricordato nella storia come un valoroso condottiero. 

Dallo smembramento di quella che era la Repubblica di Venezia, la marina genoana riuscì ad ottenere il controllo della penisola del Peloponneso  antica terra ellenica dove un tempo imperava la tirannia di Sparta. Un luogo sicuramente storicamente affascinante, ma anche economicamente molto vantaggioso grazie ai suoi campi di grano di cui Genova aveva tanto bisogno.  

Sconfitte le ultime resistenze elleniche, l’attenzione del Capitano si voltarono in due punti diversi opposti tra loro: Orano e la Gazaria, rispettivamente la prima nella parte occidentale del mediterraneo e la seconda nel cuore del Mar Nero. Questi sarebbero stati gli ultimi gioielli di Guglielmo.

Nonostante con i mongoli del Mar Nero ci fosse una sorta di stabilità diplomatica, ricordiamo come la città di Simosse non fu distrutta dagli stessi mongoli, alcuni mercanti genovesi tentarono di acuquisire alcuni territori costieri della penisola della Crimea. Questa costa ricca di città e porti rappresenta un punto strategico inestimabile per il controllo del commercio della zona.

Il tentativo purtroppo per i mercanti fallì e questi vennero brutalmente smembrati dei loro arti e rispediti a Genova in delle casse di legno. Fu chiaro che il dialogo con quel popolo era inutile e che l’unica soluzione era l’uso della forza: per cui la marina militare gonfia dei nuovi brigantini, e carica di mercenari, fu spedita alla volta del Mar Nero. 

Un’altra spedizione fu effettuata ai danni del piccolo Sultanato del Tlemcen, un piccolo regno arabo del nord africa che corrisponde all’attuale Algeria. Quella zona, già da parecchi mesi, fu soggetta ad un conflitto tra il sultanato algerino e quello marocchino, per alcune dispute territoriali. Nel mentre questi stessi arabi erano in lotta contro i Regni cattolici di Aragona e Castiglia, i quali riunitisi nel nome della libertà e del cattolicesimo scacciarono gli arabi da Granada, liberando la penisola Iberica. 

Queste due guerre danneggiarono gravemente il sultanato algerino, le sentinelle genoane poste al largo della città portuale di Orano avevano monitorato tutto già da tempo. Il momento giusto per attaccare era giunto e, con la benedizione di Boccanegra, un piccolo commando di soldati genoani navigò alla volta della città araba. 

-- --- --

Venti di Rivolta

-   Come ci insegna la storia quando una nazione si espande velocemente provoca negli animi di quei nuovi popoli oppressi un sentimento di malcontento, che unito all’odio verso il nuovo tiranno sono spinti ad accendere la fiamma della rivolta; questo accade in Sardegna in quelle città che prima erano pisane e ora si trovavano incatenate a Genova. 

La rivolta sarda scoppiò improvvisamente prendendo alla sprovvista il Capitano Boccanegra, che informato qualche giorno dopo l’effettivo inizio della rivolta in fretta e in furia ordina alla Marina di estinguere le fiamme ostili. Per la fortuna di Genova quei contadini e pastori sardi non furono capaci di organizzarsi per bene e fare fronte comune contro l’esercito regolare, il quale senza troppe perdite riuscì in poche settimane ad eliminare i malati di libertà. 

Probabilmente quella rivolta fu aizzata da una potenza straniera, ma di prove concrete non ci furono se non alcune grida di alcuni pastori un po 'ubriachi che dicevano: “Voliamo Aragognaaa Bruhhh”. E’ facilmente intuibile il perché questa non possa esser ritenuta una prova veritiera, ma comunque da quel momento Genova iniziò a guardare, metaforicamente, con occhi sospetti i vicini iberici. 

Contemporaneamente ai pecorari sardi, qualcuno potrebbe pensare che si misero d’accordo ma non fu così, anche a Bologna la compagine ghibellina si mosse per abbattere il governo guelfo. Il conflitto cittadino si volse in favore dei sostenitori imperiali, i quali una volta raggiunto il potere giurarono estrema fedeltà all’Imperatore Enrico V. 

Con un abile colpo di coda il Papa come ultima volontà prima di essere assassinato, poi ne parleremo, riuscire ad organizzare una congiura con i Visconti milanesi i quali si ribellano al potere ghibellino costituito nel capoluogo lombardo. Anche qui dopo un violento combattimento per le strade di mediolanum la vittoria sorrise ai ribelli, ma questa volta di fede guelfa che si inchinarono al volere del rappresentante di Dio. 

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C’è un Assassino tra di Noi 2 - il Prequel

- La millenaria storia ecclesiastica è ricca di misteri, tra cui anche assassini o presunti tali sia commissionati dalla mano velata di Dio, che subiti sulla propria pelle ed è proprio questo il caso.  Come accadde qualche secolo dopo a Papa Carlo I che fu soggetto ad un tentativo di omicidio da una spia ottomana, e come è acaduto a Papa Giovanni Paolo II sempre da un terrorista di origine turca, anche il Pontefice dell’epoca ne fu vittima in tutti i sensi. 

Giovanni XX inizialmente fu decretato morto suicida in seguito ad una botta subita alla testa dopo averla colpita con veemenza contro il water ecclesiastico. Una scena molto comica quanto drammatica, susseguita da un aspetto bizzarro: durante i preparativi per il funerale fu scoperto che il Papa in realtà era una Donna suscitando ripudio, vergogna e schifitteza tra le alte cariche ecclesiastiche. 

In seguito vennero indette nuove elezioni a cui presero parte quasi gli stessi cardinali della scorsa volta e i due candidati perdenti dell’ultima elezione, con l’aggiunta di un nuovo sfidante di nome Gherardo Segarelli, un cognome una sentenza. 

-- --- -- 

[Continua…]
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Messaggio Da Astrid I Lun Mar 27, 2023 12:31 pm

LE MIE RICORDANZE

Jean de Joinville
Storie di un cavaliere alla corte del re di Francia

Ottobre 1261 AD

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 5 774px-Jollivet_-_Philip_III_of_France

Il Delfino Filippo era pùero sì debole nello corpore che nello spirito - chi non parrìa discender da suo padre.
"Filippo il Timido" lo chiamavano - chi per scherno - chi per riso - chi per compiatimento.
Si movea coll'andatura lenta e 'mpacciata - come chi fosse storpio o claudicante; ombra dello padre suo.
Balbettante - pauroso - timoroso per natura - avea occhi bassi e spalle mosce: codesto era lo ritratto dello principe Filippo. Ma lo Delfino si vedea ssai poco nei nobili palazzi: soltanto ai banchetti infatti c'onorava del suo bel volto rubicondo - appariva a ora di pranzo come lo Sole e a ora di cena come la Luna - semper taciturno - come si niente avesse da dire; per la qual cosa finita l'ultima porzione avea l'usanza di tirarsi sempre in disparte - salutando tutti con un ritto moto del capo - come si fosse un vecchio scemo.
L'erede al trono avea 16 anni all'epoca ch'io lo conobbi - e nell'età nella quale ci si aspetta che un pùero vada a caccia di pulzelle con lo core che batte e l'umore che schizza - lo povero Filippo trascorrea invece tutto lo tempo solo soletto nella torre di Saint-Michel dove s'era rinchiuso come un tristo eremita sconsolato - "meditabondo sopra le Sacre Scritture perlomeno" - crederete voi chi siete persone piie et oneste - e mai pensaste cose peccaminose.
No Signori il figlio di Luigi IX non leggeva la Bibbia e non pregava lo Santo Rosario -
Filippo era solito sprecare lo sacer tempore immergendosi nella lettura di inutili Poemi Cavallereschi et altre sciocche facezie - gli unici amori di quel ragazzo erano per Clorinda - Diana - Erminia - et altre donne di letteraria finzione sopra le quali egli fantasticava - mai esistite se non nell'immaginazione dei più depravati tra gli scrittori epici.
Duole dirlo - ma le femmine aveano a schifo il timido Filippo e lo evitavano come di lebbra: codesta era la veritade.
Godeva di più attenzioni presso le donzelle il giovine stalliero che spalava la merda dei cavalli - che lo nobile principe.

Il buon padre Luigi fece tutto il possibile per cambiare lo diletto suo - ma Filippo era di ssai mala tempora come quei ferri ormai rugginiti.
Così lo costrinse ad allenarsi per lo Torneo di Francoforte - contestazione ssai importante.
"Ma padre - io non so cavalcare!"
"Cavalca e cavalcherai" disse lo padre ormai stufo di quelle lagnanze "farò di te un uomo."

Filippo pianse con le redini mosce in mano e i piedi fuori dalle staffe - ma il Santo re non s'arrese ai piagnistei del suo unico figlio - e cavalcando cavalcando di giorno in giorno il giovine ragazzo scoprì d'avere un sì 'mpressionante talento: sapea galoppare - e galoppava sì bbene chi persino lo scudiero regale si trovò a commentare in linguadoca: "Anvedi che Cavaliere!"
Tant'era bello seduto sul groppone dello suo Cavallo chi finalmente qualche deliziosa donzella cominciò a notarlo e prese anche l'abitudine di salutare il ragazzo con la manina.
Filippo arrossiva tingendosi le guance come d'un peperone.
Fino a ché un bel giorno lo Delfino vinse la timidezza in battaglia.

Quel giorno io ero presente - Filippo ci meravigliò tutti.
Ci venne incontro galoppando in groppa al suo bianco destriero - sedeva in sua compagnia una sì graziosa fanciulla di nome Jeannette - rossa di pelo - che gli stava dietro.
"Grazie padre" disse in due parole Filippo a Luigi IX - e con uno schiocco di frusta il ragazzo sparì all'orizzonte.
Il Santo re si commosse - contento d'aver cresciuto sì bello figlio.
E pur'io mi commossi. Il ragazzo stava crescendo - sarebbe diventato un grande cavaliere - e fu mio augurio ch'avrebbe vinto lo Torneo.

Partita GDR | L'ombra di Saladino - Pagina 5 NC_Wyeth_-_Sir_Nigel_Sustains_England%27s_Honor

La timidezza del principe Filippo non era che un tristo - insolito imbarazzo - l'eccezione - nella stimatissima et impavida famiglia Capetingia.
Suo padre - Luigi XVIII - era soprannominato il Leone tant'era il suo coraggio: si diceva che fosse stato capace di guerreggiare con un Dragone a mani ignude.
Bianca di Castiglia invece - che era sua madre - fu gravida venti volte e per dieci volte ella partorì - le nacquero dieci figli - e glie ne morirono soltanto sei.

Conobbi - quando ci recammo in cordoglio a Roma per la morte della Santa Madre assassinata - i due fratelli di Luigi il Santo - coi quali in verità io già pugnai durante la Crociata; costoro erano:
Alfonso di Poitiers - conte di Tolosa e marchese di Provenza - che si disse assai dispiaciuto per la morte della papessa.
E Carlo - conte di Provenza e Forcalquier - disgustato anzi per la natura femminile del papa travestito da maschio.
Il re aveva anche un altro fratello - Roberto d'Artois - ma morì per Dio a 34 anni - decapitato dai guerrieri turchi - all'assedio di Mansura durante la Settima Crociata.

Carlo - Carlo d'Angiò - aveva 25 anni quando nell'estate del 1261 - Anno del Signore - ammazzò Manfredi a Benevento e si fece incoronare re di Sicilia.
Egli era il più giovine dei quattro fratelli e fu l'unico a "nascere nella porpora" - e cioé dopo l'incoronazione del padre - cosa che sottolineò più volte come d'un segno del destino.
Carlo era un ragazzo prodigio - figlio del Signore - in grado di comprendere già in giovine età quelli che erano i pilastri della dottrina cattolica e a 9 anni già era in grado di parlare fluentemente il greco e il latino.
Strabiliante era anche la sua passione per la poesia - a 5 anni scrisse il suo primo poemetto.
Fu promesso a Beatrice di Provenza dodicenne - quarta ed ultima figlia del conte Raimondo Berengario IV e della contessa Beatrice di Savoia dalla quale ottenne appunto la Provenza - ricca contea - autonoma rispetto ai re di Francia.
Alla nobile mano della provenzana aspiravano tuttavia molti e più principi - che vennero delle terre confinanti gelosi e golosi.
Tra questi Raimondo VII di Tolosa - che aveva appena divorziato da Margherita di Lusignano
E l'allora giovine Giacomo I d'Aragona - che sebbene fosse sposato con Iolanda d'Ungheria entrò in Provenza rapito dalla bellezza di Beatrice - e mise sotto assedio il castello ove risiedeva l'ambita contessa.
Persino l'Imperatore Federico II di Svevia - l'Anticristo - fu uno dei pretendenti.
Allora Carlo mosse l'esercito francese verso la Provenza per raggiungere Beatrice - il cui cuore conquistò con le armi e con la poesia.
Grande guerriero e grande seduttore. Egli Signori - conquistava le dame come si conquista un castello o una fortezza.


Morto Alessandro IV - nel 1261 - era stato eletto papa Giovanni XX - la papessa Giovanna - il cui pontificato s'interruppe bruscamente - ammazzata in circostanze mai chiarite.
Dopo aver constatato che re Manfredi aspirava a portare sotto il suo dominio tutta quanta l'Italia - e che come il padre Federico II rappresentava una minaccia per l'esistenza stessa della Chiesa - i vescovi la costrinsero a mandare un suo funzionario a Parigi per negoziare con il re la salita del fratello Carlo sul trono di Sicilia in modo da mettere fine al dominio Ghibellino dell'Italia meridionale e l'accerchiamento Imperiale della Santa Sede.
 Approfittando della distrazione di Carlo - Bonifacio VI de Castellana fomentò una rivolta in Provenza - ma il conte ribelle fu catturato e venne smembrato a colpi d'accetta.


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Il fratello del re decise di muovere verso l'Italia meridionale il più in fretta possibile.
Lasciò quindi Roma dove s'era accampato - e marciò verso sud.
Accade un fatto assai strano: prima di conquistare Gaeta - Carlo vide alcune navi di Castiglia al largo della Campania - dirigersi a Creta.
Come c'erano arrivate le imbarcazioni Castigliane nel mediterraneo se le Colonne d'Ercole ancora non erano state affrancate dai Mori?
Alcune domande non avranno mai una risposta. Daltronde la stessa Venezia era scomparsa dalle mappe - un disastro di proporzioni bibliche - che all'epoca interpretammo come un sintomo della fine dei tempi.
Carlo condusse le sue truppe attraverso l'Appennino in direzione di Benevento - dove nell'antichità si erano affrontati Manio Curio Dentato e Pirro - re dell'Epiro.
Manfredi si precipitò verso la rocca e attaccò l'esercito di Carlo sulle colline.
I due condottieri si videro in lontananza in mezzo a quel tripudio di spade e di scudi mentre il sangue dei soldati sprizzava da ogni parte come pioggia.
L'Angioino sguainò la spada e galoppò verso lo Svevo che vi rimase conficcato.
Manfredi cadde a terra gemente per la perforazione dello stomaco - ma prima che potesse gridare venne schiacciato dagli zoccoli del suo stesso cavallo. Come uno scarafaggio.


Alla morte dello Svevo la resistenza in tutto il Regno crollò e le città si arresero ancor prima che Carlo le raggiungesse.
Le insegne imperiali furono distrutte e ogni bandiera romana venne data alle fiamme.

Dopo aver visto con quanta facilità i nobili del regno di Sicilia avevano tradito Manfredi - Carlo decise di cacciarli tutti.
Fece perciò spostare la capitale da Palermo a Napoli: acciocché fosse il più lontano possibile da quelle vipere siciliane.
Poi invitò a Napoli un discreto numero di mercanti e banchieri fiorentini - perché commerciassero con lui e facessero le sue fortune.



Ma Carlo non solo conquistò soltanto la Sicilia.
La vittoria della Francia a Benevento fu una vittoria per tutti i Guelfi d'Italia - Milano infatti cacciò l'Imperatore Enrico V con le buone azioni del vescovo dei Visconti.
Di tutt'altro avviso fu l'Emilia - dove il crudele Guido da Montefeltro - rinomato omosessuale e seviziatore di fanciulle - cacciò i sacri dominatori pontifici prendendo in assedio la città.
Il re promise che avrebbe sostenuto i Guelfi anche a costo di usare le armi - e le elezioni comunali a Genova lo avrebbero dimostrato: non sarebbero stati certo i Genoani a decidersi Guelfi o Ghibellini - ma Dio - e per suo diritto - la Francia.


Iddio amava la Francia e ne dava prova.
Poco dopo che Carlo conquistò la Sicilia - il Santo re si rivolse al Duca d'Aquitania Edoardo dicendo:
"dal momento che vostro padre ha preferito vostra sorella a voi - impedendovi di essere voi il re d'Inghilterra - voi siete soltanto un vassallo di mia maestà - avete perduto le vostre pretese sul Ducato e pertanto nel nome del diritto feudale chiedo che l'Aquitania sia annessa totalmente alla volontà del re di Francia"
Edoardò - disprezzato da sua sorella e da suo padre - ha dovuto accettare la triste realtà: non era più un nobile inglese ma un semplice suddito di re Luigi.


Così la Guasconia - il suo frumento e il suo vino - vennero messi finalmente a frutto e quintali di frumento d'avena poterono sfamare la cavalleria reale.
Con la sottomissione di Edoardo I al re di Francia - Luigi IX - che era saggio e illuminato - perdonò l'Inghilterra di ogni suo reato presente e passato - e si rivolse con gentilezza alla giovine regina Margherita proponendole di volgere lo sguardo ad un futuro dove entrambi i regni - quello d'Inghilterra e quello di Francia - avrebbero sepolto l'ascia di guerra con gli antichi rancori.
La risposta della regina Margherita sarebbe sopraggiunta alcuni mesi più tardi - poiché la giovine era alle prese con un arduo quesito di matematica - scienza demoniaca.
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Messaggio Da Rhaenyra Lun Mar 27, 2023 12:43 pm

Uno scaldo mancato

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Magnus ogni tanto si dilettava con qualche canzonata, una di queste è stata cantata ad un banchetto durante l’Alfarblót di autunno
E tutti iniziarono ad intonare la cantata assieme a lui, battendo le mani sul tavolo e innalzando calici di idromele e birra al poeta


Mi chiaman Magnus il Peloso, Il Virile, La Montagna

La Norvegia ho fatto mia, battendo quei figli di cagna

Alle calcagna dell'altro Magnus stavam

Quando quel ratto nel dongione trovam

E a nord lo esiliam

Ma lo ratto è parassita

chiedeva cavallo e monete per buonuscita

Infine Cristina sul trono si è seduta

Ella mi è devota con lealtà assoluta

Ma basta parlar di me, un brutto beota incallito!

Parliam di Valdemaro, quell'idiota pervertito!

Con Giuditta mia cognata si è fatto prendere

Adesso il giudizio del Papa dovrà attendere

Ma il Papa è morto!

Nel cesso se n'è andato

E mai più è ritornato!

Un inglese in meno, che uomo sciagurato ma ormai è donna, è stato accertato!

Comunque vada, Erik mio fratello è furioso!

E io lo guardai con sguardo ambizioso

gli dissi: "se il trono prenderò, quel bramoso fornicatore ucciderò!"

E lui mi rispose: "io ti aiuterò e la testa di quell'ignominioso mi dovrai regalare"

Ci vorranno mesi al suo ritorno ma questa congiura si deve arrangiare!

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Alle nozze di mia sorella Caterina, lo sposo Valerano, fratello dell'imperatore impomatato

Alle mie orecchie lo smilzo sposo si era avvicinato sussurrando:

"E se il buongiorno si vede dal mattino

Venezia si è svegliata con un peto divino!"

a stento ci stavo credendo

Pensavo che per il culo mi stesse prendendo

Allorchè il principe sbarbatello agguantai

e a pugni lo pestai

Compiendo questo atto, me ne sono accorto

Valerano non aveva torto!

Gli invitati andavan dicendo la stessa novella impietosa

Venezia non è più cosa!

Ma Caterina voleva ormai scannarmi,

E io non ho fatto altro che dalla sua ira dileguarmi!


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Meditabondo guardavo la mia armata nei dintorni

Serve una flotta degna di essere chiamata tale

e come uno sfintere anale, legname dovevamo cacare

ma quella banca di ferro tutto svendeva

Andai da loro ed esclmai: "brutti coglioni!" ma nessuno mi rispondeva

devo ammettere che ero un po' alticcio

e con mio raccapriccio, a questi banchieri dovetti sottostare

ma la mie navi farò assemblare

Perchè quei luridi inglesi i nostri sudditi hanno invaso

quel demente di Alessandro sull'isola di Mann è stato a messo a caso

L'isola non è più norvegese secondo qualche pervaso di testa

Ma noi ferro gli offriremo e la loro morte sarà funesta

la furia scandinava si abbatterà sulla fetida isola di Albione

e non è un'allusione né cieca ambizione!

questa è una loro aggressione!

in Inghilterra scenderem

E la testa di Margherita su una picca metterem

L'inverno sta arrivando

E noi con lui stiamo danzando!

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Questa canzonata è terminata,
adesso sparite dalla mia vista prima che una spranga nei denti vi sia buttata.
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Messaggio Da Vlad Lun Mar 27, 2023 2:28 pm

"PERKZ" 
Ottobre 1261
Cronache Medioevali Croato-Ungheresi di Luka Perković


Ai posteri, se mai vi saranno, increduli nel leggere le mie seguenti righe, avete tutta la mia compassione, se solo non fossi consapevole che queste righe sono state incise di mio pungo, anche io avrei difficoltà a credervi.


L'evento sconvolgente di cui voglio parlarvi è l'elezione del nuovo pontefice, dalla sua elezione molte malevoci iniziarono a girare in lungo e in largo, prima tra tutte la diceria che il papa fosse in realtà una papessa, inizialmente venne vista come una battuta di veramente pessimo gusto, tuttavia le idee e convinzioni del nuovo pontefice sono state decisamente ambigue, la santa trinità è mutata, non si prega più il padre, il figlio e lo spirito santo, bensi il padre, il figlio e la vergine Maria. Assurdo è dir poco, posso comprendere l'amore della famiglia che la stessa parola del signore promuove, ma se debbo dire la mia opinione da ignorante in materia, quale famiglia staremo acclamando? Nostro signore Gesù è venuto al mondo tramite un miracolo, egli è figlio di dio e Maria è una comune donna, un mezzo, uno strumento, in cui il signore ha incanalato le sue volontà affinché suo figlio santissimo potesse camminare tra noi in questo marcio mondo mortale, vorrei ricordare che la figura paterna del santissimo era il povero Giuseppe, privato di ogni onore, privato di ogni gioia, privato di ogni passione e costretto ad essere il padre di un figlio non suo, se noi tutti siamo figli di dio, possiamo vedere il povero Giuseppe come un fratello maggiore che deve dare l'esempio al suo fratello minore, povero uomo, prego affinché almeno nel regno dei cieli la sua anima abbia trovato la pace e serenità che merita per l'arduo compito che gli fu affidato.


Il sacerdozio femminile venne introdotto, ora, so d'essere stato molto duro con il pontefice nelle mie prime righe, tuttavia non voglio essere frainteso, vi sono state nella storia donne importanti, donne a capo di nazioni, a capo di imperi, gli antenati dei Mammelucchi che oggi minacciano la cristianità un tempo venivano regnati da una certa Cleopatra, ma come i racconti insegnano, persino una figura femminile gloriosa come essa, non può detenere il potere da sola, difatti essa regnava sempre nell'ombra, affiancatina grandi uomini, uno di essi fu suo figlio Tolomeo XV figlio di Cleopatra e figlio del più grande imperatore che il mondo abbia mai conosciuto, l'unico vero imperatore della grande Roma, Giulio Cesare.


Tuttavia, io sono solo un comune senzaterra a cui è stato concesso un lembo di terra ed un titolo per bontà del proprio sovrano, difatti, Bela IV, probabilmente ancora addolorato per la perdita del suo unico figlio maschio ha scelto di richiudersi totalmente nella fede per trovare cura al veleno che attenagliava il suo cuore, abolendo le legge salica come segno di fedeltà alla chiesa di Roma e al suo nuovo pontefice, onestamente, non approvo minimamente questa sua decisione, vorrei criticarlo, vorrei rimproverarlo, sarei disposto a rinucniare a tutto ciò che ho pur di potergli urlare in volto l'entità dell'errore che stava commettendo, eppure non potevo, non era il coraggio che mi mancava, ma era l'ignoranza a frenarmi. Io non ho figli, ne tantomeno ho mai avuto moglie, pertanto non posso sapere quanto grande il dolore nel suo cuore può essere e sarebbe pura ipocrisia dire che lo comprendo non avendo modo di provare le mie parole. Tuttavia, la nobiltà del regno non rimase ferma a differenza mia, molti nobili diventarono più irrequieti, molti animi iniziavano ad infiammarsi, alcuni dei nobili più influenti, che tra l'altro, grande festa fecero alla morte del principe sfregandosi già le mani, immaginandosi già ad ingozzarsi come porci sul trono reale pronti a rovinare le vite delle oneste genti per il loro marcio tornaconto, essi accusavano il re di mascherare dietro alla fede la paura della scomparsa della sua dinastia, quando in realtà era solo il timore di quei nobili inetti ed incompetenti. L'incidente terminò in maniera, se vogliamo dire, "pacifica". Ci fu un compromesso tra la nobiltà e la famiglia reale, la legge salica ne rimaneva ne svaniva, veniva trasformata nella nuova legge di successione del regno di Croazia-Ungheria, essa dichiarava che in assenza di eredi maschi, la femmina erede più vicina all'ultimo regnante sarebbe salita al trono.


Come già scritto in passato, non sono ne nobile ne avvezzo alle trame oscure della politica, difatti io non vedo nessuna differenza tra le due leggi, tuttavia la nobiltà ungherese sembrava particolarmente gioiosa della nuova procedura, mentre io sono qui confuso non capendo la differenza di essa, sotto i miei occhi hanno sollevato un polverone non necessario, per una modifica non necessaria ottendendo un risultato identico che rende nuovamente tutto questo fatto non necessario, ma ahimè (o per fortuna), non spetta a me decidere.


L'unica verità che posso scrivere è che il signore esiste ed è potente, dopo il fallimento dell'ultima crociata non nego d'aver peccato di fede dubitando della dottrina in alcuni miei momenti difficili della mia vita, tuttavia, vedere l'ira del signore abbattersi sulla rovinosa laguna di Venezia mi ha aperto gli occhi, il signore in un battito di ciglia fece sparire quella terra immonda, fetente, lercia abitata da esseri ancor più deplorevoli, con la scomparsa della repubblica, le varie terre nel ellenia divennero un grande bersaglio che tutti volevano, pertanto, consci della propria debolezza i vari ducati richiesero la protezione dei regni vicini, ragusani e serbi furono i primi a richiedere la protezione del regno ungherese, con il tempo seppur l'epiro tentò di rimanere indipendente, nulla poteva contro le forze dei grandi regni ed io insieme ai soldati d'ungheria lo sapevamo più che bene, pertanto fecimo pressione affinché le nostre armate discendessero nel epiro e cosi fù.


Fui anche io presente, al mio comando vi erano circa trenta mila valorosi soldati, mi fermai a Tirana, presa la città voletti dar tempo ai miei uomoni di riposare e riprendersi, altri membri di casate più nobili e avidi di farsi un nome tuttavia decidettero di continuare la propria avanzata, essi seppur vittoriosi dovevano fare i conti con le migliaia di vite che persero nella loro folle scelta, ripenso a quel giorno e più ci ripenso più mi convinco che i nobili non sono fatti per il campo di battaglia, se vuoi che i tuoi uomini diano la vita devi prima essere disposto a cedere la tua sporcandoti le mani nel sangue e le gambe nel fango


Il resto dell'ellenia si ritrovò suddiviso con il ducato d'atena che richiedeva la protezione del risorto impero bizantino, mentre il Peloponneso chiese aiuto alla ricca e fiorente repubblica genoana, ciò che tutt'ora mi lascia stupito è il curioso destino dell'isola di creta che anche essa cercòsi farsi grande e dichiararsi indipendente, in molti immaginavano che la repubblica italica avrebbe combattuto contro gli infedeli anche a costo di svuotare le loro ricche casse, ed invece non fu cosi, l'esito fu totalmente inaspettato, difatti fu il regno di Castiglia ed Aragona ad impossessarsi d'essa, molte sono le storie che vengono narrate nei porti su come possa essere successo, la storia più credibile è quella che "il saggio" o almeno, cosi dicono del proprio regnante, tentò scaltramente d'avanzare pretese sul regno di Sicilia, forte della proprie vittorie nel iberia riconquistando Granada dalle mani degli infedeli e forte delle proprie convinzioni che Falcodio avrebbe ricevuto l'onere del conclave diventando il nuovo pontefice, tuttavia la storia non sembrerebbe essere andata come loro hanno pensato e nel sfogare le loro ire, senza una parola, si sarebbero lanciati sull'isola di creta, prima ancora che la grande sciagura s'abbatte su Venezia. Dai racconti che sento su quelle terre, più che "il saggio" lo chiamerei "il fortunato", gli infedeli, avidi come ogni uomo, iniziarono a farsi la guerra tra di loro, facilitandogli la reconquista e le armate non dovettero affrontare il temerario esercito di Manfredi, compito che a nessuno stupisce sia spettato e concluso dalla Francia, bensi si sono ritrovati ad affrontare la piccola guarnigione di un isola in balia di se stessa, sola in un mare di grandi regni che sono pronti ad uccidere la propria prole pur di averla.


Vista la fine della campagna d'epiro e vista la mia presenza nel grande porto di Tirana, decidetti di rimanervi per alcuni giorni incuriosito dalle genti del luogo, in quei giorni incontrai un certo mercante ungherese, Kiss Tamás era il suo nome, ma dai più veniva nominato come il "Vizicsacsi" nome curioso se mi è permesso, egli era un uomo d'affari, nulla ne sapeva e nulla ne voleva sapere di armi, nobiltà o fede, mi stupi quanto alla mano era come persona, a patto di non parlare di alcuni argomenti, essere in sua compagnia fu veramente un grande piacere, egli mi raccontò di molti fatti che ignoravo totalmente, mi raccontò della crisi dinastica norvegese, di come ora i due regni di Norvegia e Svezia erano riuniti sotto un unico vessillo, di come la lituania pagana sembrò aver abbracciato la vera fede, tentò addirittura a convincermi nel partecipare in un torneo tenuto nel sacro romano impero, a detta sua con la mia abilità da guerriero sarebbe stato facile vincere ed aggiudicarmi il nuovo regno cristiano, tuttavia declinai, non mi reputo un combattente eccellente, ne tantomeno mi reputo degno di regnare, altre sue storie raccontavano del conflitto tra il regno d'Inghilterra ed il regno di Scozia, da quello che capì vi erano intrighi nobiliari, questioni matrimoniali e semplice e pura avidità in gioco, non che possa stupirmi onestamente, tuttavia non posso che intristirmi ogni volta che risento la stessa storia sempre e sempre con protagonisti differenti.


Grande gioia nel mio cuore fu il suo racconto del viaggio nella città di Roma, il defunto papa creò veramente una statua in memoria di Stefano V, principe di ungheria, difensore della fede cristiana e martire per la sua terra, quando desidererei viaggiare di persona fino all'urbe eterna per poterla vedere di persona, tuttavia tale lusso non mi è concesso, una missiva è giunta dai templari, sembrerebbe che qualcosa stia accadendo nell'orda e che questo potrebbe essere un buon momento per provare a muovere un offensiva, i piani non sono ambiziosi, tutti noi sappiamo quanto i mongoli possano essere feroci, tuttavia se veramente riuscissimo ad occupare i carpazi orientali scendendo fino al mar nero, avremmo modo di rifiatare un minimo dalla pressione costante causata da quella spada di Damocle che pende sulle nostre teste.


Mi incamminai pertanto verso il fronte, lungo il mio tragitto vi erano molte famiglie che pregavano per i propri figli, i pianti assordanti delle madri trasformavano i piccoli villaggi in orchestre infernali, dopotutto il nemico è l'orda. Tuttavia nel mio tragitto sentivo storie di vari duchi, conti, baroni, baronetti e chi ne ha più ne metta in cerca di moglie, il mio pensiero volò subito alla nuova procedura di successione, mi chiedevo se fosse quella la causa ma accantonai subito il pensiero, altre faccende ora richiedevano la mia attenzione. Furono mesi di duri scontri, molti morirono, specialmente nei primi giorni, il morale dopotutto era basso, il tempo uno schifo ed i nemici infiniti, non ebbimo il tempo di caricare che venimmo travolti dai loro cavalli, una lunga e sanguinosa battaglia imperversava, durante essa, forse per un miracolo del cielo, forse per mia fortuna sfacciata, scivolai nel fango, appena caddi al suolo vidi una freccia conficcarsi nel mio compagno d'arme, ci stavano accerchiando e dovevamo riorganizzarci.
Vincemmo la battaglia, avanzammo a sud nelle pianure fino a raggiungere la sponda del mare.


Nessuno riusciva a credere a tale evento, pensavamo di star sognando, di essere stati tutti uccisi e d'essere in compagnia del principe Stefano nel regno dei cieli a sognare imprese impossibili, tuttavia era vero, l'orda aveva perso e ora batteva in ritirata, la notizia del nostro successo tuttavia rese incauti gli uomini sui carpazi, essi caricarono, inizialmente conquistarono anche la roccaforte mongola a Podolia, però fu un sogno che a differenza del nostro si infranse velocemente, la controffensiva dell'orda era iniziata, in poco tempo ripresero la loro fortezza e gli uomini del regno furono costretti a fuggire e nascondersi vicino al confine della Polonia, da li la battaglia si fece più violenta che mai, migliaia caderro travolti dal momentum dei mongoli e dalla loro folle scelta di rilassarsi prima della fine della battaglia. Approfittando della nostra posizione a sud, questa volta noi accerchiammo loro, riuscendo con un lungo e tedioso assedio a mantenere la posizione e poter finalmente decretare non solo come conclusa, ma anche come successo la campagna.


Tornammo trionfali nel cuore del regno, urla di gioia fragoravano per le strade della capitale al nostro rientro, tornai nella mia umile dimora dove trovai un ospite inatteso, il mercante ormai mio amico era li ad attendermi, felice, almeno in apparenza, di vedermi sano e salvo, tuttavia le buone novelle terminarono subito, l'uomo, che evidentemente sta prendendo gusto nel fare il mio informatore, mi chiese solo di concedergli un loco dove riposare nel mentre mi raccontava delle varie rivolte che imperversavano nella penisola italiana, dello "scambio" o almeno cosi lui lo chiamò, tra guelfi e ghibellini che vide la Lombardia e l'Emilia cambiare bandiera, un destino simile si credeva in arrivo anche per l'isola sarda, si parlava di diverse sommosse degli abitanti del loco che "si sono svegliati volendo l'Aragona" o almeno questa sembrerebbe essere la storia, cuorioso? Io da guerriero riesco solo a vedere le prime scintille di un grande conflitto tra la repubblica genovese ed il regno aragonese, se ripenso al cuorioso destino di Creta non posso che pensare che vi sia molto marcio in questa storia.


Il "Vizicsacsi" mi rinnovò nuovamente l'invito al torneo, dopotutto tornai vivo, senza un grafio, dalla steppa, egli non poteva sapere e mai saprà la verità su come la mia vita fu risparmiata, proverei troppa vergogna nel raccontarlo ad anima viva. Però con mia grande sorpresa so che il timido re di Francia, unico figlio del re, sembrava essere tra i partecipanti, il Csacsi diceva che le genti narrano di un suo cambiamento, o meglio di una crescita, da giovincello a nobile guerriero, ah, quanto vorrei in cuor mio vederlo di persona, vedere nuovi uomini intraprendere la via della spada scalda sempre il gelido cuore di questo soldato.


Fenti di guerra soffiavano nei freddi mari del nord, una nuova regina sedeva sol trono, che mi prenda un colpo, DUE regine ora sedevano sul trono, una era Margherita, regina d'Inghilterra mentre l'altra era Christina, regina di Norvegia, sembrerebbe che le due gattine non vadano molto d'accordo, i loro regni sono da poco iniziati e già vengono alle mani, poi le genti mi dicono che sbaglio nel pensare che una donna non dovrebbe poter governare da sola.


Che mi prenda nuovamente un colpo, un uomo affronta l'inferno della steppa, torna a casa per riposarsi con della buona birra e viene a sapere che il papa è stato assassinato, per carità, non sono un uomo di fede, non è la prima volta che qualcuno sgozza un pontefice e sicuramente non sarà l'ultima, ciò che non mi farà dormire sogni tranquilli è immagina quei poveri prelati che spogliano il "santo padre" e scoprono che veramente era una femmina, se questo non è un segno del signore stesso io non so come interpretarlo, Albione va in guerra per colpa di una donna, la crisi norvegese è colpa di una donna, il mondo cristiano è in sobbuglio per colpa di una donna, il regno di aragona è in declino, ed indovinate la causa? Esattamente, avete capito.


Temevo il supplizio del signore perciò evitai di scrivere il mio pensiero sulla "papessa" ma alla luce dei fatti debbo farlo, debbo togliere questo peso dall'animo, questa è decisamente una prova del signore, stiamo rivivendo Adamo ed Eva, chissà se la nostra Eva ha nuovamente condannato la nostra razza, prima ci ha incatenato nel mondo mortale, quale sarà il castigo che ora ci toccherà subire? O forse, questo assassino è riuscito ad evitare la sciagura? Prego iddio che cosi sia, prego di incontrarlo, stringergli la mano e fargli i miei complimenti, rabbrividisco solo al pensiero di cosa sarebbe accaduto se il regno non fosse impegnato nei festeggiamenti per la vittoria, prego affinché sia sufficiente a far dimenticare l'incidente delle legge salica? Ringrazio il signore per il suo segno, ringrazio il signore per aver distolto l'attenzione dei nobilotti da due soldi che ora sono troppo impegnanti a vantarsi di come "valorosamente" hanno condotto i propri uomini in battaglia, quando in realtà erano nascosti nelle tende della retroguardia a piangere in un angolo, tsk, possano essere dannati loro ed il loro sangue.


E cosi calò la notte, seppur ci trovamo ad ottobre, la croazia non era mai stata particolarmente fredda, sicuramente non come la steppa, dopo il mese passato lì, mi sembrava quasi stessi dormendo in una pacifica notte di Luglio, "dormendo" tuttavia non era proprio ciò che stavo facendo, il "Vizicsacsi" sembrava essere una persona molto loquace anche quando nelle braccia di Morfeo, e nel scrivere ciò intendo che russa più forte di mille cavalli al galoppo, un vero supplizio, nella mia disperazione uscì dalla mia dimora per prendere una boccata d'aria, li notai una figura oscura, un ebreo gobbo dal naso appunta inteto a rovistare nel carro del mio poco gradito ospite, l'istinto prese il sopravvento, non ebbi tempo per pensare o per giudicare la situazione, atterrai l'uomo, dall'ombra apparirono altri furfanti, probabilmente in combutta con l'ebreo, bloccai il braccio di uno dei tre disarmandolo, una veloce rotazione, un gancio, un calcio e lo feci volare, mi affrettai a raccogliere la lama da terra per poi eliminare prima gli altri due e poi quello che feci volare, rimasi cosi solo con l'ebreo, io ed il Csacsi, l'ebreo confessò d'essere un furfante per conto di Bisanzio, se non avesse avuto con se scritti i suoi ordini sarei quasi scoppiato a ridere, il "glorioso " impero di bisanzio vantava la sua gloria e la sua fama grazie al furto, veramente ironico, in quella lista, di cui poco ci capivo, ma che il mio buon amico mi aiutò a decifrare, vi era traccia di altri paesi già caduti vittima del furfante, spiccava tra le vittime, oltre a miriadi di regni minori come i vicini bulgari, anche il temuto sultanato mammelucco.


L'indomani inviai una lettera a Re Bela IV per informarlo dell'accaduto, nel frattempo, approfittando delle conoscenze di Csacsi, il quale, a mia sorpresa, conosceva una miriade di lingue tra cui quella indecorosa degli infedeli, lo costrinsi pertanto a scrivere una lettera per mio conto al sultanato.


Solo il tempo mi dirà delle conoseguenze delle mie azioni, seppi solo, la sera di quel giorno, che il re non aveva decisamente gradito lo scherzo dell'impero bizantino che sembrava credere di poter alzare la cresta solo perché venezia era svanita, come se si fosse dimenticato di come i cattolici lo avessero punito una volta un passato.


Il re inviò una lettera a Bisanzio in cui chiedeva spiegazioni, la risposta scatenò un ruggito furioso da parte del nostro sovrano che alcuni dicono avesse fatto tremare tutte le vetrate del palazzo reale, la risposta


 "Bisanzio ha fatto quello che ha fatto verso l'Ungheria con il semplice desiderio di ottenere cospicue quantità di grano per la nostra martoriata popolazione


Siamo veramente spiacenti per le noie che vi abbiamo causato"


Penso che qualunque persona sana di mente bollirebbe dall'ira nel leggere simili parole, sembra che Michele abbia a cuore il proprio popolo, sembra che sia disposto a tutto per esso, anche condannare altri popoli, quelle parole le leggevo e leggevo e più le leggevo e più bollivo, ma come facevo a leggerle chiederete? Il sovrano mi inviò la "lettera di scuse" bizantine ed insieme ad essa un semplice messaggio "Sir Luka Perkovič, come sapete io rispetto chi è disposto a tutto per il proprio popolo, però bisogna conoscere quali sono i limiti a ciò che si può fare, Bisanzio ha un mese di tempo per scusarsi nella maniera consona di un imperatore, non quella di un bambino che ha commesso una marachella, egli ha rischiato di condannare alla fame migliaia di persone questo inverno, ma ad i suoi occhi ci ha solo "arrecato noia " 


Se dopo un mese esatto il ladro di bisanzio non dovesse pagare, voglio che voi siate tra gli uomini presenti in Ellenia dato che significherà guerra"


Ed è leggendo quelle parole che io ed i miei uomini iniziavamo a marciare verso l'Ellenia, in cuor mio pregavo non dovesse succedere, ma dopotutto i bizantini sono degli eretici che hanno abbandonato la retta via della chiesa di Roma.


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Le sabbie d'inverno
Il fuoco del sangue
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Messaggio Da Stratega Capo Mar Mar 28, 2023 7:07 pm

Damietta, 639 anno dall’Egira alla Mecca







Ove il Sultano riceve notizie dall’Europa


Erano passati ormai molti mesi dal suo ritorno a Damietta ed aveva preso quindi pienamente i poteri del Sultanato, aveva avuto anche modo di parlare col suo figlioletto, che “etto” ormai tanto non era, poiché grazie a lui stava per diventare nonnastro.
Aveva, appena venuto a sapere della presa Genovese dell’Emirato di Tunisia, intercettato un mercante Genovano in uscita dal Paese e gli aveva ordinato di consegnare un messaggio al suo Comandante, aveva i soliti salamalecchi ma la sostanza era questa: “le genti e le culture della Tunisia VANNO rispettate, senza se e senza ma”, per fortuna la risposta Genovana fu rassicurante, ma il Sultano non escludeva l’invio di personaggi in incognito in Tunisia per monitorare la situazione.


Poi venne a sapere del Nuovo Papa di Roma, primo eletto Papa di quell’anno, (OFF quello donna x intenderci) incuriosito anche dal personaggio gli inviò una lettera per congratularsi della sua vittoria e per i soliti salamelecchi, ma anche per due richieste piuttosto inusuali. Il Sublime diede ordine di far sapere in tutto l’Egitto il testo della lettera, almeno per chi avrebbe potuto comprenderla e di “tradurlo” per i meno colti.


La lettera recitava così:



Lettera per il Papa Giovanni XX,
con umiltà da Baybars,
vorrei che Lei mi chiamasse così col mio semplice nome, ma penso che capirà chi sono se mi presento come il Sultano d’Egitto.


Sono felice che la Casa di Isa, o Gesù in lingua Franca, abbia Voi come massimo esponente, spero ch'ora l'Asia possa vivere in pace con Voi al comando dell'Occidente.

Vi scrivo non solo per salutarla, come penso e spero molti altri delle sue pecorelle avranno fatto, ma anche per ben due questioni che ritengo d'estrema importanza.

la prima:
In Egitto, soprattutto nella città d'Alessandria vivono molte e molteplici famiglie da sempre Cristiane od anche da poco, qui nelle mie terre vivono in pace, ma non sono presenti da molti anni, a causa delle guerre terribili ed ingiuste, Sacerdoti o Vescovi; sono stato informato della Vostra clemenza e pacificità d'animo, da non confondere con l'inettitudine, e per questo volevo chiedervi di poter nominare un Cardinale, un Vescovo ed un Capo dei Preti per la comunità di Alessandria e quindi di tutto l'Egitto, che siano però intrisi d’amore per il prossimo e non della voglia di uccidere.
Vivranno senza problemi qui e non si scontreranno né coi Musulmani, né coi Copti.

la seconda:
Desidero mettere fine ai conflitti fra le Nostre Religioni, che in fondo sono diverse visioni dello stesso Dio, chiamato in lingua diversa sì, ma anche Voi lo nominate in maniera differente da Regno a Regno. Pensate a quante cose Noi abbiamo in comune: Dio è Allah, Allah è Dio; entrambi combattiamo per portarlo alla gloria, quando è Lui che crea la Vera Gloria; entrambi stiamo attendendo la fine dei tempi, quando lassù si stuferà di vederci peccare e giudicherà tutti all'unisono; entrambi crediamo che fare la carità sia giusto e che bisogni aiutare i sofferenti e gli addolorati, questo i Khan non lo pensano nemmeno!; entrambi andremo nel Paradiso, i giusti, dopo la morte terrena, chi ha detto che non sia lo stesso posto? Io penso sia lo stesso; ed entrambi riteniamo che l'amore, la giustizia e il perdono siano fondamenti necessari e giusti senza i quali il diavolo (di cui scrivo sempre il nome senza alcun rispetto, con la minuscola) dominerebbe.

So anche che uno dei problemi principali fra Noi siano: ahimè, i Profeti, sono tutti in comune, anche Isa, ma non Maometto, che Voi non riconoscete: ebbene dico che non avete torti nel farlo! Dio da lassù è riuscito nella sua missione con Isa, almeno con Voi, ma ha avuto bisogno di un altro Profeta, Maometto, per convincere Noi a seguirlo. Questo non è un Nostro motivo di vanto bensì Vostro.
Ma questo non dev’essere motivo per massacrarci a vicenda o mi sbaglio?

Ora la Religione si divide in Cristiana Romana, Ortodossa, Copta, Armena ed Assira, cinque in tutto; direte giustamente che date le somiglianze si dovrebbe assorbire l’Assira nell’Armena, ma subentrerebbe l’Ebraismo e quindi il conto tornerebbe a cinque.
Ma i figli di Giacobbe furono dodici, di cui la metà è sei; mentre i figli di Noè furono tre, di cui il doppio è sei, sempre i figli di Noè formarono tre coppie di sei individui e da lì si procreeranno.

Notate i segni nei testi che tutti Noi osserviamo, notate non le differenze portate dal Nostro ultimo Profeta bensì le somiglianze che ci accomunano, smettiamola di guerreggiare per la lingua con cui Noi chiamiamo il Nostro Dio. È possibile la pace eterna almeno per le questioni di Religione ora?



Questo è ciò che volevo dirle e chiederle, non pensi però ch’io mi ritenga tanto colto da poter parlarle di Religione, per di più per trovare la pace, perchè per scriverle mi sono fatto aiutare dai precettori per il Latino e da tutti i gruppi Cristiani dell’Egitto e dai Nostri precettori d’Islam ed Ebraismo per redarre ciò che intendevo.
Sono a conoscenza dei disordini che stanno avvenendo nell’Occidente più Occidentale (“Riconquista Spagnola”); se accetterete La Mecca nella grande Casa, ora condivisa da Roma e da Gerusalemme, quei disordini si risolveranno e di ancora una volta il conto, stavolta dei conviventi, ritornerebbe ad essere tre.

La saluto, le auguro il più lungo pontificato che possa esserci;
se servisse qualcosa di reperibile solo in Oriente chieda a Noi prima che ai Mercanti bestemmiatori.


P.S. desidero continuare questa rapporto epistolare con Lei, sarei molto felice e grato se accetterete





Insieme alla lettera furono mandati anche diversi tesori sottratti agli invasori crociati del valore di ben 100.000 monete ed ovviamente questo suscitò grande entusiasmo a Roma
Poi l’entusiasmo venne in Egitto poiché venne la risposta del Papa!
La risposta “sacra” (almeno per parte dei sudditi) fu strana: partì con “distinto infedele”; ma acconsentì alla prima richiesta mandando un Vescovo tal Pedro Ximenez di Pamplona, che al contrario delle malelingue non odia l’Islam; ma il Papa fu abbastanza vago sulla seconda ed infine declinò l’offerta. Nemmeno il tempo di poter rispondere che il Papa venne ucciso, almeno così pensò il Sultano, per la stranezza del fatto. Poi quando venne a sapere che si trattava di una donna rise di gusto, non stentava infatti a credere che i Franchi accettassero tutto e tutti, non odiava le donne, ma pensava fosse come far entrare un uomo nel proprio Harem senza prima controllare se effettivamente fosse un eunuco.


Vennero come di norma nuove elezioni Papali, dove votò anche il Cardinal d’Egitto.  
Il vincitore fu un tal Filippo da Pistoia, città sconosciuta e sperduta nelle lontananze della Franchia.
Al Solo non faceva particolare timore, ma era preoccupato da alcune sue parole: “se il musulmano ci provoca noi risponderemmo con l’armi”, affermazione molto grave, poiché non aveva spiegato cosa intendesse con provocazione….era anche solo possedere un Cardinale o solamente la grave cosa della guerra con Gerusalemme ed i seguaci di Isa?  
Poi Baybars venne a sapere di altri pensieri del Papa, tra cui che er’ostile verso un certo Re dei Germani e verso i degni compari dei Ghibellini, società assai oscura in Egitto. Altra cosa non interessante al Sultano erano i vari fatti di matrimoni Franchi; l’unica cosa che sapeva sicura era che questo Papa stavolta era stato controllato e non era né donna né eunuco.
Solo il tempo avrebbe potuto dire cos’avrebbe fatto questo Santo dei Franchi.






Poi Baybars venne a sapere delle atrocità commesse dagli Iberici nelle terre Arabe e decise di comunicare a tutti i suoi sudditi un’arringa molto commovente e molto eccitante, le masse ascoltavano e annuivano: erano pronti a tutti per difendersi.


“Non permetteremo che i Franchi ci facciano ciò che LORO hanno fatto a NOI! Se verranno a Damietta sapremo accoglierli con spade e cammelli! Se non verranno avranno vita salva!”



La massa esultò, chi saltando, chi glorificando il Sublime, che terminato il discorso tornò all’interno del Palazzo, ove scoprì, passando nelle sale dedite ai commerci che quella con l’Impero era stata abbandonata senza che nessuno avvisasse e che in quella con il Regno Svedese gli aguzzini facevano fra loro i propri affari senza chiedere alcunché al Sultanato…….il Sublime forse metterà un affitto su quella stanza o la chiuderà, chissà.


Baybars giunse poi nelle sale del fratello segreto, Capo dell’Esercito, e discussero sui fattacci accaduti ad un degno compare dell’aguzzino bianco e rosso che dopo un cataclisma era semplicemente svanito, senza lasciare traccia, senza lasciare vita. Col fratello discussero e convenirono che il fautore di ciò poteva essere solo Allah, e che sempre Allah aveva permesso ad un solo uomo, coi suoi pochi uomini di giungere in Egitto: il suo nome era Polo, Marco Polo.  
Il Sultano parlò di persona a quest’uomo e decisero insieme di finanziarlo, lui un grande Sovrano, l’altro lui un bravo mercante che poté addirittura parlare al Sovrano dei Khan.
Quella sera stessa una nave partì dal porto di Damietta, destinazione ignota, solo Polo e il Sultano sapevano quale fosse l’obiettivo.


A salutare il Polo fu Heddin, che poi diede ordine di organizzare l’esercito, non era più necessario mandarlo contro i Khan.








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Messaggio Da Falco Mer Mar 29, 2023 12:30 pm

IL PALIO DI FRANCOFORTE

Lo rendiconto di Vostra Maestate

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Enrico V osserva lo Torneo

DICEMBRE
Anno Domini 1261

Le fanfàre erano in festa, i vessilli sventolavano allo vento,
i begli scudi della Francoforte nostra dondolavano pèsoli sopra ai tendaggi vermigli dello gran bivacco di Borgogna
Un brulichio di belle dame dai vestiti danzanti e d'uomini cortesi in pesante armatura, si seggiolavano sugli scragnoli.
Vecchi cavalieri acciancati coll'andatura malandata, e coll'invidia per la Gioventù, rimuginavano col broncio i gloriosi tempi andati quando i tornei cominciavano allo giusto orario... e si massaggiavano le dolenti schiene.
Avidi mercatanti privi d'umano scrupolo, Genoani per natura, scommettevano in qualche umido anfratto sulla morte di questo o di quell'altro giovinotto, mentre più in alto in mezzo a me i gentili Signori discutevano con aristocratica grazia degli argomenti cotidiani: e cioè della dolcezza del pisello e delle fave che germoglieranno a marzo.

Lassù, nello cielo azzurro e divino cinguettavano gagliardi gli augelli, ma vidi corvo nero ghermirne in volo uno.
Anche quà giù di fianco a mé un augello strimpellava, e pregavo che lo corvo venisse a ghermirlo.
Vi dimanderete chi fosse codesto augello,
codesto augello era lo trovatore mio, fiorentino che per pietate m'ero portato appresso, faceva lo galletto con le pulzelle d'intorno, lusingando le coetanee ragazzuole così

"Questo è lo nostro amore canterino,
come ramo di biancospino,
che si poggia s'un albero tremante
nella notte, sotto la pioggia, di freddo morente...
Dimani, quando lo Sole si risveglierà da questo tristo malanno
i nostri baldi uccellini nella gioia si rinfrancheranno"

"Ubaldo" rimproverai stizzito allo trovatore mio "se continui a rugare le orecchie mie con codeste strofe beote giuro sul Signore Iddio che ti spaccherò la chitarra in testa"
"... ma le donzelle!" protestò lui.
Mi sollevai adirato e dinnanzi a quelle dissi,
"Scegli dunque, l'amore d'una di queste cortigiane o una chitarra in testa!"
Lo giovìn trovatore dunque non volendo rinunziare alla chitarra si fece rosso pudico e le ragazzuole che non eran fesse se ne accorsero,
una di loro si cinse i pugni ai fianchi e disse,
"or sù voi cantavate d'amore Ubaldo, ma la vostra chitarra preferiste alla mano d'una di noi!"
e sgridandolo ella continuò,
"tientiti pure la chitarra Cretino, ma mìa giammai sarò vostra!"

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Squillaron le trombe e 'l borbottìo della gente si tacque finalmente.
Gli amanti la finirono di bisbigliarsi alle orecchie quelle fesserie che sono tipiche della gioventù contentandosi d'avere congiunte le mani.
Anche i vecchi avevano smesso di brontolare, tranne uno, che gracchiando sotto voce raccontò con un certo orgoglio di quella volta che uccise suo fratello, e si lagnò di questi giovini d'oggi che perdono lo tempo a scrivere poesiole anzicché pugnare come Guglielmo il Maresciallo.
Io mi guardai attorno, sperando di incrociare lo sguardo caro dello mio Ottocaro, ma mi accorsi che non c'era.
Pover'uomo: da quando Rodolfo d'Asburgo s'era infilato nel letto di sua moglie Margherita prima che lo castrassi, il re di Boemia era diventato insofferente nei confronti della vita e di ogni altra cosa.
Manch'io sarei riuscito a guardare più la moglie mia in faccia se avesse fatto questo, e lei si chiama Margherita.
La moglie del re di Napoli si chiama Margherita.
La moglie del re di Francia si chiama Margherita.
La contessa delle Fiandre si chiama Margherita.
Anche la regina Margherita si chiama Margherita.
Ahimé, si chiaman tutte Margherita e le margherite sono erbacce cattive, che tolgon lo Sole a quelle buone.
Ch'Iddio protegga dalle malerbe quelle buone.

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L'araldo d'armi chiamò uno ad uno i concorrenti e ne blasonò lo scudo e 'l nome.

"Azzo VII d'Este marchese di Ferrara,
venne fino a quà da Carrara
riscatterà l'onore dello padre Aldobrandino
che fu tra tutti lo più carino
la sua spada sarà assai vendicatrice
per la beltà di sua mamma Alice

egli sfiderà Ser Gustavo Bjalbo,
che d'aspetto appare assai scialbo
ma la parvenza non vi sia d'inganno
a voi che sedete sullo vostro scranno"

Ma in appena un quarto d'ora Bjalbo fu sconfitto, e se ne andò via umiliato asciugandosi lo sudore dalla grugnata fronte.
Quale grande soddisfazione vedere la rabbia di Magnus.
Non accepii mai lo motivo per lo quale quel norvegese villoso credesse che mio fratello fosse glabro come un finocchio. Conosco mio fratello dal giorno che io nacqui, e posso dirvi per certo che Valerano IV ha più peli nel buco del culo, che una scimmia nel suo.

"Ser Filippo di Francia,
morbida è la sua pancia
venne a questo Torneo non per sua volontate
ma per quella dello padre che lo allenò a frustate

Sfiderà lo Cavaliero Urraco,
che dalle Asturie venne assai ubriaco"

Filippo cadde da cavallo, e nemmanco il tempo di pronunziare lo nome di suo padre, che lo zoccolò lo schiacciò il pùero volto.
Le cervella del ragazzo esplosero e la sabbia grigia si dipinse di rosso.
Mi dimandai inorridito quale padre sacrifica lo suo unico figlio per un giuoco, ma mi ricordai che quel padre era Luigi IX perciò dovetti riconoscere ancora una volta la grande nobiltà del suo spirito eletto, disposto ad arrischiare ogni cosa a lui più preziosa per l'onore e per la gloria dello Torneo.
Un padre da ammirare.

S'era pronti per la finale, quando d'improvviso si fé largo un cavaliero.
Ignoto era il suo nome, ma io indovinai che fosse magiaro,
chi c'era sotto a quella armatura tanto scura?
Stefano d'Ungheria, lo principe defunto?
oppure Béla, lo re smunto?
O vi stava in abiti maschili ignota pulzella?
Rimasto senza un primogenito, non era difficile immaginare che Béla IV avesse favorito una delle sue figlie femmine.

"Cavaliero nero
che vieni col tuo stemma austero
sei guerriero
chi sfiderà voi forestiero?"

S'alzò in piedi mio cugino, il quale gridò,
"Io, Ser Gherardo
avrò la testa di quel pappalardo!"

Quale colpo di scena.
Mi alzai e gridai facendo il tifo per lo mio cugino.
Ser Gherardo stava per cadere dallo cavallo, ma s'appese allo collo dello suo destriero.
Rimontò in sella e trafisse al petto lo nero cavaliero.

Ser Gherardo si batté poscia con Gustavo Bjalbo, il quale morì ammazzato,
e fu perciò ammesso in finale.

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"Urraco delle Asturie,
te che non hai pelurie
sfiderai Azzo
ma stai attento
a non essere trafitto da quel portento"

Stavolta Azzo fu sconfitto, ma fu codardo.
Il tifo si mutò in fischio.
Scappò via come un bastardo.

"Ser Gherardo,
te che ti sei battuto come un Ghepardo
sfiderai Urraco lo Cavaliero
che di re Alfonso fu lo scudiero"

I due cavallerizzi montarono sulle selle dei loro cavalli nitrenti.
Urraco batté alla carica.
Ser Gherardo accelerò.
Giostrò sì bene, che quasi cadde lo cavaliero prima di rimontare sullo suo destriero.

Urraco tentò e ritentò, ma Ser Gherardo era di tempra assai testardo e quel torneo vinse assieme allo trofeo.

"Gherardo del Lussemburgo, voi molto bene avete Giostrato
per questo io le dò della Lituania il Granducato"

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Ci emozionammo molto.
Gherardo andò a Vilnia, dove l'Orda mongola aveva approfittato della sua assenza per saccheggiare i villaggi di quegli idolatri.
C'era un intero paese da sistemare, e cristianizzare.

Io invece sarei sceso a Ravenna, che come Bologna e 'l resto dell'Emilia-Romagna era passata ai Ghibellini.
Portai con me una scorsella di quattrini.

Milano era diventata Guelfa e questa cosa non era per me di buon grado.
Scrissi ai Visconti che avrebbero avuto tempo fino a Gennaio per lasciare la città prima che i miei lanzichenecchi la devastassero con il ferro e con il fuoco.
Perché Gennaio?
Perché a Genova si tenevano le elezioni, e una riconferma dei Ghibellini avrebbe rovesciato lo destino dell'Italia rendendo superflua una pugna, e anche perché lo papa nuovo Clemente V che sul rogo metteva tanta gente, avrebbe potuto indirre una Crociata questo mese o l'altro.
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Messaggio Da Astrid I Gio Mar 30, 2023 12:56 pm

LE MIE RICORDANZE

Jean de Joinville
Storie di un cavaliere alla corte del re di Francia

Gennaio 1262 AD

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[...] Dopo queste sante e buone azioni avvenne che - durante l'anno nuovo - il re fece chiamare a raccolta tutti i suoi baroni - i prevosti ed i balivi - che erano i suoi funzionari e ministri - per commemorare la morte del timido Filippo - il tristo Delfino che cadde da cavallo e che perse la vita in duello contro al nero cavaliero Urraco delle Asturie - servitore di Alfonso X il Castigliato.
Quel ragazzo aveva solo 16 anni - una lunga vita colma di speranze e di amori e di affetti e di impegni regali gli venne strappata per fatidico accidente.
Il Santo re non si perdonò mai d'aver condannato lo diletto figlio suo alla morte a quello stupido giuoco - e perciò decise che quel Natale lo avrebbe trascorso lavando i piedi a tutta quanta la Corte di Francia - oltre che alla plebaglia sporca e ignorante che popolava le lerce strade parigine - e volle che quel giorno Luigi non avrebbe preso parte al gran Cenone della Vigilia - lasciando intendere che si sarebbe castigato fino allo scoccare della mezzanotte o anche oltre.
Per cinque settimane - il Santo re Luigi si cinse alla vita un cilicio in piombo chiodato che gli provocò una gran fuoriuscita di sangue addominale - e più e più volte si ferì alla schiena con un mazzafrusto per espiare a Nostro Signore gli errori commessi - che cari costarono a lui e al regno di Francia.

Ora accadde - come Dio volle - che io mi addormentai un mattino - e mi parve in sogno - dormendo - di vedere il re ignudo in ginocchio davanti ad un altare - e mi pareva poi che molti prelati abbigliati nei loro paramenti lo vestivano di un umile saio come quelli che indossano i Francescani.
E questi bisbigliavano come Angeli di profezia: "Sire - il regno dei Cieli vi sta chiamando - il Signore vi ringrazia per i vostri servigi - e domani voi diventerete di puro spirito!"

L'indomani - udita la messa alla Maddalena - mi recai nella cappella del re - ed effettivamente trovai che il Santo Luigi aveva salito le gradinate sopra al palco delle reliquie - vestito nei panni umili d'un Francescano - e teneva impugnata in mano una Croce - e sulla testa si cingeva di una corona di spine - tale e quale a quella che aveva incoronato Gesù sul Golgota.
Con l'altra mano - ai piedi della statua di Maria - Luigi si colpiva al petto e alla schiena con una mazza tagliente.

"Sire - ma cosa fate?" domandai io leggermente preoccupato - non ero nuovo a scene del genere.
E lui serenamente - ma un poco affannato per tutto quel sangue che gli grondava come vermiglio sudore dal corpo - con saggezza mi disse "Sarai mondo - se monderai lo mondo!"

Poi aggiunse "Siniscalco di Sciampagna - Joinville - perché non prendete anche voi lo mazzafrusto per vostra gentile cortesia? - venite avanti Ser Giovanni - vi prego di darmi una mano e di flagellarmi - e di percuotetemi assai forte da staccare l'anima da questo corpo - sono costretto a chiederlo a voi giacché io sono ormai troppo debole per continuare a castigare queste immonde mie carni. Vi prego di farvi avanti e d'accostumarvi a castigarmi - Siniscalco!"
In vero io indietreggiai.
"Castigami! Castigami Giovanni! Castigami!"
Ma io per mia vergogna mi rifiutati di castigare lo Sire mio - e lui col tono di voce un pò mesto come di chi fosse deluso mi disse di andare - mi rimproverò dicendomi di non essere un vero cristiano - di non avere imparato nulla in questi anni che fui di sua compagnia - e mi accusò di essere pavido e di temere la sofferenza - di preferire la beatitudine della materia a quella dello spirito.

Uscito dalla cappella rimasi ad origliare - le mie orecchie sentirono le urla furibonde del re che si castigava da solo col frustino.
Le grida - che si mutavano in muggiti - avevano un che di singolare - come se egli riuscisse a trarre qualche forma di piacere dal percotimento delle proprie membra: un piacere che aveva beatitudine nello spirito.
Mi sembrò che stesse bene e mi allontanai - quando d'un tratto un grido sovrumano lacerò l'etere.
I passi miei si bloccarono e immaginai di tornare indietro e soccorrere Luigi - credendolo in pericolo - ma mi ricordai che lo mio Sire era impegnato ad espiare i suoi peccati e che interrompere quelle gesta catartiche sarebbe stata cosa assai sgradita al Santo re.

Perciò continuai a incedere col passo - fino a che non lo sentii pronunciare lo nome mio Joinville.
"Joinville!!! Joinville!!!"

Allorché lo cavaliero che era in me scattò in piedi e corse in aiuto dello Sire suo.
Rientrato vidi un briccone - un lestofante che s'era infilato nella cappella del re con uno spadone - e che con la spada sua - che immaginai chiamarsi Longino - voleva trafiggere al costato lo Santo re.
Io sfoderai perciò dalla fodera lo spadone mio - mi porsi davanti alla belva - gli tagliai la mano con la quale impugnava la gioconda spada - e poi lo amazzai rispendendo quel barbaro al giudizio di Lucifero.

Era assai biondo - d'un biondo che pare angelico e che vi confonde al primo sguardo - ma che appartiene in vero al fuoco degli Inferi - e sul suo petto portava l'insegna dello Leone nello sfondo blu - che della Svezia ne è lo stendardo reale.

Gran peccato commise quello svedo: nei suoi ultimi giorni il Santo re non solo non poteva più cavalcare con la gagliardezza con la quale pugnava gli infedeli a Damietta - ma non riusciva nemmanco più a defecare.
Se come ben vi ricorderete quando prima d'andare in Crociata a Damietta - il Santo soffriva di mortal diarrea e dovunque andava dietro di se lasciava tracce di merda - ora lo problema era tutto lo contrario: qualcosa aveva ostruito lo sfintere - o così apparve - ma i dottori che lo visitarono dissero che non c'era niente che impedisse la fuoriuscita dello sterco.
Gli scaldarono cionondimeno una tisana di rabarbaro e finocchio per farlo cacare - ma non servì a nulla che non acuisse i dolori e le sofferenze - ma che lui stoicamente sopportava - come un Seneca dei tempi nostri.
Più di un Seneca - poiché a differenza del pagano - Luigi soffriva per l'amore di Dio - come cavaliero che soffre per la sua dama.

Era indebolito a tal punto - che lasciò che io lo portassi in braccio nella dimora del conte di Vienne.
Aveva perduto molto sangue - e così debole - avrebbe forse vissuto molti altri anni ancora - e fatto ancora molte buone opere - se quello svedo dannato e maledetto non avesse compiuto atroce peccato.
Ma anche l'assassino in vero - rientra nelle cose divine - poiché nello schema di Colui che pianifica tutto - la morte - e cioè il venir richiamati nella Casa sua - non è che l'ultima tappa del suo Amore.


Non temete perciò la morte - ella è ministro di Dio - che con la falce arriva a mietere lo raccolto - come lo contadino miete il suo.


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Dopo aver rivolto tali esortazioni ai suoi due bambini Giovanni e Pietro - il suo male cominciò ad aggravarsi - e domandò i Sacramenti di Santa Chiesa a papa Clemente V - e li ricevette in santità e chiarezza di mente - come apparve - e quando lo si ungeva ancora in vita e gli venivano recitavati tutti e sette i salmi - Luigi rispondeva ai versetti con grève voce - come se un Angelo parlasse per bocca sua.
Suo figlio Pietro - il conte d'Alençon - che all'epoca dei fatti aveva soltanto 10 anni - nel momento in cui suo padre era vicino al trapasso - invocava i Santi acciocché lo aiutassero e soccorressero.
Il piccolo stringeva la mano del padre Luigi e piangeva - ma io gli dissi commosso di non piangere perché grande è l'amore del Signore - che avrebbe accolto Luigi come accolse Gesù.
Gli dissi che molto presto anche lui - come suo padre e come ogni altro uomo - sarebbe invecchiato - che la sua pelle sarebbe appassita e si sarebbe ricoperta di rughe - che il tempo della sua gioventù sarebbe trascorso in fretta e che in un battito di ciglia d'eternità anche il piccolo Pietro avrebbe incontrato l'amore di Dio - perciò non piangere.
Luigi sospirò debolmente - e annuendo disse a suo figlio - "questo è Joinville: un uomo saggio."
Dopo ciò - il santo re volle essere disteso su un letto e coperto di cenere - compose le mani sul petto - e rivolgendo gli occhi al cielo rese lo spirito al Creatore - nell'ora stessa che il Figlio di Dio morì sulla croce per igiene del mondo.
Preziosa cosa è piangere per il trapasso di questo santo principe - che con tanta santità e giustizia governò il suo regno - e tante belle elemosine vi fece - e lo rese bello di tanti begli edifici.
E come lo scrittore - finito il suo libro - che lo decora di miniature d'oro e d'azzurro - Luigi decorò il nostro regno di belle abbazie e d'ospedali e di conventi.

Il giorno dopo la festa di San Bartolomeo le sue ossa furono riposte in un cofanetto - e furono sotterrate nella Cattedrale di San Dionigi in Francia - che aveva eletto a luogo di sua sepoltura.


Dopo ciò - per volere della regina reggente di Francia e per ordine apostolico giunse da Roma un arcivescovo - e vi dimorò a lungo per informarsi della vita e delle opere di Luigi.
Lo proclamarono Santo e lo misero nel Calendario Gregoriano il 25 Agosto - giorno di San Luigi.
Perciò gran gioia fu e dev'essere al regno di Francia - e grande onore a tutti quelli del suo lignaggio che da lui vorranno imparare - e grande disonore a quelli che non vorranno invece imitarlo.

Egli è Santo e assieme ai Santi egli sta.
Preghiamo San Luigi perché ci ottenga da Dio - per sua grazia e sua intercessione - tutto quanto avremo di bisogno in vita noi schifosi mortali per la salute dell'anima e del corpo.

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Ancora devo dirvi del nostro santo re - che lo vidi dormendo: cioè che in sogno mi pareva vederlo - ed era in vista meravigliosamente lieto e sereno - e anch'io ero molto contento di vederlo - e gli dicevo: "Sire - quando partirete di qui - vi ospiterò a casa mia - in una terra che si chiama Chevillon."
E lui mi rispose sorridendo: "Sire di Joinville - in fede mia non intendo partire - sarò sempre accanto a voi."

Svegliatomi - ci pensai su e mi parve che l'idea gli piacesse a Dio - e così per devozione ho costruito un altare in onore di Luigi - dove sempre negli anni a venire tutti canteranno le sue nobili gesta.

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Quando re Luigi morì - il fratello Carlo d'Angiò fu tra tutti il più vigliacco.
Cercò di prendere il controllo dell'esercito a scapito di Margherita di Provenza - la moglie di Luigi ora vedova diventata nel frattempo Regina reggente al trono di Francia - che considerava femmina e in quanto ciò debole.
Nonostante ciò - Margherita che dai sudditi era amata e venerata - riuscì ad affermare la sua autorità di dama Crociata.
Impedì a Carlo d'Angiò di sbarcare a Marsiglia - e di prendersi una corona che non era la sua.


L'addolorata Margherita - già sofferente per la scomparsa del nobile marito - si ritrovò a dover gestire una situazione assai complicata che avrebbe decretato la scomparsa dei Capetingi.
L'erede al trono era infatti il timido Filippo - ma questi era morto.
Ora - molti giuristi - balivi e prevosti - scoprirono con grande scompiglio che la Legge Salica di Merovingia memoria in verità non era mai stata segnata nelle Leggi della Francia Capetingia - ma era soltanto consuetudine - fato o destino - che tutti i primogeniti nascessero maschi ed ereditassero per conseguenza il trono.

Isabella - la maggiore tra le figlie di Luigi - reclamò il trono.
Giovanni Tristano - che era terzo per nascita ma primo tra i maschi - aveva 11 anni - e reclamò per se il trono.
Al contempo - lo zio Carlo conte d'Angiò - re di Napoli - voleva essere incoronato re di Francia.
Non bisogna poi dimenticare i Plantageneti poi - sovrani d'Inghilterra - che avrebbero potuto avanzare anch'essi certe pretese sul trono ora vacante.

I giuristi - balivi e prevosti - discussero a lungo - e si spaccarono sulla questione dell'eredità - ma che gli inglesi salissero era fuori discussione.
Lasciarono perciò a lungo la reggenza della Francia nelle mani della Regina.
Si misero d'accordo e stabilirono che si sarebbero incontrati ad Orléans l'equinozio di Primavera di quello stesso anno - e che in accordo alle volontà della maggioranza avrebbero eletto il nuovo erede.

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Io - Giovanni - Sire di Joinville e Siniscalco di Sciampagna
ho finito di scrivere e di raccontare la vita - le parole e le buone opere del santo re Luigi

La storia della Francia dopo Luigi IX è la Storia della regina Margherita e degli eredi ai quali i giuristi diedero la Francia - e delle difficoltà che ne susseguirono.


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Messaggio Da Vlad Gio Mar 30, 2023 1:45 pm

"PERKZ" 
Gennaio 1262
Cronache Medioevali Croato-Ungheresi di Luka Perković


E torno nuovamente a tingere di nero queste candide pergamente, dono del Csacsi, mio amico mercante che vaga in varie terre, sempre pronto a vantarsi di una nuova stranezza trovata negli angoli remoti del mondo, sempre pronto a dare il suo aiuto nelle sue piccole possibilità. 


Queste pergamene su cui ora scrivo tuttavia, provengono dalle aride terre degli infedeli saraceni, o mammelucchi, o egiziani o come la vostra mente preferisce appellarvisi, fui molto colpito dal sapere che il regno di Castiglia sembrava tenere a cuore la protezione ed il benestare di Creta, difendendola dagli infedeli e garantendone la sicurezza, tuttavia, le belle storie, le belle parole altro non sono che una maschera dietro la quale alberga il demonio, questo demonio appella al nome di Alfonso X, egli detto "il saggio" da me ribattezzato come "il fortunato" viene nominato dagli influenti mercanti ragusani come "il demonio" si vocifera difatti di come in realtà, camuffando le navi saracene, il regnante permetta loro di commerciare ignorando le sue stesse parole facendosi beffa delle genti.


Ma non è la morale che muove l'animo di un mercante, è il denaro a muoverlo, difatti le ricche famiglie di ragusa insieme ad altri influenti ricchi commercianti dell'epiro, rimasero sbalorditi, il mio amico era a Malaga per tentare la fortuna in quelle terre, vide un suo compagno venire ingannato, beffeggiato e deriso. 


Quest'uomo influente, dal nome di Kostantin Gregovič decise che, difronte alla più grande umiliazione della sua vita, non sarebbe rimasto in silenzio. A comando del gruppo di ricchi mercanti, decise di assoldare una compagnia di mercenari, lo scopo? Mettere Creta a ferro e fuoco e mandare un chiaro segnale a quel piccolo uomo che credeva di sedere al trono di re del mondo quando invece sedeva sullo scricchiolante trono di Castiglia.


Le nefaste notizie non finirono, il santissimo Luigi, re di Francia, dopo aver perso un figlio in quel torneo che fino alla fine mi rifiutai di parteciparve, non sopporto il dolore, espiando le sue colpe si flagellò al punto tale da essere richiamato dal santo padre nel regno dei cieli, possa la sua anima riunirsi a quella del figlio e trovare la pace. Una gioiosa notizia, sempre a proposito dello sciagurato torneo, è che un nobiluccio da due soldi delle mie terre, montatosi la testa nelle sue avventure nelle steppe, pensava di poter veramente affrontare dei veri guerrieri, partecipo al torneo e da quanto mi raccontano subì una sconfitta umiliante, dicono addirittura che il suo avversario, ora nobile gran duca di lituania gli permise addirittura di sferrargli un colpo, ma la sua incompetenza non riuscì a sfruttare tale dono, ben gli sta, ora la sua anima è all'inferno, il giusto loco in cui deve essere.


La cristianizzazione della lituania molte buone nuove sta portando al nostro regno, quasi non credo alle mie parole ma l'orda sembrerebbe essere stata non solo respinta, ma addirittura sconfitta, scacciata nel oblio da cui è venuta, la mia speranza è che vi resti e non metta mai più piede nelle terre di Dio, ma solo il tempo risponderà a questa mia preghiera.
Questo mese inoltre vi saranno le nuove elezioni della repubblica genovana, l'imperatore tuttavia sembra già pronto a marciare nella città per riprendersi il milanese, perso nelle sommosse di alcuni mesi a questa parte. Nonostante il diretto attacco alle terre del pontefice e nonostante l'intenzione, almeno apparente, di dimostrare che il pontefice stia sotto l'imperatore e non il contrario, sembra che il mondo cristiano intenda fingere che la questione non lo riguardi, il regno di Francia deve riorganizzarsi dopo la perdita del proprio regnante, l'Inghilterra ha una regnante, a mio parere inesperta che mai avrà il coraggio di muoversi contro l'impero, ciò che penso del re di castiglia penso sia abbastanza chiaro, egli ai miei occhi è un individuo ambiguo e disonesto, sono pronto a scommettere che si schiererà all'ultimo con chi vince, alla faccia della "saggezza" dovrebbero incoronarmi sovrano di castiglia.


Il regno nordico di svezia e norvegia è a nozze in tutti i sensi con l'impero, pertanto sal freddo mare baltico sono al sicuro, gli infedeli ed i bizantini sono troppo lontani per far sentire la propria voce, vi rimane solamente il regno di croazia-ungheria, ma senza che il papa stesso ci chiami alle armi dubito che il mio sovrano deciderà di muovere le truppe. Prego affinché dio ci perdoni per i nostri peccati.
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Messaggio Da Ferdinand-Foch Gio Mar 30, 2023 3:02 pm

Repubrica de Zena
Lezione VII
(Gennaio 1262)

-- -- -- 

Nuovo Signore di Genova

- Gennaio del 1262 inizia all’insegna delle elezioni cittadine: le principali famiglie di Genova si scontrano in una battaglia in cui il vincitore non è il più forte, il più coraggioso o valoro, bensì chi è riuscito a racimolare in breve tempo tanta pecunia, dimostrando di poter essere un abile amministratore patrimoniale capace di essere “Signore” di Genova. 

Il titolo di “Capitano del Popolo” è stato abrogato, messo in disparte, sostituito da un titolo molto più signorile ed elegante che più si presta ad un uomo politico, ad un mercante genovese, più che ad un comandante come suscita la parola “Capitano”.
La nuova denominazione è dunque “Doge” nella sua accezione più moderna, ovvero una persona che prospera nel denaro e nella ricchezza, più che alla sua accezione primordiale di origine Romana che voleva dire "comandante di provincia”.

Il titolo di Doge era usato nella Repubblica di Venezia e divenne famoso ai più per questo motivo, ma in realtà questa carica veniva usata anche a Genova ed era riferita a colui che ricopriva il ruolo di “Magistrato Assoluto”. Ovviamente i genoani in cuor loro pregavano che il titolo non portasse sfortune e sventure a Genova come accadde alla vicina Venezia.

Nella piazza della città, quella vicina alla zona portuale, che rappresentava il cuore del complesso urbano si tenne l’elezione, che venne seguita con curiosità dai cittadini come se fosse una gara sportiva o uno spettacolo teatrale. I quattro candidati portarono i loro sacchi stracolmi di monete luccicanti in dei sacchi di patate, su alcune carovane, trainate da stanchi cavalli. 

Il conto del denaro fu affidato ad un gruppo di magistrati che contarono minuziosamente ogni singola moneta e dopo ore di attesa, in un piacevole clima fresco di inizio anno, arrivarono i primi verdetti: 

Il candidato della famiglia Fieschi, Ugo Fieschi, mercante di bestiame e tessuti pregiati, di origini tedesche, fu il primo a cui le sacche vennero svuotate ed il suo patrimonio ammontava a ben 51.000 Lire, un bel gruzzoletto.

Venne poi il turno di Francesco de Castro produttore di vino di origine iberica, quasi piangendo, ammise di non aver ricevuto nessun finanziamento, nonostante la lettera inviata al Re Alfonso X. Probabilmente Sua Maestà non riteneva saggio utilizzare il danaro spagnolo per far vincere le elezioni a de Castro, oppure, semplicemente, il tesoro del Re è così povero da non poterselo permettere. Francesco fuggì dalla piazza deriso dalla folla e dai suoi avversari, mai più rimise piede a Genova. 

Dopo la piccola parentesi tragicomica, venne il momento del favorito Oberto Doria ricco produttore di grano e possessore di decine di navi commerciali, che per tutto il mediterraneo esportano le merci genoane. Con busto dritto, petto all'infuori e ghigno beffardo consegnò ai magistri le sacche di patate dorate, erano ben 5 sacchi stracolmi. Per un totale di 63.000 lire, non molte di più dal Fieschi, sembravano di più, ma ciò che contava era avere anche solo una moneta in più rispetto agli altri. 

L’ultimo fu Alessandro Orengo, possessore di bestiame e vitigni nelle vaste terre della vicina Provenza, fu supportato dal “Santo” Luigi IX Re dei francesi. Il suo volto era impassibile, racconteranno i popolani nei loro diari, probabilmente perché sapeva di aver già perso, alcuni pensavano, ma invece il ghigno sul volto delicato del Doria svanì lasciando spazio ad grugnito di denti. 

“99.998, 99.999 e 100.000 lire…” 

All’annuncio della cifra tonda a ben cinque zeri tutto il popolo spettatore si abbandonò ad un “Olè” generale anche chi faceva il tifo per gli altri due candidati, la vittoria di Orengo fu una sorpresa accolta con enorme felicità, soprattutto dai poverelli che mesi prima mangiarono grazie alla misericordia del Re transalpino. 

Alessandro Orengo divenne il nuovo Doge di Genova e lo sarebbe stato per i prossimi 2 anni, almeno sulla carta. Fin da subito mise in chiaro le sue ferree volontà: l’affermazione di Genova come città Guelfa sostenitrice del Papa; ribadì il sostegno della città alle vicine Signorie Guelfe in caso di aggressione Ghibellina; e ultimo, ma non per importanza, un avvicinamento politico alla Francia di Luigi IX. 

Come da tradizione gli sconfitti vennero costretti a rimborsare i propri finanziatori del 90% sulla somma totale versata alle loro famiglie, mentre il vincitore avrebbe versato il suo patrimonio nelle casse della Repubblica. 

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La Beffa di Orano

- Purtroppo l’ultimo desiderio del Boccanegra, ovvero portare la città araba di Orano, posta sulle calde coste africane, conosciuta per il suo porto commerciale e cruciale punto di snodo della zona berbera, fu scippata dalle mani dei genovesi dall’esercito lesto di Alfonso X. 

La Guerra Santa contro gli arabi di Al-Andalus non si fermò alla liberazione della penisola o alla conquista dell’ultima città islamica, Granada, ma proseguì anche oltre le Colonne di Ercole penetrando nel territorio dei Mori diffondendo il verbo di nostro Signore. Presi dalla foga e dallo Spirito Santo i soldati di Alfonso non si sono limitati ad accoppare i singoli mori, ma si sono spinti anche nel vicino Tlemcen proprio ad Orano. 

Probabilmente il desiderio era quello di evitare l’espansione genovese più che diffondere la parola di Dio, come tanto allude proprio Alfonso. Inizialmente, ci dicono i documenti, che la flotta genovese avrebbe dovuto assaltare la città araba anche se presenti soldati cristiani, ma ciò non accadde quando arrivò il contrordine dal Capitano Boccanegra. Non era il momento giusto di avviare un conflitto contro un Regno Cristiano in periodo di elezioni, soprattutto quando la vera minaccia sbucava da nord. 

Un dono venne spedito ad Alfonso in segno di pace e tranquillità tra le due nazioni. 

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Azzo e Anastasia

- Queste lezioni sono incentrate principalmente sulla storia di Genova e tutto ciò che gravita intorno, ma ogni tanto andremo fuori tema per trattare anche di altri stati, famiglie e personaggi italici, come in questo caso: in cui parleremo di Sir Azzo VII d’Este e di Anastasia di Pirovano.

Iniziamo dall’Egregio Azzo capofamiglia degli Este e Signore di Ferrara, il quale partecipo ad un torneo internazionale per aggiudicarsi il Granducato di Lituania. Fu un evento memorabile sia per i partecipanti che per i duellanti, molti dei quali si sfidarono fino alla morte. 

Il Buon Azzo fece sfoggio della sua abilità di cavaliere sia con la spada che a cavallo, grazie agli insegnamenti ricevuti in tenera età riuscì a sconfiggere il suo primo sfidante. Con la vittoria quasi ad un passo però, forse troppo sicuro di sé, dovette fermare l’entusiasmo durante il penultimo incontro quando la sconfitta incombe sul suo orgoglio. Tramortito ed acciaccato, con il volto affrancato e con l’animo offuscato, da sconfitto fece ritorno nella sua Ferrara dove venne acclamato. 

Da Azzo l’Italico vicino a prendere il Granducato di Lituania, passiamo ad Anastasia che senza duello alcuno o gesto eroico divenne Principessa di Galizia. La giovane donzella che di famiglia apparteneva ai Pirovani, venne scelta dal nuovo Duca dell’Est come sua consorte facendola diventare Principessa. Questa è la storia di una donna che senza sforzo, così come per magia, è passata da noiose giornate in una cittadina soleggiata dell’Italia a passare noiose giornate in Galizia con una corona sul capo. 

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L’Impero Colpisce Ancora 

- Milano con un colpo di mano rovesciò il governo Ghibellino e la famiglia dei Visconti, seguaci del Papato, presero il potere. Contemporaneamente lo stesso destino, ma all’incontrario, spettò alla città di Bologna in cui la Signoria Guelfa venne abbattuta dai servi dell’Imperatore. 

La perdita della città lombarda tormentò per giorni l’Imperatore Enrico fino a giungere alla decisione di muovere le sue pedine contro i Visconti e completare il controllo del Nord della penisola Italica. I feroci germanici circondarono Milano e in poche settimane iniziò l’assedio delle mura cittadine, le quali resistettero il più possibile fino a spezzarsi lasciando campo libero ai demoni di entrare. 

Rozzi e barbari di loro natura i soldati dell’Imperatore hanno dato nuovamente dimostrazione delle loro caratteristiche: massacrando, assassinando e violentando chiunque indiscriminatamente. Il Visconte capo venne ammazzato e la città riconquistata, senza difficoltà alcuna. 

A Genova le elezioni erano giunte al termine quando un emissario imperiale ruppe la quiete della cittadina portando con sé cattive notizie: non solo Milano era caduta, ma presto le catapulte avrebbero colpito anche la città Ligure. Presi dal panico le famiglie che potevano permetterselo fuggirono da Genova, trovando rifugio nelle vicine città come Imperia e La Spezia consci che lì la violenza li avrebbe trovati. 

Il Doge Orengo iniziò il suo mandato nel peggiore dei modi, per giunta doveva tenere fede alla parola data e almeno tentare di difendere Milano, anche se già caduta, forte del supporto Franco dovutogli e promesso con gli accordi pre-elettorali. In mancanza di queste fondamenta politiche la guerra non potrà continuare e Orengo sarà macchiato di sconfitta. 

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[Continua…]
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