L'angolo delle storie - L'angolo dei ruolisti
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Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017]

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Messaggio Da Falco Mar Feb 08, 2022 8:01 pm

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BREVE INTRODUZIONE ALLA PARTITA
Penso e spero che questa nuova GDR vada bene per via del periodo quasi libero di Aprile e Pasqua, e per farlo cercherò di riavere la pazienza della scorsa estate, e dovremo saper prendere il nostro tempo, e rispettarci a vicenda. Avevo intenzione di scrivere un introduzione storica di mano mia, ma ho ripescato un documentario di Barbero abbastanza affascinante, e dunque l'ho sostituito con quello (spero sia lo stesso per voi). Il nome scelto è Reno, l'immenso fiume di confine.
Questa GDR storica parte nel 395, ho deciso di porre il timeslide a 1 Giorno = 5 Anni, al contrario di come potrebbe sembrare non richiede più attività, in questo modo si evitano molti problemi legati allo spostamento delle truppe, alla successione dei sovrani, e alla lentezza delle storie (non aspetteremo mesi in cui non succede nulla per arrivare al IV secolo, ma solo 24 ore ).
Ho fatto una mappa che serve sia da landshuffle sia come indicatore geografico standard per chi avrà dubbi su come chiamare certe aree.
Daremo precedenza per le iscrizioni ai paesi più importanti (come i due Imperi Romani) piuttosto che per le popolazioni celte e scandinave.
I Vandali, Svevi, Franchi, Ostrogoti sono altre popolazioni Germaniche, che partiranno con paesi come Francia o Austria per svuotarle e permettere il landshuffle; avranno diritto ad un territorio di base dall'Impero Tedesco; bada bene:

Se nessuno si iscrive con loro suddetti stati possono restare IA e considerati comunque romani
Avranno comunque un ruolo nelle invasioni barbariche e potranno costituire i loro regni.

I "Barbari" non potranno costruire ferrovie, le caserme e le industrie non devono superare il livello 1 (per permettere arcieri e cavalli).
In Lista Stati Giocabili ho indicato in rosa i ruolisti a cui raccomando quei determinati paesi (sia perché ce li vedo adatti sia perché con quella disposizione credo che la GDR funzioni meglio). Chiaramente devi confermarlo nel forum.
Inoltre, contrariamente alle ultime GDR, l'invasione (comunque ruolisticamente sensata) di un IA, può essere portata avanti ma è bene parlarne prima con l'admin (io), questo dovrebbe valere anche per le altre Guerre onde evitare discordie ed insensatezze.

PER CHIARIRE QUALSIASI ALTRO DUBBIO O PROBLEMA, CHIEDETE SEMPRE ALL'ADMIN.

LINK DEL REGOLAMENTO CONSIGLIATI:


Cos'è il gioco di ruolo? - Informazioni di base sul gioco di ruolo in Supremacy 1914, utili per i nuovi arrivati.
Regolamento - Descrizione del regolamento di base della partita, leggerlo è fondamentale per non incappare in violazioni.
Lo Stile - Presentazione ed esempi della scrittura di quotidiani, oltre alla descrizione di alcune caratteristiche del gioco.
FULL GDR, ON e OFF GDR e Metagioco - Spiegazione delle diverse dimensioni di gioco.
MAPPE
Termini: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Landshuffle: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
STATI GIOCABILI

Impero Romano d'Occidente - Imperatore Onorio (Italia) -Dark II
Impero Romano d'Oriente - Imperatore Arcadio (Impero Ottomano) -
Impero Unno \ Balto-Slavi - Khan Uldino (Russia) - Mussulmanopazzo
Burgundi\Goti - Re Gebicca (Impero Tedesco) - Falco1994
Ostrogoti - Re Vandalario (Impero Austro-Ungarico) - PresidenteVladimir
Franchi - Re Faramundo (Francia) - NON DISPONIBILE (CANCELLATO DA MAPPA)
Svevi - Re Ermerico (Spagna) - NON DISPONIBILE (CANCELLATO DA MAPPA)
Vandali - Re Godigisel (Marocco) - NON DISPONIBILE (CANCELLATO DA MAPPA)
Celti Scoti e Pitti (Gran Bretagna) - Talorc mac Achiuir - Steyr-Mannlicher
Proto-Scandinavi \ Finni (Svezia) - Ferdinand-Foch


::: þ ::: Gotamàller ::: þ :::


395 DC

[Tjald - Tenda]

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\\ Il Thing dei Burgundi. \\

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[Verða - Avvenimenti]

-Hreyfing Þjoða - Movimento dei Popoli

Gebicca teneva sotto controllo le caprette, ormai anziano sapeva che sarebbero rimasti pochi anni di respiro, nei suoi occhi segnati dal tempo si intravedeva il rispetto verso le tradizionali attività di pastorizia; a lui sarebbe succeduto Gundemaro il nobile. A mala pena l'anziano si sorresse su un bastone e portandosi assieme le pecore prese la strada per una pianura che dava su un dirupo, lì si doveva svolgere il Thing (l'assemblea), nella quale si sarebbe dovuto discutere di affari molto importanti per il popolo dei Burgundi. Gebicca era atteso dapersone provenienti da diversi kin (clan), tra cui una decina di Arimanni, uomini valorosi nel combattimento, e una trentina di Aldi, padri normali; il Re era al centro, spettava infatti a Gebicca dire l'ultima parola all'assemblea e disporre delle decisioni del Thing, per primo raccontò ai presenti la storia di quel ch'era una volta la þeudiskazland (Germania). Fiaccole di Fuoco illuminavano la riunione.



« In questi secoli Nehalennia, madre e dea dei mari del nord, fu in aperta lite con Frawyaz, dio delle terre coltivabili, a Nehalennia si unirono altre forze» sostenne Gebicca « a settentrione entro lo Jutlandil mare sta lentamente ricoprendo la terra ferma » pensò con rimpianto al passato ma poi il vecchio continuò con la narrazione « dai piccoli ruscelli sino al fiume Reno, le acque sono contaminate dal sale marittimo, rivoli salmastri rendono il suolo sterile; laddove voi ora vedete una scarsa prateria o una torbiera, quand'ero ancora un fanciullo c'era vegetazione. » sospirò verso il basso « come dicevamo a supporto di Nehalennia c'erano altre forze: Nhertus la quale scelse di soffiarefreddi venti, ed oscurare Sunna (il sole), amico di Frawyaz con grigi nembi portando inverni che non finiscono mai; talvolta la melma portata dalle piogge abbondanti fa affondare anche la più semplice costruzione.» «In questa zolla martoriata dalla furia divina giungono ogni giorno gente dall'est in fuga dagli unni, raccontando di uomini malvagi che razziano a cavallo e non lasciano niente intatto. » « Dobbiamo abbandonare la þeudiskazland se non vogliamo essere travolti dalla fame e dagli archi cavalcati. Quale esempio possiamo prendere dalle decisioni delle altre tribù? »



Gebicca si alzò in piedi tra le molte difficoltà, « con questi inverni presumo che prima o poi il Reno si ghiaccerà e sarà facilmente attraversabile. » « Alani, Aorsi, gli altri popoli hanno già preso questa decisione. Ermerico, eletto a condottiero dei Suebi, troverà anche lui riparo entro l'Impero di Roma; accetteranno anche noi Burgundi come hanno accettato le altre tribù. » « Andremo a sud-ovest, in una terra che loro chiamano Gallia, si dice che il sole sia sempre splendente e che il raccolto non basta mai per un solo clan, che i Romani siano delle femminucce e che vivano in un mondo ovattato, essi non sanno vivere, non hanno rispetto per gli dei, e non lo hanno avuto con noi, amano gli agi e relegano agli altri i lavori più pesanti, odiano Arminio in quanto bugiardo, essi sono spietati e per la loro crudeltà hanno assaporato la rivolta dei Visigoti ad Adrianopoli, ma in compenso credo che possano pur sempre aiutarci a superare questo periodo impossibile. »



[Articolo di falco1994]


400 d.c

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Il vallo Adriano



Dei grandi passi solcano il pavimento marmoreo della sala del Governatore a Londinium. Un messo che porta frettolosamente l’ennesima missiva disperata riguardo al Vallo Adriano. “Vicarius Crisanto, mi dispiace disturbarVi, ma i Pitti hanno superato la linea concordata dai trattati e si sono appostati sui resti del Vallo Antonino. Abbiamo provato a mandare un messo, ma l’hanno rimandato indietro con la testa mozzata”.

Il Vicarius, una figura religiosa che si è ritrovata ad amministrare la Britannia romana è seduto su uno scranno intagliato in legno e ricoperto da una velata stoffa purpurea e si ritrova con la mano appoggiata sulla fronte. La sua preoccupazione è vistosa, il comandate militare Lucio è partito da due giorni alla testa di 5000 legionari che erano stazionati al Vallo e ormai rimangono solo le truppe meno addestrate. Le diserzioni sono all’ordine del giorno e le continue richieste d’integrazioni militari vengono rigettate dal potere centrale a Ravenna. “Si sa quanti siano i barbari davanti al vallo?” chiedo con un filo di voce, ma ugualmente rimbomba nella sala. “Circa 300000 persone ma solo 56000 sono in grado di combattere, secondo i nostri informatori non ci sono solo pitti, ma anche altre tribù che si sono unite sotto un unico vessillo. Non sembrano però voler attaccare, temono ancora la potenza romana”.

L’espressione del Vicarius, a quelle parole, diventa furibonda e si alza di scatto “Della potenza romana ormai è rimasto solo un filo che si può tagliare con un soffio. Non c’è bisogno di avere esperienze militari per capire a cosa stiamo andando incontro se l’imperatore non invierà subito almeno 20000 legionari a difendere il Vallo”
Sospira e si risiede “Non solo quello, anche l’amministrazione interna sta decadendo. La corruzione dilaga, il malcostume, la lussuria, tutti i peggior peccati stanno accadendo a Londinium. L’impoverimento delle campagne e le continue rivolte dei servitori, stanno portando al decadimento della provincia. Abbiamo estremo bisogno dell’intervento imperiale. Portatemi il necessario per mandare l’ennesima disperata richiesta d’aiuto all’imperatore. E che Dio ci assista”



[Articolo di Steyr-Mannlicher]


-.:Bidnii deer tenger:.-

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-=-=-=-=-
400 DC
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// Invasione della Tracia //



-=-=-=-=-=-=-=-
Dagli scritti di Donatus.-

- Alla morte di suo fratello maggiore Uldino per cause naturali il Khan Donatus
recuperò per se i suoi territori evitando che questi si frammentassero come spesso
accade quando il Gran Khan che da giovane ha accumulato vaste terre e vari clan sotto
la sua promisqua guida muore.

Egli si auto nomino Gran Khan delle steppe Caucasiche e ucraine e da li riprese i suoi
grandi progetti di stabilizazione.
Il grande Tengri parla chiaro e lo stabilirsi sopra la terra permanentemente anziché
muoversi e raccoglierne i frutti è un sacrilegio poichè ogni cosa è libera e la terra
non è di nessuno.
Ma dal canto suo il gran Khan non credeva minimamente a queste sciocchezze egli era
stato battezzato molti anni prima e gli era stato dato un nuovo nome.
I Romani lo avevano battezzato durante lo scambio di ostaggi che Uldino fece nei suoi
primi anni di potere per garantirsi oro e pace.
Donatus era stato a diretto contatto con la loro civiltà per lungo tempo aveva visto
e imparato la loro cultura. Le loro armi le loro tecniche di combattimento.

Tutto ciò lo avrebbe aiutato durante le razie le quali aveva intenzione di riprendere
dopo anni di pace e dopo varie rimuginazioni.
I Suoi piani erano dunque quelli di stabilirsi definitivamente ma non nella steppa
senza alcuna teconologia ma a Roma.
Hanno costruito un impero oltre ogni immaginazione l'apice delle conquiste umane,
e l'invidia del mondo. Ma credevano che sarebbe durato? La città eterna quel glorioso
monumento di potere, cultura e conoscenza. Ma il vecchio lupo giace ferito dagli sciacalli,
e circondato da avvoltoi, preoccupato a morte a causa di migliai picccole bocche fameliche.
Portati alla disfatta della loro stessa arroganza, questa è l'agonia di Roma.

la luce della civiltà si è offuscata e ci a portati.

Vi è rimasto del tempo prezioso per nascondere le vostre donne,
perché piangano i vostri bambini.
Anche nel momento della vostra sconfitta finale non troverete conforto nell'oblio.
Perchè sto venendo per voi, porto con me un miglione di guerrieri! porto la fine dei giorni!
E vedrò il vostro mondo bruciale.



[Articolo di Mussulmanopazzo]


♔ ::: ♕ Edictum Imperatoria Romanus ♕ ::: ♔



395 d.C.

[ - Morto l'Imperatore Teodosio - ]


Dolore, stupore e commozione generale per l'improvvisa morte di Sua Maestà Teodosio, che si è spento nel suo letto.

L'Imperatore aveva infatti contratto una grave malattia, che lo aveva portato al decadimento fisico e mentale e che i medici di corte concordano nel riconoscerla come idropisia.

I funerali si sono svolti con rito cristiano e sono stati celebrati dal Vescovo Aurelio Ambrogio, che ha pronunciato il De Obitu Theodosii:

« Nunc se augustæ memoriæ Theodosius regnare cognoscit, quando in regno est Domini Jesu Christi est, et considerat templum eius. Nunc sibi rex est, quando recepit etiam filium Gratianum et Pulcheriam dulcissima sibi pignora, quæ hic amiserat, quando ei Flaccilla adhæret, fidelis anima Deo; quando patrem sibi redditum gratulatur, quando Constantino adhæret. Cui licet bapstismatis gratia in ultimis constituto omnia peccata dimiserit, tamen quod primus imperatorum credidit, et post se hæreditatem fidei principibus dereliquit, magni meriti locum reperit. Cujus temporibus conpletum est illud propheticum: In illo die erit, quod super frenum equi, sanctum Domino omnipotenti. Quod illa sanctæ memoriæ Helena mater ejus infuso sibi Dei Spiritu revelavit ».



«Ricordiamo e contempliamo nel saluto funebre, la vita di Teodosio Imperatore, che siede lì dove Dio è.
Ora Teodosio di augusta memoria sa di regnare, perché è nel regno del Signore Gesù, e contempla il suo tempio.Ora si sente re, avendo riavuto il figlio Graziano e Pulcheria, creatura dolcissima a lui legata, che qui (in terra) aveva perduto; ora che a lui si stringe Flaccilla, anima fedele a Dio; ora lieto per il padre ritrovato; ora che può stare presso Costantino.
Sebbene a Costantino la grazia del battesimo abbia rimesso tutti i peccati solo in punto di morte, tuttavia, siccome fu il primo imperatore a credere e lasciò dopo di sé ai principi successori l’eredità della fede, ottenne un posto degno del grande merito.
Ai suoi tempi si compì la seguente profezia: - In quel giorno ciò che sta sopra il morso del cavallo sarà sacro al Signore onnipotente - .
Lo rivelò sua madre, la famosa Elena di santa memoria, ispirata dallo Spirito di Dio.
Beati siano tutti gli Imperatori e Glorioso il futuro di Roma, che il sentiero divino guiderà nell'eterno. »

La salma è stata poi trasportata e riposta nella Cappella degli Apostoli a Costantinopoli.



[ - Scissione dell'Impero - ]



Avvenuta la morte di Teodosio, l'Impero, dopo secoli di unità e gloria, è stato formalmente scisso per Volontà Imperiale del defunto, tra i suoi figli, nominati Eredi del Trono con pari dignità.

Con ciò, lo Stato è formalmente diviso in due parti: Occidentale ed Orientale.

La parte Occidentale, dalla Britannia alla Bassa Illiria, posta sotto il Trono di Onorio (retto dal Generale Stilicone) ;

La parte Orientale, dalla Pannonia all'estrema Turchia, posta sotto il Trono di Arcadio (retto dal Prefetto Flavio Rufino).



[ - Ravennae fit Capitis - ]

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// Le Insegne Imperiali solennemente trasferite a Ravenna, nuova Capitale dell'Impero //.


Scisso l'Impero e perduto lo status di Roma, toccò a Milano accogliere le Insegne Imperiali, ma ora dopo appena un lustro di amministrazione, la Corte ha deciso, otto indicazione di Stilicone e di alcuni Consoli e Prefetti, di trasferirsi nella più difendibile Ravenna, perla della Gallia Togata Cisalpina, circondata da impervie paludi e protetta da possenti mura.

Con il seguente editto, Ravenna è proclamata Capitale dell'Impero Romano d'Occidente:



Maestà Imperatore,Senatori e Romani,
dopo la decadenza di Roma e l'aggravarsi della situazione politico-sociale dell'Impero,
in Ravenna concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali e militari che devono determinare le condizioni della capitale del nostro Stato.
Ravenna è la sola grande città dell'Impero che abbia le condizioni per essere ritenuta idonea ad ospitare la Corte,diventando Capitale.
In Ravenna concorrono le nostre speranze di rinascita e gloria, ormai in parte perduta.
Convinto di questa verità, io mi credo in obbligo di proclamarlo nel modo più solenne davanti a voi, davanti all'Impero e a tutti i Romani: la necessità di fare di Ravenna la Capitale è riconosciuta e proclamata, per ragioni militari, essendo meglio difendibile, grazie alle paludi che ne circondano i confini più esterni e le mura che ne proteggono il cuore e le membra, ma anche per ragioni storico e politiche.
Ravenna rappresentava una delle più floride città dopo Roma, grazie anche al suo sbocco sul mare.
È nostro obbligo proteggere il nucleo della stabilità Imperiale e con ciò,proclamo,in quanto Reggente della Corona, Ravenna la nuova Capitale dell'Impero Romano.

// Sigillo Imperiale //
Flavio Stilicone, Reggente Imperiale

[Articolo di Dark II]


::: þ ::: Gotamàller ::: þ :::


405 DC (!!non 395 ARGGH!! xD )

[Tjald - Tenda]

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\\ Disperato attraversamento del Reno, nella neve. \\



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[Verða - Avvenimenti]

- Yfir Rín - Attraversamento del Reno

Fu dopo anni che riuscirono ad accamparsi in Franconia, e per mesi attesero l'inverno. Gebicca si alzò urlando quella notte, il vecchio re si toccò al petto dolorante e disse « un elfa ... stavamo attraversando il Reno e … quando ho fatto l'ultimo passo il ghiaccio si è rotto e sono sprofondato, l'ultima cosa che ho visto è stata un elfa che al di là del fiume ridacchiava. » Il mattino seguente assieme ad Alani, Svevi ed altre stirpi ci decidemmo ad attraversare il solidificato Reno, di tanto in tanto il fiume scricchiolava sotto i nostri passi e qualcuno cadeva a terra stremato. Arrivati, per mesi i nostri bambini e le nostre donne furono costrette ad aspettare nel freddo e con scarse razioni di cibo, coricati nelle tende, ma i Romani non mandarono nessun ambasciata. Erano stati riuniti ancora una volta i più valorosi Arimanni delle tre stirpi, discussero animatamente ma non si accorsero di un anziano coricato, i cui occhi blu si stavano spegnendo. Gebicca, nostro venerabile re, lasciò così il mortale mondo terreno per incontrare il Valhalla.



Fu onorato con una povera cerimonia funebre, fu scavata una fossa nella neve, tutt'attorno le candele, infine la sacerdotessa ripose la spada e l'elmo di Gebicca nella tomba affinché potesse usarle anche nel Valhalla. A lui successe Gundomaro, un uomo di 30 anni dalla barba bionda e dal carattere nobile. « Onorio e Stilicone hanno deciso di lasciarci qui a congelare, se restiamo qui non sopravviveremo, non ci hanno lasciato altra scelta. » disse stufo di aspettare, e svettando la spada al cielo condusse un totale di 10mila guerrieri e 300mila uomini contro le più vicine cittadine romane. Ermerico, re dei Suebi, fece lo stesso. « Credo che solo con il martello di Thor i Romani inizieranno a decidere cosa fare di noi. E se ci vorranno come foederati non rifiuterò, ma se ci vorranno come nemici, allora avranno quello che chiedono: la morte. »



[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]
- Dauða til Rómverja - Morte ai Romani
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Incendiarono le case delle cittadine circostanti e poi entrarono ad Alesia, un tempo capitale celtica, ora scempio della corruzione romana abitata da omuncoli deboli e donne alquanto brutte. Entrarono nelle abitazioni e scaraventarono dalla finestra anziani e bambini, presero l'oro, il cibo, misero tutto in dei sacchi; « questi anzicché scappare invocano l'aiuto del loro Imperatore, anzicché difendersi invocano l'aiuto dell'esercito, alcuni non hanno nemmeno fatto bambini, quale razza di popolo inetto ed infecondo stiamo razziando? Essi non invocano Woden (Giove) nei templi, invocano un tale chiamato Jesus nelle chiese, catapecchie di mattone. » Furono date alle fiamme le bandiere di Roma, e addirittura fu issato al posto di vessillo il cadavere di un anziano senza interiora. Fu a questo punto che intervennero i centurioni, i quali furono immediatamente circondati e massacrati, tanto erano femminili, che anzicché violare le donne, le truppe di Gundomaro hanno trovato sfogo sui centurioni superstiti, in serata sono stati poi decapitati e le teste affisse sulle mura della chiesa.

I Suebi furono i più pacifici ed i meno crudeli, seppellirono i corpi dei nemici affinché non fossero cibo per corvi, e quindi non potessero andare nel Valhalla, ma fossero cibo per vermi. Gundomaro proclamò la nascita del Regno Burgundo ed essendo il primo ad ambire a tale carica fu detto Gundomaro I. « Aspetteremo il responso di Roma. » affermò. Intanto le mazze ferrate dei Germani si diressero sia verso nord, sia verso sud, con l'intenzione di ripetere quello che fu fatto ad Alesia e li avrebbe fermati solo l'ordine del loro sovrano. « Stilicone sa che Woden ha offerto la pace, sta a lui accettare la foederatio o meno, in quel caso giurerei fedeltà a Roma, siamo un popolo tranquillo e di piccole dimensioni, le nostre intenzioni sono quelle di vivere in pace oltre il Reno, al sicuro dai cavalieri unni e lontano dai morsi della fame. » continuò Gundemaro.


[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]
- Saxs og Swaben - Sassoni e Svevi
Il Popolo delle spade affilate, i Sassoni, si sono rifiutati di invadere Roma, in quanto la terra mite rende le persone effemminate, mentre la terra ardua tempra il carattere forte. Essi non riuscendo comunque a coltivare e vivendo in zona di mare, hanno deciso di continuare a sopravvivere di pirateria. Assieme a Juti ed Angli, centinaia di pirati si sono riversati sulle coste della Britannia romana, ed hanno punito Roma con la distruzione di case ed il rapimento di bestiame, donne e oro. I Suebi d'altra parte hanno deciso di lasciare le Gallie per spostarsi in una zona montuosa dell'Hispania chiamata Galizia, Ermerico e i Suebi hanno rifiutato ad oltranza qualsiasi patto con la nemica Roma o qualsiasi conversione al Cristianesimo, che reputano un credo insensato.


Annunci Orali


Giunge voce di un clima sempre più duro" disse il capotribù Vandalario durante una specialissima adunata di popoli germanici, "I nostri sciamani prevedono l'arrivo di un ondata di freddo e gelo che renderebbe innocuo anche il fuco più cuocente." tra stupore e il borbottare generale, il capotribù dei vandali prese la parola "Se veramente è in arrivo il gelo che estinguerà i deboli muoviamoci a sud, se i romani non vorranno collaborare con noi, se i romani non permetteranno alle nostre tribù di sopravvivere, i romani verranno spazzati via da questa!" Un urlo e tutte le armi vennero alzate al cielo in segno d'approvazione, mentre il popolo franco rimaneva in disparte, unico ad aver proposto soluzioni più pacifiche nei confronti del potente e sconfinato impero romano



[Articolo di PresidenteVladimir]


.:Bidnii deer tenger:.-

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405 DC
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Dagli scritti di Donatus - Nord:
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Giungemmo dalle steppe del Nord la oltre i confini slavi in cerca di nuova terra e nuove ricchezze, il popolo chiedeva anzioso di raziare poiché la Tracia oltre che una perdina di molti uomini richiedeva troppi sforzi e tempo.



I Guerrieri urlavano il nome al Grande Tengri mentre con le sciabole e gli archi scoccavano le frecce e mozzavano teste con una facilità impressionabile. La terra al passare dei cavalli tremava incutendo nella mente dei Nord paura per dei figuri fino ad allora mai visti.



Uomini alti biondi e robusti ma di poco numero nonostante fossero portentosi guerrieri nulla poterono contro l'orda della nostra tribù le loro donne bionde e pallide vennero catturate stuprate e fatte schiave. I Loro bambini uccisi o venduti, i loro uomini ridotti in mucchi di carne informe dati in pasto ai lupi.



Combattevano in maniera eccelsa con asce spade e scudi di legno urlando a loro volta contro i nostri uomini, neanche loro temevano la morte quasi il Khan si rispecchiò nella loro visione e di come coragiosamente affrontavano la morte urlando il nome del loro dio Odino.

Egli nel profondò pensò di volerli assimilare e non raziare, ma sapeva già quale risposta avrebbe potuto ottenere mandando loro un messaggero.



Uomini cosi fieri non accetteranno mai compromessi simili almeno che del sangue non venga versato, e cosi sarà.

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Dagli scritti di Donatus - Sud:

le lame si piegarono e gli scudi si rupperò, quanto stremantefu la battaglia di Varna neanche i guerrieri superstiti ne erano a conoscenza, l'infallibile orda raziatrice ritornò sconfitta nella steppa ucraina ferita nel corpo e nell'orgoglio.



I Generali urlarono al cielo imprecando più e più volte Tengri aveva dato ed aveva tolto, ma il Khan questo non lo accettava. Lui la guida sotto il cielo voleva di più e una sconfitta ad oriente è uno squarcio alla sua anima, giurò eterna vendetta con l'impero romano orientale tagliandosi con una lama e versando il sangue sulle fiamme, fronte al suo popolo promise che la testa dell'imperatore un giorno sarebbe stata mozzata ed esposta nella capitale.



Quella notte si bevvè per i caduti si ululò al cielo e i tamburi suonarono a festa perché dalla steppa oltre 40.000 guerrieri stavano giungendo a cavallo verso le terre del Sud per vendicare i loro compagni e conquistare la Tracia.

Donatus aveva piani pretenziosi, egli un giorno dominerà su un vasto impero non più nomade ma stabile, costantinopoli sarà la nuova capitale Unna e da li si stabiliranno le basi per una nuova fiorente civiltà.



[Articolo di Mussulmanopazzo]


Racconti Orali


Con la morte del capotribù vandalo e ostrogoto, le popolazioni barbariche che hanno assalito l'impero romano sono state distrutte, gli abitanti dei piccoli villaggi di Monaco e Praga, in cambio della loro salvezza hanno offerto tutte le risorse utili per i romani e hanno ottenuto infine il permesso d'imbarcarsi nella speranza di trovare remote e sconosciute terre. Le popolazioni franche invece sono state decimate, esse infatti si prestavano ad insediarsi a Parigi, come concesso dai romani ma poi quest'ultimi li attaccarono alle spalle distruggendo tutto ciò che potesse far solamente ripensare a questo popolo.

[PresidenteVladimir]


♔ ::: ♕ Edictum Imperatoria Romanus ♕ ::: ♔

410 d.C.


[ - Guerra ai barbari! - ]


Impervia aspra la Guerra esplosa con le barbare popolazioni Nordiche che hanno sorpreso e sopraffatto, non senza enormi perdite, le nostre Legioni di confine, approfittando della scarsa battuta dei confini.

Scalpore ha fatto la disfatta di Alesia, dove i Borgundi, una delle razze più inferiori e rozze tra quelle barbare, hanno massacrato la popolazione locale, seviziando i centurioni, sopraffatti dal numero nemico di molto superiore, a dimostrazione della follia e dell'inferiorità sia mentale, sia corporale dell'avversario straniero.



Contemporaneamente, giungeva agli occhi di Stilicone, la missiva vandala, che chiedeva a Roma la cessione della Regione Penninica.

La Corte infuriata, ma consapevole della situazione in cui versava l'Impero, accordò la richiesta, non senza delle condizioni.

Il territorio rimarrà romano, ma saranno disposti villaggi e centri per accogliere la popolazione straniera, che non potrà avere più di 10.000 uomini a sua guarnigione;



[ - L' attacco dell'Aquila Vendicativa - ]


Nell'umiliazione e nella sconfitta ricevuta, bruciava però intenso il desiderio di vendetta e riscatto.

Si preparavano così le Armate di tutta Roma a sferrare un sonoro contrattacco per cacciare indietro il nemico invasore.

In Gallia, i Burgundi, avanzati fino a Lutentia, videro avanzare a romano passo e con augusto ardore, più di 17.000 uomini, 3.700 cavalieri, 1.500 centurioni, che comandati dal Generale Flavio Bonifacio, hanno raggiunto la città che sorge sulla Sequana, e appostatisi a pochi chilometri dalla città ne hanno constatato lo stato di distruzione e razzia ad opera degli infami barbari.

Alto il Sole in cielo, il Generale Bonifacio diede di scatto l'ordine di attacco, che colse impreparati molti centurioni; questi però, spinti da uno spirito invitto, hanno immediatamente dato l'ordine di marcia, mentre la Cavalleria partiva alla carica,sotto il grave suono delle trombe di guerra.

I burgundi occupanti la zona, furono dapprima spaventati dal suono degli strumenti che emettevano un idilliaco e straziante verso.

Avanzando lungo la strada fino al campo di battaglia,le nostre armate trovarono l'esercito germanico disperso, ma che sommariamente si dispose sul campo con due ali.

L'ala sinistra germanica era tenuta da Serapione mentre l'ala destra e il resto del contingente era sotto cinque grandi sovrani e dieci re minori.

Appena furono a tiro,la Cavalleria Romana ingaggiò i cavalieri germani, sbaragliandone le file, mentre.

Intanto al centro del fronte, i guerrieri germanici appiedati caricarono ripetutamente e frontalmente i nostri ranghi serrati, contando di romperli semplicemente grazie alla loro superiorità numerica, ma la prima linea romana tenne la propria posizione, infliggendo grosse perdite ai Germani che si gettavano senza posa sulle lance romane ammassate, che alla fine ebbero la meglio penetrando la fronte avversaria.

A questo punto i Generali nemici, optarono per la ritirata, che però fallì miseramente, dato che diverse coorti e reparti di cavalleria, aggirarono il centro cittadino per cogliere da dietro il nemico.

In molti perirono durante la vana ritirata, lo stesso Serapione finì trafitto dal gladio in un centurione. Tanti si gettarono nelle acque del fiume, sperando di scampare alla furia romana,ma perendo miseramente affogati o trafitti dalla lance.



Liberata Lutentia,si potè quindi avanzare fino a Dorocortorum, liberandone l'interna provincia, ormai sguarnita.

A quel punto, vista la superiorità romana, i capo tribù burgundi decisero di trattare e si raggiunse infine un accordo con Roma.

I Burgundi avrebbero ottenuto lo status di foederatio Romani.



[ - Ostrogoti ricacciati oltre il Danubio - ]


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Sul fronte Danubiano invece, arginato il pericolo Vandalo, toccò a quello Ostrogoto.

Le tribù di Vandalario si dichiararono ostili a Roma e avanzarono verso la città di Veldidena in pesanti armi ed in grosso numero.

Le sentinelle di confine avvistarono in tempo, per grazia di Dio, il nemico marciante, così che le difese potessero venire organizzate.

Così il barbaro avverso andava inesorabile verso il macello, l'unica fine che spettasse a tale razza dannata quale è quella germanica.

Ad attaccare furono in 30.000 ma nessuno tornò al proprio squallido villaggio, segno che la potenza di Roma non è sottomettibile.



Poco dopo lo sventato attacco, Stilicone in persona giunse a Valdidena per organizzare un possente contro-attacco,volto a prendere il possesso della Raetia Settentrionale ed oltrepassare il Danubio.

Un'imponente armata di 32.000 uomini, 6000 arcieri e 4600 cavalieri iniziò la lunga marcia con a capo Stilicone, che montava un focoso ed augusto cavallo ed era affiancato dagli stendardi e dalle insegne che al vento si gonfiavano.



Un giorno di cammino dopo,giunsero oltre il confine, penetrando facilmente in territorio nemico.

Giunsero così nel cuore della Raetia del Nord in quella che era Augusta,strappata via nel momento della scissione dell'Impero.

Ed infuriò quindi la battaglia raccontata così dal Papiro di Guerra del Generale Ezio:



« Viste le orde degli Ostrogoti precipitarsi giù con impeto furibondo, Stilicone diede ordine ai migliori cavalieri di caricare i nemici sul fianco, ed a Eugenio di aggirarli con gli altri squadroni di cavalleria e di attaccarli alle spalle; egli stesso sarebbe intervenuto al momento opportuno. In quell'istante, come augurio di buona fortuna, otto aquile attirarono l'attenzione di Stilicone, che le vide volare verso la foresta per entrarvi. Egli comandò ai suoi di marciare avanti e di seguire gli uccelli simbolo di Roma, protettori delle legioni! E subito avanzarono i fanti schierati, mentre i cavalieri, già lanciati all'attacco, investirono le ultime fila ed i fianchi nemici, e cosa strabiliante, accadde che due formazioni nemiche fuggirono in senso opposto: quelli che occupavano la foresta si lanciarono verso la pianura, mentre quelli schierati nella piana si precipitarono verso la foresta. Presi nel mezzo, c'erano i Goti, che erano sospinti giù dai colli. Tra questi sovrastava Ennoido, il quale a gesti, con le grida e mostrando la ferita, cercava di tenere alte le sorti della battaglia, e si scagliava sugli arcieri e li avrebbe distrutti, se non l'avessero fronteggiato i reparti ausiliari di Reti, Vindelici e Galli. Qui trovò la morte, decapitato direttamente a cavallo. Gli altri, ovunque sul campo, furono trucidati, e la maggior parte che tentava di passare a nuoto il Danubio, furono colpiti e travolti dai dardi o per la violenza della corrente del fiume, oltre alla calca degli uomini che irrompeva, lungo le rive delle sponde del fiume che franavano. Alcuni, arrampicatisi con una fuga vergognosa sulle cime degli alberi e nascosti fra i rami, divennero, tra lo scherno, il bersaglio di arcieri che erano stati fatti avanzare; altri furono fatti cadere a terra dagli alberi che venivano abbattuti. »



Si susseguirono due decisivi attacchi che decretarono lo sfracello avversario.

L'ordine di battaglia fu quello di occupare con la cavalleria la pianura ed attaccare il terrapieno con fanteria, mentre gli arcieri avrebbero garantito copertura per ambo le parti.

Quelli cui era toccata la parte pianeggiante avanzarono di slancio, mentre quelli che dovevano attaccare il terrapieno, che sembrava quasi un muro, subirono perdite sotto i colpi, dall'alto, dei nemici. Stilicone, avendo notato queste difficoltà sorte lungo la Valle decise di far arretrare le legioni, per evitar loro di subire continue perdite senza colpo ferire, ed avanzò le linee dei frombolieri. L'attacco di questi ultimi provocò grande scompiglio tra le file dei Germani, ora sotto un fitto lancio di dardi romani. Di lì a poco anche le macchine da guerra romane cominciarono a scagliare dardi ed aste, tanto da provocare una strage tra i difensori del vallo.

Furono lanciati anche dardi incendiari che provocarono vasti incendi e devastazioni fra la popolazione barbara.



Seguì l'attacco delle legioni. Il vallo ostrgoto fu occupato, e Stilicone, alla testa delle coorti pretorie, guidò personalmente l'attacco nella foresta, dove la battaglia, condotta ad oltranza, fu particolarmente accanita e cruenta. La presenza delle paludi alle spalle dei germani intralciava i ripiegamenti, mentre il fiume e il terreno montuoso rendeva difficile un'eventuale ritirata romana; le due parti dovevano vincere per sopravvivere.



Lo scontro fu estremamente aspro e i germani dimostrarono grande tenacia ma alla fine furono i romani ad avere la meglio grazie soprattutto alla loro disciplina, al loro armamento e alla coesione tattica dello schieramento compatto delle legioni. I legionari, allineati in formazione serrata protetti dai grandi scudi, inflissero perdite elevatissime ai germani con i loro gladi che provocarono terribili ferite al torace e al volto dei giganteschi guerrieri nemici. I germani non poterono per mancanza di spazio, impiegare efficacemente le loro lunghe aste e furono costretti a subire praticamente da fermi la micidiale azione della fanteria pesante legionaria.



Alla fine del terzo giorno di battaglia, tutti i sovrani delle tribù ostrogote, si arresero formalmente alla forza Romana.

La Guerra era vinta.



[Articolo di Dark II]



::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::

415 DC

[Paint - Pitture]

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\\ Giselcaro resta per dare addio al fratello. \\


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[Verða - Avvenimenti]

- Gundmardauði - Morte di Gundomaro

Gundomaro aveva 40 anni, ed era re da 10 anni, non si sa di preciso per quale motivo sia morto. In tempi recenti, il suo carattere era mutato ed era diventato violento e bramoso di potere, diventò paranoico ed allontanò molti Arimanni dalla sua corte; il suo servo lo ha trovato disteso supino sul letto e con una spada conficcata nel petto, tutto attorno si era colorato di rosso, la sua luminosa barba era ora di un color cremisi. Era il 411 secondo il calendario cristiano, e non essendoci dei discendenti, l'unico suo fratello tra tante sorelle prese il suo posto, Giselcaro, fu dunque acclamato re dai Burgundi. Secondo la tradizione germanica, il cadavere di Gundomaro fu riposto in una barca funebre accanto ad i suoi beni, fu poi portata alla fonte del fiume Durance; dopo una pianta cerimonia, al cenno della sacerdotessa, il fratello schioccò un dardo incendiato dando alle fiamme il vascello. Lutto fu per tutto il popolo, ma la sua anima sarà ricordata in eterno. Giselcaro si ricordò di prestare il giuramento di fedeltà a Roma « che il mio amato fratello tenne a mantenere ».

- Kristskomu - Cristianizzazione

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Alcuni missionari vestiti con un saio marrone furono accolti al palazzo reale, dicevano di essere stati inviati dal loro Dio e dalle diocesi romane per portare la conoscenza della "vera luce". Giselcaro si convinse che la conversione al cristianesimo avrebbe portato ad una maggiore integrazione con i cittadini romani e quindi privilegi politici; nel 4 settembre 414 nel salone principale, il nostro re si è fatto battezzare dai missionari cristiani abbracciando il culto ariano. In breve tempo i missionari sono stati subissati di richieste di battesimo al punto che hanno dovuto edificare un battistero a Lione, chiese e fare predicazioni alla popolazione di tutto il regno. Essi si interessarono al cristianesimo come avrebbero accolto qualsiasi novità di Roma, ma nonostante ciò molti altri rifiutarono il battesimo come segno di sottomissione e di irrispetto verso gli antenati.



Il prete dopo alcune ore di orazione si accorse che nessuno aveva ben capito il suo credo e ha parlato attraverso paragoni dicendo che Iesus Christi era figlio di Maria, una donna sposata con Dio; egli raggiunse l'illuminazione e come un guerriero germanico lottò sino all'ultimo dei suoi spasmi finché non scelse di morire sulla croce per diffondere in tal modo la vera luce; « non ho capito sacerdote, come fa Cristo ad essere semi-dio, dio, e spirito santo al tempo stesso? » ha domandato un pover'uomo tra la folla scatenando la collera del prete « Eresia! Eresia! chi ha affermato questo era Ario, e chi non crede nella trinità si dice ariano. ». Il mattino successivo il re Giselcaro ha reso lode a Wotan padre degli dei per aver portato il popolo sulla via di Cristo.



[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]

- Sweben, Franker, Vandaler - Sassoni, Suebi, Franchi, Vandali

Ermerico e i Suebi iniziarono a battere moneta propria, e mandarono indietro i missionari, i Franchi di Faramondo si installarono a nord del regno dei Burgundi, tra la Gallia Belgica e la Germania Inferiore, i Vandali di Vandalario si mossero assieme ai ribelli Visigoti di Alarico diretti verso Roma ma furono sconfitti, e dopo secoli, quasi come un oltraggio verso Arminio, a causa dell'inettitudine dei popoli del sud, i centurioni hanno valicato le Alpi Retiche ed il Norico, al contempo gli unni si impadronirono dei territori orientali, costringendo nostri fratelli a trovare accoglienza nelle nostre terre.


-.:Bidnii deer tenger:.

-415 DC

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- Invasione della tracia.-

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Dagli scritti di Charathon.-

In meno di 5 anni il Khan Donatus giurata vendetta eterna dopo la sconfitta di Varna richiamò dall'oriente oltre 45.000 guerrieri a cavallo i Rystariud la cui legendaria forza è impressa nelle menti dei popolo d'oriente. Poiché ogni dove questi guerrieri a cavallo passavano non cresceva più nulla, come un miasma si propagano e assaltano ogni cosa senza risparmiare ne donne ne bambini.



L'estate dell'anno successivo alla conquista di varna le città della Tracia bruciavano e piangevano i loro morti mentre ancora i Rystariud raziavano e distruggevano ogni cosa.

Donatus rideva di gioia udendo le urla e i pianti dei Romani d'oriente, esso mirava a grandi cose per il suo popolo esso si sarebeb stabilito a Costantinopoli insediando una nuova capitale nell'impero un nuovo regno su cui governare, ma Tengri ebbe altri piani e lo richiamò a se 3 inverni orsono.



Charathon il Khan illuminato e benvoluto dal popolo che anni prima sotto vece di generale guidò la conquista dei barbari nel Nord Est, difronte a Tengri e al popolo giurò di portare a termine il sogno di Donatus e di espandere le terre del Khan oltre ogni confine.



Esso dopo l'investitura a Khan chiamò a se il popolo in una grande riunione della tribù a Kiev,

discussero a fondo su dove razziare negli inverni successivi e alla fine il popolo decise che al momento il Nord era la scelta migliore.

Ma Charathon impose dei limiti e delle regione diverse che fino ad allora non erano mai state presente nella mente degli Unni.

Solitamente durante una razia i guerrieri rubavano stupravano ed uccidevano al fine lasciavano il territorio senza farvi ritorno, questavolta il Khan ordinò loro di rimanere stazionati in quelle zone creando fortificazioni.



Nella mente dei più vecchi le parole del Khan suonavano come stupide e insensate, poiché loro non si sono mai fermati sulla terra impossessandosene e offendendo Tengri.

Ma cosi fecero e negli inverni ed estati a venire il popolo rafforzò il loro spirito stazionario, 3 anni passarono e si iniziarono a creare i primi villaggi degli Unni nelle provincie Germaniche.



[Articolo di Mussulmanopazzo]



Comitatensi si preparano a marciare su Londinium



Il ritiro di gran parte dei guerrieri pitti dal Vallo Antonino, hanno lasciato un po’ di respiro alla Britannia romana che, nonostante il decadimento, continua a mantenere la sua parvenza di civiltà. A parte quello, una seconda minaccia imperversava nei territori romani e questa pareva più pericolosa perché insediata nei territori interni all’impero. Le armate inviate da Onorio in soccorso, si ritrovano a dover fronteggiare i sassoni e questi, con stupore, riescono a sbaragliare l’avversario. Questo segna la fine di Londinium, con i barbari a pochi stadi dalle sue deboli palizzate approntate in fretta e furia dai 300 uomini di guarnigione.



Con estrema rapidità però si sono mossi 1200 comitatensi, ma di certo non riusciranno a raggiungere in tempo la capitale. Nel mentre la guarnigione londinense si aspetta il peggio, sono state già appronte le prime misure d’evacuazione del Vicarius e della sua corte, mantenendo il massimo riserbo possibile sul tragitto e la meta. Ormai l’amministrazione romana in britannia, si trova del tutto isolata dall’europa continentale e per giunta non sono in vista nuovi arrivi dalle coste galliche. Il timore di essere stati abbandonati è sempre più forte e per questo nei territori britanni, sta iniziando a prendere piede l’anarchia.



Nella maggior parte dei villaggi lontani dalla capitale e dalle città principali, ora predominano signorotti locali che hanno spodestato gli ufficiali romani e si sono insediati, iniziando a governare indipendentemente e senza nessuna concessione da parte romana. Ormai sembra questione di poco per una caduta totale della provincia.



[Articolo di Steyr-Mannlicher]
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Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017] Empty Re: Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017]

Messaggio Da Falco Mar Feb 08, 2022 8:03 pm

-.:Bidnii deer tenger:.-

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425 DC .-

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[Worlds tögsgöl - La fine dei Mondi]
Attila - Cronaca germana

Gli schamani predissero la fine dei mondi, non spiegarono il giorno e la data, ma secondo i cristiani quella è il 425 dalla nascita del loro dio.



Dopo la morte del Kan Charatohn molto cambio all'interno della nostra tribù,

provarono a succedergli numerosi pretendenti adatti ma alla fine il suo posto venne preso dal giovane Attila, il quale aveva dimostrato di essere scalto forte e abile in quasi tutto, egli visse per 8 anni con i Romani d'occidente prima dei cambi dei patti con i suoi predecessori, da loro aveva imparato come costruire le basi di un solido impero e non solo...



A pochi giorni dalla sua investitura a Khan egli chiamò a se i khan d'oriente e del Nord spiegando in una grande assemblea popolare difronte al fuoco che se separatamente riuscivano a imporsi con fare autoritario uniti avrebbero potuto conquistare il mondo, egli siglò dunque un patto di sangue con ogni Khan come si usa fare col nostro popolo anziché scrivere su inutili fogli di carta parole a caso.

Riunì a se tutte le tribù Unne mettendosi a capo di queste come Gran Khan, egli promise una nuova civiltà per il popolo nomade, ricchezze inestimabili e prosperità,

da li a mille anni il nostro popolo sarebbe stato riconosciuto come il più grande forte e ricco della storia.



Charatom aveva già innescato qualcosa di simile senza portarla definitivamente a termine, unni e slavi a Nord già vivevano sotto una forma scorretta di federazione,

ma le leggi e i diplomatici erano inesistenti sarebbe stato meglio definire quei territori come un accampamento più che una federazione, esseri rozzi e primitivi secondo lui che visse fra civiltà e barbarie.

I territori recuperati erano insufficenti e miseri necessitavano di più terra e più razzia, portò con se oltre 100.000 uomini marciando oltre il reno nelle terre d'occidente razziando non solo i germanni ma anche il suo popolo, ogni passo era coperto di rosso, bruciò piante case e chiese spargendo a terra sale per renderla infertile.



[Articolo di Mussulmanopazzo]


::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::

430 DC

[Paint - Pitture]

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\\ Famiglia anglosassone costruisce un limitrofo villaggio a Beormas (futura Birmingham). \\

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[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra

- Torgeseþe Bryten - Presa della Britannia

I Sassoni, popolo dai coltelli affilati, si mossero infine verso le terre romane; arrivarono in Batavia e in Frisia (Olanda), e come altri popoli del mare da lì portarono con se donne, vecchi e bambini, con l'intenzione di stabilirsi in Britannia, la quale era ben nota ai sassoni come meta per pirateria. Immediatamente furono attaccati da mille centurioni romani ma la forza e l'abilità nel combattimento delle lame sassoni è un qualcosa di insuperabile e con poche perdite vinsero. I Britoni scapparono intimoriti verso la loro capitale Londinium (ora London), ma non poterono per nulla difendersi contro i popoli venuti dal mare, i quali sfondarono le deboli palizzate a difesa della città e vi entrarono. I Sassoni massacrarono i cittadini romani, stuprarono le donne bretoni e fecero schiavi i superstiti; le loro donne ed i loro bambini si sostituirono ai romani e fondarono l'Essex sotto Re Freawulfo, poco più tardi sarebbero nati i regni anglosassoni del Wessex, del Kent, dell'Anglia e della Mercia. I Pitti avevano ora la strada libera per valicare il vallo di Adriano e porre definitivamente fine al dominio romano nell'Isola; Freawulfo ammirava questo tenace popolo di fieri celtici, e sperava di allearvicisi.



[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]

- Attila Hunas - Attila l'unno

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Alla morte di Charaton, re dei centauri australi (unni), successe un demone (cioé a metà tra dio e uomo) che traeva la sua forza da uno spirito divino: il suo nome è Attila, una creatura nata nel bel mezzo del via vai di popoli. Attila ha subito dimostrato una grande leadership riunificando il popolo unno e le stirpi ad esso federate afflitte per la morte del vecchio Khan. Attila fu ben presto temuto quando fu visto razziare, si disse che laddove passava lui non cresceva più l'erba, e venne la volta della Sassonia; ma essi avevano udito anni orsono le narrazioni di coloro che scappavano da Attila, e per tutte le Genti del Reno ormai il re supremo unno era diventato non un eroe, non un mito, ma una leggenda, destinata a durare in eterno. Appena videro Attila avvicinarsi, infilzarono le armi nel terreno, non in segno di resa ma in segno di amicizia; volevano lottare al fianco di Attila, volevano essere anche loro protagonisti di quelle epiche storie che da tempo circolavano.



I Re del Reno si sottomisero tutti quanti uno ad uno ad Attila, sacrificarono nel nome degli unni duecento caprette, ed accettarono di servirlo anche a costo di essere tributari; perché si dice che Attila non bistratti i popoli alleati di tributi, e che sia un uomo rispettabile che mantiene la parola, e che prega sempre gli dei affidandosi ai loro segni in qualsiasi occasione; nessun uomo era tanto temuto e rispettato quanto Attila, ci furono alcuni che si ribellarono all'alleanza con i centauri, e la furia del cavaliere pannonico ricadde su di loro, furono massacrati nel più terribile dei modi, questi erano per lo più reminiscenze delle truppe di Alarico e di Vandalario, le quali sfuggite ai romano hanno trovato la fine sotto lo zoccolo unno.



[Verða - Avvenimenti]

- Arðeaþ Giselhcar - Morte di Giselcaro

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« Grazie Woden per quanto ci avete reso con Cristo », i nostri mercanti essendo ora stati battezzati dalla vera luce divina possono essere rispettati dai commercianti cristiani dell'Impero di Roma, e fare affari d'oro; parlava troppo in fretta Giselcaro, facendo finta di non notare le risse e la tensione tra i più ferventi cristiani, i cristiani ariani, ed i restanti pagani. « Cristo è uomo! » dice uno, « no, la natura di Cristo è triplice! » afferma un altro; alcuni cristiani hanno sfregiato i templi di Giove, dove si recavano ultimamente i pagani, e per risposta questi hanno fatto irruzione in una chiesa cattolica pestando il parroco ed i fedeli, mentre gli ariani lamentano l'assenza di preti pagani nelle chiese. Venne infine l'ora, nella quale anche Giselcaro, come tutti i mortali, lasciò questo mondo per la vita ultraterrena. Era diventato anziano l'uomo, e fu sepolto secondo una cerimonia cristiana, ma i suoi sudditi vi portarono delle candele, e vi lasciarono nella tomba i suoi beni materiali. A lui successe Gundicario, il quale prestò l'ormai tradizionale giuramento di fede a Roma.



- Strudan Gallisces - Razzie in Gallia

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Gundicario pochi anni dopo la salita al trono vide bene le carte in tavola, in lui si riaccendeva la nostalgia dell'attraversamento del Reno, delle epiche imprese dei suoi avi, e per qualche motivo scelse di rianimare il vecchio spirito guerriero dei Burgundi. Gundicario mandando a benedire Roma e sacrificando una capra a Thywaz si mise al capo di un piccolo esercito iniziò a sconfinare nella Gallia Belgica razziando ripetutamente i villaggi dei Franchi. La lama del guerriero mozzava le teste dei Franchi, e il sacco rapiva come di consuetudine le donne del nemico, i cittadini romani cercavano di mettere al riparo le loro monete piuttosto che le loro vite. Si dice che Clodione, re dei Franchi e figlio del defunto Faramundo volendosi vendicare abbia chiesto aiuto ai Romani, se così fosse, il Regno dei Burgundi potrebbe scomparire per sempre.


♔ ::: ♕ Edictum Imperatoria Romanus ♕ ::: ♔

435 d.C.

[ - Morte di Onorio Imperatore - ]

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//Corteo funebre dell'Imperatore Onorio//



La morte di S.M l'Imperatore Onorio, ha lanciato l'Impero in uno stato di depressione e caos, essendo stata persa la figura che aveva portato l'Impero d'Occidente ai fasti dell'Unità Romana.

L'Imperatore si è spento a Ravenna, sul terrazzo esterno del Palazzo Imperiale, che affaccia sul Mare d'Adria, circondato dai suoi più fidati Generali e collaboratori.

La scena del trapasso è così descritta dal Gen.Bonifacio:

"Adesso giunge, o compagni, il tempo più adatto per allontanarsi dalla vita, che è reclamata dalla natura.

Esulto, come colui che sta per restituire un debito in buona fede.

Non sono afflitto e addolorato,come alcuni pensano.

Sono guidato dall'opinione generale di martiri e filosofi (cristiani).

Osservo che, ogni volta che una condizione migliore sia separata da una peggiore, occorre rallegrarsi piuttosto che dolersi.

Noto anche che Dio donò molto religiosi la morte come sommo premio.

Ma so bene che quel compito mi è stato affidato non per soccombere nelle ardue difficoltà, né per avvilirmi, né per umiliarmi.

Ho imparato a conoscere per esperienza che tutti i dolori colpiscono chi è senza energia, ma cedono di fronte a coloro che persistono.

Non ho da pentirmi di quanto ho fatto, né mi tormenta il ricordo di delitti o guerre.

Ogni mio atto è stato pensato per la grandezza di Roma lungo la via del Signore.

Sia nel periodo in cui ero relegato in ombra,sia dopo aver assunto le redini dell'Impero, ho conservato immacolata (o almeno così penso) la mia anima.

Ho gestito con moderazione gli affari civili.

Tuttavia il successo e l'utilità delle decisioni non sempre concordano....

Reputo che scopo di un giusto Impero siano il benessere e la sicurezza dei sudditi.

Fui sempre propenso, come sapete, alla pace,ma quando necessario,

non ho esitato a guidare le Legioni nella lotta, abilmente guidate dall'ormai in gloria

anima di Stilicone.

Ho allontanato dalle mie azioni ogni arbitrio, corruttore degli atti e dei costumi.

Me ne vado felice, sapendo che ogniqualvolta Roma, come imperioso genitore, mi ha esposto a pericoli prestabiliti, sono rimasto fermo, abituato a dominare i turbini degli eventi fortuiti.

Ora muoio tra i dolori delle malattie, ma in mezzo a splendide glorie, ho meritato una illustre dipartita dal mondo.

E' giudicato pusillanime ed ignavo colui che desidera morire quando non è il momento opportuno e colui che tenta di sfuggire alla morte quando è il momento giusto.

Il parlare è stato sufficiente, ora il vigore delle forze mi sta abbandonando.

Non ho lasciato eredi e per quanto concerne la nomina del nuovo imperatore, ho deciso cautamente di non pronunciarmi. Non voglio omettere per imprudenza qualcuno degno. Né voglio sottoporre a pericolo di vita qualcuno che ritengo adatto ad essere nominato, qualora un altro gli venisse preferito.

Ma come un bravo figlio della Lupa, desidero che si trovi dopo di me un buon imperatore."

...Tutto taque, ed egli discusse approfonditamente sulla sublimità delle anime.

Poi,il gonfiore delle vene gli impedì di respirare. Bevve dell'acqua gelida che aveva chiesto. In mezzo al terrore religioso della notte, venne sciolto senza difficoltà dalla vita.


Il funerale fu poi svolto, come quello di Teodosio, con rito cristiano.

La salma giace nella Cripta Imperiale di Ravenna.



[ - Usurpazione della Corona Imperiale - ]



Si oserebbe dire "Morto un Imperatore se ne fa un altro", anche se di mezzo c'è un Usurpatore e così è stato.

Deceduto Onorio senza eredi, infatti, l'Oriente ritardò nella scelta del successore e il Senato, spinto dal patrocino Castino, proclamò decano Giovanni Primicernio, che si accerchiò la carica imperiale, con il riconoscimento di solo una parte del Senato.

Il Gen.Bonifacio, grande amico di Onorio, si volse subito ostile all'illegittimo Imperatore e privò Roma e Ravenna dei rifornimenti di grano.

Intanto, si levava la figura di Valentiniano III, sostenuto dall'Oriente e da molti dei maggiori Generali, che ottenne così il titolo prima di Cesare e poi di Augusto.

Giovanni, consapevole del fatto che non potevano esserci 3 Augusti nell'Impero, si rinchiuse a Ravenna.

Il Palazzo fu assediato per tre giorni e tre notti dalle truppe di Bonifacio e degli altri Generali ostili all'Usurpatore.

Alla fine la guarnigione personale di Primicernio fu corrotta e quest'ultimo catturato e deposto.

Gli fu quindi tagliata una mano e fatto sfilare su di un asino per il Circo d'Aquilea, dove sotto le imprecazioni e gli insulti della popolazione, fu decapitato.



Flavio Placido Valentiniano III è così proclamato Imperatore, in via temporanea retto dalla madre, Elia Galla Placida (Nipote di tre imperatori, figlia di un imperatore, sorella di due imperatori, moglie di un re e di un imperatore, madre di un imperatore, zia di due imperatori) che giura come Imperatrice Reggente Romana.


[ - Guerra ai Burgundi di Giundicaro - ]


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// Pitture raffiguranti l'Assedio di Borbetomagus//



Dopo le penetrazioni Burgunde nella Gallia Belga e la richiesta di aiuto da parte di Clodione, la Corte ha ritenuto opportuno spezzare il legame di foederatio che legava l'Impero con la popolazione Burgunda, attaccando così le principali tribù e zone soggette a tale influenza, arrivando ad assediarne la capitale.



Le legioni romane, pari a circa 50.000 uomini, 8.000 cavalieri e 5.000 centurioni, hanno così forato il confine burgundo dando inizio ad una serie di razzie, assedi e conquiste in territorio barbaro.

Memorabile, l'Assedio di Borbetomagus, da poco conclusosi.

Dopo l'aver sbaragliato le difese della Rezia Occidentale ed annesso la regione, l'imponente Armata si è spinta fino al cuore del dannato popolo burgundo, assediandone la Capitale, dove risiedeva anche Giundicaro.

Posto a capo delle truppe, è stato il Gen. Bonifacio, su nomina diretta da parte di S.M. l'Imperatrice, forte delle sue già precedenti vittorie sui barbari.



Ed allora iniziava la marcia, durata 6 giorni e 6 notti, alla fine delle quali si ci apprestava dinanzi alle mura burgunde.

Il Gen. Flavio Ottaviano, descrive così nel suo Diario:

« Bonifacio, che era ansioso di occupare Borbetomagus, sapeva che la città si era trasformata in un rifugio di moltissimi nemici, oltre a rappresentare un loro caposaldo fortificato. Per questi motivi decise di inviare in avanguardia fanti e cavalieri a spianare la strada, che era un sentiero montano tortuoso, poco adatto per la fanteria, impraticabile per la cavalleria. Essi in quattro giorni riuscirono nell'impresa di creare una comoda strada per l'Armata Romana.»

Il giorno successivo Bonifacio diede ordine a tutta l'armata di mettersi in marcia per circondare il nemico, che raggiunse la sera stessa. Pose, quindi, l'accampamento su una collina che si trovava a sud della città e che ne distava sette stadi.

I Burgundi furono presi da un tale terrore, che nessuno osò uscire fuori dalle mura.

Bonifacio però, considerato che l'esercito aveva marciato per l'intera giornata, preferì non effettuare un attacco immediato, ma dispose di stringere sotto assedio la città con una doppia linea di fanteria ed una terza linea di cavalleria all'esterno, bloccando agli assediati tutte le vie d'uscita.

Nel suo Diario, Ottaviano continua:

« Borbetomagus, sorge sulla sponda occidentale del Reno,
E' inaccessibile da sud-est, dove la città si protende su uno sperone di montagna in modo obliquo. Anche questo quartiere era stato messo al sicuro quando la città fu fortificata sotto l'esempio romano, tanto da rendere inespugnabile ai nemici la parte sovrastante. Nascosta in mezzo ad altri monti, la città risultava totalmente invisibile prima di arrivarvi. Questo era il sistema difensivo della capitale burgunda.»



Il giorno seguente la città conobbe l'ira romana.

Inizialmente i Burguni, che s'erano accampati davanti alle mura, non indietreggiarono, ma quando Bonifacio ordinò ai suoi arcieri, frombolieri e tutti coloro che erano in grado di lanciare, di abbatterli mentre lo stesso comandante romano avanzava con la fanteria legionaria dove le mura apparivano più facilmente prendibili.

Intanto si completava la costruzione di un terrapieno sotto la collina, dove si eressero 95 baliste e 70 catapulte, che iniziarono a sparare una fitta e continua pioggia di dardi.

Le prime abbattevano le mure,le seconde perforavano i torrioni, facendoli collassare e creando scompiglio tra le file barbare.

E mentre altri reparti di sagittarii e frombolieri affluivano, le falci murali, scardinavano la calce tra i mattoni delle mura ad ovest, permettendo alla fanteria di affluire in massa nel caposaldo.

Ancora gli Arieti agivano potenti, abbattendo e sfondando gli accessi su ogni lato così che la cavalleria potesse entrare in città e caricare in massa i nemici.

Ottaviano prosegue al riguardo:

«Tra gli uomini che si trovavano sulle mura,un colpo staccò la testa facendola cadere lontano tre stadi. All'alba di quel giorno una donna incinta, appena uscita di casa, fu colpita al ventre e il suo piccolo venne scaraventato a distanza di mezzo stadio, tanto era la potenza della balista. [...] Tutto il settore delle mura, dinanzi al quale si combatteva, era intriso di sangue, e lo si poteva scavalcare attraverso una scalata sui cadaveri.»


Fu verso sera che uno dei difensori germani riuscì a colpire dall'alto delle mura Bonifacio, raggiungendolo con una freccia alla spalla. La ferita era però leggera, ma generò grande emozione fra i Romani, tanto che quando la notizia si diffuse tra le legioni, molti abbandonarono l'assedio in preda allo sconforto, accorrendo dal loro comandante. Bonifacio, vinto il dolore, si mostrò in pubblico e rassicurò tutti sul suo stato di salute, destando immenso entusiasmo tra le truppe, tanto che i Romani, incitandosi l'un l'altro con alte grida, si scagliarono contro le mura avversarie in un nuovo assalto.

I burgundi furono travolti, trafitti e schiacciati dalle lance e dai gladi romani.



Bonifacio, allora, dopo aver concesso all'esercito un breve riposo per le fatiche della notte, lo radunò per organizzare l'ultimo assalto alla città. Ordinò ai cavalieri più valorosi di smontare, disponendoli in tre gruppi di fronte alla parte delle mura che ormai erano franate. Erano ben armati e dotati di lance in resta. Avevano il compito di penetrare nella città una volta che i ponti fossero stati sistemati. Subito dietro di loro, la parte più valida della fanteria legionaria, mentre il resto delle forze a cavallo lo dispose di fronte alle mura, lungo tutta la montagna, affinché nessuno potesse sfuggire all'occupazione romana. Subito dietro furono posti gli arcieri in semicerchio, pronti al tiro, insieme a frombolieri e ai ballistarii.

Tutti insieme i trombettieri di tutte le legioni lanciarono alti gli squilli, cui rispose il terrificante grido di guerra dell'esercito romano, e quando ad un preciso segnale vennero scagliati proiettili da ogni parte, la luce del sole ne fu oscurata. Memori dei suggerimenti di Giundicaro, i burgundi si tapparono le orecchie per non sentire il terribile grido di battaglia romano e si ripararono dietro gli scudi per non essere colpiti dai dardi. Quando poi vennero accostati i ponti, si lanciarono sugli stessi prima che i nostri soldati potessero mettervi piede, venendo però inevitabilmente falciati,aggrediti con sommo ardore tutti coloro che vi salivano, si immolarono per la patria con grandi gesti di valore ed eroismo.



Il Gen.Bonifacio si prodigò nel consolare i soldati, ma quando vide che erano inferociti e chiedevano di tornare ad agire subito, ordinò di innalzare ancor di più il terrapieno e, costruire tre torri alte cinquanta piedi ciascuna, ricoperte di ferro per renderle più stabili e inattaccabili dal fuoco, le montò sul terrapieno e vi fece salire lanciatori di giavellotti, arcieri e macchine da lancio più leggere, oltre a unità di frombolieri. Questi reparti, protetti dall'altezza delle torri e dai parapetti, cominciarono a tirare contro quelli che stavano sulle mura avversarie, che ora si trovavano allo scoperto. I Burgundi, non potendo schivare i proiettili lanciati dai Romani, né potendo contrattaccare un nemico ben al riparo, poiché l'altezza delle torri era fuori dalla portata del loro tiro ed erano coperte tutte di ferro, non consentendo loro di appiccarvi il fuoco, rimasero immobili ed inermi dinanzi alla superiorità Romana.

Si innalzarono allora nella spinta finale, tutte le forze legionarie che si fecero avanti ed irruppero nella Sala Reale, prendendo in custodia Giundicaro e tutti i Generali che non erano morti in battaglia.

La cittadella fu quindi posta sotto occupazione, occupazione che persisterà fino alla conclusione delle trattative di pace.


[ - Sconfitti definitivamente gli Ostrogoti e i Vandali - ]

Dopo la fulminante e gloriosa vittoria ottenuta dalle nostre truppe anni fa, che aveva permesso l'annessione di tutte le zone soggette al dominio barbaro di vandali ed ostrogoti, anche l'ultimo germano ha trovato la morte.

Difatti, da tempo scorrazzavano per le regioni più estreme dell'Impero, piccole tribù, i residui di quelli che furono i due regni barbari che osarono sfidare Roma.



[ - Guerra in Britannia - ]


La Britannia, la provincia più distante dal cuore dell'Impero, nonchè quella meno conosciuta, è stata assediata per mare, dai popoli Angli e Sassoni, che hanno preso di sorpresa la sguarnita Londrinium ed ne hanno occupato il territorio, insieme a Beromas e al Cymru.

Quest'ultimo però è stato velocemente riconquistato dalle Legioni accorse oltre mare in aiuto di Crisanto, Vicario Imperiale in Britannia.

La situazione è tesa,mentre si coordina un attacco per soppiantare questi nascenti popoli germanici.



[Articolo di Dark II]


I pitti massacrano i romani nella battaglia del Vallo Adriano

440 D.C.

La situazione della provincia britanna sembra volgere al peggio. Londinium è caduta e la debole guarnigione è stata annientata dalla furia barbara. Nello stesso momento, quasi fosse una maledizione, i Pitti si sono riuniti nuovamente al confine con il Vallo adriano. La battaglia è stata cruenta e nulla è valso il coraggio romano, alla fine i barbari hanno avuto la meglio e il vallo è stato sfondato. Ora che il confine a nord è stato perso le truppe rimanenti viaggiano rapidamente verso sud per raggiungere il primo punto di controllo romano. La paura serpeggia e alimenta il desiderio di diserzione dei soldati sopravvissuti.



Da due giorni ormai non si hanno più notizie del Vicarius e della sua corte, l’ultima volta sono stati visti nei pressi del forte di Metchley poco prima della presa di potere barbara della regione. Si teme il peggio per il governante e questo ha comportato la caduta in anarchia dei territori al di fuori del controllo imperiale.

La fame ora dilaga e il rischio di carestia e malattie è aumentato a dismisura. La paura serpeggia tra la popolazione, non sapendo più a chi rivolgersi per chiedere protezione.



Nel nord intanto i barbari, dopo la vittoria, si sono fermati al vallo senza l'intenzione d'inseguire i romani in fuga. La vittoria è stata totale e, sebbene hanno subito numerose perdite, i loro occhi finalmente possono puntare a sud, in direzione della Britannia civilizzata. Ancora non si sa quale sia il loro capotribù, le informazioni sono poche e discordanti, ma si presume sia qualcuno con carisma e ferocia, necessari per tenere insieme questo enorme esercito barbaro.



[Articolo di Steyr-Mannlicher]


Avviso:
Il Timeslide è spostato a 1 G = 1 Anno, siamo quindi ora nel 442 DC.
Ps
Stesso sotto questo avviso se ce la faccio in serata pubblico il mio articolo.

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::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::


442 DC
[Paint - Pitture]
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\\ Worms in Fiamme. \\

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[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]

- Hryre of Worms - Caduta di Worms

Gundicario aveva pizzicato il colosso romano, fu un sovrano poco accorto che cercando di ritrovare l'istinto nomade dei suoi antenati fu presto dimenticato dai libri di storia. I Franchi di Clodione si vendicarono brutalmente chiedendo l'intervento di Roma e dei suoi mercenari unni; il regno cadde e i burgundi indignati dalla romanizzazione tornarono nelle terre natali, mentre la capitale Worms fu assediata e successivamente data alle fiamme dai cavalieri di Attila. Worms bruciare all'orizzonte, era quello che vide con occhi nostalgici Gundioco, successore al trono: dietro quelle palizzate ora carbonizzate, qualche tempo fa un uomo che aveva commesso irrisolvibili errori assieme ai suoi fidati cercava invano rimedio, morivano sotto i dardi ardenti, tremavano per il rumore incessante delle arieti romane che premevano le porte, ma lui lottava; ormai conscio del suo tragico destino.



Gundioco ed i suoi si allontanarono con passo lento da quel relitto in fiamme, l'unità del popolo dei burgundi era stata spezzata, le perdite erano state troppo elevate: erano in tutto trentamila coloro i quali assieme al nuovo re Gundioco decisero di andare via, e di reinsediarsi oltre il Reno, sottomettendosi ad Attila. « Ritorneremo! Vendicheremo Gebicca! Vendicheremo i nostri padri sporchi romani! Combatteremo per il ricordo di Arminio, moriremo per il volere dei nostri dei, e dimenticheremo il vostro schifoso Dio! » disse Gundioco voltandosi per un attimo in dietro, con il volto ricoperto dalle lacrime, infondendo speranze impossibili sulla rinascita del regno burgundo. « E Attila ci darà la forza per combattervi! E convincerò i clan di tutta la Germania, nostri fratelli, ad aiutarci! » Disse in preda ad un delirio di tristezza, per poi rimettersi in cammino senza meta.

[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]
- Hun Peððan - Patto Unnico


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Gundioco ed i suoi arrivarono in Franconia (Francoforte)e li vi rimasero, il clima era quello dei suoi avi, freddo, e l'erba era rada sui colli, adatta ad una pastorizia povera; i Franchi avevano tradito l'amicizia tra i popoli del Reno, avevano dimenticato i dolori che tutti i popoli del Reno hanno condiviso, i Franchi per punire un re hanno punito un intero popolo, i Franchi di Clodione hanno preferito Roma ad uno dei loro fratelli. Il martello di Thywaz rimbomba come un tuono sui cieli della Gallia Orientale. Gundioco allora prese una capra per la corna, la ripose su una roccia, e il re con il petto rivolto verso le nuvole vendicative del Dio della Guerra, scuoiò con un coltello l'animale, e tra i suoi versi di sofferenza, fece fuoriuscire le intestina, poi Gundioco lanciò le viscere della bestia verso il cielo « Thywaz, mio dio, aiutami, dammi le armi e dammi la fortuna, devo vendicare il dolore del mio popolo! A te affido il ventre di questa capra! Thywaz! ».



Disse Gundioco sporco di sangue di capra; il sacrificio era servito a qualcosa, ma era ancora troppo presto per dirlo. Essendo diventati tributari ed alleati di Attila, ed essendo ritornati nella terra natale, i burgundi erano entrati i contatto con numerosi clan: Sassoni, Lombardi, Quadi, Frisoni. I Sassoni parlarono a Gundioco della situazione in Britannia, di re Frowin, e di una possibile alleanza con i Pitti contro i resti della dominazione romana. Il re dei Sassoni, la cui identità non è conosciuta, ha presto rassicurato Gundioco: i popoli del Reno si sarebbero confederati sotto il suo comando con l'intenzione di attraversare nuovamente il limes romano, e Attila dovrebbe aiutarci. Il re sassone pare abbia abbracciato una forma di culto unna, il tengrianesimo, infatti ha nominato più volte Tengri, sostenendo che il dio del Cielo sta facendo tutto il possibile per vendicarci.

[Verða - Avvenimenti]


- Priscillian Truwa - Dottrina Priscilliana


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In Galizia, una zona montuosa e ventilata nell'Hispania Occidentale, permeata da un clima nuvoloso e da una foschia invisibile, alla morte per malattia di Ermerico, successe il re Rechila, ed i Suebi, inizialmente contrari alle novità provenienti dall'esterno, contrari alle femminine tendenze di Roma, cedettero ed iniziarono a convertirsi alle predicazioni di un vescovo del posto di nome Priscilliano, e al cristianesimo priscillianista, di sua dottrina. I Suebi non si sarebbero mai convertiti al cattolicesimo di Roma, Priscilliano fu condannato dalla chiesa romana e ritenuto un eretico. Il vescovo sosteneva che i morti non sarebbero tornati in vita, e che Cristo non era mai risorto, sosteneva che la nascita di un corpo era frutto del Demonio, diceva che male e bene erano completamente separati e che non v'era neppure un confine tra queste due forze, inoltre le parti del corpo dell'uomo sono ciascuna l'emanazione dello spirito, per Priscilliano solo con una vita ascetica e ritirata l'uomo poteva ottenere l'illuminazione ed infine l'amore eterno di Dio.



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Khünnüchüüdiig tüükh

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442 DC - l'inizio della fine dei giorni..-

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Molto cambiò dall'ascesa di Attila, il modo di pensare..

il modo di vivere, anche il modo di combattere.

Istaurò in ogni popolo che incontrava la paura di se asceso come una divinità il ragazzo della profezzia degli Shamani,

il portatore della fine dei mondi.



Ovunque egli passava l'erba cessava di crescere, ogni singolo ordine dettato da lui era come la parola di dio e chiunque gli si opponeva veniva distrutto.

I popoli del nord gli si sottomisero e crearono a loro volta l'immagine di un salvatore come lo era stato per il suo popolo,

si umiliarono dopo aver sofferto della crudeltà del dio Romano, e chiesero dunque aiuto ad un dio in terra prospero sotto il dio del cielo.



Attila spietato uomo d'oriente, attila il bruto il conquistatore, promise difronte al Re il quale riponeva il suo popolo nelle mani del Gran Khan di proteggerlo in ogni evenienza.

Dopo la morte di Gebicca il Khan pensò a lungo rimuginando più volte sul dafarsi e richiese oltre duemila libre d'oro perché gli fossero date in tributo, se i romani avessero rifiutato allora sarebbe stata rotta l'alleanza

fra i loro popoli.



Ma l'oro non recupera l'onore perso dai guerrieri ed egli afferrò la spada sollevandola al cielo cavalcando verso il nord dove incontrò Giundioco impennandogli difronte col cavallo,

dietro di lui migliaia di guerrieri Unni si fermarono creando una grossa nube di polvere.

Fissò profondamente Giudioco immerso nelle lacrime chiamando a se l'attenzione della sua tribù che in cerchio e in silenzio si accalcò di fronte al Grande Khan ed egli parlò.


<< Avete sofferto abbastanza....>> Da prima sussurrò e poi lentamente aumentò il tono della voce.

<< Io.... prometto ciò che vi spetta di diritto... la vendetta finale contro Roma... ma non è questo il giorno.. E' ad oriente che andremo.. e voi mi seguirete..>>

Si sollevarono lievi sussulti e alcune lacrime scesero dai volti dei villaggi.

<< Giuro su Tengri... e su questo suolo.. VENDETTA!...>>

E in coro ogni unno alle sue spalle sollevò il suo arco o la sua spada urlando al cielo ed il popolo germano fece lo stesso gridando più volte la parola vendetta.



Ed inizò la lunga marcia verso il sud-Est, un emigrazione di popoli mai vista, marciavano calpestando le piante lasciando i solchi sul terreno con gli zoccoli di cavallo,

alle sue spalle vi erano più di un miglione di guerrieri di varie nazionalità e loro marciavano verso Costantinopoli.

- - - -

Chi non si sottometterà e non piegherà il capo al cospetto di Attila verrà annientato, chi si rifiuterà di pagare i tributi a lui di diritto divino spettati verrà decapitato.

Chi non lo onorifica, chi lo maledice, chi lo odia, chi osa pensare un qualcosa di maligno su di lui...

egli è l'intoccabile Gran Khan capo di tutti i popoli.



Gli Unni traditori che viaggiano verso l'impero romano d'oriente verranno decapitati e impalati ed i loro corpi verranno lasciati marcire al sole.

La testa di Teodosio II il quale si è rifiutato di pagare i tributi d'oro ad Attila sarà offerta in dono a Giudioco e al suo popolo.

La terra d'oriente diverrà Unna e i loro popoli saranno schiavizzati e venduti, le loro donne stuprate e i loro figli impiccati difronte a loro, le case brucieranno e del sale verrà sparso sulla terra dove oggi sorge Costantinopoli cosi che ogni singolo ricordo di essa verrà distrutto,

e la medesima cosa accadrà a Roma.

[Articolo di Mussulmanopazzo]
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Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017] Empty Re: Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017]

Messaggio Da Falco Mar Feb 08, 2022 8:07 pm

Le Cronache Longobarde



[Aldihoc Re dei Longobardi]



-Che il Popolo Longobardo saluti Sua nuova Maestà Il Re Aldihoc,colui che è giunto dagli estremi villaggi del Basso Elba ove risiede ormai da molti inverni il nostro glorioso popolo.

Il nuovo Re non discende una una famiglia nobile come le precedenti figure che hanno regnato sul nostro popolo, bensì da una umile famiglia di contadini e allevatori come la maggior parte delle famiglie Longobarde.

Proprio per questo motivo è stato scelto per prendere le redini del nostro popolo e condurlo alla ricerca di nuove terre più adatte alla sopravvivenza del nostro popolo,poiché ormai le aride terre dell’Elba hanno dato ciò che potevano al nostro popolo.

Gli inverni sono lunghi e freddi,le estati corte e calde impossibile per vivere. La selvaggina dei boschi vicini stanno diminuendo mentre la terre non è più fertile come un tempo;un tempo il vento dell’est soffiava sulle belle distese di grano che un tempo dominavano nelle pianure hanno lasciato il posto ad una distesa di terra arrida e sabbiosa.

Aldihocil Re contadino brava racconti di un regno immenso la cui potenza si estende per tutto il mondo da noi conosciuto,dominatore di popoli e abili combattenti nonché grandi costruttori di case e monumenti religiosi. Un regno dominato dai Romani: un popolo Glorioso e immensamente potente le cui gesta sono leggende. Nostra Maestà ci ha parlato di una terra ideale per insediarci dove potremo coltivare del buon grano,allevare il nostre bestiame e crescere i nostri figli forti come i nostri padri.

Messaggeri galoppano sui cavalli verso tutti i villaggi dell’Elba per spargere il seguente messaggio del nostro Re:

<<Oh popolo Longobardo ! Io sono Aldihoc figlio di Lethucil vostro nuovo Re. Ormai le terre dell’Elba non possono più permettere la sopravvivenza del nostro popolo;molti villaggi patiscono la fame causata dalla scarsa fertilità delle terre o dalla scomparsa di animali da caccia. Mentre molte famiglie muoiono di freddo durante gli inverni.

Con questo messaggio voglio dirvi di unirvi a me e porre fine a questo travaglio che condurrà alla fine del nostro popolo. Seguitemi in un lungo cammino che durerà mesi forse anche anni,ma coloro che si uniranno a me gli mostrerò la terra che gli dei hanno promesso al nostro popolo come tempo fa il Sommo Odino aiutò i nostri padri contro (popolo germanico) quando dalle aridi terre della Scania siamo partiti per fuggire dal freddo e dalla fame.

Vi racconto di distese di terre il cui nome è Pannonia che accoglieranno il nostro glorioso popolo.

Seguitemi Fratelli e insieme raggiungeremo la terra promessa.>>


Dai villaggi partono intere famiglie con l’intenzione di unirsi al nostro nuovo Re.

La Marcia degli Uomini dalla Lunga Barba è iniziata...

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[Storie dalle terre lontane]



Nelle lontane terre della Britannia suoni di spade sguainate e grida di uomini echeggiano nella notte. Il popolo Germanico degli Anglosassonie dei pitti hanno osato confrontarsi con il glorioso Impero Romano scatenando la sua Ira.

Molti sono state le perdite romani che vede la caduta di molti villaggi ora nelle mani degli Anglosassoni,ma è presto per cantar vittoria grande è la potenza Romana e non lascerà che i nostri Fratelli conquistino sempre più potere.

Dall’estremo altro popolo temuto dal mondo intero,quello degli Unni affamato di sangue e distruzione distende il proprio dominio enormi distese di terra. Il loro Sovrano è Attila colui che dall’estremo oriente si è fatto strada uccidendo coloro che osavano opporsi al suo potere,colui che ovunque lui passi l’erba non cresce più. Il Flagello degli Dei.

La potenza del popolo Unno è cosi grande da poter tenere testa all’immenso Impero Romano forse anche più forte, ma gli occhi del distruttore di popoli si è spostato verso oriente sulla città di Costantinopoli. Una nuova Guerra presto avrà inizio,presto altra carne umana verrà dilaniata dalla spada di Attila.



[Articolo di Ferdinand-Foch]



Khünnüchüüdiig tüükh

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443 DC - l'inizio della fine dei giorni..-
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"Che di cartagine resti solo un lontano ricordo, sopra di essa due dita di sali e ceneri, che i suoi abitanti siano offerti a Tengri o venduti come schiavi.."



Disse Attila titonante fronte al cancello della capitale, fronte a lui vi erano oltre un miglione di guerrieri di varie culture, lui sopra il suo cavallo nero brandica una sciabola e alle spalle teneva un arco composito fissando con fierezza i suoi soldati, dalla folla si sollevò il suono di gioia ed un "Oruaah" si sollevo come squilli di tromba infiniti.



La guerra durò appena 2 mesi quando le truppe di costantinopoli cedettero alla pressantep resenza Unna, il numero dei soldati era troppo alto e la pioggia di frecce troppo costante perché ancora uomini si offrissero volontari di difendere le mura, in poco tempo molti avevano già preso il mare scappando dalla capitale, ma Teodosio rimase convinto delle sue infantili pretese di vittoria.

Non vi è ben raccontato come e in che modo le mura crollarono ma in meno di un giorno della città rimasero solo le macerie e le ceneri.



Perché divenne monito Attila ordino a tutti i suoi uomini di crocifiggere più donne e bambini possibili dove una volta sorgevano le grandi chiese.

Di Teodosio solo il corpo ridotto in macerie e dato in pasto ai corvi restava penzolante appeso sul lato di una croce cristiana, da li la gente iniziò a chiamarlo "Flagellum Dei" i Romani avevano solo saggiato una piccola parte della forza unna.



La testa del Re venne inviata a Giundioco come segno di amicizia, i popoli germanni avevano imparato a chiamarlo piccolo padre per la sua minuta stazza ma rispettata presenza.

I soldati Germanici urlarono di gioia nel vedere la capitale della metà di roma crollare, in Attila una fonte di salvezza dalla fame e dalla rovina che di certo gli sarebbe spettata se si fossero sottomessi.

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Uno shamano di Budapest predisse tutto ciò, predisse la fine dei giorni, ma non spiegò mai e con precisione le sue parole. Egli disse che Tengri aveva grandi piani per il Flagello di Dio ma una fine brutale e inaspettata lo attendeva nel lontano futuro.



Una maledizione che egli si porta alle spalle da quando ha messo piede nel mondo dei mortali,

ovunque sarebbe passato avrebbe creato caos e distruzione e cosi si è dimostrato col crollo di costantinopoli.



Ma Attila non teneva conto delle parole degli Shamani, nelle sue mani vedeva solo un grande potere pronto per essere usato per distruggere il mondo e ricrearlo sotto nuova forma.

Egli avrebbe dominato su tutte le terre conosciute e avrebbe riunito i popoli del mondo sotto un unica bandiera, quella del Drago. La sua sete di sangue era insuperabile come anche le sue ambizioni, ed ogni giorno nuove nazioni si sottomettevano a lui incrementando nella sua mente che egli era nato per dominarli come un dio sceso in terra.



I Longobardi fieri guerrieri del Nord chinarono a loro voltal a testa verso il Gran Khan ed egli promise loro terre e ricchezze finché sarebbero stati a loro fianco. Ad occidente in tuttociò Roma inviò ad Attila una missiva cercando di far breccia nel suo cuore ricordando lui i giorni trascorsi nella capitale imperiale e di come i Romani lo trattarono con cura allevandolo.



Ma egli è freddo come la steppa ed il suo cuore e come la nuda roccia, diede solo poche possibilità a Roma, essa doveva chinare il capo difronte a lui e cedere delle terre prestabilite, e sarebbe stata la fine di tutto il loro mondo. Essi dovevano aiutarlo nei suoi piani di conquista divenendo confederati del nuovo Impero Unno di cui lui era il Gran Khan.



La risposta dei Romani per molto tempo fu il silenzio che diede altro tempo al piccolo padre di riflettere sul dafarsi.

[Articolo di Mussulmanopazzo]



::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::


444 DC

[Paint - Pitture]
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\\ Frowin osserva Roma marciare verso Londra. \\

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[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]

- London Bîdan - Londra Resiste

Roma non abbandonava la Britannia nonostante ne disprezzasse il clima ed i popoli che vi abitavano, essi detestavano i Pitti, uomini liberi della Caledonia, eppure come un malanno, Roma era irremovibile. Roma aveva tentato più volte di rovesciare il trono di Frowin, subendo umilianti sconfitte, ma queste non bastarono a fermare la sete dell'Imperatore. Era la primavera del 443 DC e 2mila soldati Bretoni assaltarono Londra, tanto erano impreparate ed impaurite della morte che non causarono perdite ma si limitarono ad anticipare la prossima tempesta romana. Era l'autunno del 443 DC e alcuni contadini sassoni correvano alla corte del re ad informare dell'arrivo di intere colonne di centurioni in marcia verso Londra, 4mila in tutto. Frowin che ancora doveva eliminare i codardi Bretoni ebbe poco tempo per riprendere fiato. Il Sovrano vide con un aria di sfida l'esercito romano velocemente avvicinarsi, tra il popolo si offrirono come volontari anziani, ragazzi e ragazze.



Fu una carica quella dei romani, i quali riuscirono ad abbattere le principali difese di Londra, ma nelle settimane successive la cavalleria romana rimase infilzata dai lancieri sulle restanti palizzate; Roma stava per penetrare dentro Londra, ma re Frowin corse in prima linea e con il suo spadone decapitò decine di romani: i sassoni imitarono il suo esempio e formarono scudi umani tutt'intorno la città, per 3 notti non dormirono. Thywaz volle che i centurioni nonostante fossero superiori di numero perissero a centinaia e sorprendentemente il loro numero si ridusse a 1500 unità, sul nostro campo erano rimasti circa 1100 guerrieri esperti. Arrivarono altre ondate dapprima 8mila, poi 3mila, e dopo 5mila centurioni. Intanto passavano mesi ed arrivavano soccorsi da Beormas, e sbarcarono nuovi fratelli dal sud, i quali si unirono alle difese di Londra facendo dei romani carne per i vermi.



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Accorsero da tutte le cittadine, e lottarono per i loro antenati, per i loro dei, per la salvezza del loro popolo. Era un mattino di primavera del 444 DC, Frowin alzandosi respirava l'aria della vittoria, e la cavalliera concluse il lavoro massacrando l'ultima sfilza di romani ormai consapevoli di aver perso, si disperarono implorando pietà e salvezza. Avevano vinto. Interi ettari di terreno nei dintorni erano ricoperti di carcasse, alcuni romani ancora vivi ma privati degli arti strisciavano come vermi nell'erba: uno di questi venne finito da Frowin stesso con la sua spada, e il suo sangue spruzzò qui e lì macchiando un terreno rosso. Frowin si rivolse ai contadini sassoni « Roma vi ha reso un favore, concimando il suolo con il loro sangue e con le loro carni. » Furono catturati come schiavi una trentina di superstiti, e il re li costrinse a spogliare i corpi romani delle armature e dei gladi.



I Parenti piansero poco le proprie vittime, se essi fossero morti combattendo avrebbero trovato soggiorno nel Valhalla e servito direttamente Woden. Era un giorno di gioia, di gloria per il popolo degli angli e dei sassoni: avevano sconfitto la mano bramosa di Roma, dimostrava forza oltre che prestigio, e voleva dire che gli dei erano dalla loro parte, cantarono vittoria per il resto dell'anno, ripresero a moltiplicarsi e ricostruirono quello che la battaglia di Londra distrusse. Dopo quest'ultima enorme sconfitta i romani non potranno fare altro che ammettere la forza degli anglosassoni ed abbandonare a gambe levate la Britannia.



[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]

- Theodosius' Brægnloca - Testa di Teodosio

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Buia la notte, fredda la capanna. Gundioco udiva bussare alla porta, e ricevette in dono la testa di Teodosio II. Era servita su un piatto di ferro, l'espressione era addolorata, come se si fosse pentito di non aver abbandonato Costantinopoli, o forse di non aver preso sul serio la potenza di Attila, i capelli neri erano corti, la pelle era un olivastro impallidito dalla morte, Gundioco con le due dita aprì la bocca e vide dei denti orribili con qualche caria in stadio avanzato, concluse che il romano non aveva una buona dieta, c'era del nero come se avesse ingerito sali di piombo per addolcire il cibo; del sangue vivido ancora giaceva nel piatto e quasi strabordava. Gundioco dopo averlo brevemente esaminato prese quella testa in regalo con gioia portando ringraziamento ad Attila, la ripose accanto al letto, e fece bei sogni immaginando di riempire un inventario di capi romani. Avevano distrutto Costantinopoli sotto il consiglio Attila, e con lui avevano condiviso esperienze eccitanti, era Attila la grande guida dei popoli del Reno, il loro salvatore, era ormai Attila noto con il soprannome di Piccolo Padre, quello che secondo le profezie avrebbe distrutto Roma e vendicato le vittime di Roma, colui il quale avrebbe coalizzato tutti i popoli contro l'arroganza e la superbia di un tirannico impero di oppressione e di schiavitù. Gundioco sognò Roma bruciare. Buia la notte, fredda la capanna.



[Le Cronache Longobarde 446 DC]

[Una nuova Casa]

-La grande guerra che ha visto contrapporsi il glorioso popolo degli Unni capitanati dal possente Attila,il distruttore di popoli, e l’immenso Impero Romano ha raggiunto finalmente una fine.

Per mesi le terre ove è avvenuta l straziante guerra sono statetormentate giorno e notti da raccapriccianti urla di dolore da ambi gli schieramenti; il suono delle spade che battevano violentemente sugli scudi sono state per molte lune la dolce quanto macabra ninnananna di molti bambini,che nella paura dormivano tra le calde braccia delle loro madri anche essa preoccupata per la guerra.



Numerose sono state le famiglie romane spezzate,mentre altre il fato li ha sorrisi e condotti alla salvezza lontano dalla battaglia. Ove un tempo nelle piazze delle città la vita cittadini sprizzava felicità da tutti i pori,ora lo spettro della morte gironzola liberamente alla ricerca di quelle poche anime ancora sofferenti ancora in attesa della pace eterna.

I nostri Fieri soldati, padri di famiglia che per il bene del proprio amore e delle sue origini,sono scesi in battaglia affianco ai soldati Unni contro gli Sporchi Romani raggiungendo dopo molte perdite la vittoria tanto desiderata.

Infatti,noi popolo dal lungo bardo da questa logorante guerra ne abbiamo tratto vantaggio. Abbiamo raggiunto ciò che il nostro Glorioso Re ci aveva promesso quando abbiamo abbandonato le dolci terre della Bassa Elba,cioè nuove di stese di terra verde e fertile,animali in abbondanza per l’allevamento e la caccio, ma la cosa più importante a concesso al nostro popolo una nuova identità e una nuova casa.



Molte sono le famiglie orfane della figura del Uomo persa purtroppo durante la sanguinosa guerra,le donne piangono assieme ai loro figli l’assenza del loro padre,ma a queste famiglie,noi popolo longobardo, dobbiamo tendere la mano e aiutarli a rialzarsi poiché queste perdite non devono essere ricordate con tristezza e angoscia bensì con onore. I soldati morti sul campo da battaglia per mano delle spade romane sono accolti in cielo come eroi che hanno difeso il loro popolo certo,ma la loro famiglia ciò che amiamo più di tutto.



Ai caduti verrà costruita una statua cosi da simboleggiare cosa significa essere Longobardo,non un semplice popolo stupido e sporco come i romani dicono,ma veri uomini che lottano per l’amore e il bene no per il potere e il denaro.

Dalla vittoria della guerra il nostro popolo si è stanziato nelle terre della Pannonia,Dalmazia e Illiria. Da queste terre nascerà il nostro nuovo Regno,l’epoca dei Longobardi ha finalmente inizio sotto il Re Aldihoc.

La ricostruzione delle città ha avuto subito inizio, le abitazioni romano ove ancora sono abitabili e non distrutte del tutto vengono ristrutturate e le famiglie iniziano a viverci; i primi campi di grano iniziano ad essere piantanti nelle pianure della Pannonia mentre nelle altri villaggi non si arresta l’arruolamento nuove lance fanno sempre bene all’esercito.



In questa guerra al fianco dei nostri soldati c’erano anche i nostri fratelli germanici. Il popolo dei franchi sono entrati nella città di Parigi distruggendo la guarnigione romana, mentre a Sud di Parigi risorge il regno di Burgundi precedentemente distrutto dai romani.

Ad oriente l'implacabile esercito degli Unni combattono un altra guerra contro l’impero bizantino che ormai il suo destino è scontato.Senza un esercito compatto e un Re a guidarli presto le ultime terre verranno invase dagli Unni e il loro potere diverrà ancora più forte.



[Articolo di Ferdinand-Foch]


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Khünnüchüüdiig tüükh
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446 DC - La Grande invasione (Cronologia)-
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Anno - 444 DC - L'inizio della guerra.-


Non vi è traccia nella nostra storia di un uomo capace di ciò che egli fece in un solo anno..



Attila grugniva e sbuffava indispettito da quelle mosche che gli ronzavano a torno mentre cavalcava indisturbato fra le praterie Romane. Nell'aria era presente un forte e pungente odore di cenere e in sottofondo erano chiaramente udibili strazzi di uomini e donne, l'ennesimo villaggio conquistato senza sforzi al quale egli aveva dato sentenza di essere distrutto.



Dietro di se vi era una fila di uomini il quale numero raggiungeva l'orizonte più lontano, Il piccolo padre si stava iniziando ad annoiare, i Romani di cui aveva sentito parlare cosi tanto in quelle terre rinunciavano all'idea di combattere ma venivano uccisi ugualmente, i loro eserciti venivano spazzati via con poco impegno tanto erano pochi, l'unica cosa che il dominatore riconosceva era l'efficenza delle loro armi ma costruire in cosi bassa scala esse risultavano inutili e lente.



Il Vento passò fra i suoi lunghi capelli e l'alba all'orizonte iniziò a colorarsi di rosso ad un certo punto si fermò sul colle più vicino al villaggio e sorrise gustando in silenzio quella scena di massacri, preti impalati sui campi con le teste mozzate, donne violentate e bambini catturati come schiavi.

Roma non riusciva a fermarli perché Tengri aveva scelto lui come condottiero degli Unni..



Ogni movimento ed ogni cosa in quell'istante nella mente del Khan rallentò, respirò profondamente socchiudendo gli occhi, verso di lui risalivano la collina una vila di qualce migliaio di soldati portandogli delle teste in dono ed egli ordinò che vennero spedite ai Germanni in dono insieme ad una lettera con la richiesta di invadere la Gallia entro la fine della stagione.



Ciò che aveva iniziato Attila era una guerra imponente verso l'oppressivo tiranno di Roma, ad oriente il più potente fra i due imperi era già crollato divenendo terra Unna e costantinopoli già era in procintodi ricostruzione. Attila sollevò al cielo la sua spada ed iniziò una carica scendendo la collina dirigendosi sempre più a Owest.



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Anno 445 DC - La marcia verso Roma. -



Battevano i tamburi dei Longobardi mentre gli unni marciavano verso l'orizonte dove ad attenderli vi era la prima grande resistenza dopo l'inizio degli scontri. Con se portava un consistente numero di Guerrieri a cavallo all'incirca 20.000 ed i longobardi intenzionati a recuperare le loro terre si erano accalcati al fianco di Attila aumentando di numero.



Il cielo si era scuro come la pece ed i fulmini non cessavano di colpire il cielo, gli Unni difronte ad un cosi enorme numero iniziarono a temere per la prima volta il nemico, sopratutto per quei colpi cosi impetuosi che Tengri lasciava andare.



Le legioni si erano accalcate ma Attila rimaneva fermo e impavido sul suo cavallo dal manto bianco, i suoi occhi scuri e la fronte agrottata, quando egli proferì parola si voltò verso i suoi uomini rimanendo li fermo per qualche secondo.



" Roma! ha inviato la sua ultima resistenza! combattiamo qui e raggiungeremo la loro capitale in meno di un mese!... Mooooorte! Moooorteee"



I Longobardi non comprendevano l'Unno ma intesero chiaramente le parole di Attila, gli uomini a cavallo urlarono a loro volta "Morte" e i longobardi si limitarono a urlare di rabbia, quando egli diede l'ordine di attaccare le truppe romane e quelle barbare scesero i due colli scaraventandosi uno sopra l'altro l'indomani si sarebbe creato in quel buco di terra un ammassamento di cadaveri consistente il quale ricordò ai suoi impavidi uomini che stavano combattendo pursempre con un nemico che regnò per mille e più anni su quelle terre.



Ma il conteggio era nettamente a vantaggio per loro, lentamente i longobardi si insediarono in quelle terre rimanendoci, i Germani erano ancora in procinto di combattere contro le legioni in Gallia un contingente di diverse migliaia di uomini era andato loro in soccorso passando le alpi e invadendole instaurando li un territorio permanente.



Attila intanto continuava la sua possente marcia ma un male sconosciuto presto lo avrebbe atteso.

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Anno 446 DC - La fine dello scontro .-

Come già venne scritto egli non considerava abbastanza gli Shamani, e la sua fine venne segnata quando si rifiutò di ascoltare i loro consigli.

Un Misterioso male due dopo l'inizio della guerra colpì i suoi uomini, alle porte di Ravenna distanti di qualche giorno le sue truppe iniziarono a soffrire di una qualche maledizione forse servita dal Dio Romano, un male che causava bubboni, bruciore e morte.



Attila si ritirò nell'immediato da quelle terre tornando verso la pannonia, fece bruciare i cadaveri dei suoi uomini e ordinò a tutti di lavarsi almeno una volta a settimana per evitare di essere contaggiati.

Roma ancora soffriva per le ingenti perdite date dagli Unni, e inviarono più volte ad Attila richieste di ritornare indietro verso Kiev, persino il capo della loro chiesa venne in loro soccorso promettendo ad Attila la beatificazione eterna ma egli rifiutò.



Dopo mesi di pestilenze supite ordinò ad un suo messaggero di portare una lettera all'imperatore Valentiniano, dove scriveva con mano ferma e precisa le sue richieste.



"Voi bestie cristiane avete sofferto abbastanza, le terre che abbiamo conquistato che si sono sottomesse a me rimarranno sotto la custoria Germanica e Longobarda.

Invierete a Costantinopoli oltre duemila casse ricolme di monete d'oro come pegno per fermare tutto ciò e riconoscetere l'autorità Unna con un sacrificio!... La testa di un generale romano di nobile famiglia sarà appesa nella nuova capitale come trofeo."



Come risposta Roma inviò una nuova legione verso il Nord ma a loro insaputa Attila predisse quelle mosse conoscendo l'infamia romana, attirò le sue truppe in campo aperto accerchiandole con la cavallerie e oscurando la loro visione dal sole con le frecce. Diede ordine di decapitare i patrizzi e di inviare a Roma le loro teste come dono.



Due giorni seguenti Roma inviò una lettera dove accettavano tali richieste a condizione che le invasioni si fermassero definitivamente. E i due si scambiarono nuovi ostaggi Roma diede il Generale Ezio come tributo sacrificale ed egli venne decapitato da Attila fronte a tutti i suoi alleati e vassalli.

Gli Unni tornrono nella loro nuova casa ad oriente decimati e con una vittoria stroncata ma nettamente più forti e ricchi di prima.



[Articolo di Mussulmanopazzo]


Khünnüchüüdiig tüükh

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447 DC - La mente del Tiranno -


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- Attila cena fra i corpi impalati dei ribelli dell' Utus -

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"Cosè un uomo se non una misera creatura che si nutre dei rancidi resti della vita?.."

Spiegò cosi Attila seduto difronte al focolare della sua capanna mentre in una mano stringeva un calice ed in un altra un gruzzolo di monete d'oro.



" Sei finito cosi in alto... ma cadrai cosi in basso.."



Rispose una profonda voce rauca che rimbombava nella tenda come un eco lontano.



"Finirai giù e di te rimarrà il niente... quel che hai fatto verrà scordato e anche tu.."



Poi delle risate di più persone si accalcarono nell'eco ed attila grugni agrottando la fronte e stringendo i denti abbassando il capo e sorseggiando il vino dal suo calice continuando a fissare le fiamme.


"Quel che ho fatto... non era per la gloria.. Gli dei mi hanno dato il potere e mi hanno detto come usarlo... come può un cosi fedele figlio essere punito dagli spiriti!?.."



Disse titonante sollevando un ghigno dalla parte destra della bocca.



"Sei solo invidioso... io ho tutto!.. non mi manca nulla.. e il mio nome sarà ricordato per sempre!.."



Iniziò ad alzare il tono della voce alzandosi di scatto, ma quella voce non rispose per molto tempo e quando lo fece sussurrò solamente:



"Perché lo hai fatto?.. eravamo fratelli.."


Poi si stroncò del tutto, e le fiamme illuminarono le pareti della tenda rivelando molte teste di suoi compagni e la più preziosa fra tutte queste quella di suo fratello appesa difronte al focolare la quale non osava guardare tenendo la testa sempre bassa per ciò che gli aveva fatto.

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447 DC - Giorni di dolore.-

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Furono veri giorni di dolore quelli... l'oriente ormai sottomesso ricolmava di pestilenze portate dagli Unni, le ribellioni erano all'ordine del giorno ma era tutto inutile perché finivano sempre allo stesso modo con un massacro totale.



Il Khan di recente aveva iniziato a farsi chiamare Re per dare un tocco di occidentalizazione nel suo essere. I suoi uomini dovevano portare la stessa armatura ed essere divisi per ordine di fanteria ed armamenti, i più anziani vennero riconosciuti come Generali per la loro grande esperienza e saggezza.



Le città che ancora resistevano alla dominazione Unna venivano rasi al suolo uno dopo l'altro, ed ogni volta che un villaggio si arrendeva veniva razziato e massacrato per puro divertimento di Attila.



Il Tiranno si annoiava senza il sangue, alcuni dissero che brindava con esso dopo ogni battaglia e che mangiasse carne di infante, voci di strada fesserie inutili che non facevano altro che incrementare le leggende su quell'uomo ormai già conosciuto nei sette angoli del mondo.



L'ultima grande ribellione del fiume Utus segnò la totale dominazione di Attila su quelle terre, e per dare una chiara prova di tutto ciò ordinò di impalare ancora vivi tutti gli abitanti dei dintorni senza eccezioni d'età o sesso.

E poi brindò a se fra i cadaveri ascoltando il piacevole e caldo udire delle urla dei più tenaci a non lasciare questo mondo.

[Articolo di Mussulmanopazzo]



♔ ::: ♕ Edictum Imperatoria Romanus ♕ ::: ♔

447 d.C.

[ - La Grande Guerra - ]


//Scontro tra l'Esercito Romano e quello Unno//

Inesorabili ed impetuosi soffiavano da tempo venti di guerra, ma una guerra ben diversa da quelle che l'Occidente aveva affrontato finora.

Giundioco, dopo la sconfitta per mano romana della sua dannata stirpe, si era rifugiato nel sublime grembo di Attila dove anche i Longobardi si rifugiarono intimoriti dall'Artiglio Romano, mentre le Legioni affluivano numerose consapevoli dell'imminente minaccia proveniente da ogni lato.

E così fu...



Era l'alba del primo giorno di marzo quando le sentinelle di confine nella Basse Illiria diedero l'allarme che suonò funesto ed orrido, dato che il Consiglio dei Trionfi aveva previsto un attacco diretto dalla Pannonia, che nel frattempo era stata resa invalicabile tant'erano le sue fortezze.

Così l'esercito Unno guidato da Attila, aggirava la linea fortificata e non trovava alcuna resistenza fra le vaste pianure che caratterizzano l'area e giungendo indisturbato fino al cuore dell'llliria.

Allora i Generali di stanza in Pannonia, sconvolti da tale notizia che gli giungeva dai messaggeri, mossero le Legioni, che in velocissima marcia e in meno di 3 giorni giunsero nell'Alta Illiria per arginare l'avanzata dello zoccolo Unno.

Intanto però, una prima linea difensiva si era preparata con le truppe affluite dalla Penisola e che si posizionavano in una zona impervia descritta così dal Centurione Antonio:


« due gole profonde, strette, ricoperte di boschi, congiunte l'una all'altra da monti che non offrono passaggi, delimitano una radura abbastanza estesa, a praterie irrigate, nel mezzo della quale si apre la strada; ma per arrivare a quella radura bisogna prima passare attraverso la prima gola; e quando tu l'abbia raggiunta, per uscirne, o bisogna ripercorre lo stesso cammino o, se vuoi continuare in avanti, superare l'altra gola, più stretta e irta di ostacoli. »

Si preparavano, quindi, i legionari a bloccare l'avanzata Unna, di cui avvistavano in lontananza il marciare,fino all'arrivo delle Armate da nord-est.

L'esercito Unno, arrivano dinanzi alla gola, ci si addentrò ma con sospetto e stupore dello stesso Attila, che ben conosceva le tattiche romane avendo vissuto per vari anni a Ravenna, trovarono il percorso bloccato, come recita il Antonio nel suo Diario:


« Gli unni, discesi con tutto l'esercito nella radura per una strada ricavata nelle rocce, quando vollero attaccare senza indugi la seconda gola, la trovarono sbarrata da tronchi d'albero e da ammassi di poderosi macigni. »


L'armata Unna quindi cercò di ritornare per la via dalla quale erano affluiti, ma trovarono la prima gola sbarrata con ostacoli uguali.

Di ciò Antonio scrive:

« Senza che ne venga dato l'ordine si arrestano: gli animi sono presi da sgomento, le membra irrigidite da una specie di torpore; si guardano gli uni gli altri come se ciascuno cercasse nel viso del compagno un'idea o un progetto di cui si sente privo: immobili in lungo silenzio. »

L'Armata Unna si trova quindi intrappolata tra le due gole e così passò la notte, prima delle quale si fece valere la disciplina unna, acquisita dall'esperienza militare romana di Attila, con l'erezione di tendoni ed accampamenti, mentre quest'ultimo era sempre più insospettito.



All'alba del mattino seguente, quando solo Attila e qualche altro soldato erano svegli, scoccarono sonori nell'aria numerosi dardi incendiari che appiccarono fuoco alle tende ed alla vegetazione.

Il panico esplose nell'accampamento, ma Attila, seppur stupito e quasi affascinato dall'azione nemica, rimase freddo ed inesorabile escogitando velocemente un piano per tirare l'Armata fuori da quella gabbia mortale.

Vedeva infatti i suoi soldati morire arsi o sotto il fuoco dei sagittarii che dall'alto della gola, bersagliavano i nemici.

Intanto, le fiamme e il fumo nero da esse sprigionato, attirò il resto dell'Esercito Unno, che si era accampato qualche stadio fuori la gola.



Attila diede ordine quindi di urlare, più forte di quanto potessero i polmoni unni, per attirare le altre Armate, che nel frattempo si erano messe in marcia.

Così il Gran Khan ordinò che gli ostacoli che bloccavano la fuga fossero caricati per far spazio alle sue truppe e così fu.

La trappola fu evirata ed Attila potè ricongiungersi al suo imponente Esercito, mentre i soldati romani appostati dall'alto miravano gli Unni che marciavano oltre usufruendo della vicina pianura, consapevoli che seppur avevano mietuto vittime tra le file Unne, non potevano fronteggiare da soli un simile nemico.



Lo stratagemma aveva però permesso alle Armate Romane, di giungere a difesa della Regio X.

Marciavano gli unni verso la Venetia e l'Histria, ma il blocco Romano era ormai saldo.

Il nemico era consapevole di non poter attaccare al momento la Pannonia per via delle fortificazioni e con ciò, l'unica via di sfogo era l'Altopiano Iuliao.



I due eserciti erano molto simili per struttura,addestramento e potenza;

Attila aveva appreso molto dalle sue esperienze ed ora sfruttava tali conoscenza contro di essa, ma qualcosa di più grande di lui era dalla parte di Roma.



Diverse Legioni Ausiliarie si staccarono dall'Armata difensiva, per attaccare di lato gli Unni, aldilà di una foresta per spingerli ad attaccare il blocco, ove avrebbero trovato la morte sotto il bombardamento navale, ma purtroppo così non fu, come racconta il Magister Militium Flavio Livio:

« Il terreno era sconnesso ed intervallato da dirupi e con piante molto fitte ed alte [...] i soldati erano impegnati nell'abbattimento della vegetazione ancor prima che gli Unni li attaccassero [...] portavano con sé molti carri e bestie da soma [...] nel frattempo si abbatteva su di loro una violenta pioggia ed un forte vento che dispersero ancor di più la colonna in marcia [...] il terreno così diventava ancor più sdrucciolevole [...] e l'avanzata sempre più difficile [...] »




Gli Unni intanto vennero a conoscenza dell'azione romana per via del vile tradimento del Generale Ezio,

Si addentrarono, quindi,silenziosi nella foresta, attaccando di sorpresa i legionari intenti nell'aprire un varco per il passaggio delle Legioni.

Livio al riguardo racconta:

« [...] i nemici, grazie alle precise indicazioni, d'improvviso circondarono i nostricon un'azione preordinata, muovendosi all'interno della foresta ed in un primo momento li colpirono da lontano , ma successivamente, poiché nessuno si difendeva e molti erano stati feriti, li assalirono. Gli ausiliari, infatti, avanzavano in modo disordinato nel loro schieramento, con i carri e soprattutto con gli uomini che non avevano indossato l'armamento necessario, e poiché non potevano raggrupparsi [a causa del terreno sconnesso e degli spazi ridotti del sentiero che seguivano] oltre ad essere numericamente inferiori rispetto agli Unni che si gettavano nella mischia contro di loro, subivano molte perdite senza riuscire ad infliggerne altrettante. »



Verso pomeriggio, rendendosi conto della drastica situazione, Livio ordinò la ritirata, mentre ad est del blocco si consumavano orrendi scontri in cui la cavalleria unna finiva la propria carica trafitta dalle lance romane che si ponevano a protezione i possenti scudi, mentre la fanteria ne veniva travolta poco più in là.

La cavalleria unna era infatti famosa per le funeste cariche operate anche nei territori d'Oriente che avevano messo in ginocchio Costantinopoli.



Improvvisamente però, fecero fuoco anche le navi, che con dardi incendiari, appiccavano fuoco alla foresta attraversata dalle truppe unne ad ovest, mentre centralmente si destava Attila, la cui figura alla guida del grosso dell'Esercito, sembrava spaventare anche le fiamme, che si tenevano a distanza da lui contro ogni logica naturale.

L'Unno osservava i suoi soldati perire per mano del fuoco alla sua sinistra, mentre a destra vedeva lo scontro tra le Legioni Romane e i suoi cavalieri, che apportava grosse perdite ad entrambi gli schieramenti.



Ma lui aveva solo in mente il supera quel blocco posto alla sua, fino ad allora, inarrestabile avanzata.

Forzò quindi una prima volta l'ostacolo, ma nonostante le ingenti perdite da parte romana, fu un nulla di fatto.

Accampato per la notte, tentò nuovamente di forzare il terrapieno il giorno seguente, ma ancora nulla potè.

Fortunatamente, non arrivò però il terzo giorno di tentativi che i suoi ranghi furono decimati dall'ira Divina di Roma, che sotto la mano procreatrice del Signore Cristo, scagliò contro gli Unni una terribile malattia.

Il morbo, punizione dell'Altissimo per l'affronto che Attila aveva fatto a Roma, colpì violentemente le fila unne.



« Nessuno più piangeva. L'unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando le armi , altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: "È la fine degli Unni!". »

I nemici venivano afflitti e morivano tra i più atroci dolori e sotto l'insorgere di pustole e bubboni alla gola.

A migliaia perivano soffocati e per il dolore, altri si avviavano al totale delirio, sputando sangue e rigurgitando le propria interiora.

In molti si suicidavano per sottrarsi a tale flagello.

Attila vedeva crollare la propria macchina da guerra per mano di un male ignoto e supremo.

Gli Unni furono quindi costretti a rinunciare al forzamento del blocco per far ritorno in Pannonia ed Illiria.


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// Difesa del fronte esterno di Lutetia//

Sul fronte gallico invece, ciò che restava dei Burgundi di Giundioco, tentava vano l'attacco alle postazioni romane, assediando la città di Lutetia.

Al comando della Difesa Romana fu posto Flavio Ottavanio, che racconta:


« Si trattava di un assalto di gente inesperta (Burgundi di Giundioco) contro soldati di professione, di fanti contro cavalieri, di gente disordinata contro soldati in ranghi compatti, di gente armata sommariamente contro soldati armati con armamento adeguato, di una grande massa di gente guidata più dalla furia della sconfitta che dall'ordine contro soldati disciplinati che seguivano alla lettera gli ordini del loro comandante. »


La stirpe di Borgogna infatti, dopo la disfatta di 13 anni orsono e sotto la reggenza di Giundioco, si era ancor di più imbastardita, divenendo povera, fisicamente esile e mentalmente deviata.

L'assoluta arretratezza aveva colpito i cuori e le menti dei burgundi - capeggiati - secondo quanto dice Ottaviano - dal più ridicolo barbaro che avesse mai visto.

La cavalleria fece di carne da macello la fanteria nemica, che lasciò sul campo migliaia di uomini, prima di ritirarsi.

Continuava impervia la Guerra, con l'incerta situazione ad Est e la schiacciante superiorità romana ad Ovest.

Intervenne però d'improvviso, Papa Leone I, che facendo appello ai più alti valori della Chiesa Romana Cattolica, invocò la pace per evitare il proseguimento del massacro che si era rivelato di fatti inconcludente per entrambe le parti, che continuavano semplicemente a macinarsi fra loro.

Si aprirono quindi i tavoli per le trattative della fine delle ostilità, giungendo dopo intensi giorni, ad una conclusione.

Roma avrebbe ceduto al Regno Unno:

La Gallia del Nord
La Pannonia e l'Illiria
Roma, dal canto suo, avrebbe ottenuto con il consenso di Attila, alcuni ex-territori dell'Impero d'Oriente:

La Bassa Illiria
La Graecia
Roma avrebbe dovuto inoltre pagare un tributo di 40 libre d'oro esclusivamente al Gran Khan Unno.

Intanto, il Comando Generale Romano, venuto a conoscenza del tradimento di Ezio, lo fece catturare ed imprigionare e dopo averlo degradato e privato di ogni suo onore militare lo condannò a morte per mano degli Unni.



La morte di Ezio servì anche come suggello di quella che sarebbe stata una salda amicizia tra Roma ed Attila.

Si concludeva così una delle più sanguinose e cruente guerre della storia imperiale Romana.



[ - Abbandono della Britannia - ]

Disperata era la situazione in Britannia, da quando la popolazione dei Pitti, riuscì, data la scarsa presenza di Legioni nella zona, a superare il Vallo.



Scomparso Crisanto ed acquisito il controllo dittatoriale della Provincia da parte del Gen.Ottaviano, le Legioni si erano preparate numerose ad assediare Londinium, ma quando mancava solo la fortezza interna per la caduta completa della città, arrivarono in massa aiuti da mare, che supportarono gli Angli di Frewin e sconfissero le nostre Legioni, stremate dal viaggio per mare e dalla settimana di assedio senza sosta.



Ottaviano ha così considerato come la cosa più saggia da fare fosse l'abbandono della Britannia da parte di Roma, essendo questa una provincia per lo più inutile agli attuali interessi e servizi dell'Impero.

Ha però giurato vendetta ai Pitti e agli Angli ed è ciò che Roma intende ora avere.



[Articolo di Dark II]
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Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017] Empty Re: Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017]

Messaggio Da Falco Mar Feb 08, 2022 8:07 pm


::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::



448 DC

[Paint - Pitture]
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\\ Il Fauno. \\

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[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]

- Attila lædan friðian sîgefæstnes - Attila porta alla vittoria

Il Tuono di Thywaz fece sobbalzare Gundioco dal sonno, il re prendendo un coltellaccio si diresse nel recinto delle pecore; un misterioso fauno mezz'uomo e mezza capra emise un gemito straziante, con i suoi occhi giallastri che illuminavano la notte osservava il re nell'atto del sacrificio. Gundioco sgozzò il caprone alla gola, e lanciando l'animale ancora vivo verso l'alto parlò al dio, chiedendo buon auspicio. Il Fauno si avvicinò al recinto del re: era una creatura raccapricciante, aveva chiazze di pelo sparse, e si muoveva su due zoccoli, una barba caprina sporca di rosso rendeva ancora più inquietante il suo aspetto. Gundioco ebbe coraggio: fece un passo verso quell'essere. Il Fauno era stato inviato da Thywaz, e riconoscendo il valore del burgundo dette a Gundiaco il seme della vittoria; aveva un alito cattivo che puzzava di fieno marcio e sussurrò alle orecchie dell'uomo « questo è il seme della vittoria, abbine cura, sii paziente: proveranno a sbarazzarsene seppellendolo, ma diventerà un albero alto e resistente, quando vorrai un suo consiglio ti ci arrampicherai e ti porterà dritto nella casa di Thywaz. » Gundioco strinse tra le proprie mani quel seme, dopodiché il mostro corse via saltellando nella foresta e non fu mai più rivisto. Con una pala dissotterrarono il seme della vittoria, ed andarono a riposare.



Quella stessa mattina, Attila da uomo di parola che era tenne testa alle proprie promesse, i fratelli che distrussero l'Impero Romano d'Oriente vennero ora mandati ad Occidente a compiere vendetta contro la tirannia romana. Pannonia ed Illiria divennero insediamento dei fratelli Lombardi, solo tardi Attila annunciò Gundioco del conflitto, ma il sovrano sapeva tutto: Thywaz lo predisse. I Guerrieri del Reno oltrepassarono nuovamente il fiume, accompagnati dai suoni del temporale del Dio della Guerra. « Adesso riprenderemo quel che era nostro. Quando vidi i resti di Worms cadere tra le fiamme, anni fa, mi voltai in lacrime. Giurai vendetta. Giurai... » sostenne di nuovo in lacrime, « Giurai vendetta nel nome di Gebicca, nel nome di mio fratello Gundecario che avvolto nel fuoco moriva sacrificandosi, nel nome del nostro popolo. » protese la spada verso le terre dei Franchi « Giurai che si sarebbero pentiti di averci tradito. Giurai a Roma, che il loro Dio sarebbe stato ben presto dimenticato, e che tutti i cristiani sarebbero stati visti come amici dei romani. » Il Cavallo di Gundiaco prese a cavalcare innanzi alla linea di cavalleria, avrebbero attaccato i Franchi.



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Grumiraldo, il cavallo di Gundioco, dietro di se trascinava una ricca scatola contenente decine di teste mozze, offerte da Attila. Dopo mesi di assedio le torce della cavalleria arsero Metz, capitale franca. Gundioco si preoccupò che la dinastia reale venisse avvolta tra le fiamme del palazzo prima di poter scappare, proprio come suo fratello Gundicario fu ucciso. Clodione fu visto correre urlante, ricoperto di fuoco, fino a quando cadde in ginocchio a terra, e con la spada pose fine alle proprie sofferenze. Meroveo, parente di Clodione, cavalcò da occidente proclamandosi nuovo re dei Franchi, ma subito distogliendo ogni illusione si arrese ai Burgundi. Il capo carbonizzato di Clodione venne afferrato per una ciocca di capelli da Gundiaco e aggiunto nella cesta: i traditori erano stati uccisi, e i Franchi soggiogati furono costretti a pagare settimanalmente pesanti tributi ad Attila e ai Burgundi. La presa del trono da parte di Meroveo non fu seguita con entusiasmo dal popolo dei Franchi, ma da quando il loro sovrano si unì alla lotta contro Roma, la Francia ebbe modo di estendere il proprio territorio tra Samoussy e Parisi, che sarebbe diventata loro nuova capitale.



[Verða - Avvenimenti]

-Burgundy âspringan su hraðost - La Burgundia risorge ancora

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Gundioco ed i Franchi discesero poi in poche lune la Gallia accerchiando i romani ad Alesia, Lione, e quelle poche macerie che ormai rimanevano di Worms. Fu una lotta aspra, la cavalleria spesso moriva sulle mura dei castra, ma grazie all'effetto sorpresa e alla loro determinazione gli unni del re sconfissero Roma e uccisero per sgozzamento tutti cittadini romani senza distinzione affinché non turbassero più la Gallia; le perdite furono minime, principalmente tra la cavalleria. Il Regno dei Burgundi risorse come una fenice dalle proprie ceneri, fu più grande e più prospero, in esso il numero della popolazione era mantenuto alto dalla convivenza di più stirpi, erano 400mila le genti che vi abitavano in totale. Worms fu ricostruita, ma per volere di Gundioco fu eretta dinnanzi al palazzo una statua in memoria del fratello defunto, Gundecario. Vennero restaurate le mura difensive, e in poco tempo i burgundi si riabituarono alla normalità della vita tornando a cacciare il bisonte e battere il ferro. Qualcosa però era cambiato nei loro costumi: adottarono l'usanza unna di allungare il cranio delle donne fasciandolo sin dalla nascita, ad alcuni dava fastidio, per altri sarebbe stata soltanto una moda passeggera.



- Wælhrêownes of Cristians - Eccidio di Cristiani

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Gli Ariani, spie di Roma, hanno rovinato templi, offeso i loro stessi antenati, ucciso nel nome del loro Dio, dei cristiani hanno abbattuto per divertimento alberi sacri dandoli poi al fuoco. I Seguaci di Cristo sono nemici della nostra gente che vogliono attaccare le nostre tradizioni, distruggere la nostra cultura, potrebbero per giunta essere spie dell'aquila di ferro. Gundioco ha punito questi traditori chiunque osi abbracciare la malvagia ed insensata religione dei romani con la morte. Preti, vescovi, e sacerdoti cristiani sono stati decapitati, gli assidui frequentatori di chiese saranno stanati e accoltellati: il cristianesimo è un male che va estirpiato prima che infetti l'intera società e desertifichi le nostre menti con concetti assurdi ed incomprensibili.



[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]

- Attila Feared and Loved - Attila Temuto e Amato

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Il Piccolo Padre divenne presto temuto oltre che amato: si diceva che un morbo avvelenò la sua anima corrompendola, e che per mantenersi in vita usava risucchiare la linfa vitale di coloro che aveva sconfitto, persino di coloro che si erano arresi aspettandosi di ricevere un trattamento di clemenza, si diceva che Attila brindasse con il loro sangue in mezzo ai loro corpi impalati. Attila ci aveva restituito le terre rubate dai romani, ci aveva dato un posto dove vivere, ci aveva salvati da fame e miseria, i tributi che chiedeva erano soltanto un piccolo prezzo tollerabile in confronto a ciò che il nostro re supremo aveva fatto gratuitamente per noi; ma nei suoi ultimi anni di vita le voci del sangue e della morte corsero più velocemente di quelle sulle gesta eroiche, chi si sentiva pronunciare il nome di Attila restava fermo per un istante, e nella propria mente emergevano immagini di morte associati a sentimenti di paura, fermo per modo di dire, visto che in molti il nome di Attila levava un tremolio corporeo; i discorsi su Attila erano però alimentati da un immenso rispetto nei confronti del semi-dio, e le madri, anche loro contagiate da un amore passionale verso l'invincibile condottiero, davano ai loro figli il nome di Attila, nella speranza che una volta morto, lo spettro dell'unno desse loro protezione e fortuna.


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453 DC - La caduta del dio -

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Alla fine accaddè nel cuore della notte fra sangue e lacrime, Attila il potente semi-dio creduto immortale dagli uomini da qualche tempo si era ammalato, sanguinamenti dal naso dalla bocca e dalle orecchie vomitava spesso e non riusciva a reggersi in piedi.

Per un intero anno tutto ciò, ma nessuno osava dire nulla quando egli sputava sangue o quando improvvisamente sveniva per strada, si limitavano ad aiutarlo senza rifiatare per puro rispetto per quella creatura alle orecchie sentita cosi potente ma che agli occhi faceva una tale pena.



Per due settimane rimase costretto a letto ed i suoi figli maggiori Dengizico ed Ellak già sulla carta si spartivano i territori ringhiandosi contro, senza alcun rispetto peri l padre morente lasciato nella sua capanna a soffocare nel suo stesso vomito giorno dopo giorno fino a che il suo fisico alla fine cedette.

Si dice che la concubina di Attila lo vide allungare il bracio destro verso una testa appesa al disopra di un focolare completamente in lacrime.

Il giorno seguente alla sua indecente morte Ellak si auto proclamò Re di tutti gli Unni scartando del tutto il fratello il quale si ritirò nelle terre del Sud balcanico.



Durante la messa funebre dove il corpo di Attila veniva mostrato vennerò invitati alcuni capi tribù alleati ed un emissario di Roma il quale veniva visto indispettito da tutti quei barbari a torno a se.

In fine il corpo del Re venne portato lontano da occhi indiscreti e con lui vennero seppellite le sue donne il suo oro e i suoi servi più fidati ed anche i becchini cosi che nessuno potesse sapere dove si trovava il suo sepolcro.



L'unico figlio a piangere della morte del padre fu Ernak il giovane principe versava lacrime amare e guardava con odio Ellak ed Dengizico i suoi fratelli più grandi per nulla shokati e annoiati.

Di lui si perserò le tracce dopo qualche giorno dai funerli ma nessuno tentò di cercarlo.

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Ellak guadava compiaciuto la nuova mappa disegnata da lui e Dengizico la quale lo avantaggiava con i territori più ricchi conquistati da suo padre, sotto i baffi sorrideva continuamente mentre girava in torno al tavolino toccando la pelle di capra sulla quale era stata disegnata.



Cosi tanto potere nelle mani di una sola persona per lui era inebriante, suo padre aveva conquistato tutti e tutto ed ora toccava a lui recuperare i pezzi mancanti dell'impero distruggendo suo fratello maggiore Dengezico il quale grugnendo si allontanò dalla capitale dirigendosi verso costantinopoli con i suoi uomini fedeli al seguito.



Non dovranno aspettare molto per vedere del sangue a soli 3 mesi dalla morte di Attila i figli iniziarono a combattersi sanguinosamente Ellak era avantaggiato per la quantità di uomini a lui fedeli e suo fratello per la conformità del territorio balcanico il quale da giovane era stato in grado di memorizzare bene nelle sue forme e vie.



I due porteranno avanti uno scontro fratricida nel suo popolo e in tutto questo Ellak che controllava anche i vassalli del padre aumentò i tributi rendendoli più sostanziosi per coprire le spese dell'esercito, ordino che uomini combattessero per lui e che i bambini dei Germani fossero istruti alla lingua e le usanze Unne in nome di Tengri.



[Articolo di Mussulmanopazzo]



::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::



454 DC
[Paint - Pitture]

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\\ Forse il destriero di Attila che osserva in silenzio la pianura dove dovrebbe essere sepolto il suo condottiero. \\

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[Gestir Verða - Avvenimenti Stranieri]

- Wellwillende to Attila - Addio Attila

Attila era dopotutto un uomo, ma fu probabilmente l'unico tra i mortali capace di trasformare un popolo nomade diviso in tante stirpi in un unico e compatto impero, fu l'unico mortale che seppe unificare popoli tanto diversi ma accomunati dal vivere nomade, fu l'unico tra i mortali capace di sfidare Roma e di farne crollare la parte orientale, Attila fu forse il solo mortale ad essere amato e temuto al tempo stesso. Il Grande Leader non venne mai sconfitto da alcun altro uomo, pertanto crebbe il mito della sua immortalità e della sua invincibilità, fu posto a metà tra l'umano e il divino, ma alla fine un terribile malanno lo colpì dannando i suoi ultimi giorni di gloria. La notizia della morte dell'Imperatore corse più velocemente di quanto corsero i cavalli, un velo di tristezza ricopriva i volti delle persone. Guerrieri e Sovrani non lo piansero con lacrime femminili piuttosto si strapparono i capelli dalla testa e i più rattristati si martoriarono il corpo facendosi delle ferite. A nessuno venne in mente di cercare la sua tomba in Pannonia per rapinarne l'oro: il rispetto verso Attila continuava anche dopo la morte, e sarebbe continuata nei millenni a venire, in un certo senso Attila era davvero immortale, ed il suo spirito avrebbe protetto i suoi sudditi per l'eternità.



[Verða - Avvenimenti]

- Unm¯æte Werðêod Wiðerwinnan - Grande Rivolta dei Popoli

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Attila aveva lasciato un vuoto che nessuno, né Ellac né mai Dengizico, sarebbero mai riusciti a colmare. Lupi solitari ululavano nella notte annunciando che l'Impero delle Steppe sarebbe presto andato in contro alla propria fine: nessun uomo poteva rimpiazzare Attila. Ellac ambiva a riscattare le intenzioni del padre e ne scimmiottava le azioni, ma il suo carattere era completamente privo di morale, l'altro fratello infangava la tomba del suo genitore con progetti di romanizzazione. Ernak invece, di soli 10 anni, era scappato e fu ritrovato da una consorte di Gundioco che se ne prese cura, ma il burgundo appena lo scoprì essere il figlio di Attila, lo rispedì in terra unna in quanto non poteva permettersi di ospitarlo (off in realtà è accudito segretamente da una donna, e dato che Ernak non viene più rivisto sarà dato ufficialmente per morto). I due fratelli, entrambi re con pari diritti, non andavano d'accordo e presero a combattersi a vicenda per la successione al trono. Non si curarono per niente dei popoli confederati: aumentarono le imposte e imposero la cultura unna su tutte le altre. Ma in confronto al padre, la loro leadership era dura quanto la cenere, e tra le stirpi confederate si sussurravano voci di un imminente riscossa, ciascune ambivano all'indipendenza. I primi a ribellarsi furono i Gepidi, poi vennero gli altri Germani, in seguito gli Slavi e poi le altre popolazioni della steppa.



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Ardarico, re dei Gepidi, era il capo più confidente verso Attila, ma quando vide i popoli confederati maltrattati e costretti a combattersi l'un l'altro per una Guerra Fratricida, si mise a capo dei ribelli e assieme a Teodemiro assemblarono un immenso e vario esercito composto da 35 mila uomini, c'erano Alani, Svevi, Franchi, Gepidi, Sciri, Sarmati, Franchi, Burgundi, Angli, Sassoni, Longobardi, Juti, Rugi, Slavi: tutti i popoli confederati furono arruolati sotto questi due comandanti. Ardarico li compattò in schiere divise per nazione, e li condusse sul fiume Nedao, nella piana del Tibisco in Pannonia, dove si sarebbe svolta una gigantesca battaglia campale dalle proporzioni epiche e dai risultati inaspettati. Era l'autunno del 454, le foglie degli alberi erano di diverse tonalità dal giallo al rosso, persino l'erba era rinsecchita di un colore paglierino, ma presto quella prateria si sarebbe coperta della carne e del sangue degli eroi. Ardarico a cavallo annusava l'aria di stagione e scrutava oltre il corso d'acqua la cavalleria unna avanzare ed accamparsi, stimava fino alle 40mila unità.



[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]

- Nedao Wæterstrêam Gûðgewinn - Battaglia sul Fiume Nedao

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Lentamente Teodemiro prese ad avanzare con le sue 4 schiere nel fronte destro e sinistro, Ardarico restava al centro. I soldati di Teodemiro attraversarono il fiume mentre con lo scudo si difendevano dall'arco unno, avanzarono con passi ritardati dall'impeto delle acque sempre in schiere ben serrate per ciascuna tribù, i cavalieri furono i primi ad arrivare nell'altra sponda. A centinaia caddero ancor prima di mettere piede dall'altra parte del Nedao, ma quando anche Teodemiro camminò sulle rive sabbiose il morale degli uomini crebbe. Gli unni stavano simulando una falsa ritirata, una tattica ormai ben nota sia a coloro che combatterono contro Attila, sia a coloro che lottarono con Attila. Ardarico impose alla fila di arcieri di restare dove erano, mentre con tutto il fronte centrale riprese ad attraversare le violente acque del fiume. Ellak e suo fratello ricaricarono facendo ritorno e furono stupiti che quell'immenso numero non fosse caduto nella trappola. Ellak e Ardarico si riconobbero in lontananza: proprio in quel momento ebbe finalmente inizio lo scontro.



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« E quindi le nazioni confederate si disfecero. A quel punto assistemmo ad uno spettacolo eccezionale, in cui si potevano vedere i Goti lottare con le picche, i Gepidi infuriati con le spade, i Rugi spaccare le lance che li avevano trafitti, i Suebi lottare a piedi, gli Unni con gli archi, gli Alani formare un linea di guerrieri con armi pesanti, mentre gli Eruli puntavano invece su armi leggere. » Ebbe modo di commentare Ardarico. Gli unni impreparati furono decimati dal corpo a corpo, la vittoria era vicina ma ad un certo punto, nessuno sa perché, Ardarico si distrasse dal combattimento fissando uno squarcio nel cielo racchiuso tra le nuvole, dal quale fuoriusciva un bagliore di luce solare. Fu colpito alla gola da una freccia scagliata da Ellak, il sangue colò a picco in mille rivoli. Ellak gli si avvicinò col cavallo, e gli strappò con forza la freccia da gola portando con se pezzi di carne. Ardarico soffocava ed emetteva gemiti, il figlio di Attila emise una sadica risata mentre il re dei Gepidi con una voce annegata nel proprio sangueprofetizzò « Credi di *tosse* vinto, *tosse*, ma confederati proprio ora spezzano il vostro * tosse* » non concluse le sue ultime parole. Il Fato scese contro i ribelli.



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Ardarico ci aveva abbandonati, tutti i soldati presenti videro con orrore e stupore quanto accaduto. Credevano di avere la vittoria in tasca, ma qualcosa più potente delle divinità stesse, qualcosa come il destino, aveva avuto alla fine il sopravvento. Teodemiro non voleva essere catturato da quel mostro di Ellac, imprecando al cielo caricò il suo destriero con tutta la velocità che le sue cosce potevano permettersi, l'animale rimase conficcato tra le lance. Teodemiro scese a terra, e con un energia sovraumana con la spada stroncò 5 soldati unni. Niente è però più forte del destino, e proprio mentre cercò di ammazzare il sesto unno, un forte dolore alla schiena lo paralizzò: era stato colpito alle sue spalle. Cadde a terra in ginocchio, e poi con tutto il petto cadde in avanti. Gli unni avevano vinto. Ellac e i suoi uomini cavalcarono con fierezza mozzando le teste che incontravano sul loro cammino. I superstiti senza più un condottiero si dispersero, i valorosi morirono combattendo per finire nel Valhalla, e solo in pochi fecero ritorno a casa. Forse Ardarico non aveva torto. Forse, ci eravamo soltanto illusi di aver perso.


♔ ::: ♕ Edictum Imperatoria Romanus ♕ ::: ♔

454 d.C.

[ - Valentiniano Imperatore si spegne - ]

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Dopo 30 anni di onorato e glorioso Regno, di cui 12 passati sotto la Reggenza della Madre Imperatrice Galla Placida, si spegne per mano di una congiura, S.M. l'Imperatore Flavio Placido Valentiniano III.

L'azione di sovversione è stata ordita dal Senatore Pretonio Massimo e dai sue due fedeli sciti Optila e Thraustila, assegnati alla scorta dell'Imperatore durante al sua visita a Roma.



Durante uno dei momenti di svago di corte, S.M. Valentiniano vinceva al gioco una somma che Massimo non aveva, ottenendo però l'anello di questi come pegno.

L'Imperatore usò però l'anello per convocare la moglie del Senatore, che si recò a corte convinta di essere stata chiamata dal marito, in quanto un inserviente Imperiale le aveva mostrato l'anello di suo marito.

Finita a cena con Valentiniano, ne fu sedotta e una volta tornata da Massimo, fu accusata di tradimento e di essersi consegnata all'Imperatore.



Solo il giorno seguente, venne a capo dell'inganno e così, denso d'ira, si accordò con il primicerius sacri cubiculi Eraclio forte del vacante posto da Magister Militium, dopo la consegna del Generale Ezio agli Unni.

I due convinsero così che il Trionfo Ottavio, avversario di Eraclio, volesse ucciderlo.

Il 4 febbraio, mentre il Ottavio faceva rapporto a Valentiniano riguardo la situazione in Britannia e sull'esazione delle tasse,proponendo nuovamente il matrimonio tra il figlio Giovanni e la figlia dell'Imperatore, Placida, quando Valentiniano si alzò rampante dal Trono, accusando Ottavio di tradimento.

Il Trionfo,prima che potesse difendersi dalle accuse, si ritrovò attaccato dall'Imperatore che nel frattempo aveva sguainato la spada e gli si era avventato contro.



Fu allora che, a quanto dice il Diario personale di Valentiniano, un individuo con gli abiti da enunco, pelle squamosa ed occhi aguzzi, ma che non aveva mai visto a Corte, passandogli vicino gli sussurrò nell'orecchio, con voce scattante ed un accento che non era di nessuna delle province dell'Impero:

«Hai tagliato la tua mano destra con la sinistra»

A seguito dell'accaduto, l'Imperatore fece uccidere anche il suo amico Manlio Boenzio ed alcuni notabili, esponendone poi i corpi nel Foro, accusando il Senato di tramare un tradimento: tutto ciò soppresse i tumulti generatisi dopo la condanna di Ezio e la morte di Ottavio.



Il giorno dopo al fatto, Massimo chiese che gli fosse accordata la carica di Magister Militium, ma dinanzi al rifiuto di Valentiniano, la sua irà non ebbe più contegno.

Riuscito a far assegnare i suoi due mercenari sciti più fedeli, Optila e Thraustila, nonchè ex-soldati di Ottavio, alla scorta Imperiale.



Così, il 16 marzo, approfittando della presenza di Valentiniano a Roma, i due agirono.

Non appena il Sovrano, giunto al Campo Marzio, scese da cavallo per esercitarsi con l'arco, quando fu aggredito violentemente da Optila e dai suoi uomini, mentre Thraustila massacrava Eraclio, colpevole di aver convinto l'Imperatore a rifiutare un nuovo Magister Militium.



L'esercito rimase immobile, schierato.

I due sciti ne presero il diadema e le vesti imperiali e fuggendo, portarono gli oggetti a Massimo.

Così il Centurione a capo della Coorte scrive della scena:

« Mentre era ancora a cavallo, i congiurati lo circondarono con il pretesto di rendergli onore e subito Optila, che si era assunto l’incarico di dare il segnale, gli si fece più vicino, come per chiedergli un favore. Valentiniano però si rifiutò di ascoltarlo e con un gesto gli fece capire di rimandare la cosa a un altro momento; Allora, appena mise piede a terra, Optilia gli si accanì contro pugnalandolo alla tempia, mentre gli altri lo prendevano alla schiena.

Quando si accorse che lo aggredivano da tutte le parti con i pugnali nelle mani, si avvolse la toga attorno al capo e con la sinistra ne fece scivolare l’orlo fino alle ginocchia, per morire più decorosamente, con anche la parte inferiore del corpo coperta.

Così fu trafitto da 7 pugnalate, con un solo gemito, emesso sussurrando dopo il primo colpo;

Rimase lì per un po’ di tempo, privo di vita e denudato delle vesti, mentre tutti fuggivano, finché, caricato su una lettiga, con il braccio che pendeva fuori, fu portato a casa da alcuni legionari.»

Secondo Orazio, tra i più fedeli inservienti di Corte, la morte fu preannunciata da molti prodigi:



« Ma la morte imminente fu annunciata a Valentiniano da chiari prodigi. Poche settimana prima, i coloni condotti nei territori d'Oriente, in virtù della legge Giulia, stavano demolendo antiche tombe per costruirvi sopra case di campagna. Lavoravano con tanto ardore che scoprirono, esplorando le tombe, una gran quantità di vasi di antica fattura e in un sepolcro trovarono una tavoletta di bronzo. La tavola recava due scritte, la prima pareva emettere una tenue luce, incomprensibile e non facente parte di nessun linguaggio fino allora conosciuto (neanche germano o unno).

La seconda in lingua e caratteri greci, il cui senso era questo:

«Morto il padre dopo aver affrontato Roma e dilaniato dal Divino, quando quelli che erano i suoi figli alla sua gente si ribelleranno e terribili congiure colpiranno. Il secondo d'Occidente e primo dopo l'usurpatore, dopo aver salvato e glorificato il Regno, troverà la morte per propria indulgenza.»

Di questo episodio, perché qualcuno non lo consideri fantasioso o inventato, ha reso testimonianza Cornelio Balbo, intimo amico di Valentiniano. Negli ultimi giorni,inoltre, venne a sapere che le mandrie di cavalli che aveva fatto benedire dal Papa, quando bloccò gli Unni sull'Iulio, e lasciava libere di correre, senza guardiano, si rifiutavano di nutrirsi e piangevano continuamente. Per di più, mentre era in viaggio, il Vescovo lo ammonì di «fare attenzione al pericolo che si sarebbe protratto di un giorno oltre a quelle che in tempo pagano erano le idi di marzo». Il giorno prima di ciò che erano idi (15° giorno di marzo) un piccolo uccello, con un ramoscello di lauro nel becco, volava verso la balconata del Palazzo Imperiale, quando volatili di genere diverso, levatisi dal bosco vicino, lo raggiunsero e lo fecero a pezzi sul luogo stesso. »


Ricevuti i simboli del potere imperiale e con l'appoggio totale del Senato, Petronio Massimo è proclamato nuovo Imperatore di Roma.



[ - La morte del Flagello - ]

Così come di un flagello, le corregge si sfilano e i pesi metalli si arrugginiscono con il tempo, così Attila, che come vero e propria incarnazione del leggendario strumento di tortura scarniva e sviscerava i suoi nemici (ma che nulla ha potuto contro Roma), si spegne in un bagno di sangue, il suo, quel sangue che fluiva in quel corpo, che seppur minuto, ha guidato un piccolo gruppo di tribù siberiane nella costruzione di un grande e solido regno, secondo solo a Roma e che come lei nata villaggio sulla piccola Tiberina e divenuta Impero.

Gli va riconosciuta l'astuzia,l'ingegno,la tenacia e la capacità di umano hanno caratterizzato solo Generali ed Imperatori Romani.

Si spegneva sputando sangue e rigurgitando pezzi di carne, frutto dello smembramento delle sue interiora.

Fu seppellito in Pannonia, insieme al suo oro,le sue donne e i suoi becchini, così che nessuno potesse sapere dove si trovasse la salma del Gran Khan.

Valentiniano in persona, forte di una scorta di 750 uomini assistette e partecipò alla messa funebre in suo onore, ignaro che presto lo avrebbe incontrato nuovamente nel mondo dei morti, qualunque esso sia.



[ - Vento di scoperte - ]


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La tesa situazione in Britannia, che vede la nostre Legioni accampate poco fuori i confini anglosassoni a guardia dell'ultimo avamposto romano nella regione, ha però favorito campagne d'esplorazione oltre mare per volere della Corte.

Così partiva una flotta composta da 1 quinquireme, 4 triremi e 10 biremi, comandate dal Gen. Pompilio sotto la guida del Senatore, nonchè oratore e scrittore, Claudio.

Dopo 7 settimane di viaggio, si giungeva partendo dal porto di Bresta, fino a quella conosciuta da Plinio il Vecchio come Penisola dei Cimbri, già circumnavigata dalle nostre forze in passato.

Oltrepassato un mucchietto di isole, emergeva dinanzi quella maggiore, la Scatinavia le cui dimensioni sono ancora ignote.

Approdava la flotta su questa terra ove viveva un popolo chiamato Hilleniovum gente, organizzato in circa 500 villaggi e con cui solo una volta avevamo avuto contatti.

Quali siano i governanti di tale popolo non è chiaro, ma è impossibile non notare la loro natura di mare. Sono infatti artefici di imbarcazioni da guerra e trasporto molto simili alle nostre, con prue ad entrambi gli estremi e fini incisioni che ne adornano il ponte.

Addentrandosi nell'isola ed esplorando tale popolo, Claudio scrive:


Il vestito, per tutti, è un corto mantello allacciato da una fibbia o, in mancanza, da una spina; il resto del corpo è nudo e passano intere giornate accanto al focolare acceso. I più ricchi si distinguono per una sottoveste, non ampia, come hanno Sarmati e Parti, ma attillata, e che mette in rilievo le forme. Indossano anche pelli di fiere: senza voler apparire eleganti quelli vicini ai fiumi, come segno di raffinatezza invece quelli dell'interno, dove il commercio non porta alcun lusso. Questi ultimi scelgono gli animali adatti, li scuoiano e poi ne screziano e pellicce con pezzi di pelle di altri animali, che l'Oceano più lontano o il mare sconosciuto danno alla luce.

Analogo a quello degli uomini è l'abbigliamento delle donne, salvo che queste si coprono spesso con mantelli di lino ricamati di porpora e non allungano la parte superiore della tunica a formare delle maniche; hanno braccia e avambracci scoperti e rimane scoperta anche la parte superiore del petto.


Riguardo il grado di sviluppo culturale di tale popolo, dichiara:



Uomini e donne ignorano egualmente i segreti delle lettere.


Continua poi, descrivendo le costruzioni:

Queste genti non hanno vere e proprie città e amano neppure case fra loro contigue. Vivono in dimore isolate e sparse, a seconda che li attragga una fonte, un campo, un bosco. Non costruiscono, come noi, villaggi con edifici vicini e addossati gli uni agli altri: ciascuno lascia uno spazio intorno alla propria casa o per precauzione contro possibili incendi o per imperizia nella costruzione. Non impiegano pietre tagliate o mattoni: per ogni cosa si servono di legname grezzo, incuranti di assicurare un aspetto accogliente.


Conclude infine:

Propendo a credere questi,una razza indigena, con scarsissime mescolanze dovute a immigrazioni o contatti amichevoli, perché un tempo quanti volevano mutare paese giungevano non via terra ma per mare, mentre l'Oceano, che si stende oltre sconfinato e, per così dire, a noi contrapposto, raramente è solcato da navi provenienti dalle nostre regioni. E poi, a parte i pericoli d'un mare tempestoso e sconosciuto, chi lascerebbe l'Asia, l'Africa o l'Italia per portarsi qui, tra paesaggi desolati, in un clima rigido, in una terra triste da vedere e da starci se non per chi vi sia nato?

[di Dark II]


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DC 455 -


Questo accadde tempo fa;

Un anziano dall'orribile aspetto attirò l'attenzione a villaggio, egli non parlava l'Unno ne il Germanno ma si esprimeva con dei versi strani di una lingua sconosciuta, sembrava cercare qualcosa o qualcuno e quando lentamente la gente gli si accalcò a torno egli si mise a gesticolare e a fare movenze strane fino all'arrivo dell'allora principe Ellac il quale rondava giovane e inconscio del suo destino fra le strade della capitale.



Al vecchio si illuminarono gli occhi appena lo vide e gli si accalcò alle gambe iniziando a parlare un Unno acciaccato. Egli predisse che sarebbe divenuto il centauro che monta il mondo, subbito dopo quest'evento quell'uomo venne giustiziato sul posto ma nel mentre moriva sorrideva fissando il principe il quale non comprese mai a pieno le sue parole pensando che si trattasse di un vecchio folle.

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L'alba di un nuovo giorno, l'aria aveva in se un odore di ferro e cenere, il Re Ellac fissava dall'alto di una collina il suo operato, come suo padre all'epoca godeva nel sentire le urla e le grida, i colpi di spada incrociarsi e lo sgorgare del sangue, un piccolo mostro al quale il padren on aveva mai dato affetto per disgusto nei suoi confronti.



Ellac veniva chiamato ormai da tutti il Re storpio, non per problemi al corpo ma quanto meno per la sua orribile faccia, occhi stretti e naso schiacciato fino al limite, con un espressione inquietante sempre stampata in faccia.



Lui e suo fratello erano in guerra ormai da 6 anni e suo fratello più piccolo Ernack era disperso o probabilmente morto, gli altri gli si erano sottomessi come a riconoscere la sua autorità senza mai provare a cospirare contro di lui.



Ora dopo molti anni di sforzi l'ultima fortezza del maggiore Costantinopoli stava finalmente per cadere,

nella storia degli unni quella sarebbe divenuta la seconda volta che l'oriente crollava come se non fosse nulla. Vennero uccisi tutti donne e bambini essendo traditori della corona e dell'Impero, venne risparmiato solo Dengiziche il quale venne denudato e frustato pubblicamente prima di poter dargli il concenso per un suicidio assistito.

E cosi finì la guerra fratricida.

[Articolo di Mussulmanopazzo]


::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::


457 DC
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\\ La marcia dei Germani. \\

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[ Orrosta Verða - Avvenimenti di Guerra]

- Heaðufremmende onufan and Rôm - Guerra a Roma

Ellac vinse su suo fratello, un vecchio e pazzo oracolo venne alla sua tenda e predisse che si sarebbe spinto molto più lontano di quanto si spinse suo padre, Attila. Ellac vide un albatros in cielo, e superstizioso come il babbo, decise che era arrivato il momento di far avverare la profezia. I popoli confederati ribelli erano stati sconfitti da pochi anni, e la leadership verso il nuovo re unno non si era affatto rafforzata in tutto questo tempo, ma quando si seppe della Guerra all'Impero di Roma, i Germani rialzarono la testa, serrarono la vista, e obbedirono ad Ellac come se stessero rispondendo al mito di Attila, l'indimenticabile. Era un sentiero tetro quello nel quale ci stavamo incamminando, e lo sapevano bene Gundioco, Frowin, e Meroveo; ma in cuor loro credevano che l'ora delle spade e delle lance fosse finalmente arrivata. Ellac si era trascinato di fronte ad un bivio: se avesse vinto, l'Impero delle Steppe si sarebbe incredibilmente rafforzato, e i confederati lo avrebbero rispettato con somma devozione, come uno discendente del divino Attila; ma se avesse perso, sarebbe stato ricordato in eterno come un uomo maledetto e l'Impero delle Steppe crollato. Il Fato silenzioso soltanto sapeva a cosa questa irreversibile scelta avrebbe portato.



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Ellac si mise al capo di immense armate, composte da così tanti uomini, che se messi in fila avrebbero potuto ricoprire le sterminate steppe dell'Impero, dalla Francia all'Asia. I Germani erano in uno stato di ansia repressa, sapevano che sarebbero morti, ma per essi la morte non avrebbe rappresentato alcun problema, catatonici sentivano dentro di loro una voce che li chiamava a mettersi in marcia, come se qualcosa nascosto oltre il buio limes attraeva le anime dei combattenti. Gli unni misero a ferro e fuoco Aquileia, ma per mesi restarono bloccati non riuscendo ad entrare nelle mura della città ma limitandosi ad usare le armi d'assedio; la conquista della Grecia fu rapida, mentre il dominio in Anatolia fu breve e si sfaldò cadendo in mani romane. Il primo anno vide l'avanzare funesto di Ellac in Italia attraverso il valico alpino e il tentativo di appropriarsi dei colli retici, ma la discesa nella penisola Italica dovette fermarsi a Ravenna, dove furono annientati sulle mura difensive, e una volta entrati erano rimasti troppo in pochi per abbattere l'esercito di Roma. Ellac sembrava perso sin dagli inizi, ma nonostante le perdite, alcuni successi unni erano ben visibili, non fu motivo di resa per i Guerrieri Germani: il morale e la coesione si tennero alte.



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I Franchi a Dicembre 456 invasero I'Armorica e la Gallia Atlantica (Nantés), mentre Gundioco si tenne sulla difensiva. I Germani cercarono di penetrare in Italia dalla Sabaudia, ma furono bloccati. I Sassoni della Britannia colsero i centurioni romani nel sacco, infatti non era arrivata ancora alcuna notizia e mentre questi stavano a fare un massacro di Pitti, Frowin fece un patto con i druidi del posto, con delle fulminee imboscate costrinsero quelle femminucce alla ritirata. Entro Autunno l'Isola era stata liberata, e il Galles fu occupato dai Sassoni d'Occidente quindi incorporato alla corona di Frowin. I britanno-romani tentarono di sbarcare allora in massa nell'Armonica (Brest), laddove credevano vi fosse ancora la iure romana. Meroveo li fece uccidere senza eccezione. Intanto il re Svevo Rechila, forse per solidarietà, passò dalla nostra parte. Roma si impadronì in soli tre mesi la Galizia, e Rechila portò per mare i suoi sudditi nell'Armorica dei Franchi; l'estate del 457 fu difficile. La Gallia Atlantica era tornata nelle grinfie dell'Aquila, ma le legioni romane che cercarono di riappropriarsi dell'Armorica furono spazzate via dalla portente ascia di Meroveo.



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Il Secondo Anno. Gundioco e i Germani bevvero molta birra nella metà del 457, quella deliziosa bevanda divina, schiumosa, luminosa, amara, frizzosa, avrebbe distolto i loro pensieri dall'assedio che la Gallia meridionale subiva da ormai inizio anno. Gli unni furono sconfitti nella Penisola Italica e ad Aquileia e si ritirarono più a nord, ma alcuni insediamenti resistevano tra Mediolanum e monti Elvetici. La Rezia era prossima a cadere, e alcuni Vandali erano riusciti a passare per la Toscana lasciando sul loro cammino solo macerie, 7mila di loro fecero una sosta ai piedi delle mura di Ravenna, ma convennero presto di andare altrove. 20 mila tra vandali e sassoni attraversarono il Tirreno diretti verso la Corsica. Erano ancora incerte le sorti della Guerra. I Germani furono più valorosi dei popoli dell'Est, sconfissero più romani di quanti fratelli erano caduti. Rinforzi arrivavano da tutto l'Impero, ed era ancora possibile una rimonta. Rechila e Frowin avevano trasferito nel continente decine di migliaia di guerrieri. Bevvero quella spumacchiosa birra bionda, un sorso per dimenticare.


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DC - 458

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Ed il giorno avvenne, Ellac chiamò a se di diritto le terre d'occidente dichiarando guerra all'impero Romano come fece a tempo suo padre Attila.

L'unica differenza fu quella che alle sue spalle vi era un vasto impero, popolato da più Etnie e ricolma di uomini pronti a morire per esso.



Si poteva udire a stadi di distanza il solo calcare dei piedi durante la fatidica marcia di quegli uomini, Germani e Unni affiancati luno all'altro nonostante questi ultimi tentarono di tradire il Re.



Un numero di uomini cosi vasto da poter spaventare chiunque persino il cielo stesso il quale in quei giorni decise di rimanere indisparte e non un fulmine cadde durante la loro marcia;



Ellac portava con se alle sue spalle un miglione di guerrieri o più e in sella al suo cavallo bianco si guardava a torno con quegli orribili occhi giallastri ridendo come un folle e sbavando come un pazzo alla sola idea di poter riuscire a superare suo padre e di lasciare scritto il suo nome nella storia come anche egli aveva fatto tempo orsono divenendo una sorta di dio per quegli arroganti ammassi di carne da macello che lui chiamava alleati e vassalli.

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Ellac non capiva e non riusciva ancora a comprendere il perché suo padre avesse amato cosi tanto i Germani durante la sua vita, ma durante quella imponente battaglia in Rezia egli iniziò a comprendere,

già durante la loro ribellione potè capire quanto temerari erano quegli uomini del Nord.



A differenza degli Unni tranciavano i corpi romani tentando di portarne con se almeno due cosi da non divenire un peso per l'intero esercito e di raggiungere il loro dio nel regno del Whalalla.



Ellac per la prima volta si impressiono di loro e pensò che durante lo scontro quando tentarono di ribellarsi non avessero usato nemmeno una piccola parte delle loro vere capacità.



Vedeva con i suoi occhi uno spettacolo di sangue ed una danza di morte stupefacente, gli unni scoccavano con le loro freccie e colpivano oscurando i cieli i romani, i loro cavalli trinciavano la linea di guardia. Ed i Germani combattevano corpo a corpo con i centurioni, ma anche i Romani non demordevano e con la rabbia nei cuori nel vedere un invasore prossimo alla conquista gridarono e diedero il meglio di loro stessi per difendere quelle terre.



Gli occhi di Ellac potevano vedere ogni cosa, ogni goccia di sangue cadere a terra ogni lancia spezzata ogni freccia conficcata, ed i suoni si fermavano in quel frangente.



I suoi uomini cessarono di avanzare dopo aver ricevuto notevoli perdite, ed Ellac nei primi giorni diede l'ordine di ritirarsi tornando con sempre più truppe i giorni a venire, ma i romani continuavano a difendersi anche con i dentise le loro lame venivano spezzate.



Sembravano non volersi smuovere da li anche se la loro causa ormai era persa da molto tempo.

Per tre giorni accadde ciò finché alle sue spalle non portò un cosi vasto numero di truppe che i romani non potettero nulla neanche con le loro incredibili macchine da guerra e le numerose catapulte.



Alla fine Ellac conquistò anche la Rezia e procedette verso Ravenna.

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E come un antico condottiero di cui Ellac sentì parlare scavalcò le alpi con se una grande schiera di guerrieri dirigendosi senza problemi verso Mediolanum e poi la capitale romana.



Egli già pregustava sotto quegli scomposti baffi la gloria eterna e l'agoniata vittoria decisiva ed il crollo di Roma.

Al suo arrivo tuttavia uno spiacevole imprevisto lo fermò Roma aveva raggiurato l'accampamento di Ellac oltre le alpi portando con se un grande esercito raggiungendolo da dietro a sua insaputa, e mentre lui e i suoi uomin ierano intenti ad assediare ravenna durante la notte vennero attaccati dal nemico munito del doppio dei suoi uomini, costringendo il Re alla fuga con i pochi superstiti senza riuscire ad abbattere la capitale.



In tanto ad Occidente la Gallia era ben protetta e i germani portavano con loro più nemici di quanti ne morissero, ed i romani abbatuti gli Svevi accumulavano le regioni Iberiche oltre i pirenei pronti ad una grande invasione.

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Ancora una volta la storia si ripetette la capitale era irragiungibile davvero, anche Attila non vi riuscì perché proprio questo sciocco ragazzo solo perché suo figlio dovrebbe riuscirci?...

Ellac si disperava nella sua Tenda distruggendo cose con la spada e urlando al cielo maledicendo Tengri e Roma;

E come accadde per suo padre improvvisamente una voce roca ma divertita lo attirò.

<< Non è divertente?... il grande ma piccolo figlio di Attila.. il Re degli unni.. non riesce a conquistare un impero con cosi tanti uomini al suo servizio?..>>

Ellac sgranò gli occhi voltandosi verso il proprio letto vicino al quale avvertiva la voce, proprio li vi erano solo le teste da lui conquistate durante gli scontri e quella più preziosa del suo fratello maggiore Dengiziche.

- Dove sei!?...-

Gridò il Re folle afferrando la propria spada fra le mani agitandola in giro lasciando cadere a terra il vino sui tavolini e i piatti con degli strani funghi dentro usati spesso dai Germani.

- Ti taglierò la testa!...dove sei!? -

<< Ahahah!... >>

Solo risate e poi il silenzio assoluto quella notte Ellac fece incubi orribili senza mai capire cosa fosse accaduto la sera prima, se un effetto collaterale dei funghi o altro.

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Alla fine Roma mandò ad Ellac come molti anni prima degli emissari, chiese loro di ritirarsi ma Ellac rifiutò e rispedì loro le teste dei messaggeri come segno di ostilità continua.



Per due anni le guerre continuarono portando una avanzata degli Unni nelle terre del Nord ed una permanenza fissa dei Germani in Gallia e un espansione del regno di Frowin il quale supportava i Germani in Gallia.

Dopo anni di scontri e carestie si arrivò in fine ad un comune accordo con Roma.



Ellac non riusciva a sfondare le difese romane se non con il sacrificio di molti più uomini del dovuto, se avesse continuato cosi avrebbe conquistato ravenna sacrificando tutti i suoi guerrieri.

Roma dichiarò la Resa e consegnò in custodia la Grecia e la Rezia agli Unni oltre che una cospicua somma d'oro per alietare i loro avidi interessi.

Ed i Germani ricevettero in custodia la Gallia e Frowin si instuarò permanentemente e definitivamente in inghilterra.

[Articolo di Mussulmanopazzo]


::: þ ::: Cronache Germaniche ::: þ :::


10 DA (463 DC)

[Paint - Pitture]

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[Verða - Avvenimenti]

- Ðridda Attila - Il Terzo Attila

I Germani uscirono vittoriosi, Roma era cambiata, un sintomo di decadenza, ma non voleva dire che non fossero ancora ambite le terre floride dell'Italia, dell'Ispania e dell'Africa. Ellac divenne un re inferiore solo al padre per venerazione, ma come era ben noto, del padre non aveva preso il carattere. Ben presto Ellac delirante si credette in diritto di calpestare i suoi sudditi alzando i tributi ed imponendo le tradizioni unne; chi veniva sorpreso a non versare le imposte veniva torturato nei modi più indescrivibili. Se di lui si amava solo l'ombra di Attila, per il resto lo si rispettava per il timore di morire in quelle maniere orribili. Ellac si era accanito più di tutti contro i Germani, che durante le Guerre del 455-458 dimostrarono di avere più valore dei popoli dell'Oriente. Anche i Germani che avevano lottato contro l'Impero Romano erano coscienti della propria forza. Ma dopo la disfatta del ribelle Ardarico a nessuno venne mai in mente di aspirare all'indipendenza, perché Ellac era pur una sfumatura di un dio immortale quale Attila. Durante le riunioni i vecchi si scrutavano in faccia con silenzio, del resto era solo questione di tempo, prima o poi anche Ellac sarebbe morto. E un occasione rinata.



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Era il 463. Gundioco ormai anziano contava una sessantina d'anni, aspettò che i suoi discendenti dormissero, si sedette fuori su una roccia e lisciandosi con la mano irruvidita il barbone imbiancato fissava il sole rosso morire ad occidente. Aveva visto molto il vecchio Gundioco: suo padre, Gebicca, portare il suo popolo in terra romana, vedette suo fratello, Gundicaro, morire sotto l'assedio romano; aveva visto se stesso condurre la propria gente superstite in seno ad Attila, aveva visto una coalizione di Germani marciare sulla Gallia, aveva visto la morte di Attila, aveva difeso per tre anni la Gallia Germanica dalle incursioni romane. E Gundioco era ancora lì. Il fato fu buono con lui. Sarebbe stato in vita ancora per dieci anni, ma al vecchio re bastava il suo vissuto. Aveva vissuto un epoca storica caotica, dove i più disparati popoli dell'Europa si spostavano senza meta da est ad ovest, e da nord a sud. Con il calare della notte prese sonno su quella stessa roccia il buon Gundioco. Gli apparvero i suoi guerrieri bere simultaneamente la birra nell'atto di lodarlo, poi gli apparve una figura umana stilizzata nera avvolta nella luce che faceva il suo nome.



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Gundioco ritornò alla realtà, era notte fonda, ma percepiva una presenza oscura proprio nel punto dove anni prima fece visita il fauno. Afferrata una fiaccola vide qualcosa di piccolo e rotondo muoversi ai confini della foresta, aveva con se un arma; doveva essere lo Gnomo armato di Ascia, che balzava verso la sua casa. Gundioco si tenne pronto ad attaccare, sguainò la spada, « Fermo sono io! » disse la creatura, che avvicinandosi alla torcia fu illuminata in tutto il suo aspetto. Il Re stupefatto rimase impietrito, la spada cadde a terra. Aveva già visto quel volto in tempi oramai passati « A.. Att.. Attila.. Attila! Come puoi essere tu? » disse con timore balbettando il vecchio.



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Il Giovine, che poteva avere attorno ai 20 anni, ridacchiando disse « Sono Ernak, ricordi? », il vecchio ancora più spaventato a quando credeva di aver visto uno gnomo o il fantasma di Attila non aveva parole « ma.. non è possibile, detti l'ordine di rispedirti in terra unna... » con un espressione esamine rifletteva ancora su quella scelta « non potevo crescerti, le armate di Ellac fanno visita ai capi sottomessi, avrebbero ucciso te e punito tutti noi. » Gundioco non riusciva a distogliere lo sguardo da quella faccia, tale era la somiglianza che sembrava di essere di fronte ad Attila. « Fui portato da una delle tue mogli in una caverna, e mi crebbe in segreto. » « So che avrai tante domande da farmi, vecchio, so che ci vorrà del tempo per abituarti » vide Gundioco e aggiunse « sempre se avrai del tempo. » « ma non sono venuto qui per chiacchierare, tu devi aiutarmi a spargere la voce dell'esistenza di un terzo figlio di Attila, chiamato Ernak, coalizzeremo i Germani contro Ellac. » Il Burgundo avanzò il dubbio che gli altri capi non avrebbero mai creduto ad una storia simile. « Somiglio troppo a mio padre, e ho ancora un medaglione unno, se vogliono la liberazione dei Germani dovranno accettare l'idea che un terzo figlio di Attila è spuntato. » Il vecchio signore sempre più sbalordito, prese in mano quel medaglione che da tanto non vedeva.



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In Gundioco si riaccese pian piano l'animo. Cavalcarono con Ernak da fiume a fiume, convinsero tutti i capi Germanici ad unirsi alla loro cavalcata, tutti riconobbero festosamente il nuovo re. Coalizzarono le tribù in un Impero Germanico esteso dalla Svevia alla Gepidia, dalla Britannia alla Lombardia, avrebbero detronizzato Ellac il superbo e acclamato Ernak. Da allora si iniziarono a contare gli anni dalla morte di Attila. Gli oracoli ebbero numerose visioni quella giornata, videro molto avanti, non si sa se nel 1000 o 2000 DA (dopo Attila), quando ormai anche l'Impero Germanico era crollato, un Europa pagana che nei secoli cercava di ispirarsi al modello dei Germani e che ricordava le imprese di Attila e Gundioco, una coalizione Germanica respingere l'Invasione dei Cristiani Arabi sulla Pannonia, una nave Sveva esplorare un continente completamente nuovo; mentre qualcuno cercava di replicare quelle imprese, prendendo le parti di chi ne fu protagonista.
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Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017] Empty Re: Partita GDR | Reno [di falco1994 12/03/2017]

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