L'angolo delle storie - L'angolo dei ruolisti
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Messaggio Da Astrid I Mer Apr 26, 2023 5:16 pm

Εγώ, Ἀρχιδαμία

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Siracusa, 320 AC
Marzo

Salve, Schiava.
Sei stata un pessimo acquisto, ma questi mercanti sicilioti sono abbastanza bravi a convincerti che la loro merce sia buona che non riesci a dire di no, e quando sono passata per la Chora della Polis, immettendomi tra i suoi vicoli stretti e fetidi, che pullulano di plebei e avidi trafficanti, vedendoti coi tuoi fratelli schiavi erta, al centro, con le tue catene ai polsi e in bella mostra esibita, credevo fossi la più importante tra quella dozzina di vermi e che il tuo prezzo fosse stato sottovalutato da quel lurido neapolitano che ti aveva in vendita. Le tue mani sembravano essere state create apposta per pulire a terra, e la tua faccia per essere riempita di schiaffi. Eri perfetta, ma non avevo calcolato che potessi piangere: bisognerà addestrarti.
In tasca avevo una dracma in più, non sapevo se spenderla per una trapunta agrigentina, o per te.
A pensarci adesso, col senno di poi sarebbe stato meglio comprare un tappeto.
Ringrazia gli Dei se non ti getterò giù dal Taigeto. Lo farò, soltanto se non saprò addestrarti.

Ho deciso di chiamarti Kyniska, che in greco significa "Cagnolina", ma prima che tu possa sentirti onorata di avere lo stesso nome di quella famosa spartana che vinse le Olimpiadi molti e molti anni fa, ti dico di non farti illusioni: tanto per cominciare non sei greca e non sei umana, sei una schiava, una sannita credo, e non avrai mai il diritto di partecipare alle Olimpiadi. Al massimo ti farò sfilare in una qualche Parodia dei Giochi Olimpici, quelle che servono a ridere, oppure ti sfrutterò di modo che tu vada a vendere arrosto di carne e idromele tra gli spalti mentre i campioni disputano con le aurighe.
Ti chiamerai Kyniska, così io ho deciso, ed è bene che cominci ad abituartici.
Dimentica il tuo nome, ammesso che tu ne abbia uno.

Sono molto arrabbiata,
sono stata mandata da mio padre Cleomene II quì a Siracusa, per riferire le sue volontà, e cioè quelle di Eudamida I, al tiranno di Sicilia. Quel cretino di mio padre mandò un falco parlante nel palazzo del Diadoco Tolomeo, promettendogli un'agevolazione doganale in cambio della liberazione di Creta dal dominio Antigoneo. Non potevo crederci: Sparta che chiede aiuto ad uno dei successori di Alessandro Magno!! Come se poi non potessimo farcela da soli...
Ma oltre al danno la beffa. Quando i Tolomaici hanno consegnato l'Isola alle Insegne Delfiche, la città di Cnosso è insorta chiamando all'appello quell'infame di Antipatro, che era già pronto a sostenerli con la propria flotta.
Ora Gortyna è sotto il dominio di quest'ultimo.

E' proprio vero quel che si dice: se Atene piange, Sparta non ride.
Mi auguro che gli Ateniesi ritrovino i propri testicoli e che spezzino le Catene di Corinto ribellandosi. Purtroppo abbiamo bisogno di loro, degli altri greci. Senza la libertà dell'Attica, della Beozia e della Tessaglia, un fiato fetido soffierà sempre sul collo di noi Spartani. Non vivremo a lungo.

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Naturalmente, quando ho saputo che la città di Gortyna era caduta nelle mani di Antipatro, ho disobbedito agli ordini di quell'ameba di mio padre, e ho mandato a benedire le volontà di Eudamida I.
Io obbedisco soltanto alla Laconia, e se questo vuol dire agire di testa mia, agirò di testa mia.
Tua figlia ti seppellirà, caro Cleomene.

Ho parlato con Agatocle, Tiranno di Siracusa.
Come tutti gli uomini, mi ha sottovalutata, almeno all'inizio; poi anche quell'uomo potente temuto da tutti ha dovuto rendersi conto di trovarsi davanti ad una Spartana morigerata e intelligente, e non davanti ad una Ateniese grassa e stupida, che passa le sue giornate a filare nel suo Gineceo, e che non è mai uscita di casa a volto scoperto per paura di far vedere a tutti quant'è brutta.
Perciò Agatocle mi ha accompagnata nel suo Palazzo, e gli ho spiegato le mie ragioni.

Tanto per cominciare, Tolomeo non ha liberato Gortyna, che giace ad oggi sotto il dominio di Antipatro.
La città era già sgombera degli uomini di Antigono quando l'Alessandrino mise piede a Creta.
Perciò le navi Egizie che passeranno lungo gli Stretti di Messina le ire di Scilla e Cariddi, pagheranno come tutte le altre fino a che Tolomeo non avrà fatto qualcosa per ripagare Sparta del suo mancato impegno.

E poi, parole alle quali Agatocle ha applaudito, bisogna restituire al Mediterraneo e all'Egeo la centralità che essa ha perduto, poiché dall'Egemonia dei commerci ne va il destino e la prosperità di tutta quanta la Lega Delfica. Gli scambi sono diminuiti drasticamente, e alcuni Regni hanno furbescamente aggirato i nostri dazi. Città come Emporion o Massalia non potrebbero più vivere senza un mercato. Perciò da oggi fino a nuovo ordine, chi naviga nelle acque della Sicilia avvalendosi dei porti della Pentapoli, non dovrà versare soltanto un decimo di tutta la merce scambiata, ma la metà.
Una nave che dalla Macedonia intende raggiungere Massalia e commerciare con i Celti, dovrà lasciare nei porti di Siracusa metà della merce scambiata.

Sono sicura che quando tornerò a Sparta, Eudamida piangerà.
E' giusto ritenere queste tasse molto, molto severe: se non addirittura laconiche.
Ma bisogna fare i conti con la realtà: nell'ultimo anno gli scambi marittimi si sono ridotti notevolmente, e l'Ellade non ne ha tratto alcun vantaggio. Pertanto, se i popoli della terra hanno rinunciato al Regno di Poseidone e ai prodigi della navigazione, ben venga che il Porto di Siracusa riduca all'essenziale il traffico marittimo.

Questa è Siracusa, una città dalle grandi mura impenetrabili.
Se le tasse non vi stanno bene, venite a prendervela.

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Meno male che a Siracusa c'è Agatocle.
Ma forse dovrei ringraziare la Tirannia e tutti i Grandi Uomini che hanno reso Grande questa Grande Città. Se la Pentapoli fosse stata una Democrazia probabilmente oggi riverserebbe nelle stesse tragiche condizioni delle Poleis Italiote, come Reghion e Paiston, città prive di spina dorsale, di coraggio, e di spavalderia. Non c'è più neanche il segno della virilità in queste terre che sono la punta dello stivale Romano.
Dove sono gli uomini che le difendono? Dove sono i guerrieri?
Sparta ha offerto il suo aiuto, ma gli Italioti rassegnati hanno rifiutato.
Tra due mesi sarà Maggio, e la tregua che la Dea Atalanta ha stipulato col Dio Marte scadrà.
Gli abitanti della Magna Grecia, quegli invertebrati, hanno già detto che non combatteranno. Quando scoccherà la loro ora, getteranno via le armi e le insegne cittadine, apriranno i cancelli delle Poleis e lasceranno entrare i Romani.

Poveri idioti.
Credono che così facendo, Roma avrà pietà di loro e li tratterà umanamente.
Non è così, i romani sono dei barbari, e li schiacceranno. Diventeranno schiavi, e perderanno ogni traccia d'umanità rendendosi simili alle bestie.
Ma forse è giusto così: chi rinuncia a lottare non merita la libertà.
Chi rinuncia alla lotta, rinuncia alla vita.

In fondo il coraggio è una virtù sempre più rara. Persino i Cartaginesi stanno avendo difficoltà a gestire i loro inferiori Numidi.


Dovrei parlare con Perisade, cara Kyniska. Ma credo che gli manderò un piccione messaggero.
Il Regno del Bosforo è stato assalito dagli Scizi, gente barbara che tuttavia combatte con molto onore. Questi iracondi cavalieri, la cui furia non può essere fermata così come non può essere fermato il vento, stanno scendendo lungo la Colchide e molto probabilmente raggiungeranno l'Armenia e poi la Frigia.
Ma cosa te lo dico a fare, schiava. Che ne sai tu della Colchide e della Frigia, tu che neppure sai dov'è che ti rinchiuderò prigioniera?

Ho scritto a Perisade e gli ho detto,
che è importante ammettere la sconfitta, soprattutto se ci si ritrova davanti a dei nemici tanto valorosi come gli Scizi, che certo sono barbari, ma tanto quanto i Cimmeri che egli governa e che non sono da meno, che barbaro è il suo sangue, lui che è un Trace. Bisogna in questi casi essere pronti al perdono, poiché nella vita ognuno lotta per ritagliarsi un proprio spazio e lo fa strappando lembi di terra al giardino del proprio vicino.
Ma la Cimmeria ha ancora una ragion d'essere. Gli Scizi non sanno navigare: quei barbari infatti sono così stupidi che non sanno assemblare due o tre tronchi per fabbricarsi una barca o una zattera, e se anche ci riuscissero, verrebbero travolti dalle onde e dal vento, annegando a mare.

Perisade deve parlare con quella gente metà uomo e metà cavallo, e deve dimostrare a quelli che la sua vita ha un significato.
I porti della Cimmeria trasportano ogni giorno il grano, la carne e il vino della Grecia, e possono essere offerti agli Scizi in cambio di ferri, legname, monete, ma soprattutto amicizia.

Se avessi i soldi di mio padre, pagherei una di queste legioni di cavalieri per rovinare Antipatro.

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Forse lo hai già dimenticato Kyniska, ma prima avevo detto: se Atene piange, Sparta non ride.
Ora io devo correggermi,
Sparta ogni tanto sorride.

Eudamida e Cleomene sono a Delfi e consulteranno l'Oracolo: forse Sparta prenderà le armi contro Antipatro per liberare Gortyna e se il caso ce lo consente, spezzeremo le catene anche a quei senzapalle degli Ateniesi, senza i quali noi non potremmo sopravvivere. La guerra è in ogni caso inevitabile, e ora ti spiego anche perché.

Ma noi non andremo a Delfi. Tu verrai con me in Epiro.

Eace è morto. Neottolemo è morto. Persino Olimpia, la madre di quel bastardo di Alessandro Magno, è morta.
Si stavano ingozzando di vino e maiale, sono stati tutti avvelenati, e forse io so da chi.

L'unica leggittima erede al regno d'Epiro era Cleopatra, la sorella di Alessandro, che è d'animo lento. I Taulanti stavano già sfregandosi le mani vedendo vacante il trono e sarebbero certamente scesi dalle foreste Illiriche, se Sparta non avesse battuto un ciglio.

Cleopatra è ora mia prigioniera, proprio come te, Kyniska.
Non sei felice? Pulirai il pavimento in compagnia della Sorella di Alessandro Magno. Diventerete ottime amiche.

E' il mio ostaggio. Vedremo quale sarà la risposta dei Macedoni.
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Messaggio Da Alice Gio Apr 27, 2023 11:56 am

Il libro di Talia



Mio caro diario, come stai? È passato molto tempo dall'ultima volta che mi sono fatta vedere, tu forse penserai che "era soltanto due giorni fa" però per me è importante dedicarti del tempo, il tempo che passo con te è una una piccola finestra sul paradiso, mi immagino mentre scrivo come se stessi parlando con un mio vecchio amico, sdraiati su un disteso prato smeraldo traboccante di fiori di ogni colore sotto un limpido cielo terso sotto una possente quercia a cercare riparo dai cocenti raggi del sole, ieri ho compiuto dieci anni, finalmente anche io, come la mamma ed il papà ho due cifre nei miei anni, sono molto orgogliosa di questo mio traguardo, non so come spiegartelo ma è veramente una bellissima emozione! Sono certa che anche tu sarai d'accordo con me tra quattro anni.




Ormai sono diventata brava a scrivere, prima facevo un sacco di pasticci e quando rileggo le tue prime pagine non sono nemmeno sicura che quelle che ci siano scritte siano veramente parole o simpatici scarabocchi, poi ho imparato a fare i conti, sono molto felice di questo, finalmente posso aiutare la mamma con il suo lavoro, anche se per aiutare papà dovrò prima diventare brava con le lingue, non sono cosi incapace se devo essere onesta, ma ogni volta che cerco di parlare con qualcuno che non sia papà le parole quasi spariscono da sole dalla mia testa come se non le avessi mai sentite in vita mia, è veramente frustrante però papà dice che è normale e non devo avere fretta, vorrei dargli ragione ma non riesco a non sentirmi triste pensandoci.




Una notizia che mi lascia ancora confusa è che, a detta del Rabbino, siamo diventati un popolo libero, sono felice ovviamente, però gli adulti sembrano cupi, dovrebbero essere tutti felici, abbiamo ottenuto ciò che abbiamo sempre desiderato, non dovremmo festeggiare? Eppure io vedo famiglie preoccupate, tutti in città sono più agitati di prima, molti parlano di un imminente sciagura e stanno pensando di andare via verso l'ignoto, in terre lontane alla ricerca di un futuro migliore.




Io veramente non li capisco, pensavo di essere diventata grande abbastanza eppure ancora non riesco a capirli, cosi come ancora non sono capace di capire tutti questi discorsi su Dio e sugli altri dei che in realtà sono falsi siccome esiste solo un unico Dio che è Yahweh e che lui ci ama tutti e che lui ci protegge e altri discorsi noiosi del Rabbino, ma non dire a nessuno che te l'ho detto, mi sgriderebbero e mi costringerebbero a leggere di nuovo altri noiosi testi sacri per punizione ed ora sono troppo alle prese con il libro che sto leggendo per potergli dare retta.




Altre cose da raccontarti, non mi vengono in mente, quindi divaghero per un poco nel raccontarti di altre cose strane che ho sentito o che ho udito, ad esempio, ho saputo di un uomo che aveva deciso di fermare i mari, veramente un buffo signore, da quello che ho sentito in piazza costui era molto arrabbiato, non ho capito per cosa, però diceva di un dono di un certo poseidone che non era stato apprezzato e che dunque avrebbe chiuso i mari, onestamente non ci ho capito nulla, in ogni caso gli adulti sembravano felici quindi non penso sia un qualcosa di cui preoccuparsi, forse semplicemente aveva litigato con sua moglie? O forse sua moglie non aveva gradito un suo dono? Oh no, come ho potuto essere cosi sciocca! Questo uomo è innamorato, ha provato ad ingraziarsi il padre della sua dama, suppongo che sia lui questo "Poseidone" però evidentemente egli non ha gradito ed ora sta cercando di sfogarsi contro il mare, un pochino mi fa pena, se sapessi dove vive gli preparerei dei biscotti, sono diventata brava! Un tempo erano o neri ed amari o mollicci ed immangiabili, adesso sono dolci ed un pizzico croccanti!




Sai... ogni tanto ci penso, la mamma ed il papà mi hanno insegnato tante cose, ed è molto divertente ascoltarli, però ogni volta che gli chiedo qualcosa sul mondo fuori dalla terra santa loro diventano cupi e cambiano l'argomento dicendomi che solo quando avrò compreso gli insegnamenti di Dio potrò capire il mondo esterno, questa cosa mi confonde, non ha senso, non ha una logica, un motivo, un inizio ed una fine come i conti che facciamo quando vendiamo pane e biscotti, non è come un libro che inizia, ti spiega tutto e dopo ti lascia pensare con la tua testa e farti le tue opinioni. Ma lasciamo perdere, meno parliamo della religione e meno mi sento a disagio, a proposito di disagio, ricordi, ti ho detto che tutti dovrebbero essere in festa, tutti dovrebbero essere felici, invece i grandi signori, i ricchi nobili sono i più cupi di tutti, i non ebrei della terra santa ci guardano peggio di prima, forse è questo quello che spinge gli adulti a preoccuparsi? Questa sera a cena mamma e papà mi diranno che anche loro hanno intenzione di partire, lo so perché gli ho sentiti discuterne mentre erano in pausa, io non voglio andarmene, ho tanti amici qua, le persone sono simpatiche e soprattutto, in altri posti non avrei nessun libro da leggere, forse la colpa è in parte nella mia lentezza nel imparare le altre lingue, ma non è colpa mia, scrivono in un modo veramente strano, a parlare mi basta copiare i suoni, ma leggere è difficilissimo, mi confondo con le nostre lettere, le maschio e quindi cambio intere parole in nuove parole senza un senso o con un significato totalmente diverso da quello di origine. La mia unica speranza è, siccome stanno aspettando così tanto per dirmelo, forse non sono veramente convinti di partire, forse ho ancora una possibilità di rimanere qui, nel mio piccolo mondo felice senza dover avventurarmi oltre l'immenso mare, però sai, ora che ci penso, è come se diventassi la protagonista di uno dei libri che tanto mi piacciono, la differenza sarebbe che non sarei una prescelta di Yahweh a differenza di tutti i protagonisti che conosco, ma immagino che potrebbe essere divertente!




La mia unica certezza è, se dovessi mai andarmene con la mamma ed il papà verso terre lontane, ti prometto che ti porterò con me 
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Messaggio Da Ferdinand-Foch Ven Apr 28, 2023 1:59 am

Cronache Tolemaiche 
[Maggio 320 A.C.]




[Occhio di Ra]




Trovata una sistemazione stabile qui ad Alessandria, mi sono presto adattato allo stile di vita movimentato che obbliga i suoi abitanti; notevolmente differente dalle tempistiche assai più calme, quasi meditanti, di Menfi o ancora peggio dei villaggi dell'Alto Egitto. 
La ricerca di un lavoro è stata dura, forse a causa della mia precedente esperienza ho sottovalutato le capacità di questa città: provenendo da un villaggio remoto in cui di Scribi vi erano 2 massimo 3, una volta appresa l’abilità di scrittura per me fu semplice trovare una sistemazione e una paga; mentre in una imperiosa città come questa in cui di Scribi ce ne sono, io sono un semplice granello di sabbia di una vasta spiaggia. 
Con il favore degli Dei, a cui più volte ho pregato, il mio ruolo nella società è stato trovato, con questo ho comprato casa in un quartiere benestante; onestamente di abitare tra i ricchi o i poveri non mi fa differenza, a me occorre un tetto sulla testa e gli strumenti per scrivere.




Finiti i convenevoli è ora di scrivere di un evento assai importante che non riguarda Tolomeo o l’Egitto, ma la mia personale vita, di cui sicuramente voi lettori poco vi importerà, ma è un tassello fondamentale per il proseguimento della mia storia.
Un giorno di qualche tempo fa, mentre tornavo dal Tempio dove insegno la scrittura e la lettura ai bambini nobili di Alessandria, patrimonio di questa Città, quindi ruolo di cui vado estremamente fieri, ma non per questo non stancante; mi dirigo verso casa con andatura barcollante a causa del colpo di sonno che presto mi avrebbe condotto nel mondo dei sogni, proprio sulla strada poco prima della mia umile dimora accade un evento che non saprei descrivere: strano, non umano, per cui divino mi verrebbe da pensare. Ma “strano” era la parola che attribuivo a quell’evento in quel momento mi conquistò la mente. 




Il Sole raggiante stava calando, abbandonando il mondo di noi vivi per far visita alle anime morenti recluse nel mondo dei non morti del Dio Osiride, quindi la luce intorno a me si stava pian piano sopendo e presto i l mio occhio avrebbe smesso si indicarmi la via verso casa. Sforzando la mia mente, ripescando tra i miei ricordi, solo ora che sto scrivendo mi rendo conto che questo fenomeno Divino in verità cominciò ben prima di quando me ne resi conto veramente. Il Sole stava calando e la luce svanendo, come ho appena scritto, ma Io ricordo esattamente come intorno a me: la strada battuta e le abitazioni intorno a me, erano visibili come se in mano avessi una candela, anzi come se il mio corpo fosse fonte di Luce. 
A questo non ci feci caso, forse a causa dei miei pensieri o anche per la stanchezza e il desiderio di far crollare il mio dolorante corpo sul letto e dormire.




Con il capo abbassato a causa del collo dolorante e la mente offuscata, prosieguo meccanicamente, come se il corpo andasse da solo, verso casa destreggiandomi tra quelle che in verità erano finte tenebre, ma non per il me abbattuto. Svoltata l’ultima curva oltre la quale sulla sinistra avrei trovato la mia casetta, anch'essa in attesa del  mio ritorno, poiché sola abbandonata per tutta la giornata era desiderosa di offrire calore e protezione a qualcuno. Alzo il capo e mi ritrovo dinanzi al mio unico occhio uno scenario diverso da quello reale: la strada dritta inizio a distorcere ondulando e formando curve, tutto ciò che stava intorno a me e al percorso si oscura completamente, ma di un nero profondo e imprescutabile. Come se Il mio corpo ritto e quella strada distorta ci fossimo ritorvati in un Mondo di un nero vuoto riempito solo dal bianco della mia veste, dal marroncino della mia pelle e da quello della strada. 




Rimasi fermo impietrito per non so, il tempo in quel mondo sconosciuto avanzava in modo diverso, a me pareva di esser rimasto lì immerso nel vuoto per anni se non decenni, ma quando venni sputato di nuovo nella Terra dei Mortali appresi che di tempo ne era trascorso poco; scrutai verso tre le ombre delle case lontani gli ultimi tiepidi raggi di sole.
Ritornando a quel momento: il mio ultimo occhio inizio a prudermi, ma il braccio come detto pareva pietra, e passata quella irritante sensazione iniziò a bruciarmi come se dall’interno l’intero occhio mi stesse andando a fuoco. La palpebra potevo muoverla e la chiudevo ad intermittenza, magari così un po di aria si sarebbe mossa e avrebbe alleviato il dolore; nel fare questo veloce movimento mi accorsi che proprio di fronte a me, alla fine del percorso dilaniato, si andava a formare una casa: era Casa Mia.
Non a caso prima ho scritto di  questa casa come se si trattasse di un essere vivente, nonostante sia, o almeno dovrebbe, essere un oggetto privo di anima questa esperienza mi induce a pensare che forse non è proprio così.




Svanite le fiamme interne e il mio corpo da pietra divenne leggero come piuma, ripresi possesso dell’abilità del movimento e capii in mente mia che l’unico modo per scappare da quell'incubo era entrare in quella casa. Mentre camminavo, saranno stati poco più di 10 passi, ma mi parevano 1.000 in quel momento; pensai proprio a questo: forse il tutto è un incubo, in verità mi trovo a casa nel mio letto a dormire, forse il Dio dei Sogni Cattivi (gli Incubi) Seth so stava prendendo gioco di me. Mai pensiero fu più sbagliato.
Arrivo dinanzi alla porta, faccio un respiro profondo, e anche ora mi resi conto di una cosa che in quel momento non ci feci caso: il mio corpo autonomamente respirava, ma di aria intorno a me non c’era; presi coraggio e sfondai la porta di legno carico di rabbi, volevo svegliarmi da quell’incubo preferendo ritornare a lavoro che stare lì. 




Entro. 
Quella era effettivamente casa mia, riconoscevo la disposizione del tavolo, sedie e letto, ma ci stava qualcosa a me totalmente sconosciuto al centro della stanza: un piedistallo di marmo nero pece, lo stesso nero di cui era formato il Mondo fuori, cosi profondo che osservato sembrava infinito. 
Sopra a questo piedistallo un oggetto scintillante, anche qui non c’erano candele e nessuna fonte di luce se non il mio corpo e quell’oggetto.
Mi avvicino ed era una piramide d’oro ovviamente di piccole dimensioni, istintivamente la prendo e la apro come fosse un forziere: dentro vi era un Occhio d’Oro il corpo mio si muoveva senza che io glielo ordinassi, presi in mano quell’occhio, con l’altra lasciai cadere la piramide che al contatto con il pavimento non fece rumore, spostai la benda dall’occhio e lo infilai nella cavità.




Horus (Oro) Dio dalla testa di Falco, e Dio dei Sogni,  il cui culto era diffuso e predominante in tutto l’Egitto ai tempi dei grandi Faraoni, ora terribilmente in declino, mi aveva donato il suo Occhio Dorato. 
La leggenda narra che Seth fratello di Horus, nonché Dio degli Incubi, odiasse profondamente Osiride il più Bello e Potente tra gli Dei ammazzandolo. Horus mosso dalla sete di vendetta si scontrò con suo Zio Seth il quale lo ferì strizzandogli l’Occhio facendolo cadere nel Mondo di noi Mortali. Mi svegliai di colpo per terra in mezzo alla strada con la tunica sporca di polvere, senza farmi troppe domande mi alzo e vado a casa, mi sentivo ancora più stanco come se avessi appena combattuto a mani nude contro un cammello impazzito. Apro la porta e trovo sollievo nel non vedere nessun altare nero, mi distendo sul letto chiudo l’occhio e trovo conforto rillasando i miei muscoli. 
L’indomani appena sveglio andai vicino alla bacinella di acqua cristallina presa dal Nilo per pulire ed eliminare gli ultimi residui di sonno, osservandomi nell’acqua vidi di avere l’Occhio di Horus conficcato nel mio viso.




Questo oggetto permette all’uomo che lo utilizza di poter vedere il mondo con la visione di un Dio e ora è qui non tra le mie mani, ma conficcato nel mio viso. Attraverso esso posso scrutare ogni angolo di questo mondo, vedere uomini mai visti prima, ma di cui conosco il loro nome per fama e ascoltare le loro conversazioni come se le mie orecchie fossero lì. 
E’ forse questa l'abilità che chiamano “onnipresenza” e "onniscienza" che possiede un Dio ? 
Si, deve essere questa e ora sfrutterò questo dono per arricchire i miei testi con contenuti provenienti anche da altri Regni e non solo, adesso potrò seguire il mio Eroe da vicino senza che lui se ne accorga riportando le sue gesta con una minuzia nei dettagli imparagonabile.




[Conquista della Cilicia]




Nei giorni seguenti al nefasto evento sono riuscito perfezionato l’uso del mio nuovo regalo. Inizialmente non avevo idea di come attivare il suo potere: mi sono impegnato nel formulare delle parole magiche, nel muovere le mani in determinati modi, cospargere il mio corpo di olio e miele, ma nulla. Gli unici risultati sono stati sentirmi un idiota e la pelle irritata per l’olo; dovrò curarmi in qualche terma, ma il danaro scarseggia.
Fatto sta che la chiave per sprigionare il potere di Horus sta nella preghiera e onestamente ora che lo scrivo mi sembra una cosa abbastanza scontata, non ho idea del perché io abbia provato a muovere le mani e pronunciare parole senza senso. Nella preghiera il mio occhio umano e quello divino si apre come una finestra sul mondo, mi sento come trasportato su nel cielo tra le nuvole come un falco che osserva dall’alto gli uomini.




L’occhio non solo mi permette di muovermi nello spazio, ma anche nel tempo quindi sono perfettamente in grado di scrivervi di eventi accaduti in momenti diversi; la mia curiosità mi ha spinto a vedere fin dove potevo andare indietro nel tempo e il risultato è stato un fortissimo mal di testa, il quale aumentava più indietro andavo.
Qualche mese fa nel Palazzo di Alessandria ho visto il mio Eroe discutere con i suoi fedeli Generali riuniti intorno ad un grande tavolo strapieno di cibo e vino. Questi conversavano animatamente, alcuni sorseggiavano e altri parlavano con la bocca stracolma di cibo sputando dei pezzettini ad ogni parola. Su di una parete una mappa raffigurante l’Impero di Seleuco e di Antigono, con delle zone colorate che rappresentano i bersagli da conquistare: tra questi vi erano la Cilicia, la Frigia, l’Armenia e la Siria.




La conquista della penisola Anatolica è iniziata con una battaglia navale al largo dell’Isola di Cipro tra le navi Egiziane, con all’interno i soldati Macedoni di Tolomeo, e le navi di Antigono già pronte ad invadere l’isola segno che l’ex Generale di Alessandro Magno aveva in mente una imminente invasione. La battaglia navale si è conclusa con una schiacciante vittoria soprattutto grazie alle imbarcazioni egiziane tra le migliori del Mediterraneo. Con l’isola al sicuro e come base da cui lanciare l’invasione terrestre, i soldati guidati da Tolomeo sono sbarcati in Cilicia iniziando una lenta, ma imperante conquista del territorio. La caduta della città di Selinous ha segnato la definitiva presa della Cilicia mal protetta dai soldati di Antigono, che a sua discolpa può recriminare di aver subito un doppio attacco: Tolomeo in Cilicia e Antipatro di Macedonia in Tracia. 




Prese anche Iconio e Torace la conquista era ultimata, ma vedendo il potere di Antigono disgregarsi a causa delle due guerre, vedendo le sue difese spezzarsi facilmente dai colpi dei Macedoni, Tolomeo decise di avanzare anche nella Frigia seguendo la costa sud della penisola fino a Ionia. Presi i principali porti della costa, snodi importanti del commercio locale, l’Impero del piccolo Antigono cadde definitivamente con la conquista del nord della penisola da parte di Antipatro: il Ponto, la Cappadocia e Paphlagonia cambiarono padrone. Di Antigono nessuna traccia, forse catturato dai soldati Macedoni oppure scappato in Oriente cercando rifugio tra le braccia di Seleuco.




[Creta]




Caso più unico che raro quello dell’isola di Creta terra del feroce Minotauro. Questa isola strategica immersa alle porte dell’Egeo in principio di questa storia apparteneva quasi tutta ad Antipatro, le città commerciali più importanti erano a lui fedeli, tranne Gortyna che parteggiava per Sparta e i suoi alleati. Con un abile colpo di mano Antigono riuscì ad eludere le difese Macedoni ed invase l’isola, ancora una volta con l'eccezione della seguace Spartana. Sotto commissione degli stessi Spartani, Tolomeo è stato ingaggiato per conquistare l’Isola e consegnarla nelle mani dei greci, in cambio di alcuni favori commerciali come un abbassamento delle tasse per quanto riguarda lo snodo di Siragusa, altra scagnozza Spartana. 




Vista l’imminente guerra contro Antigono e i piani di conquista dell’Anatolia, venne accettata la missione e in poche settimane le poche difese nemiche vennero spazzate via e l’isola consegnata ai greci.
    Fin qui tutto normale, nulla di eccezionale, il bello di questa storia arriva ora: dopo aver consegnato le chiavi dell’isola ai greci, gli uomini fedeli ai Macedoni si ribellano e cacciano via dalla loro isola gli Achei sventolando i vessilli Macedoni e richiamando a gran voce il loro Sovrano Antipatro. 
La Regina di Sparta, spazientita, ha chiesto nuovamente i servigi di Tolomeo promettendo altri benefici commerciali in cambio della riconquista dell’Isola. Questa volta però Tolomeo non intenderà consegnarle il popolo di Minosse, il quale ha fatto capire molto chiaramente di non desiderare la tirannia spartana. 




[Guerra d’Amore]




Tolomeo poco prima di partire per affrontare il brutale Antigono ripudia la sua seconda moglie. Alla base di questa apparente scelleratezza vi sono due motivi, uno più importante dell’altro: la moglie di origine persiana non è ben vista dal popolo egiziano, il quale odia completamente la Persia e i suoi figli a causa di antiche rivalità; secondo motivo, forse il più importante, è che il cuore di Tolomeo è stato catturato dalla bellezza di Nicea figlia di Antipatro Re di Macedonia. 
Lei, la più bella del reame, condivide l’amore di Tolomeo: di lui ne è pazza, ma Antipatro abbandona le vesti di Padre giusto per quelle di carceriere impedendo l’amore tra Nicea e Tolomeo. Nonostante questo la Bella è riuscita a fuggire dal carcere d’oro costruito dal Padre per congiungersi con il suo amore Tolemaico, al largo dell’Egeo vi era una nave di pescatori egiziani bloccata lì da un mese intero a causa di una forte tempesta mai vista prima, sembrava che gli Dei volessere per qualche assurdo motivo che quei pescatori rimanessero lì fermi, forse ad aspettare proprio Nicea ? 




Questa si fa trasportare dai due pescatori fino ad Alessandria, consegnando loro alcune monete d’oro. Finalmente tra le braccia muscolose del suo amore, la tranquillità non prese spazio nei loro cuori: sapevano che finché il Padre Antipatro non avesse dato a loro il suo consenso quel matrimonio non sapeva da farsi. L’unica soluzione era un duello non individuale fra i due ex Generali Macedoni, ma tra i loro eserciti: il vincitore si sarebbe preso Nicea e magari anche qualche pezzo di territorio come premio ai soldati valorosi. 


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Messaggio Da Rhaenyra Ven Apr 28, 2023 10:21 am

Quo Usque Pro Roma Ibis?

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Maius, CDXXXIV a.U.c

L’assedio di Mediolanum

Il pretore Flamma Violente riconosce uno degli altri legates di Cursore “ Romilio? Ave Romilio! Ho sentito della vittoria di Papirio, devi raccontarmi!”
Gneo Romilio Pulcro riconoscendo anche lui il legatus Volumnio “ Ave Volumnio! È vero allora, hai fatto carriera, congratulazioni mio praetor! Ebbene ora ti racconto ma prima prendiamoci del passum e sediamoci…

...“
Mentre ci accingevamo sulle mura della civits, i barbari si difendevano con le unghie e con i denti, ma questo non bastava, le nostre centurie continuavano a scalare le loro mura.
E dopo svariati sbudellamenti e decapitazioni, ci siamo fatti strada lungo la cinta muraria a colpi di pugnalate nei loro petti, quei galli non potevano competere con il combattimento ravvicinato dei nostri xiphos, ma affrontare tutte le tribù cisalpine unite in una sola fortezza non era affatto semplice, all’inizio il numero paritario tra le nostre truppe e le loro, sembrava puntare verso un annientamento reciproco, ma noi siamo romani, più disciplinati ma sopratutto più determinati; Il morale avrebbe giocato un ruolo chiave nella battaglia, ma non era questo il caso, dopo ore di combattimento infatti, al solo vedere le altre legioni di Cursore arrivate per dare man forte, i galli invocano la dea lunare, Luna, che chiamano con qualche loro strano nome.
La divinità iniziava a rispondere alle preghiere di quei barbari facendo risplendere la Luna sempre di più, fino a quando il suo bagliore non diventava insopportabile da sostenere e quei vigliacchi non hanno perso tempo a svignarsela via mentre eravamo accecati.
Ma devo dire che ne è valsa la pena, la dea Luna dire che era stupenda sarebbe stato un insulto, i suoi capelli argentei, lo sguardo vitreo e la pelle diafana.
I celti sono fortunati ad avere una tale protettrice!”

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Volumnio lo guarda desiderando di aver preso parte all’assedio “I celti provavano a tenere testa allora, che battaglia e la Dea poi! Che spettacolo per gli occhi.”
“Il migliore” rispose il compagno
Volumnio si ricordandosi della promessa di Julia Candida inizia a chiedere “Romilio, durante il tuo ritorno, hai per caso conosciuto uno degli Occulta Speculatores di Cursore? Il suo nome è Julia- Ehm, Julius Candidus.”
Romilio gli risponde “Non ricordo di nessun tale che si chiama in questo modo Volumnio, come mai? È un bel ragazzo? Haha”
Volumnio alza lo sguardo al cielo distendendosi e sorseggiando dal suo bicchiere di passum “Non immagini quanto”
Romilio tra un risata e l’altra “Haha vecchia volpe, ho sentito dire che hai conosciuto anche una bellissima ninfa umbra eh? Qual è il suo nome? Valeria, Galeria?”
Volumnio si stizza di colpo sputando il passum, sgranando gli occhi e schiaffandosi la fronte
La testa di Elbio!
Romilio ride di gusto dal vedere la reazione di Volumnio “La testa di Elbio? Non mi dire che gli hai promesso la testa del condottiero etrusco hahahaha”
Volumnio si volta per guardare Romilio “Non farti ingannare dal suo aspetto ipnotico, quella mi farà sicuramente visita qui a Roma farò la stessa fine del cognato!”

Primi inter Pares

Dopo le vittoriose campagne in Italia, i due consoli emeriti, Marco Furio Camillo e Lucio Papirio Cursore, tornarono a Roma entrambi sull’auriga da viri triumphales, il corteo allestito fu glorioso, vennero accolti da salvatori della Repubblica.

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Con il loro mandato scaduto, il senato doveva riunirsi per eleggere i nuovi consoli e dalle votazioni uscirono due nomi

Quinto Fabio Massimo Rulliano, dell’antica gens Fabia, un optimate, un politico molto conservatore e un illustre comandante, servì come legato nelle legioni di Camillo durante la campagna in Magna Graecia con eccelsa dedizione e a seguito di molte vittorie, gli venne assegnato il cognomen “Massimo” da Camillo stesso, è anche una persona particolare, è violento e irascibile, da questo deriva il suo secondo cognomen ma ama il popolo romano, si sacrificherebbe per esso, il che è strano per un optimate, è un caso su mille.

D’altra parte invece, il futuro co-console sarà Appio Claudio Cieco, anche lui proveniente da una famiglia antica, la gens Claudia, facente parte dello schieramento dei Boni, Cieco è nominato tale per via della sua ciecità, si vocifera che sia un castigo di Giove per aver copulato, da giovane, con una schiava gallica;
È il membro più anziano del senato, è rispettato da tutti e la sua parola viene considerata da tutti gli schieramenti politici, una persona venerabile dal temperamento mite, molto tollerante verso gli stranieri, ma non metterebbe mai Roma in una posizione di svantaggio rispetto ai rivali d’oltremare o d’oltralpe.
Vorrebbe inoltre estendere la cittadinanza a tutti i popoli “cugini” di Roma.

Senatusconsultum


Si faccia avanti il primo propositore!
“Miei patrizi, miei plebei, alla luce dei fatti, Siracusa ha aumentato spropositatamente le proprie tariffe portuali; Di conseguenza scoraggiando qualsiasi operazione di tipo commerciale che vada oltre lo Ionium Mare, che questa decisione sia stata presa per avarizia o per altro, non ci resta che voltare il nostro sguardo sull’Hadriaticum Mare, questo però è colmo di pirati, che a loro volta, spesso e volentieri si lasciano a razzie lungo la costa italica o nel migliore dei casi, chiedendo una tassa di attraversamento alle navi mercantili indifese.
Ebbene miei concittadini, miei magistrati e miei consoli, ciò che chiedo a nome di tutti i mercanti è non solo di trovare una rotta alternativa per l’oriente, ma quello di solidificare il nostro controllo sull’Adriatico e mettere fine alla minaccia sempre più crescente della pirateria rampante illirica.
Chi di voi seduti su questi spalti, non difenderebbe le nostre coste da questi barbari?”

Una voce arriva dagli spalti dei populares “Il mercante ha ragione! Conquistare la costa degli illiri metterebbe fine alle loro scorrerie!
Fabio Rulliano interviene “I populares e il propositore hanno ragione, in primis la difesa della repubblica è assoluta, in secundis l’occupazione dell’illiria gioverebbe ai nostri mercanti nonché allo sviluppo dei porti adriatici una volta che la pirateria sarà stanata, in tertiis credo di parlare a nome di tutti gli optimates quando dico che i nostri affari si mantengono molto sul commercio, dunque, la questione ci preme molto e siamo favorevoli ad un intervento.”

I boni all’unisono si scagliano contro i populares e gli optimates “Mentre voi pensate di avviare un’altra campagna, vi ricordiamo che Siracusa è pronta a trattare per delle agevolazioni!”
A quel punto i tre schieramenti iniziano un battibecco infinito “E cosa ce ne facciamo delle loro agevolazioni? Che avanzino pure le loro richieste, noi nel frattempo ci apriremo un altra strada!”

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Dopo ore intere di chiasso infernale, Claudio Cieco interviene con voce autoritaria “Silenzio, fate silenzio, state rendendo la situazione inutilmente complicata, l’alzamento delle tariffe da parte dei siracusani, è stato un atto provocatorio e sicuramente le loro “presunte” agevolazioni, non saranno convenienti quanto le precedenti tariffe, ma in ogni caso, una campagna in illiria non precluderebbe il dialogo con il tiranno Agatocle, poiché la nostra è una guerra giusta, la difesa della Patria prima di tutto e tutti, abbiamo le risorse e abbiamo gli uomini, infine, un successo in illiria ci garantirebbe un grande vantaggio, portando prosperità alla Res Publica e i nostri mercanti.

Dunque sono a favore di un intervento militare in quella regione che è ora sede di pirati.
Ora c’è qualche altro propositore? Qualcuno che vuole metterci al corrente di qualcos’altro?”
Il quaestor si fa avanti “Vorrei aggiornare il senato riguardo agli avvenimenti in Hispania e in Asia Minor, per quanto riguarda le colonie puniche nella penisola iberica, queste sono poste sotto grande minaccia da una coalizione di turdetani e apparentemente di mauri, berberi che hanno attraversato il sinus.
Invece in anatolia, sembra che i tiranni Antipatro e Tolomeo si affronteranno in battaglia, non tanto per la successione di Alessandro, ma apparentemente per una questione di amore.”
I senatori tutti sembrano ridacchiare al sentire queste notizie “C’è da festeggiare allora, alla rovina di Cartagine!
Infine il console Rulliano esclama “Se non c’è altro, possiamo dichiarare questa assemblea finita, ma prima, vorrei ricordarvi che al tregua con i greci stabilita tra il nostro amato Marte e l’infida Atalanta è giunta al termine, due legioni marceranno per le città, da come mi è stato riferito, apparrentemente sguarnite;
A capo di queste due legioni, ci sarò io, ho già esperienza con il territorio e le sue popolazioni.
Per quanto riguarda le campagne in Illiria ci saranno Lucio Cornelio Silla e Gaio Mario, due promettenti comandanti che hanno servito come tribuni durante le campagne precedenti.”


Gaio Papirio Virgilio Gallicolo

Di ritorno dalla campagna italica, dopo il grande trionfo celebrato, Cursore portò con sé l’erede degli Elvezi, Virgotorige; Il loro re, Orgetorige, ha consegnato il proprio figlio all’ex magister equitum, per educarlo alla lingua latina.
Ma la civiltà è contagiosa, attrae inevitabilmente…

“Questo villaggio è enorme, è molto colorato ed è pieno di persone ovunque ti giri e poi la pietra di queste case è così liscia, perfino la terra qui è lastricata di pietre!”
Cursore rispose al bambino “Virgilio, questo non è un villaggio, questa è l’Urbe, questa è la grandezza di Roma, fondata da Romolo; La pietra liscia che vedi, si chiama marmo e la terra lastricata si chiama via, è la strada.”

Il giovane alzò lo sguardo verso Cursore “Ma il mio nome è Virgotorige, non Virgilio!”
Cursore si inginocchiò per guardarlo negli occhi “Virgotorige si trovava ad Octoduron ed è l’erede degli Elvezi, Virgilio Gallicolo invece, si trova a Roma in questo momento, ed è il mio figlio adottivo, ricordatelo e sarai in grado di scalare i gloriosi gradini della civiltà e i suoi frutti saranno tuoi, guardati intorno Virgilio, Roma, Roma è la città eterna ed è destinata ad emergere vittoriosa su tutti gli altri.”
Virgilio gli chiese quindi "Come fai ad essere così sicuro che Roma sarà eterna?"
E Cursore con un lieve sorriso gli rispose "Perchè me l'ha detto la Sibilla."

I Libri Sibillini
Tuas sortes arcanaque fata

Partita GDR | Apotheon - Pagina 3 Domenichino-sibilla-borghese

Sotto l’antico regno di Tarquinio il Superbo, una donna di nome Amaltea, forse la Sibilla Cumana, offrì nove libri al re, al prezzo di trecento filippi, antiche monete auree;
Tarquinio rifiutò, considerando il prezzo troppo elevato.
Allora la Sibilla bruciò tre libri e tornò il giorno seguente, ma il re, con già risaputa arroganza, rifiutò ancora.
Amaltea dunque bruciò altri tre libri e tornando offrì gli ultimi rimasti ma al prezzo di nove.
Il re di Roma accettò divorato dal rimorso, poiché era in questi libri, che i fati e i rimedi di Roma vi erano scritti.
Era compito dei duumviri sacris faciundis consultare i libri.
La perdita di tali manoscritti, sarebbe la rovina dell'Urbe.
Si vocifera che Cursore e Camillo abbiano consultato loro stessi i libri, sotto il tempio di Giove Ottimo Massimo, prima di partire entrambi per le campagne italiche
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Messaggio Da Falco Sab Apr 29, 2023 11:28 am

"ANDATA E RITORNO"
UN RACCONTO GALLICO DI BILBORIX IL CARNUTO



Albione e l'Oceano

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320 AC
Giugno

"Pitea raccontò anche di una certa Thule e di quei posti dove la terra, stando a quel che scrisse, non esiste più, e neppure il mare o l'aria, che svaniscono nell'orizzonte... ma un nuovo elemento che è per noi ignoto sorge: della consistenza di una gigantesca medusa che respira e nell'Oceano profondo palpita, dentro la quale si dice che la terra e l'acqua sono in sospensione come l'aria... sussiste in essa un popolo felice, che vive di miele e idromele... al largo dell'arcipelago d'Ambra..."
"Prima di quel greco, anche un certo Imilcone... di Cartagine, aveva fatto il medesimo viaggio..."

"E tu Merlino, hai mai visto la leggendaria Thule?" lo interruppe il giovine Artù con sguardo sognante.
"Ha!!!" sghignazzò il vecchio Mago agitando il bastone, "Thule non esiste, sciocco fanciullo, sgombera dalla testa questa idea assurda prima che contamini anche te... negli anni ho visto molti dei miei più cari compagni partire alla ricerca dell'Isola che non c'è. Peccato che dal mare non abbiano fatto mai più ritorno. Agli Dei non piace chi è troppo curioso e superbo. Ascolta le parole di questo vecchio. Supera gli Scogli delle Orcadi e sarai cibo per i mostri che abitano l'Abisso, Caro Ragazzo."

E aggiunse serafico,
"Ci sono luoghi ameni, figliuol mio, che possiamo raggiungere soltanto con la fantasia e Thule è tra questi..."

Con uno schiocco delle dita il vecchio Stregone generò un fuoco che divampò, e incenerì le foglie magiche della cannabis, un erba dai poteri sorprendenti.
"Sono dell'opinione che Pitea si fosse fumato una di queste prima di partire"

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Ma procediamo con ordine.
Vi starete chiedendo cosa ci facessero Bilborix, Artù, Merlino, e persino un Gufo Anacleto su una nave.
E quale nave poi, presto lo scoprirete.

Dopo essere stato scelto Arcidruido dalle Somme Pietre di Carnàc, e ancor prima di salire sul Vascello, il buon Merlino si era diretto col suo bel carro a Nematocenna, che è la più grande città della nazione Belgica e capitale del popolo dei Nervi, un popolo che nell'indole viene giudicato nervoso... credo che già dall'assonanza del loro nome lo abbiate capito. E' dei Nervi il maggior numero di teste mozze mummificate, appese agli usci come trofeo.
Ma vi chiedo il coraggio della compassione, miei audaci ascoltatori, poiché ad una nazione costretta a repellere insonne l'infinito saccheggio dei freddi Germani non potete dire: "siate d'indole serena."
Scattante è la spada. Irrequieto è il muscolo di colui che soffre, cupo è il suo cuore. Sono acciaio i suoi nervi.

Con una presentazione del genere non immaginerete pertanto quanto baldanzosi furono i festeggiamenti degli Atrebati e degli altri, che si precedettero e si susseguirono alla campagna contro i Batavi e i Frisi nelle piane sabbiose del nord.
Quella vittoria garantì una lunga pace alla Lega Belgica che prosperò nei suoi domini, giacché gli eterni nemici Germanici erano stati spinti al di là del Reno.
Così grande era la gloria da loro raggiunta, ormai terza soltanto a quella degli Arverni, e seconda a quella degli Elveti, che persino i saggi condottieri dei Parisi vollero mettere le proprie spade al servizio della grande famiglia Belga.

Quando i tre avventori furono a Nematocenna Ariovisto sorrideva attorniato da una dozzina di ragazzuole ubriache che gli erano ammiratrici.
In quel frangente Ariovisto apparve a Bilborix come il re più allegro che avesse mai visto. E brindarono.

Dopo aver mangiato cinghiale dall'osso e bevuto fino all'ultima goccia di birra, il Cavaliere Carnuto domandò al re del Belgio 50 mila uomini, cavalli e viveri in abbondanza, e questi glie ne diede senza fiatare. Daltronde era ubriaco.
Quella gente ha sempre avuto il bisogno di popolare nuovi mondi, già in passato migrarono verso altre terre, e molti di quegli Atrebati giunsero volontari con moglie e figli, contando di restare, figliare e prosperare, fino al tramonto dei secoli.

"Buon viaggio a te e allo Stregone, e che il soffio di Belisama vi protegga!" li benedisse il re

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L'esercito marciò alla guida di Merlino e, chi a cavallo chi a piedi, raggiunsero l'Armorica.

Se bene vi ricorderete ciò che io vi dissi agli inizi di questo mio racconto, questa regione aspra e desolata, che prende il nome di Armorica, periferia di Gallia dalle larghe spiagge deserte ma sacro luogo di culto ubicato tra la terra e il mare, è la dimora della nazione Veneta; che vi prego ancora una volta di non confondere con quella gentaglia latina che sguazza nelle lagune stagnanti e che è sottomessa alla volontà di Roma.
I nostri Veneti, quelli veri, sono una nazione libera e orgogliosa, gli unici Galli in grado di navigare le acque.

Merlino spiegò a quelli che la loro missione era raggiungere la Britannia per portare a compimento il destino del ragazzo che risponde al nome di Artù, e che si diceva essere figlio di Pendragone, defunto re dei Dumnoni. I Veneti obbedirono alla richiesta del Sommo Druido, alla cui santa parola non è concessa alcuna negazione, e gli offrirono in regalo un centinaio di navi, tra le più formidabili che avessero.
Prima di salirci sopra il vecchio si assicurò che il legno non fosse di Quercia, poiché sarebbe stato sacrilego.

Dopo essersi ingraziato il favore di Belisama con un sacrificio di sangue: il più buono che ci fosse, i Belgi tagliarono il cordame che teneva ancorate le barche al molo, e il loro periglio in terra d'Albione ebbe inizio...

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Si infrangeva contro la prua della nave la bianca spuma del mare. Ogni onda pareva come un pugno, allo stomaco dei marinai.
L'oceano appariva grande e misterioso, e un'alone grigio: forse Albione, si stagliava all'orizzonte lontano.

Il tempo trascorso sulla barca non era calcolabile in battiti di cuore o in ore. Il Sole, avvolto nella nebbia, sembrava immobile, come congelato al Meriggio.
Merlino cominciò uno dei suoi monologhi mentre Artù fingeva di ascoltarlo in uno stato di dormiveglia.

Bilborix, che in tutto eccelleva men che per le sue qualità canore, si dilettò a recitare una filastrocca
che gli era stata cantata durante quel suo soggiorno a Nematocenna, e poi a Portus Itius, da un Bardo di nome Bardorico, il Bardo più baldo del Belgio

"Fredda è la mano, le ossa e il cuore. Freddo è il corpo del viaggiatore.
Non vede quel che il futuro gli porta quando il Sole è calato e la Luna è morta.

Sopraggiunse un giorno dagli Insubri il malefico InCursore, che di Mediolano è il distruttore.
Brillarono nel sangue d'Argento Belisama, il Ferro, la Luna. Accecato fu ogni Romano in quella guerra inopportuna.
Perduta malgrado la vitale battaglia, fuggirono gli Insubri coi re lasciando per terra le sparse frattaglia.
Seguirono la Luna attraverso i Regni Baschi. Furono accolti al di là delle montagne gli Insubri fuggiaschi.

A Bilbilis, quella è la città, si mischiarono ai Celtiberi. Turdetani e Lusitani combatterono da uomini liberi.
Carthago dai suoi schiavi fu in quel momento sopraffatta. Banchettavano già gli elleni sulla punica disfatta.
Siracusa a "Tartesso" con una nave era approdata. Una colonia di nome "Eracleia" molto a nord fu dai greci fondata.

Mandò suo figlio a Roma l'Elveta Orgetorige. Virgilio Gallicolo lo chiamarono, non più Virgotorige.
Come può un giusto re dare suo figlio al malefico InCursore, che del povero fanciullo ne diventa il precettore
l'Alpi, il Norico e la Foresta Nera col coraggio degli Elveti il grande Orgetorige ha di virtù conquistato, ma non si è reso conto che nelle mani d'un mostro il Figlio suo ha consegnato
dei Romani non puoi mai fidarti, nel silenzio della notte verranno a squartarti."

I gabbiani e gli albatros volavano superbi con le loro ali in cerchio, e garrivano come per sfotterli.
Sfottere è la parola giusta, dal momento che uno di quei perfidi pennuti cagò proprio in testa a Bilborix, interrompendo la sua esibizione.

Il prode Cavaliere grugnì disgustato e si fiondò a raccogliere dell'acqua marina per sciacquarsi la faccia.

Proprio in quel momento, mentre si scorse, strabuzzando gli occhi la vide,
la Britannia!

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"Tu sei un Gallo Bilborix" disse Merlino, "perciò ti avverto: su quest'Isola vedrai molti matti che scorazzano nudi tra i boschi, con i loro membri pelosi che danzano ai quattro venti. Potresti scandalizzarti."

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Come i Galli, anche i Britanni sono Celti.
Tra tutti i Celti tuttavia, i Britanni risultano essere i più lontani dal vivere civile. Daltronde essi abitano nella nebbia della civiltà lontani da tutto e da tutti, all'interno di capanne scavate nel fango, contenti di ignorare e di essere ignorati. Se non fosse per il fatto che questi uomini sono dediti al lavoro delle miniere e all'allevamento del bestiame sarebbero più simili ai greggi che essi conducono con dedizione al pascolo, che a noi esseri umani.
I Britanni sono una razza per lo più robusta, resistente ad ogni tipo di ferita o intemperia, gente segreta e laboriosa, amante delle cose che prendono forma dal rame o dallo stagno fuso degli artigiani più che di ciò che vive di una vita propria. Sono duri come la pietra, testardi, rapidi a stringere nuove amicizie e a rompere quelle vecchie. Sopportano la fatica e la fame e il dolore fisico con più fermezza di ogni altra creatura dotata di parola.
Ma non per questo sono di natura malvagia come possono esserlo i Romani o i Greci.


Sopra queste lande, il Sole non splende mai. E quando smette di piovere, soltanto la nebbia concede tregua ai suoi figli.


Albione, così veniva chiamata al tempo della Leggenda, conta due e più isole, che sono appunto le Isole Britanniche.
Una, la più piccola, si chiama "Eirinn" e prende il nome dalla dea Eire, venerata da quelli che la abitano. Secondo il mito fu lei a condurli lì. L'isola è popolata da numerosi popoli, che fanno tutti capo ad un comune ceppo Gaelico.
I Gaelici non sono affatto una nazione pacifica, ma nessun popolo Britannico può in fin dei conti definirsi tale.
Vivono di pirateria e incutono timore lungo le coste dei loro dirimpettai: i Siluri.

I Siluri sono la più potente e bellicosa tribù britannica, il loro re si chiama Carataco, ma oltre che per la ferocia si distinguono in particolar modo per il loro aspetto: infatti sembra prevalere tra questa gente il colore nero, non è ben chiaro se naturale o dipinto.
Neri sono i loro occhi. Neri sono i loro capelli. Nero è anche il loro cuore.

La costa orientale è popolata dagli Iceni, dai Cantiaci e dai Catuvellauni. Il loro re si chiama Casswallawn, egli regna un territorio immenso che percorre il fiume Tamigi con tutti i suoi affluenti.
I Briganti vivono a settentrione, adorano anch'essi Belisama che dalle loro parti prende il nome di "Briganzia", sono governati da una donna, la regina Budicca.
Se non fosse per questa donna e per la tenacia di questa gente, il popolo dei Briganti e i Britanni tutti, verrebbero soggiogati dai ferocissimi Pitti.
I Pitti dimorano su quest'Isola da molto più tempo di loro. Una grande potenza è latente nel loro petto, e sembrerebbero capaci di confondersi con le ombre: è difficile vedere i loro movimenti. Eppure si muovono. E se sono incolleriti avanzano assai veloci. Mentre tranquillo guardi il cielo o ascolti il sussurro del vento, ti può capitare improvvisamente di trovarti in mezzo a un bosco, circondato dalle loro armi.

La punta meridionale dell'Isola è invece la casa dei Dumnoni, terra di Merlino e del giovine Artù.
Da quando re Pendragone morì strozzato da un ossicino di pollo senza lasciare apparenti eredi, la corona cadde nelle mani di un usurpatore, "Strategobelluno."

Ma le leggende dei Dumnoni raccontano di un ragazzo, figlio illeggittimo di Pendragone. Questi sarebbe tornato da un lungo viaggio, in compagnia di un uomo molto saggio, un Druido, un Sommo Druido...
Il ragazzo, d'aspetto magro e smilzo, avrebbe dovuto affrontare una per una tutte le minacce che l'usurpatore gli avrebbe scagliato contro, prima di raggiungere la terra di Dumnone e sposare la bella Ginevra...


Se Artù fosse il ragazzo del quale parlano le leggende, Bilborix e Merlino lo avrebbero scoperto soltanto vivendo...


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Messaggio Da Stratega Capo Sab Apr 29, 2023 5:14 pm

320 AC Giugno


Dalle memorie di Antipatro,


Notte del sacrificio sulle colline di Pella.
Finalmente era riuscito ad ottenere la visita divina desiderata,
ma ancora non lo sapeva.
Era rimasto solo, perché le guardie una volta terminati i sacrifici erano tornate a Palazzo.
La foresta non era silenziosa, dal buco nel terreno provenivano ancora lamenti terribili e Antipatro temeva d’aver riempito ormai il pozzo e che quella notte dei vivi potessero fuggire e parlare.


Antipatro vi gettò qualche sasso, sperando che i lamenti si spegnessero, ma nulla di ciò cambiò.


Il Basileo si scostò dopo aver sentito un rumore insolito, pensava che qualcuno volesse attaccarlo alle spalle. Ma non vide nulla, decise quindi presto di cercare qualche masso abbastanza grande da tappare la voragine. La foresta era scura e le torce si stavano per spegnere e nonostante la ricerca del Basileo non fosse finita si esaurirono.
Antipatro, temeva la morte, non il buio, era pur sempre un forte militare! E quindi tentò di riaccenderle con alcune scintille ancora ardenti ch’erano a terra.
Mentre si chinò sentì un vento gelido per la schiena, se lo sentiva che era accaduto qualcosa, pensava un lupo, un cinghiale, ma era un dio.
Si voltò lentamente e questo fu quello che vide: una figura simile ad un uomo ma alta quanto un centauro, la pelle era scarna e scavata e il suo colore era blu, tutto blu, se non la veste nera e i suoi occhi, unica parte visibile della faccia, il resto era coperto dal cappuccio della veste. Quel mortale in vita sua aveva già visto dei cadaveri, ma gli occhi rosso fuoco lo intimorirono, anzi, rosso sangue.


Si osservarono ad alcuni piedi di distanza
Sei Ade vero?” “Sì mortale, era giunto il momento che venissi da te”
Antipatro, era un uomo coraggioso e decise di parlare schiettamente al dio
Perché giungi solo ora da me? Ho per caso sacrificato troppo poco per vederti prima?” “Mortale, non t’è chiaro chi sono? Io sono Ade, deo dell’Oltretomba e Guardiano delle Anime dei Morti! Tu sei stato uno dei pochi Re che ha compreso il mio potere per paura o per saggezza, ciò non giudico; tu mortale hai compreso la mia Grandezza ed era giusto che venissi.”


Dal pozzo provennero altri versi indicibili e sommessi
Sono i sacrificati?” “Si mio Signore…” “La prossima volta sacrificali meglio”
Ad un gesto del braccio di Ade dai cespugli arrivarono alcuni serpenti che si gettarono nella buca coi denti scoperti mettendo fine ai rumori e alle sofferenze.




La conversazione prosegui senza disturbi, senza fuoco, poiché bastavano gli occhi della divinità per illuminare lo spazio.


Ade spiegò che era stato scelto per essere un eroe, come Achille o Ulisse.
Ed Io sono stato scelto dal Destino per aiutarti, così diceva la profezia, stai in guardia piccolo mortale, in molti tenteranno di opporsi, ma come ad Ilio, il conflitto è appena iniziato. Quando fra pochi giorni inizierai a muoverti contro Antigono io sarò al tuo fianco. Basta che tu mi chiamerai e io verrò, perché oggi è necessario. Sappi anche che sto per fermare una nave nel mare, carica di sicari, proveniente dall’Egitto, per salvarti.



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Difatti quando un paio di giorni dopo Antipatro mosse armi contro Antigono, falso monarca e sottrattore di Cnosso, le armate Macedoni presero l'integrità della Tracia in un solo mese, per poi prendere Bisanzio e venire in Bitinia e Paflagonia.
Purtroppo anche Tolomeo, Re degli Egizi, aveva scelto di attaccare Antigono e strappò ai Macedoni molte terre, quali la Frigia, la Ionia e la Cilicia.
Tutte le navi che da ora avessero voluto attraversare il canale di Bisanzio avrebbero dovuto versare quote, ben definite, ossia dieci centesimi del loro carico.


Due mesi dopo Creta venne riconsegnata a Noi Macedoni, la massa pensava ad una ribellione popolare, stremata dal passaggio di Antigoni, Tolomei e Spartani, questi ultimi fra l’altro non possiedono arte marittima.
In realtà fu il volere divino a contagiare quegli analfabeti contadini e ad ispirarli alla Macedonia.


Antipatro, stanco di guerreggiare sospese le operazioni e richiamò i soldati a casa, lasciò solamente un sottoposto e pochi uomini in Paflagonia, per controllare la terra.
Il Basileo ringraziò Ade, nonostante non sapesse per nulla cosa stesse succedendo sull’Olimpo che lo riguardasse tanto da giustificare la visita di una delle tre divinità Padri. Quella notte sognò uno scontro, vide Ade che pestava la nipote Atena, dea della saggezza, ma anche della guerra strategica, che dopo alcuni colpi si destava e riusciva a fuggire. A FUGGIRE! Atena fuggiva lo scontro! Antipatro si ributtò sulla stuoia intuendo un presagio positivo.


Invece alcune Lune dopo (Lune perché per volere del Basileo il passare dei giorni cambiò nome, in onore delle tenebre) Atene fuggì dall’egida Macedone. Tuffandosi nelle braccia degli Spartani, come nemmeno fece Alcibiade tempo prima.
Le gigantesche fortezze che si ergevano nella città e nell’Acropoli ora minacciavano Pella e non più il Peloponneso.
E le notizie brutte non erano ancora finite, se Atene si era opposta ad Ade ora Atalanta era riuscita a rapire il Cupido per far innamorare la figlia del Basileo Nicea e Tolomeo d’Egitto. E in seguito Nicea scomparve nel nulla. Il Basileo venne a sapere che era in Egitto.  
Antipatro si disperava: “Come aveva detto Ade? Come?!”
Poi si ricordò di quando Ade nominò Ilio e così comprese a malincuore che tentare di opporsi agli dei non era saggia cosa e per questo come da racconto di Ilio ordinò alle sue armate di prepararsi alla guerra contro i Tolomei.  
Quella notte sacrificò ancora ad Ade affinché lo aiutasse a recuperare la figlia Nicea, corrotta e rapita dal Tolomeo, e affinché vincesse la guerra.
Parte delle sue legioni erano semplicemente sparite, si erano allontanate dalla Paflagonia rincorrendo gli ultimi Antigodi, lasciando incustodite le terre e nessuno sapeva più dov’erano.


Mentre questo accadeva gli arrivò voce che gli Spartani avevano rapito Cleopatra dell’Epiro, sorella di Alessandro Magno e che chiedevano un riscatto.
Quei poveracci non sanno più cosa inventarsi” pensò “perché dovrei pagare denari per una donna nemmeno mia familiare” e si preparò ad accogliere degli Ebrei, quando sarebbero arrivati, contandoli avrebbe scelto il loro spazio. Normalmente non accettava quella strana gente, ma si sentiva in dovere di accoglierli per qualche motivo.


Allo stesso tempo Antipatro, sotto consiglio divino, aveva scelto di trattare con il suo nuovo vicino: Roma. Una guerra anche con loro aveva detto Ade non sarebbe stata assolutamente possibile.




Suo figlio Cassandro però, su Cleopatra aveva tutt’altra idea, e gli Spartani dopo il secco rifiuto di Antipatro andarono dal figlio, innamorato pubblicamente e da tempo della bella Cleopatra, chiedendogli un riscatto da Principe, diecimila misure di tronchi d’albero. Il messaggero aveva anche un dito della donna come prova.  
Cassandro disse al messo di correre a Sparta, dicendo che avrebbe fatto portare la somma richiesta. Dopodiché iniziò di prima persona a tagliar alberi nei boschi, sollevando dagli incarichi tutti i suoi schiavi per la legna.
Cassandro doveva rapinare la Macedonia per la sua amata; che nonostante in passato l’avesse rifiutato ora l’aveva ricordato; e doveva farlo senza essere scoperto dai Macedoni e da suo Padre, il Re dei Macedoni.
In meno di un mese le diecimila misure furono pronte e vennero contrabbandate in Peloponneso. Gli Spartiati “rispettarono” la parola data e liberarono Cleopatra, ma erano Spartiati e s’erano divertiti tagliandole la mano destra.


Non è noto sapere cosa successe fra loro sulla strada del ritorno, forse passione, forse idee sul matrimonio o forse ancora il niente assoluto, ma è certo, almeno così risulta dalle memorie del Basileo questo fatto:


Antipatro e Ade erano nel bosco, a tramare, sul sentiero, e dalla stessa via giunse la coppia. Ade, non potendo farsi vedere da dio prese le sembianze di uno dei tanti morti dell’Oltretomba, peccato che fosse già scheletro.
E così da un lato di strada v’era una coppia e dall’altro un Re con uno scheletro, vestito anch’esso da Re.

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Messaggio Da Vlad Sab Apr 29, 2023 5:49 pm

Racconti di un sciamano
Giugno 320

Miei nuovi allievi, è un onore per queste vecchie ossa prendervi sotto la mia tutela e guidarvi fino al compimento della vostra età adulta, oggi voi siete piccoli, innocui e ignari, ma vi prometto che, come chiestomi dalla dea, vi renderò grandi, forti e sapienti.

Permettete a questo anziano di vantarsi di meriti non suoi, concedetemi questo piccolo gesto infantile, come voi saprete, coloro che sedevano in questa tenda poco prima di voi, già hanno preso parte alla loro prima cavalcata verso sud, essa è stata richiesta dalla dea in persona, e tutti, subito dopo il gran concilio, abbiamo risposto alla sua adunata! Adesso siamo in attesa del suo prossimo comando divino, godetevi questi giorni di riposo, ma non fatevi ammorbidire lo spirito da essi, noi siamo guerrieri e come tali sempre dobbiamo essere pronti alla chiamata. Potrebbe essere oggi, domani, tra anni, non ci è dato saperlo, ma quando accadrà, noi saremo qui, pronti ad obbedire.

La dea è misericordiosa, pronta a perdonare, pronta a capire, non dovete temere, finché voi cercherete con le vostre forze di compiere la sua volontà, lei vi premierà. 

Vi faccio l'esempio con la recente cavalcata, noi abbiamo promesso alla dea un grande bagno di sangue, eppure, dopo le prime battaglie, gli elleni, i quali sono i popoli oltre il mare che son giunti lungo le coste della nostra grande orda, chiesero la pace, fu un momento inusuale per tutti i capi-tribu, dopotutto non era stato ancora compiuto il desiderio della dea, nessuna grande battaglia era stata fatta, come potevamo smettere di combattere? La risposta è molto facile figlioli, durante il grande concilio di guerra è stata la dea stessa, tramite me, suo umile messaggero, a dirci di porre fine al conflitto, non ci è dato sapere le sue motivazioni, ma avevamo ottenuto degli ordini ben precisi e noi li abbiamo comunicati agli elleni, che con un sommo rispetto hanno ascoltato le nostre richieste. Ora noi scambiamo il nostro ferro per il loro buon cibo, molti erano restii nel dare la fonte delle nostre spade ad un altro popolo, eppure questa è la volontà della dea e noi l'accettiamo e la seguiamo.

Le abberrazioni hanno continuato sempre più incessantemente ad assaltare le nostre terre, nonostante la benedizione della grande madre, alcuni sono caduti, riunendosi alla terra, fonte di tutto il creato, cuore stesso della nostra sacra madre. L'unica cosa che queste vecchie ossa possono fare è andare ora verso i confini, purificare quelle terre maledette, offrire il sangue versato alla Madre ed attendere il suo verdetto. Durante la mia assenza voi stiate pronti, una nuova grande cavalcata è all'orizzonte, siete giovani, non dovrete combattere, ma vedrete il campo di battaglia, vedrete come funzionano gli scontri e vi abituerete alla morsa del fango e all'odore del sangue, pertanto prendete molto esempio quando il tempo giungerà. 

Ora, possiamo iniziare con la nostra lezione, sapete che altri popoli esistono su queste terre oltre a noi, a differenza nostra, essi si organizzano in grandi e perenni insediamenti e non si spostano di terra in terra come noi, diversi dei comandano questi popoli e diverse volontà loro protraggono, oltre il mare vi ho detto esserci gli elleni, eppure come noi del orda, gli elleni sono divisi in più grandi "regni" o "repubbliche" o qualunque altro termine che tradotto significa tribù. 

Un grande condottiero, un soldato baciato dai suoi dei viveva un tempo in quelle terre, il suo esercito era grande e possente, di una prodezza tale da poter rivaleggiare con l'inarrestabile tribù delle valchirie, è triste come, terminata la sua missione e liberatosi il suo spirito vincolato dalle carni, lasciando ai suoi fidati la sua eredità, essa si sia divisa a pezzi, sfaldata, come un vaso che cade a terra, ora i suoi eredi, che lontani sono dalle abilità del loro predecessore, cercano di rimettere insieme i frammenti di questo vaso, uccidendosi tra vecchi compagni d'arme, in battaglie prive di gloria e prive d'onore in ricerca della gloria e dello splendore di quel sogno ormai infranto. 
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Messaggio Da Astrid I Dom Apr 30, 2023 10:58 am

Εγώ, Ἀρχιδαμία

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Delfi, 320 AC
Mese di Quintile

Sù, avanti Schiava
Vieni.
Sai cos'è questo? Si chiama sphyra, vuol dire martello. E' proprio un martello infatti, brava.
E quest'altro? Sai cos'è quest'altro? E' un kestra, un picchetto. E' di bronzo, bronzo sarmatico.
Vedi Kyniska... stavo proprio pensando, a cosa ti servono i denti? Chi ponderi di mordere?
Un'ilota non morde, abbaia. E soltanto in presenza di ladri.
Ti servono per masticare dici?
Un'ilota si nutre soltanto di semi, frumento crudo, e altra roba che non richiede l'uso dei denti.
Sono delle appendici inutili. Capisci?

Perciò ora te li caverò, uno per uno.

Ti starai chiedendo come mai, perché, con quali assurdi pretesti la tua Padrona avrebbe deciso di farti questo, ma la risposta potrebbe non piacerti, mia timida Schiava. Tuttavia, siccome sono una brava Spartana, eccoti i miei buoni motivi: primo, i denti non ti servono, secondo, potrebbe essere divertente, terzo, siccome i tuoi incisivi sono cariati ti sto facendo un favore, quarto, mi annoio.
Suppongo che le mie spiegazioni abbiano esaudito la tua curiosità.

No, non chiedere pietà, non piangere, non mugugnare, non implorare, non serve. Ma se agitandoti credi di sentirti meglio ricalcitra pure, lo trovo simpatico.
Non fare quella faccia. Credi di impietosirmi? Tu non hai scelta.
Ora sorridi, sorridi bene, fammi vedere i denti e resta ferma. Che te li martello.

*Pum-Pum-Pum*
*Atroci grida di dolore e risate perfide*
*Pum-Pum*
*Sangue che scroscia con un rigurgito dalla sua bocca*
*Pum-Pum-Pum*
*Un grumo nerastro scende dalle labbra della schiava*

Hai proprio un bel sorriso adesso, Kyniska.
Guarda, ora i tuoi denti li metto tutti in fila uno accanto all'altro. Non sono belli? Quelli neri però sono da buttare.

Chissà se adesso sei ancora in grado di parlare. Prova a pronunciare il mio nome: Archidamia.
"A-Ahhiamia"
No. Archidamia.
"Ahhilamia"

Sbagliato.
*Schiaffeggio la sua guancia col martello, ma faccio attenzione a non spaccarle la mandibola.*

Che schifo. Hai sporcato tutto con il tuo disgustoso sangue italico. Ancora non ho capito se sei umbra o romana, ma è lo stesso.
Ora pulisci.

E mentre ti dai da fare, lascia che ti racconti la mia giornata,
ti ricordi di Cleopatra giusto? Peccato, era molto bello vedervi filare la lana assieme, stavate diventando delle ottime amiche. Ma lei è la sorella di Alessandro Magno, non una semplice sgualdrina come te, e quel cervello bacato di Cassandro, figlio di Antipatro, è andato a disboscare 10 mila alberi pur di riscattarla e averla in moglie. Vedi Schiava, questo è un mondo ingiusto. La vita di Cleopatra vale 10 mila alberi, la tua invece... non ha un valore, o forse ce l'ha. Daltronde quando ti ho comprata mi sei costata una dracma.

Prendiamo Nicea poi, la figlia primogenita di Antipatro.
Una o due frecce di Eros, e per lei è successo il finimondo.
Dimmi Kyniska, saresti in grado di fare breccia nel cuore di un Re?
La risposta è no, brava, hai indovinato.

Partita GDR | Apotheon - Pagina 3 EuNpwM9

Conosci la storia di Perseo e Medusa?
Stavolta sono stata un pò Medusa, ma la testa di Perseo ce l'ho io.

Quel cretino di mio padre è Perseo. E la sua testa, se vuoi vederla, è appesa accanto al mio letto.

Ti chiederai perché... perché ho la testa di mio padre.
Bene, il Re aveva promesso che la città di Gortyna sarebbe stata liberata, lo aveva promesso e davanti al popolo le promesse devono essere mantenute, soprattutto quando si è Re. Invece, nel momento in cui Tolomeo ha annunciato che l'intera Isola di Creta non sarebbe mai passata sotto al dominio laconico neppure in caso di invasione, Cleomene II ha tacciuto senza neanche provare a trattare.
Le promesse ce le ricordiamo, e io me le ricordo più di tutti.
Siamo Spartani, non veniamo dalla Beozia.

Perciò denunciai mio padre, che fu sottoposto al severo giudizio della Gherusia.
I Geronti lo ritennero colpevole. Gli fu strappata la cittadinanza, e con essa ogni diritto.
La condanna fu pubblica, ma prima che il boia sguainasse l'arma lo fermai e dissi:
"Lascia fare a me"
Afferrai la testa di mio padre per il collo e gliela tagliai a partire dalla gola, come un maiale.

Ma non finisce quì.
Anche Eudamida, l'altro re, è ora al cospetto della giustizia dei Geronti e le sue affermazioni potrebbero costargli cara la pelle, la gente di Sparta nutre grande indignazione, perché proprio come Socrate, sull'Euripontide è caduta l'empia accusa di Ateismo.
Quando le città dell'Attica e Atene hanno finalmente ritrovato i loro attributi maschili ribellandosi alla soggiogazione di Antipatro, Eudamida preda del suo entusiasmo ha ordinato l'invasione della polis e la distruzione di tutte le statue e di tutti i Templi dedicati ad Atena. E quando un sacerdote gli ha rinfacciato che è stato proprio merito della Dea se gli Ateniesi si sono trasformati da femminucce in uomini, Eudamida senza alcuna vergogna di fronte a tutti ha negato la potenza di Atena, relegandola tra le divinità minori.
Grazie agli Dei dell'Olimpo, i Geronti hanno fermato coi loro messaggeri alati gli eserciti.
Neppure la decapitazione delle Erme ebbe generato tanto sangue, quanto ne sarebbe scorso se quell'idiota non fosse stato messo dalla Legge al suo posto.

Eudamida sarà giustiziato. Ho pagato profumatamente i Geronti perché muoia.
E morirà. Non ha figli e non ha fratelli. Perciò il trono sarà occupato da me.
Sono già Regina dell'Epiro. Sarò anche Regina di Sparta.
Sparta è una diarchia, questo è vero.
Ma chi ha mai detto che non posso sdoppiarmi e sedere su tutte e due i troni?

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Sai Schiava, ora che mi accingo a Regnare su così tanti Regni, bisogna che io pensi a un marito.
Avrei detto Tolomeo, ma pare che sia ormai follemente innamorato della figlia di Antipatro.

Perciò se c'è un uomo da sposare, quello è il tiranno Agatocle.
Inizialmente diffidavo di lui e lui di me, ma le sue grandiosi ambizioni mi hanno colpita.
Un uomo così carismatico e irruente, che sfoggia lunghe e rilucenti vesti di porpora come se fosse un Dio incarnato. Il Flagello della Sicilia. Bello, loquace e crudele. Un principe senza pietà, dai natali oscuri, sicuramente un Dio.

Agatocle sta progettando la fondazione di numerose colonie al di là delle Colonne d'Erole, in terra di Lusitania, Tartesso ed Eracleia sono tra queste. Mi ha detto che ambisce a creare un nuovo Regno, il Regno di Eracle, dove oggi ci sono i Lusitani. Ma le difficoltà di tale impresa sono innegabili: primo, perché i mezzi impiegati sono scarsi, e secondo, perché i nostri coloni devono fare affidamento sui mercenari Celtiberi affinché gli altri barbari vengano tenuti a bada.

Ma lo amo soprattutto per la pragmaticità con la quale gestisce le sue ambizioni.
Infatti, pur essendo greco e non macedone, crede che sia importante che tutte quante le libere città Delfiche stringano un alleanza con l'Egitto di Tolomeo. Al di là delle divergenze, il Mediterraneo sarebbe finalmente un mare sicuro con noi ad Occidente ed essi ad Oriente, un thalassa hemeteros, un mare nostro. Gli Egizi terrebbero poi a freno l'espansione di Roma.
A proposito di Roma.
Dopo la sconfitta contro i Sanniti quest'anno Roma ha alzato troppo la cresta e aperto una nuova rotta commerciale che elude Siracusa, un giorno bisognerà che qualcuno gli mostri quello che Roma è realmente: un villaggio di capre con qualche brulla collina.

Comunque,
Agatocle ha grandi progetti, e comincerà proprio da Karchedon.
Gli ultimi Sufeti di Qart Hadasht hanno dimostrato un'incompetenza mai vista prima d'ora in fatto di strategia militare, e per Agatocle è impossibile che una potenza marittima resti a guardare senza approfittarne, lasciando che Garamanti, Mauri, Numidi e Massesili si impadroniscano di quelle terre tanto fertili quanto strategiche.

L'obiettivo primario di questa guerra è la conquista della parte occidentale dell'Isola di Trinacria.
L'obiettivo secondario è la stessa Karchedon.

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Prima di fare questo io ed Agatocle ci siamo recati a Delfi e la Sarcerdotessa che custodisce i Segreti degli Dei ha testualmente detto:

"Tu donna, metti alla prova il carattere, restituisci ciò che devi, quel che intendi fare fallo
Tu uomo, disprezza la calunnia, evita le promesse, avendo ascoltato decidi
Non abbandonate l'onore. Non disprezzate i morti. Riconoscete quel che avete imparato.
Non aspettate in silenzio la venuta dei cavalli, i piedi in marcia, l'ospite armato sulla terra. Fuggite via. Voltate le spalle.
Lottate al meglio che potete e la Vittoria Alata sarà vostra. Lottate al peggio che potete e la Morte sarà vostra.
Incomberà comunque su di voi la morte di molti figli dopo il tempo della vendemmia.
Giungeranno dal mare."
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Messaggio Da Maþt Dom Apr 30, 2023 11:19 am

CARTAGINE 320 A.C. ~ ANONIMO



SVOLTA NELLA GUERRA


" Cinquemila morti a Sagunto! Ventimila a Cadice! Quindicimila a Iol! 
  Per un totale di quarantamila morti, di cui molti di questi mercenari in cui lo stato aveva speso ingenti somme di denaro buttate inutilmente!

Pertanto ora condanno ,secondo la sacra legge cartaginese, i generali Amilcar, Adad e Baldassarre alla pena di morte per non aver adempiuto ai loro doveri.
Che ciò sia di monito per i nuovi comandanti! "


Così disse il giudice della corte marziale, che secondo l'usanza cartaginese condannava a morte i generali colpevoli di disfatte militari. La guerra per Cartagine era stata un disastro; anche se ora i possedimenti in Africa erano al sicuro, grazie alle nuove opere difensive da poco realizzate. Restavano tuttavia in mano al nemico i territori in prossimità di Sagunto che guardano verso le Isole Baleari mentre Cadice, Malaka e Nuova Cartagena erano al momento sotto il controllo dei mercenari Celtiberi che le avevano liberate da poco.




ELEZIONI E GUERRA


L'esecuzione dei generali coincise con un altro evento  di grande importanza per la città, infatti terminò il mandato dei due suffeti Annoni, mandato che non aveva apportato alcuna novità a Cartagine. 
I due Annoni avevano iniziato il loro mandato con l'intento di rafforzare l'economia e incrementare i commerci, senza impegnare risorse e uomini in dispendiose guerre, ma per loro sfortuna i bellicosi popoli dell'Atlante attaccarono proprio in quei mesi, rendendo vani tutti i loro buoni propositi.


In seguito gli Annoni furono aspramente osteggiati proprio per la loro impreparazione alla guerra che portò Cartagine alla perdita e in seguito alla riconquista di molte città, nonché all'esaurimento delle casse statali, svuotate per poter sostenere la difficile guerra.


Perciò destò molto scalpore l'elezione di un altro suffeta degli Annoni, che fu accolto con scarso entusiasmo dalla popolazione. Invece il secondo suffeta, Amilcare della famiglia dei Magoni, fu accolto molto positivamente dalla popolazione, poiché vedeva nella sua politica aggressiva la svolta vincente per la guerra.


Com'era però prevedibile, due suffeti con un atteggiamento così diverso furono destinati fin dal primo giorno ad entrare in conflitto tra loro: mentre uno propendeva per la realizzazione di trattati di pace, l'altro si dava già da fare arruolando numerosi contingenti di mercenari Celtiberi, mossa vincente che porterà alla liberazione di Malaka e Cadice. 
Pur accettando la via della guerra, il suffeta Baltser degli Annoni, per non perdere la faccia continuò a sostenere la sua linea politica pacifica preferendo la difesa dei territori appena liberati alla campagna punitiva che Amilcare aveva promosso nel nord della Mauritania. Questi attriti culmineranno nell'episodio di Rusadir, quando dopo aver occupato l'antico insediamento fenicio di Rusadir, Baltser ordinò il ritiro della guarnigione dalla città per poter così meglio difendere Cartenna, provocando però la perdita della nuova conquista .



VERSO L'IGNOTO



Ora però vorrei per un attimo posare la mia veste da storico, in cui mio malgrado a volte mi ci ritrovo un po' stretto, per tornare a parlare di una faccenda che ha dell'incredibile e che porterà me dove mai nessuno prima era giunto.


Pur essendo stato presente a quegli eventi, così come la scorsa volta non comparirò nella storia, un po' perché il mio carattere schivo e introverso non mi ha mai portato a dire o fare cose di grande rilevanza è un po' perché voglio che la mia sia un resoconto oggettivo e veritiero di quanto accaduto e non delle semplici memorie che rischierebbero di trasformarsi in nostalgici ricordi della mia gioventù, conditi con pensieri personali che alla lunga potrebbero rivelarsi falsi e poco veritieri a causa del tempo passato. Ma tralasciando le mie puntigliose premesse torniamo alla Cartagine di trent'anni fa. 


Era ormai Estate quando il padre di Ahirom mandò uno schiavo a chiamare suo figlio, il servo lo trovò nel Tofet, vicino alla tomba del fratello morto da poco nell'assedio di Iol. Quando Ahirom tornò a casa si diresse senza indugio verso lo stanzone in cui suo padre teneva le mappe e gli strumenti per la navigazione, nonché bizzarri manufatti provenienti dai suoi numerosi viaggi. 


Hyrum, così si chiamava suo padre, lo invitò ad avvicinarsi al tavolo su cui teneva le sue mappe, molte delle quali si contraddicevano rappresentando territori completamente differenti tra loro. Suo padre aveva una brutta cera, in parte dovuta al recente lutto ma soprattutto dovuta alle sue febbrili ricerche che nello scorso anno gli avevano fatto guadagnare la fama di svitato tra la classe mercantile di cui faceva parte.


Ahirom " Padre, perché mi hai mandato a chiamare? "

Hyrum " Figlio mio vieni, voglio renderti partecipe di questa sensazionale scoperta.
Dopo anni di studi sulle mappe e sugli scritti di numerosi studiosi e navigatori esperti, sono finalmente riuscito a calcolare la precisa posizione di Atlantide, il continente perduto! "


Ahirom " Atla che? Ah ti riferisci a quella vecchia leggenda degli Elleni, se non sbaglio fu un filosofo  ateniese a parlarne per primo; ma non mi sembra  che gli scritti di un filosofo siano proprio da prendere alla lettera. Oltre alle Isole Felici e alle fredde isole celtiche del nord non c'è altro al di là delle Colonne d'Ercole. 
Tutti i viaggiatori che hanno navigato in linea retta oltre lo stretto non sono mai tornati indietro. "


Hyrum " Testa dura che non sei altro! Vedo che studiare tutte quelle sciocchezze empiriche offuscato la mente! Ti ho già detto che dietro le mie affermazioni ci sono anni di studi che sono culminati proprio in questi mesi, quando con strumenti sofisticati sono riuscito a identificare la zona di mare in cui è presente il continente Atlantideo. In tempi remotissimi quelle terre erano la culla di un potente impero che andò a sgretolarsi  a causa della troppa cupidigia degli abitanti che erano stati corrotti da tutte le loro ricchezze e che spinse gli dei a punirli severamente. Ormai ad Atlantide non dovrebbero più trovarsi abitanti e se ci sono saranno regrediti a comunità di semplici agricoltori-pescatori: perciò non sarà difficile sbarcare e visitare l'antica città, pensa a quante ricchezze sono ancora celate nei meandri bui di quelle rovine!"

Ahirom " Come fai ad essere sicuro che raggiungeremo la metà senza problemi? L'oceano è pieno di pericoli, le tempeste lì sono all'ordine del giorno"
Hyrum" Partiremo con la buona stagione e poi anche se una tempesta dovrebbe portarci fuori rotta io e i miei fedeli marinai sappiamo come orientarci.
Voglio che anche tu venga con me, ormai sei un adulto ed è giusto che tu esca al di fuori della tua città. Quando questa maledetta guerra finirà, con la benevolenza del Grande Moloch, salperemo alla volta di Atlantide e quando torneremo in patria saremo accolti come eroi" 


Ahirom non era ancora del tutto convinto, ma l'idea di poter scoprire una terra mai esplorata da nessun altro lo stuzzicava, dopotutto i grandi navigatori dell'antichità non avrebbero mai scoperto nulla senza sfidare la sorte. C'era solo da sperare che i nuovi suffeti la smettessero di litigare come bambini capricciosi e si decidessero una volta per tutte ad annientare quei primitivi che avevano osato sfidarci.
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Messaggio Da Falco Mer Mag 03, 2023 11:08 am

"ANDATA E RITORNO"
UN RACCONTO GALLICO DI BILBORIX IL CARNUTO



La spada nella Roccia

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320 AC
Ottobre

Correva il mese di Ottobre, anche quel vividissimo anno stava volgendo al tramonto e molte, o non molte cose, questo dipende dal vostro giudizioso punto di vista, erano passate inosservate sotto al Sole dormiglio dell'Estate.

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Orbi Scribi d'Oriente che avete il dono dell'Onnivedenza ma fate finta di non vedere, soprattutto le date dei Calendari, Taciturne Giudee che scomparite quando s'intavolano trattative di mercato, Curiosi abitanti della steppa che ascoltate in silenzio le notizie del mondo senza proferire, Sibille Cumane che scrutate nei meandri della psiche l'atrui pensiero senza lascito di commento; sono forse sventure di poco conto a vostro confronto ma sono pur sempre sventure e come tali tenetele a mente, quelle d'un tale di nome Caldorico e dei suoi poveri Insubri, venuti in Hispania come mercenari esuli di Medhelan, ancora moribondi per l'attacco del temibile Cursore: furono ammazzati prima dai Turdetani e poi da Lusitani, non ci fù per loro la parola pace.
Credevano di aver trovato una nuova casa, prospera e sicura.
Ma morirono col loro re le loro speranze.
Si chiama ora Lusitania quella terra al di là dei monti Pirenei. Lusitana è la nazione e Lusitani sono quelli.

E come non annoverare quel Gallo Guardiano, Qimuffafaris era il suo nome, che vuol dire "Chi me lo fà fare?"
Costui vide un dìe, un dì tre o quattro mesi prima, certi romani spioni approcciarsi ai confini delle Gallie per osservare dalla cima dei monti la bella e sinuosa terra di Gallia. Il Centurione a capo del contubernio, un tipo scorbutico e saccente come lo sono tutti i romani, che si credono chissà chi avendo in dote il verbo biforcuto della loro supposta civiltà, si scordò persino di presentarsi col proprio nome a quel povero Guardiano ch'era corso fino a lì solo per suo dovere. Disse il Latino che quel territorio, quella valle, quel monte o quel fiume... la Dora, dunque un fiume... era proprietà di Roma.
"E con quale diritto?" si domandò il Guardiano, che fino all'altroieri conosceva bene quel torrente, patria della tribù dei Salassi, mentre di Roma e dei suoi confini aveva tutta un'altra opinione. "Donde sta l'Aquilotto?"

Quella torrida estate accadde poi che Eros, una di quelle eccentriche divinità elleniche che passano il proprio tempo a bivaccare lassù, si dilettò, forse vittima anche lui di qualche olimpica cospirazione, a scoccare le sue fatali frecce d'amore l'una sul sedere macedonico della principessa Nicea, l'altra sul membro alessandrino di Tolomeo I.
Sbocciò dunque l'amore. Lui colpito dal fascino di lei, e Lei colpita dal fascino di lui.
Gli opliti di ambedue i Diadochi furono invece trafitti da armi affilate, ma non ci fu amore per loro.

Arresosi all'idea che Nicea potesse sposare il suo acerrimo nemico, l'affranto Antipatro non ebbe neppure il modo di sospirare, che si trovò invischiato in un affare tra Plutone ed Ade, ora in combutta contro Marte e contro Roma.

Intanto che Siracusa si scambiava di posto col suo nemico trasferendosi sulle sponde libiche, certi Giudei, un piccolo popolo di schiavi di Tolomeo che vivono all'incirca tra il promontorio desertico del Sinai e la Siria, e dediti alla vendita di bizzarri cavalli deformi che essi chiamano cammelli, vennero con una cupa vicissitudine alle spalle davanti a Beltorace nella sua oppida di Nemosso per fare affari con lui, avendo forse inteso che i Galli con l'oro ci sanno fare.
Beltorace però oltre al suo lardo ben poco aveva da offrire a quei mercanti errabondi e indicò loro la strada per Massalia, dove avrebbero fatto senz'altro più fortune.

Ma la cosa più interessante dell'Estate che quell'anno diede raccolti abbondanti fu la calata dei Sarmati da Oriente, profetizzata da alcuni Druidi. Questi si insediarono laddove abitavano i Boii, e tra la Pannonia e la foce del fiume Sava, dove stava invece la nazione Scordiscia.
I Galli avevano sempre sentito parlare di questi esseri metà uomo e metà cavallo, forse centauri, ma essi appartenevano appunto più al mito che alla realtà.
I loro uomini si potrebbero ritenere animali a quattrozampe piuttosto che bipedi, dal momento che passano tutta la loro vita sul dorso dei propri cavalli, nessuno fra loro coltivaha mai visto l'ombra di una zappa, sono una nazione eremita che ripudia lo stare fermi. Venerano una Dea, che noi identifichiamo come Rosmerta e che pare essere la madre di tutte le cose vivente. Sono senza ombra di dubbio l'unico popolo della terra che educa le proprie donne alle arti cavalleresche addestrandole all'equitazione sin dalla tenera età.

Ma la nazione che si insediò sul Danuvius, forse stanca di quella vita errante, come un anziano che cerca riposo, era diversa da tutte le altre nazioni Scite.
La nazione dei Salcazzi, tale parve chiamarsi, col suo re Salcazzo I destò la curiosità di Edui e Sequani che ne condividevano l'amore per i cavalli e l'indole cavalleresca e che avevano sempre vantato impossibili ascendenze sarmatiche.
L'interesse era molto alto e quasi tutti i Galli mandarono uno dei loro avventori con la speranza di capire al più presto chi fosse questo popolo dal nome tanto bislacco e quali le loro intenzioni.

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"Grazie a te Merlino, la mia vita avrà una fine memorabile, la nostra impresa quì in Britannia sarà cantata dai bardi nei secoli a venire" disse Bilborix, convinto che il mondo avrebbe ricordato lui e le sue strabilianti vittorie in terra d'Albione.

Ma molto più a sud, nella città di Portovenere una battaglia ben più grande avrebbe trovato spazio negli Annali della Storia Romana e molto sangue stava abbeverando la terra.
Le nazioni degli Arverni, degli Edui e dei Sequani si erano finalmente decisi a valicare le montagne ed i fiumi e punire Roma per la sua tracotanza. I Carnyx suonavano, ed il Furore Gallico scendeva implacabile sui figli della Lupa.
I Galli si gettarono a decine di migliaia coi loro cavalli in Liguria credendola vuota ma le centurie romane che evidentemente non prendevano sonno per la paura costante che potessimo oltrepassare il Limes, accorsero nelle cinta murarie del piccolo castrum a migliaia.
Un messaggero volante macedonico che si godeva dall'alto quell'indicibile spargimento di sangue offrì a quelli un'offerta assai interessante. Questi discese dal cielo e disse
"Siamo disposti a pagarvi per vincere e per colpire il cuore capitolino di Roma!"

I più bisognosi di pecunia accettarono e decisero che avrebbero proseguito il loro cammino verso l'Urbe se l'esito della battaglia fosse stato loro favorevole, ma gli altri pensarono che avrebbero preferito gozzovigliare a Portovenere nelle sue ricchezze e nel suo lusso prima di tornare col bottino in Gallia.

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Ma torniamo brevemente ai nostri cari e baldi eroi in terra d'Albione, non c'è in verità molto da dire che non sia sangue e ammazzamenti.

I Belgi seguirono il prode Bilborix in battaglia contro i Siluri, la più bellicosa delle tribù, accerchiandoli nel villaggio di Moridunon. Morì così Carataco tra le fiamme e la sua testa abbruciacchiata fu portata come trofeo in cinta dal Prode Cavaliere Carnuto.
Merlino invece guidò i suoi uomini dai Briganti, e scoprì che Budicca aveva sentito parlare di quel giovinotto chiamato Artù e dei suoi vegliardi amici, e che la nazione dei Briganti era loro amica.

L'ambizioso re dei Catuvellauni, Cathwellawn, osteggiò i Belgi con tutto l'esercito che il suo potente regno e i suoi vallassi Cantiaci ed Iceni potevano sfoggiare.
Ma ancor prima che questi si gettassero a capofitto alle spalle dell'Arcidruido, il vecchio trasformò con un incantesimo il loro re in una Capra.

Scesero infine dalle montagne del nord i feroci guerrieri Pitti.
Il Prode Bilborix era al centro della battaglia tra sbudellamenti vari, ma aveva ormai esaurito tutte le sue forze.
La sua spada, assai corrosa da una vita di avventure, si spezzò.
Il Carnuto cadde a terra, ormai certo della sua sconfitta, e stava per pronunciare le sue ultime parole quando d'un tratto il giovine Artù, che fino a quel momento era rimasto immobile a non far nulla, individua una spada conficcata in una roccia e la estrae, lanciandogliela a Bilborix.

La spada, dotata di poteri magici, era stata forgiata dalla dea della Luna, e sventrò agilmente per conto proprio i Pitti senza che il guerriero si sforzasse più di tanto.

Bilborix si rialzò sfidando i suoi nemici, ma con la coda dell'occhio notò una frase in lingua greca istoriata nel metallo:
"Chi estrarrà la spada nella roccia, sarà il leggittimo re di tutta la Britannia!"

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E così, come per magia, tutti, persino i nemici, si inginocchiarono davanti a quel ragazzo mingherlino e lo proclamarono re.
"Evviva re Artù, evviva il re!"

Persino Strategobelluno dovette riconoscere la verità dei fatti e inginocchiarsi, e decapitarsi da solo in quanto usurpatore del trono.

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